Se è vero che le sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione europea 4 luglio 2013, Fastweb (causa c-100/12), 5 aprile 2016 Puligienica (causa c-689/13) e 5 settembre 2019 Lombardi (causa c-333/18) hanno affermato la necessità di esaminare sempre il ricorso principale, anche in caso di accoglimento del ricorso incidentale escludente ed a prescindere dal numero dei partecipanti alla gara e dalla natura dei vizi dedotti, è anche vero tuttavia che nessuna pronuncia del giudice europeo, né del giudice nazionale, ha mai affermato la necessità di esaminare comunque il ricorso incidentale escludente proposto dall’aggiudicataria, qualora, secondo il principio della ragione più liquida, il ricorso principale sia già stato esaminato e sia stato dichiarato infondato.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1915 del 3 giugno 2025


La previsione dettata all’art. 2, c. 1, lett c), l. reg. n. 31/2014, quando definisce il consumo di suolo come «trasformazione, per la prima volta, di una superficie agricola da parte di uno strumento di governo del territorio», previo espresso richiamo ai principi ispiratori della legge, deve essere letta in termini sistematici e sostanziali e non è violata laddove l’obiettivo di riduzione del consumo di suolo venga attuato con l’attribuzione di una destinazione agricola ad un’area che era precedentemente edificabile: la scelta urbanistica si muove innegabilmente nella direzione di un contenimento della copertura artificiale del terreno e del consumo di suolo, precludendo che un terreno con copertura naturale venga in futuro trasformato e assoggettato alla copertura artificiale conseguente all’edificazione (antecedentemente possibile), e si pone perciò in piena consonanza con le previsioni della L.R. 31/2014.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1819 del 22 maggio 2025


Siccome l’obbligo di mettere a gara le concessioni demaniali marittime, fluviali e lacuali per l’esercizio di attività turistico-ricreative e sportive discende dal diritto dell’unione europea, non v’è alcun obbligo di motivare la scelta di indire una gara per l’affidamento di una tale concessione, trattandosi appunto di una scelta obbligata.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 478 del 29 maggio 2025


In materia di ottemperanza, il compito del Commissario ad acta – che deve ritenersi intrinsecamente obbligatorio - non è quello di esercitare poteri amministrativi funzionalizzati alla cura dell'interesse pubblico, bensì quello di dare attuazione alla pronuncia del giudice, anche eventualmente attraverso l'esercizio di poteri amministrativi non esercitati, dei quali il comando contenuto in sentenza costituisce il fondamento genetico e l'approdo funzionale.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 397 del 5 maggio 2025



Alla luce del nuovo Codice dei contratti pubblici, nella partecipazione alle gare d'appalto è il consorzio stabile (e non già ciascuna delle singole imprese consorziate) ad assumere la qualifica di concorrente e contraente. Il modulo associativo del «consorzio stabile», dà infatti vita ad un soggetto giuridico autonomo, costituito in forma collettiva e con causa mutualistica, che opera in base a uno stabile rapporto organico con le imprese consorziate, in forza del quale, anche nell'attuale quadro normativo, è previsto che detto consorzio possa giovarsi, senza dover ricorrere all'avvalimento, degli stessi requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate stesse, secondo il criterio del c.d. «cumulo alla rinfusa», cosicché il medesimo può scegliere di provare il possesso dei requisiti medesimi con attribuzioni proprie e dirette oppure con quelle dei consorziati. Il consorzio stabile stipula il contratto in nome proprio, anche se per conto delle consorziate alle quali affida i lavori, sicché l'attività compiuta dall'impresa consorziata si imputa al consorzio. Nel caso in cui il consorzio designi una consorziata quale impresa esecutrice, tale designazione è un atto meramente interno al Consorzio, che non vale ad instaurare un rapporto contrattuale tra la consorziata esecutrice e la stazione appaltante. Insomma, il consorzio, incentrato sullo stabile apporto di capacità e mezzi aziendali in una «comune struttura di impresa», destinata a operare nel settore dei contratti pubblici, è l'unica controparte contrattuale delle stazioni appaltanti.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 324 del 14 aprile 2025


Le norme in materia di partecipazione procedimentale devono essere interpretate non in senso formalistico, bensì avendo riguardo all’effettivo e oggettivo pregiudizio che la loro inosservanza abbia causato alle ragioni del soggetto privato nello specifico rapporto con la pubblica Amministrazione. La partecipazione al procedimento amministrativo, difatti, non deve garantire un puntuale e analitico vaglio di tutte le possibili argomentazioni che possono essere svolte dalla parte privata, bastando che la parte sia stata messa in condizione di interloquire con l’Amministrazione e che tale aspetto emerga con chiarezza dalla motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell’atto conclusivo; è sufficiente che la motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell’atto amministrativo renda palese l’inconciliabilità della determinazione assunta con le tesi contenute nelle deduzioni della parte istante.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1711 del 20 maggio 2025


Si pubblicano le slide predisposte dall'avv. Maria Cristina Colombo e dal dott. Francesco Tramontana che sono state illustrate durante l'evento formativo organizzato dalla Camera Amministrativa dell'Insubria del 23 maggio 2025, avente ad oggetto “Servizi pubblici locali e codice appalti tra concorrenza, attività di regolazione e tutela del territorio”




Ai fini dell’accertamento della sussistenza di una lottizzazione abusiva “cartolare” non è sufficiente il mero riscontro del frazionamento del terreno collegato a plurime vendite, ma è richiesta anche l’acquisizione di un sufficiente quadro indiziario dal quale sia oggettivamente possibile desumere, in maniera non equivoca, la destinazione a scopo di edificazione. In particolare, si è al cospetto di una lottizzazione cartolare quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione e in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1705 del 19 maggio 2025


In materia di fiscalizzazione dell'abuso, non può essere applicato retroattivamente il sopravvenuto e più gravoso regime sanzionatorio previsto dal D.L. 69/2024, convertito con modificazioni dalla L. 24 luglio 2024 n. 105, che, nel modificare l'art. 34 DPR 380/2001, ha innalzato la sanzione ivi prevista dal "doppio" al "triplo" del costo di produzione o del valore venale del bene. Il TAR Brescia - pur ricordando il principio per cui il regime sanzionatorio deve essere quello al momento dell’applicazione della sanzione - ha ritenuto irragionevole e lesiva del principio di affidamento l’applicazione “retroattiva” del nuovo regime, soprattutto considerando il lungo tempo trascorso (quasi due anni) tra l’istanza e la sanzione; ritardo imputabile esclusivamente all’amministrazione.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 450 del 20 maggio 2025


Mentre l’ordinanza di rimozione dei rifiuti di cui all’art. 192, comma 3, d.lgs. 152/2006, può essere emessa nei confronti del proprietario dell’area solo se viene accertato, in contradditorio con lo stesso, che egli è corresponsabile dell’abbandono dei rifiuti a titolo di dolo o colpa, l’ordinanza contingibile e urgente ai sensi dell’art. 50, comma 5, d.lgs. 267/2000 prescinde dalla colpevolezza del destinatario e dall’accertamento di eventuali sue responsabilità, e presuppone soltanto che costui abbia la disponibilità dell’area e sia, per ciò solo, in grado di provvedere immediatamente all’esecuzione degli interventi urgenti che si rendono necessari a tutela della salute pubblica; nell’ottica dell’ordinanza contingibile e urgente, la questione della responsabilità di chi ha causato la situazione di urgenza è da affrontare eventualmente ex post, ai fini della rivalsa dei costi sostenuti dal destinatario dell’ordinanza per ottemperare alla stessa.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 408 del 12 maggio 2025


Il silenzio assenso, di cui all'art. 20 del d.P.R. n. 380/2001, costituisce uno strumento di semplificazione amministrativa e non di liberalizzazione, con la conseguenza che la formazione del titolo abilitativo per silentium non si perfeziona con il mero decorrere del tempo, ma richiede la contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti richiesti dalla legge per l'attribuzione del bene della vita richiesto, di modo che esso non si configura, ad esempio, in difetto di completezza della documentazione occorrente. Perché si formi il provvedimento tacito su un’istanza di rilascio di permesso di costruire, la domanda deve essere, dunque, corredata da tutta la documentazione necessaria al corretto espletamento dell'attività istruttoria da parte dell'amministrazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1443 del 28 aprile 2025


In materia di ottemperanza, con riferimento alla richiesta di fissazione di astreintes, il ritardo maturato nella corresponsione delle somme dovute giustifica la condanna dell’Amministrazione resistente ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a. La quantificazione di tale penalità non deve essere immediatamente punitiva, perché è preferibile bilanciare la funzione sanzionatoria con quella sollecitatoria. L’ottemperanza ha infatti maggiori probabilità di essere raggiunta spontaneamente se viene introdotto un incentivo a evitare una penalizzazione economica certa. A tale scopo, è necessario creare la certezza del diritto sul costo dell’inerzia, e assegnare un termine di adempimento con effetto liberatorio, applicando però retroattivamente la sanzione economica qualora il termine di adempimento venga superato.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 398 del 6 maggio 2025


La C.I.L.A. si configura come un mero atto di comunicazione privo di effetti abilitativi propri che, per questa ragione, non preclude all’amministrazione di accertare, in ogni tempo, la non conformità dell’intervento in base ad essa realizzato alla vigente normativa urbanistico-edilizia.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1556 del 5 maggio 2025



Il dovere della P.A. di esaminare le memorie prodotte dall'interessato a seguito del preavviso di rigetto da essa inviato non comporta la necessità di una confutazione analitica delle allegazioni presentate dall'interessato, essendo sufficiente, ai fini della giustificazione del provvedimento adottato, la motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell'atto stesso; ciò in quanto l'onere valutativo è maggiormente penetrante con riferimento alla prospettazione da parte del privato di elementi fattuali, mentre è attenuato, se non quasi inesistente, allorché le deduzioni del privato contengano valutazioni giuridiche, nel qual caso è sufficiente che l'Amministrazione ribadisca il proprio intendimento.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1664 del 15 maggio 2025


Nel processo amministrativo l'integrazione in sede giudiziale della motivazione dell'atto amministrativo è ammissibile soltanto se effettuata mediante gli atti del procedimento - nella misura in cui i documenti dell'istruttoria offrano elementi sufficienti e univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta - oppure attraverso l'emanazione di un autonomo provvedimento di convalida (art. 21-nonies, secondo comma, della legge n. 241 del 1990). È invece inammissibile un'integrazione postuma effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali, o comunque scritti difensivi. La motivazione costituisce, infatti, il contenuto insostituibile della decisione amministrativa, anche in ipotesi di attività vincolata e, per questo, un presidio di legalità sostanziale insostituibile, nemmeno mediante il ragionamento ipotetico che fa salvo, ai sensi dell'art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990, il provvedimento affetto dai cosiddetti vizi non invalidanti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1649 del 13 maggio 2025


La valutazione in ordine alla dichiarazione di equivalenza delle tutele in forza del diverso CCNL prescelto dall’operatore economico (oggi disciplinata dall'art. 11 d.lgs. n. 36/2023) deve necessariamente avere ad oggetto sia le tutele economiche sia quelle normative in quanto complesso inscindibile, con la precisazione che la stazione appaltante può ritenere sussistente l’equivalenza in caso di scostamenti marginali in un numero limitato di parametri; se, da un lato, mediante l’istituto in esame il legislatore ha inteso riconoscere agli operatori economici una maggiore flessibilità nella propria organizzazione aziendale, quale corollario della libertà di iniziativa economica privata scolpita all’art. 41 Cost. (con la conseguenza che la norma in esame non può essere interpretata in senso eccessivamente restrittivo, in quanto occorre evitare di introdurre freni non necessari alla concorrenza e al principio di massima partecipazione), dall’altro, tale facoltà deve contemperarsi con la ineludibile tutela dei lavoratori, la quale postula un’attenta disamina da parte della stazione appaltante circa l’equivalenza delle tutele (economiche e normative) riconosciute in forza del diverso CCNL prescelto dall’operatore economico.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1635 del 12 maggio 2025


La responsabilità della curatela fallimentare in ordine a alla rimozione dei rifiuti ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. n. 152/06 – ricollegata dalla Adunanza Plenaria non alla posizione del curatore quale avente causa del fallito ma alla sua qualifica di detentore dell’immobile inquinato – non può essere affermata laddove i rifiuti risultino dalla pregressa attività della società fallita ma siano collocati in un’area di proprietà di un soggetto terzo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1642 del 13 maggio 2025


Il più mite trattamento sanzionatorio introdotto all’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001 è diretto a sanzionare esclusivamente la specifica condotta consistente nella realizzazione di un’opera del tutto conforme ad un titolo edilizio annullato. Solo in questo caso si versa, invero, in quella situazione di buona fede che giustifica l’applicazione di misure sanzionatorie più favorevoli. Al contrario, quando l’opera si discosta in tutto o in parte dal titolo edilizio annullato, non vi è una situazione di buona fede da tutelare e non vi è quindi ragione per applicare la norma di favore contenuta nell’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001. Per le parti eseguite in difformità vanno dunque applicate le altre disposizioni sanzionatorie introdotte dallo stesso d.P.R. n. 380 del 2001, fra cui quella prevista dall’art. 34 che riguarda gli interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo edilizio.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1574 dell’8 maggio 2025


L’espressione indeterminata racchiusa nella clausola di stile secondo cui l’impugnazione concerne altresì “ogni altro atto comunque presupposto, conseguente o connesso” (o altra espressione simile) è per sua natura priva di attitudine a manifestare quale debba essere, secondo l’interessato, l’oggetto del giudizio e dell’annullamento da parte del giudice, perché solo un’inequivoca indicazione consente al giudice stesso di identificare l’oggetto della domanda e ai contraddittori di esercitare il loro diritto di difesa.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 399 del 6 maggio 2025


Ai sensi dell’art. 120, comma 2, c.p.a., per i bandi e gli avvisi “autonomamente lesivi” il termine di trenta giorni per impugnare “decorre dalla pubblicazione di cui agli articoli 84 e 85 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo di attuazione della legge n. 78 del 2022”. La pubblicazione del bando costituisce presunzione iuris et de iure della conoscenza del bando e quindi della conoscenza della portata lesiva delle prescrizioni limitative della partecipazione. L’art. 85, comma 4, ultimo periodo, d.lgs. n. 36/2023, prevede che “Gli effetti giuridici degli atti oggetto di pubblicazione [tra cui, i bandi di gara] decorrono dalla data di pubblicazione nella Banca dati nazionale dei contratti pubblici” istituita presso l’ANAC. Tale previsione, atteso il suo carattere generale, riguarda anche i bandi di gara relativi agli appalti sotto soglia comunitaria, come emerge anche dalle delibere n. 261/2023 e n. 263/2023 dell’ANAC.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1545 del 5 maggio 2025


È illegittimo l’ordine rivolto a un Fallimento che non ha mai avuto la disponibilità del compendio immobiliare in cui sono stati realizzati gli abusi edilizi e alla data di adozione dell’ordinanza impugnata aveva già reciso ogni rapporto con la detentrice dell’immobile, avendo altresì sciolto il contratto di leasing con la proprietaria del predetto bene; la demolizione di un abuso edilizio deve infatti essere ingiunta all’attuale proprietario dell’immobile, che risponde non a titolo di responsabilità effettiva, bensì per il suo rapporto materiale con il manufatto, essendo la sanzione ripristinatoria finalizzata a rimuovere una situazione di fatto obiettivamente antigiuridica, nonché a restaurare l’ordine urbanistico violato. Tale conclusione trova conferma, a contrario, nel diverso regime applicabile allorquando tra la commissione dell’abuso e l’irrogazione delle misure sanzionatorie e repressive il proprietario dell’immobile abusivo è stato dichiarato fallito, poiché l’ordine di demolizione può essere legittimamente rivolto anche alla curatela fallimentare che è nelle condizioni di eseguirla, in quanto, anche se non ha realizzato l’abuso, è tuttavia la detentrice dell’immobile, di cui ha la materiale disponibilità, ed è nelle condizioni di poter restaurare il corretto assetto urbanistico del territorio.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1533 del 2 maggio 2025


L'obbligo giuridico di provvedere è rinvenibile anche al di là di una espressa disposizione normativa che tipizzi il potere del privato di presentare un'istanza e, dunque, anche in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l'adozione di un provvedimento, ovvero tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell'amministrazione, cosicché non assume nemmeno più valenza giustificativa dell'inerzia serbata dalla PA il fatto che l'istanza non soddisfi i requisiti minimi di contenuto e di forma un tempo necessari per poterla ritenere ricevibile e ammissibile e, pertanto, per far scattare l'obbligo di pronuncia nel merito da parte della PA (fattispecie relativa all’inerzia serbata dal Comune intimato a seguito dell’istanza proposta dai ricorrenti per permesso di costruire in sanatoria a seguito del decreto c.d. “Salva Casa”.).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1501 del 30 aprile 2025





La piscina è una struttura di tipo edilizio che incide con opere invasive sul sito in cui viene realizzata, perciò configura una nuova costruzione ex art. 3, comma 1, lett. e), d.P.R. n. 380 del 2001 e non una pertinenza urbanistica del fabbricato residenziale; la piscina, infatti, non può essere attratta alla categoria urbanistica delle mere pertinenze, poiché, sul piano funzionale, non è necessariamente complementare all'uso delle abitazioni e non costituisce sempre una mera attrezzatura per lo svago alla stessa stregua di un dondolo o di uno scivolo installati nei giardini.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1351 del 15 aprile 2025


L'omessa notifica degli atti sanzionatori in materia edilizia a tutti i comproprietari, lungi dal costituirne un vizio di legittimità, determina solo l'inefficacia del provvedimento limitatamente ai soggetti, in ipotesi, comproprietari per i quali è mancata la notifica, i quali potranno impugnare il provvedimento sanzionatorio, facendo valere le proprie ragioni entro il termine decorrente dalla piena conoscenza dell'ingiunzione. In applicazione di detto principio affinché un bene immobile abusivo possa formare legittimamente oggetto dell'ulteriore sanzione costituita dall'acquisizione gratuita al patrimonio comunale ai sensi dell'art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, occorre che il presupposto ordine di demolizione sia stato notificato a tutti i proprietari, al pari anche del provvedimento acquisitivo; ciò perché risponde ad ovvi principi di tutela del diritto di difesa e di partecipazione procedimentale il non riconoscere idoneità fondativa dell'irrogazione della sanzione dell'acquisizione al patrimonio comunale all'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione da parte dei proprietari che di quest'ultima non abbiano ricevuto regolare notifica, e perché, con la sanzione dell'acquisizione, si viene a pregiudicare definitivamente il soggetto già titolare del diritto di proprietà sui beni confiscati, per cui necessariamente tale provvedimento ablatorio, a contenuto sanzionatorio, deve essere notificato al proprietario inciso e, se i proprietari siano più di uno, esso deve essere notificato a tutti, atteso che non sarebbe possibile una spoliazione solo pro quota.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1254 del 9 aprile 2025


Al pari delle altre ipotesi di revisione prezzi, anche quella eccezionale prevista all’art. 26 del d.l. n. 50/2022 convertito dalla legge n. 91/2022 richiede necessariamente la presentazione di un’istanza da parte dell’interessato che dia avvio al procedimento volto ad accertare la sussistenza o meno dei presupposti previsti dalla norma per il riconoscimento della revisione dei prezzi. Il termine ultimo per la presentazione dell’istanza di revisione prezzi, nella disciplina di cui all’art. 26 del d.l .n. 50/22, convertito dalla legge n. 91/2022, coincide con l’emanazione del certificato di regolare esecuzione e non con l’approvazione dello stesso da parte della stazione appaltante, adempimento quest’ultimo che è posto nell’interesse dell’amministrazione e non dell’appaltatore che ha già sottoscritto il certificato senza proporre alcuna domanda. Questa conclusione oltre ad essere rispettosa del dettato normativo si pone in linea con quanto affermato dalla giurisprudenza circa la necessità che la domanda di revisione dei prezzi – pur non soggetta alla disciplina delle riserve - debba essere presentata prima della firma del certificato di collaudo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1025 del 24 marzo 2025





Per stabilire la natura conformativa o espropriativa di un vincolo, occorre verificare se la sua imposizione ammetta, comunque, la realizzazione dell'opera da parte del privato e se, in presenza di tale possibilità, quest'ultimo possa porre l'opera medesima sul mercato e sfruttarla economicamente: solo in tal caso, infatti, si può affermare che non vi sia uno svuotamento del diritto di proprietà. In particolare, la destinazione di terreno privato a parcheggio pubblico - impressa in base a previsioni di tipo urbanistico - non comportando automaticamente l'ablazione dei suoli, ed anzi, ammettendo la realizzazione anche da parte dei privati, in regime di economia di mercato, delle relative attrezzature destinate all'uso pubblico, costituisce vincolo conformativo, e non anche espropriativo, della proprietà privata.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1443 del 28 aprile 2025


L’individuazione del responsabile dell’inquinamento può basarsi anche su elementi indiziari quali, a mero titolo esemplificativo, la tipica riconducibilità dell’inquinamento rilevato all’attività industriale condotta sul fondo o la vicinanza dell’impianto dell’operatore all’inquinamento accertato, giacché la relativa prova può essere fornita in via diretta o indiretta, potendo cioè, in quest’ultimo caso, l’amministrazione pubblica preposta alla tutela ambientale avvalersi anche di presunzioni semplici di cui all’art. 2727 cod. civ. Laddove, quindi, l’ente pubblico competente abbia fornito elementi indiziari sufficienti a dimostrare, sebbene in via presuntiva, l’ascrivibilità dell’inquinamento a un soggetto, spetta a quest’ultimo l’onere di fornire una prova liberatoria, per la quale non è sufficiente ventilare genericamente il dubbio di una possibile responsabilità di terzi o di un’incidenza di eventi esterni alla propria attività, bensì è necessario provare la reale dinamica degli avvenimenti e indicare lo specifico fattore cui debba addebitarsi la causazione dell’inquinamento.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1439 del 24 aprile 2025


L’art. 38, primo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001 stabilisce che, in caso di opere realizzate in base a titolo edilizio annullato, l’amministrazione, al ricorrere dei presupposti ivi previsti, può comminare una sanzione pecuniaria pari al valore delle opere eseguite. La norma è chiara nel rapportare la sanzione al valore delle opere e non all’aumento di valore conseguente alla loro realizzazione. Ai fini della determinazione del valore occorre tener conto del valore all’attualità e ciò in quanto i mutamenti di valore delle opere, dal momento di realizzazione al momento in cui viene applicata la sanzione, incidono in maniera bidirezionale sul proprietario delle stesse. Le diminuzioni comportano, da un lato, un effetto positivo in quanto determinano la contrazione dell’importo della sanzione ma, da altro lato, comportano effetti negativi in quanto il patrimonio del proprietario risente della diminuzione del valore del bene. Gli aumenti di valore determinano gli effetti opposti. Si deve pertanto ritenere che il rapportare la sanzione al valore attuale delle opere costituisca misura che consente di incidere sul debitore in maniera sempre proporzionata al valore del suo patrimonio e costituisca perciò misura più efficace ed equilibrata indipendentemente dalla durata del procedimento e dalle ragioni che l’hanno determinata.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1372 del 16 aprile 2025


La monetizzazione non costituisce un obbligo per il Comune o un diritto per il privato richiedente, ma l’oggetto di una potestà dell’amministrazione, il cui esercizio è legato alla mancanza di interesse pubblico all’acquisizione delle aree a standard. La monetizzazione è non solo un beneficio di carattere eccezionale, ma anche espressione di valutazioni ampiamente discrezionali dell’ente locale cui è rimesso il compito di stabilire se ne ricorrano le condizioni e i presupposti di fattibilità, alla luce della tutela dell’interesse pubblico cui l’azione amministrativa deve ispirarsi. Ne consegue che la scelta fra la cessione delle aree necessarie per la realizzazione delle opere di urbanizzazione ovvero la loro monetizzazione, rientra nella sfera di discrezionalità tecnico-amministrativa dell’ente locale, come tale non censurabile in sede giurisdizionale se non per manifesta irragionevolezza.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1435 del 23 aprile 2025


L’onere di provare l’ultimazione del manufatto alla data utile per beneficiare del condono spetta all’interessato, poiché il periodo di realizzazione delle opere costituisce elemento fattuale rientrante nella disponibilità della parte che invoca l’assistenza del presupposto temporale per usufruirne. Al riguardo, non è sufficiente la sola dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio, che deve essere supportata da ulteriori riscontri documentali, eventualmente indiziari, purché altamente probanti. L’onere della prova della data di realizzazione dell’immobile grava sul privato (anche) in virtù della disposizione contenuta nell’art. 64, comma 1, c.p.a., secondo la quale spetta al ricorrente l’onere della prova in ordine a circostanze che rientrano nella sua disponibilità, poiché deve farsi applicazione del principio di “vicinanza della prova”, essendo nella sfera del privato la prova circa l’epoca di realizzazione delle opere edilizie e la relativa consistenza, in quanto solo l’interessato può fornire gli inconfutabili atti, documenti o gli elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza sul tempo di realizzazione dell’intervento. Nondimeno tale onere non va inteso in senso assoluto e si può ammettere un temperamento, laddove l’interessato sia in grado di fornire delle prove indirette, attraverso un adeguato supporto documentale che abbia una effettiva e adeguata consistenza probatoria.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1326 del 14 aprile 2025


La drastica riduzione, non meramente occasionale, dei partecipanti all’esame di abilitazione alla professione di avvocato (sessione 2023) e la concentrazione in un solo elaborato della prova scritta (regolata in modo specifico dall’art. 4-quater, del d.l. n. 51/2023), impone di valorizzare in sede ermeneutica l’obbligo di motivazione ulteriore introdotto dal legislatore, con legge n. 47 del 2012, pur nella consapevolezza che esso, in ragione delle “proroghe” della sua entrata in vigore intervenute e in coerenza con quanto deciso dall’Adunanza Plenaria n. 7 del 2017, non si sostanzia attualmente nell’apposizione di specifiche annotazioni, ma è rimesso alle valutazioni dell’amministrazione, potendo risolversi, pertanto, anche nell’apposizione di segni grafici idonei a palesare le parti dell’elaborato ritenute insufficienti o particolarmente meritevoli in relazione ai criteri valutativi dettati dalla normativa di riferimento per ciascuna sessione. L’interpretazione costituzionalmente orientata delle leggi che hanno via via differito l’applicazione della novella, conduce a ritenere necessario sin d’ora che i giudizi espressi dalla commissione d’esame siano supportati da una motivazione ulteriore rispetto a quella solo numerica, che, seppure non debba necessariamente consistere nell’apposizione di annotazioni, consenta di percepire, secondo modalità rimesse alla discrezionalità dell’amministrazione, le ragioni del giudizio espresso, in modo ulteriore e più specifico rispetto a quanto si realizza con il voto numerico.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1401 del 18 aprile 2025


La giurisprudenza amministrativa ha fornito numerose indicazioni sulla identificazione di situazioni che concretizzano fattispecie di collegamento tra concorrenti in una gara d’appalto, individuando una serie di indici, che per assurgere a presupposti del provvedimento di esclusione devono avere le caratteristiche di gravità, precisione e concordanza, che spetta all’amministrazione valutare in concreto: se, da un lato, l’amministrazione è onerata delle verifiche puntuali degli elementi che fanno ritenere probabile il collegamento societario, dall’altro, non è necessario che effettui una verifica circa il fatto che il collegamento societario abbia in concreto influito sulla presentazione delle offerte e sull’esito della gara. Ne consegue che, ai fini dell’esclusione, è necessario che si raggiunga un grado di verosimiglianza della sussistenza di un unico centro decisionale secondo un criterio probabilistico che poggia sugli elementi del collegamento di carattere societario, commerciale o comunque relazionale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1315 del 11 aprile 2025


Il TAR Milano si conforma ai principi espressi dal Consiglio di Stato che, nel distinguere tra contributo di costruzione e clausola di monetizzazione di standard, rimarca che quest’ultima ha una diretta e immediata incidenza urbanistica e, avendo tale natura, segue la disciplina dello strumento urbanistico, anche in relazione all’applicazione delle misure di salvaguardia

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1289 del 11 aprile 2025


Non sussiste ormai alcun dubbio sull’utilizzabilità dell’azione ex art. 696 c.p.c. nel processo amministrativo, trattandosi di un mezzo di istruzione preventiva assolutamente compatibile con il processo stesso, soprattutto nelle materie di giurisdizione esclusiva (nella fattispecie la controversia riguardava l’interpretazione e l’esecuzione di una convenzione urbanistica, per la quale sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lettera a), n. 2) del c.p.a.).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1356 del 15 aprile 2025


L’istanza di accesso agli atti, qualora non sia presentata direttamente dall’interessato ma da un suo legale, deve essere o firmata anche dall’interessato, o accompagnata dalla procura che legittimi l’avvocato a presentarla in nome e per conto dell’assistito. Nessuno dei due requisiti alternativi sussisteva nel caso esaminato dal Collegio, pertanto l’istanza di accesso è stata considerata inammissibile per difetto di potere rappresentativo del soggetto che l’aveva sottoscritta; di conseguenza, è stato ritenuto legittimo il diniego tacitamente opposto dal Comune all’istanza di accesso.

TAR Lombardia, Brescia, sez. I, n. 311 del 10 aprile 2025


Il diritto al ricorso nel processo amministrativo sorge in conseguenza della lesione attuale di un interesse sostanziale e tende a un provvedimento del giudice idoneo, se favorevole, a rimuovere quella lesione. Le condizioni soggettive per agire in giudizio sono la legittimazione processuale, cosiddetta legittimazione ad agire, e l'interesse a ricorrere; nel giudizio impugnatorio, la legittimazione ad agire spetta al soggetto che afferma di essere titolare della situazione giuridica sostanziale di cui lamenta l'ingiusta lesione per effetto del provvedimento amministrativo, posizione speciale e qualificata, che lo distingue dal quisque de populo rispetto all'esercizio del potere amministrativo, mentre l'interesse al ricorso consiste nel vantaggio pratico e concreto che può derivare al ricorrente dall'accoglimento dell'impugnativa. L'interesse al ricorso, quale species dell'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., deve avere le caratteristiche della concretezza e dell'attualità e deve consistere in una utilità pratica, diretta e immediata, che l'interessato può ottenere con il provvedimento richiesto al giudice. Dunque, il provvedimento giudiziale a cui si aspira mediante la proposizione del ricorso amministrativo deve essere idoneo ad assicurare, direttamente ed immediatamente, l'utilità che la parte ricorrente assume esserle sottratta o negata o disconosciuta, non essendo a tal fine sufficiente il mero riferimento alla generica pretesa al rispetto di norme, svincolate dalla prospettazione di vizi dell'atto che incidono sulla sfera giuridica del ricorrente.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1297 del 11 aprile 2025


L’oggettivo malfunzionamento della piattaforma digitale utilizzata per lo svolgimento della procedura selettiva, debitamente attestato dal gestore della medesima, non soltanto rende doverosa la rimessione in termini del concorrente, non potendo essere imputato allo stesso il malfunzionamento del sistema, ma impone la proroga del termine di presentazione delle offerte in favore di tutti i potenziali partecipanti, trattandosi di impedimento generalizzato; il malfunzionamento della piattaforma informatica giustifica ex se la rimessione in termini e non richiede l’assolvimento di alcun onere probatorio in capo al partecipante, in applicazione delle previsioni contenute nel Codice dei contatti pubblici laddove impongono la proroga dei termini di presentazione delle offerte nei casi di comprovato malfunzionamento, pur se temporaneo, delle piattaforme.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1096 del 28 marzo 2025


L’assenza di un dovere di confutazione analitica e puntuale delle singole osservazioni consente all’Amministrazione comunale di procedere, discrezionalmente, al loro accorpamento per gruppi omogenei (non tuttavia in un unico blocco), in modo da agevolare il lavoro degli Uffici e di razionalizzare l’iter di approvazione dello strumento pianificatorio, anche al fine di evitare disparità di trattamento tra situazioni omogenee.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1101 del 31 marzo 2025


Ancorché l’art. 133 c.p.a. preveda la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in relazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, alla luce dei criteri correttivi introdotti dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 204 del 2004, tale attrazione ratione materiae non esclude la verifica della natura giuridica del potere esercitato dalla pubblica amministrazione nella concreta dinamica del rapporto giuridico dedotto in giudizio. Ne consegue che ove gli atti dell'ente pubblico di cui si chiede l'annullamento siano intervenuti dopo la fase di designazione autoritativa dell'impresa appaltatrice (all'esito di gara pubblica o in virtù di provvedimento di affidamento provvisorio) all'interno della regolazione contrattuale del rapporto, la giurisdizione non può che essere del giudice ordinario. Ove invece si tratti di atti strettamente connessi alla procedura di gara o di esercizio di poteri autoritativi la giurisdizione spetta al giudice amministrativo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1106 del 31 marzo 2025


Ai fini della qualificazione di una nuova media struttura di vendita non rileva l’autonomia funzionale dei singoli esercizi; ciò che assume rilievo non è la gestione delle singole unità commerciali insediate nell’immobile quanto la gestione unitaria di infrastrutture e spazi comuni, quali sono l’accesso e i parcheggi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1162 del 4 aprile 2025


L’art. 30, comma 3 bis, del D.L. n. 69/2013 – a mente del quale “il termine di validità nonché i termini di inizio e fine lavori nell'ambito delle convenzioni di lottizzazione di cui all'articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, ovvero degli accordi similari comunque nominati dalla legislazione regionale, stipulati sino al 31 dicembre 2012, sono prorogati di tre anni” – va interpretato nel senso che l'estensione di tre anni della proroga a tutti i termini previsti nell'ambito della singola convenzione urbanistica opera con esclusivo riferimento alle convenzioni ancora efficaci al momento di entrata in vigore della legge di conversione e non anche con riferimento ad accordi pur stipulati entro il 31 dicembre 2012 ma non più efficaci

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1161 del 4 aprile 2025


I vizi che inficiano la nomina o la composizione della commissione di gara non si trasmettono in via automatica ai lotti diversi rispetti a quello oggetto di impugnativa poiché tale effetto viene precluso dall’autonomia delle singole procedure di gara relative ai diversi lotti attinenti al medesimo bando. A differenza della pubblicazione del bando di gara, la nomina commissione, sebbene costituisca un segmento o tronco procedimentale unitario per tutti i lotti, non ha rispetto alle singole aggiudicazioni natura di atto presupposto tale per cui l’illegittimità che la colpisce si trasmette in via derivata, con effetto caducante, verso le aggiudicazioni diverse rispetto a quella oggetto di impugnazione. Il vizio che colpisce la commissione di una gara ad oggetto plurimo rimane un vizio di quella specifica procedura di gara che inficia in via derivata, con effetto viziante, tutte le aggiudicazioni, ma che potrà essere fatto valere, attesa l’autonomia delle gare relativa ai vari lotti, mediante apposita impugnativa o ricorso cumulativo. Nonostante l’annullamento dell’aggiudicazione di un lotto, in mancanza di specifico gravame le altre aggiudicazioni continuano a rimanere in piedi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1109 del 31 marzo 2025








Il percorso evolutivo delle disposizione in materia di ristrutturazione edilizia riflette il progressivo superamento dei confini originariamente propri dell’istituto della ristrutturazione demoricostruttiva, che ha portato all’eliminazione del requisito della ricostruzione con “identità” tra il fabbricato precedente e quello risultante all’esito dei lavori, rendendo così possibile ricondurre a tale categoria edilizia anche interventi comportanti una ricostruzione con modifica dei parametri costruttivi, con l’obiettivo di favorire il contenimento del consumo di nuovo suolo e l’utilizzazione di aree già urbanizzate. La corretta interpretazione della norma, tuttavia, passa attraverso un’analisi che tenga conto non solo del dato strettamente semantico o letterale, ma anche dell’esigenza di mantenere un’oggettiva distinzione sul piano concettuale e regolatorio tra la ristrutturazione e la nuova costruzione, pure nel sistema risultante dalle recenti modifiche al testo unico dell’edilizia. L’attuale versione dell’art. 3, comma 1, lett. d), TU edilizia difatti, sebbene animata dall’obiettivo di rendere più utilizzabile lo strumento della ristrutturazione demoricostruttiva anche nella prospettiva di favorire il recupero del patrimonio edilizio esistente e evitare consumo di nuovo suolo, non può legittimare un concetto di ristrutturazione completamente sganciato dalla conservazione della precedente identità dell’edificio oggetto di trasformazione, né un’interpretazione che avvalori l’idea per cui l’edificio preesistente rappresenterebbe soltanto “l’occasione” per un intervento che, di fatto, si risolve nella creazione di un novum sul piano edilizio, non riconducibile sotto alcun profilo alla costruzione esistente se non sul piano meramente nominalistico.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1133 del 1 aprile 2025



Con riferimento al novellato art. 120 c.p.a., il legislatore ha cercato di far coincidere la conoscenza del provvedimento con la conoscibilità dei vizi e, quindi, con la trasmissione degli atti, e ciò al fine di contemperare due esigenze in conflitto: ovverosia, da un lato, evitare il fenomeno dei c.d. ricorsi “al buio” (proposti cioè senza conoscere ancora tutti gli atti della procedura) e, dall’altro, contenere rigorosamente i termini per la proposizione del gravame entro i limiti di legge, con individuazione di un “termine certo”, a soddisfazione dell’esigenza di stabilità dell’atto amministrativo e di certezza dei rapporti giuridici. In questa prospettiva la regola è, quindi, quella dell’impugnazione entro il termine di trenta giorni dalla conoscenza dell’aggiudicazione; la possibilità di sommare a detto termine quello ulteriore di quindici giorni presuppone, quale condizione imprescindibile, la tempestività dell’istanza ostensiva.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 247 del 27 marzo 2025


Non si può ritenere urbanisticamente irrilevante la trasformazione di un magazzino per deposito (analogamente al caso di una soffitta o di un garage) in un locale abitabile. Solo il cambio di destinazione d'uso fra categorie edilizie omogenee non necessita del permesso di costruire (in quanto non incide sul carico urbanistico), mentre, allorché lo stesso intervenga tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee, così come tra locali accessori e vani ad uso residenziale, integra una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico, con conseguente assoggettamento al regime del permesso di costruire e ciò indipendentemente dall'esecuzione di opere. Infatti, neanche il cambiamento di destinazione d'uso senza realizzazione di opere edilizie costituirebbe un'attività del tutto libera e priva di vincoli, non potendo comportare la vanificazione di ogni previsione urbanistica che disciplini l’uso nel territorio del singolo Comune.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1127 del 31 marzo 2025


Il contenuto necessario del contratto di avvalimento concluso tra l’operatore economico concorrente e l'ausiliaria è diverso e di diversa ampiezza a seconda che venga in considerazione un avvalimento “di garanzia” ovvero “tecnico-operativo”; solo in quest’ultimo caso, difatti, sussiste l’esigenza della concreta messa a disposizione di mezzi e risorse specifiche, indicate nel contratto, che l’ausiliaria deve porre a disposizione del concorrente.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1097 del 28 marzo 2025


La qualificazione degli interventi edilizi, anche ai fini dell’applicazione di una norma agevolativa nella fissazione del contributo di costruzione o della monetizzazione, non può che avvenire avendo riguardo alla totalità di un intervento, impedendo così suddivisioni meramente artificiose e mosse da una finalità sostanzialmente elusiva.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 987 del 20 marzo 2025


In presenza di un giudizio relativo a una gara con due operatori partecipanti, in cui è stato proposto un ricorso incidentale contenente censure di natura potenzialmente escludente, deve procedersi comunque al prioritario esame del ricorso principale, poiché l’accoglimento del gravame incidentale non determina ex se l’improcedibilità di quello principale, continuando ad esistere, in capo al ricorrente principale, la titolarità dell’interesse legittimo strumentale all’eventuale rinnovazione della gara, anche nel caso in cui alla stessa abbiano partecipato altre imprese, sia pure estranee al processo, laddove il rapporto di priorità logica tra ricorso principale e ricorso incidentale deve essere rivisto rispetto a quanto ritenuto dalla giurisprudenza sinora prevalente, nel senso che il ricorso principale deve essere esaminato per primo, potendo la sua eventuale infondatezza determinare l’improcedibilità del ricorso incidentale. L’applicazione del richiamato regime processuale si impone fino a quando uno degli operatori coinvolti non risulti definitivamente escluso dalla procedura, ovvero fino a quando non sia intervenuta una decisione amministrativa ormai inoppugnabile o sia stata pronunciata una sentenza che abbia acquistato forza di giudicato.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 858 del 11 marzo 2025


La nozione di "pertinenza urbanistica" ha peculiarità sue proprie che la distinguono da quella civilistica: deve trattarsi, invero, di un'opera preordinata ad un'oggettiva esigenza di un edificio principale, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell'edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui accede. Il durevole rapporto di subordinazione deve instaurarsi con una costruzione preesistente e la relazione con detta costruzione deve essere, in ogni caso, non di integrazione ma "di servizio", allo scopo di renderne più agevole e funzionale l'uso (carattere di strumentalità funzionale).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1019 del 24 marzo 2025


La caratterizzazione del rifiuto spetta al produttore e non al gestore dell’impianto, che non è tenuto ad avere contezza dei processi che hanno portato alla formazione del rifiuto e che, in una logica di prossimità e ragionevolezza, non può essere identificato come il soggetto deputato all’attività di caratterizzazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 897 del 17 marzo 2025


Si pubblicano le slide predisposte dalla professoressa Monica Delsignore e che sono state illustrate durante l'evento formativo organizzato dalla Camera Amministrativa dell'Insubria del 21 marzo 2025, avente ad oggetto “Inquinamento e responsabilità per le conseguenze ambientali”.


L’interpretazione degli atti amministrativi, ivi compreso il bando, soggiace alle stesse regole dettate dall'art. 1362 e ss., c.c., previste per l'interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata all'interpretazione letterale, in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, atteso che gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati soltanto in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento, che impone alla P.A. di operare in modo chiaro e lineare, tale da fornire ai cittadini regole di condotta certe e sicure, soprattutto quando da esse possano derivare conseguenze negative. Ne discende che la dovuta prevalenza da attribuire alle espressioni letterali, se chiare, contenute nel bando esclude ogni ulteriore procedimento ermeneutico per rintracciare pretesi significati ulteriori, così da ostare ad ogni estensione analogica intesa ad evidenziare significati inespressi e impliciti, tali da vulnerare l'affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l'esigenza della più ampia partecipazione; dall'interpretazione letterale è consentito discostarsi solo in presenza di una sua obiettiva incertezza, atteso che è necessario evitare che il procedimento ermeneutico conduca all'integrazione delle regole di gara palesando significati del bando non chiaramente desumibili dalla sua lettura testuale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 864 del 11 marzo 2025








La rideterminazione del contributo di costruzione, rispetto all’importo già liquidato, a fronte degli impegni assunti in sede convenzionale, se ritenuto errato nella sua quantificazione originaria dall’amministrazione pubblica, costituisce attività vincolata e doverosa. Ciò sull’evidente presupposto che la misura di esso sia totalmente svincolata dall’attività negoziale posta in essere dalle parti nell’elaborazione del tessuto convenzionale sinallagmatico. L’obbligo di versamento e la determinazione della misura del contributo edilizio concernono l’accertamento di un diritto soggettivo che non rinviene la sua fonte nella convenzione ma che trae origine direttamente da fonti normative.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 446 del 10 febbraio 2025





Un problema interpretativo riguardante le disposizioni che impongono agli enti del servizio sanitario regionale di effettuare i propri approvvigionamenti attraverso le convenzioni stipulate dai soggetti aggregatori consiste nello stabilire se esse impediscano in maniera assoluta ai singoli enti del servizio sanitario nazionale di procedere autonomamente agli acquisti o se siano ammesse eccezioni. In base ad un orientamento giurisprudenziale, una prima eccezione sarebbe ammessa nel caso in cui il singolo ente dimostri che l’acquisto autonomo consente ad esso un risparmio di spesa. Ritiene invece il Collegio preferibile seguire un opposto orientamento giurisprudenziale, secondo cui l’obbligo di approvvigionamento attraverso l’utilizzo delle procedure di aggiudicazione centralizzate sussiste anche quando il singolo ente dimostri di essere in grado di ottenere condizioni più favorevoli rispetto a quelle emergenti dai contratti stipulati dai soggetti aggregatori. Questa conclusione, oltre che più aderente alla lettera della legge, appare anche più logica in quanto l’efficienza delle procedure di aggiudicazione aggregate deve essere misurata, non già a livello di singolo ente, ma a livello di sistema.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 801 del 7 marzo 2025


I provvedimenti sanzionatori in materia di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia hanno natura vincolata sicché la loro illegittimità, sulla scorta di una lettura sostanzialistica delle norme sulla partecipazione, non può fondarsi sul mancato apporto partecipativo del privato denunziante, che sarebbe del tutto inutile non potendo diversamente orientare l’esercizio del potere.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 130 del 17 febbraio 2025




Le repliche sono ammissibili solo ove conseguenti ad atti della controparte ulteriori rispetto a quelli di risposta alle iniziative processuali della parte stessa (ricorso, motivi aggiunti, memorie, documenti, ecc.), atteso che la ratio legis si individua nell'impedire la proliferazione degli atti difensivi, nel garantire la par condicio delle parti, nell'evitare elusioni dei termini per la presentazione delle memorie e, soprattutto, nel contrastare l'espediente processuale della concentrazione delle difese nelle memorie di replica con la conseguente impossibilità per l'avversario di controdedurre per iscritto.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 843 del 10 marzo 2025


L’obbligo di bonifica non può essere esteso a qualsivoglia sostanza contaminante, essendo infatti illegittimo un provvedimento che imponga un ripristino ambientale previa attività di ricerca di ipotetici fattori inquinanti che non siano stati previamente identificati, essendo in tal modo elusa la finalità dell'art. 244 d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 che mira ad accollare al responsabile dell'inquinamento la bonifica e il ripristino ambientale, con eliminazione degli elementi inquinanti che siano stati, però, già riscontrati da un ente pubblico.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 856 del 10 marzo 2025


L’inammissibilità derivante dalla mancata notifica dei motivi aggiunti ai procuratori costituiti, così come previsto dagli artt. 43 comma 2 c.p.a. e 170 c.p.c., può essere superata se il contraddittorio sull’intero thema decidendum si sia comunque esplicato in assoluta pienezza, avendo tutte le parti ampiamente contraddetto, nel merito, su tutti gli aspetti della controversia.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 864 del 11 marzo 2025


Nel caso di accesso difensivo, la valutazione in merito alla ricorrenza, in concreto, dell'esigenza difensiva prospettata dall'istante e della pertinenza del documento rispetto all'esigenza stessa deve essere effettuata in astratto, prescindendo da ogni apprezzamento circa la legittimazione alla pretesa sostanziale sottostante, ovvero senza che possa essere apprezzata la fondatezza o l'ammissibilità della domanda giudiziale che l'interessato potrebbe, in ipotesi, proporre sulla base dei documenti acquisiti mediante l'accesso, né tantomeno sindacata la concreta utilità della documentazione ai fini dell'ulteriore conclusione del giudizio. Ciò che compete all'Amministrazione (e successivamente al giudice, in sede di sindacato sull'operato di questa), sulla base della motivazione della richiesta di accesso, è pertanto la mera verifica dell'astratta inerenza del documento richiesto con la posizione soggettiva dell'istante e gli scopi che questi intende perseguire per il tramite dell'accesso. Ne consegue che l'Amministrazione non può subordinare l'accoglimento della domanda alla (propria) verifica della proponibilità e/o ammissibilità di azioni in sede giudiziaria, salva l'evidente e assoluta mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell'accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla L. n. 241 del 1990.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 143 del 24 febbraio 2025


Ai sensi dell’art. 40, comma 1, lett. d), c.p.a., il ricorrente è tenuto ad indicare “i motivi specifici su cui si fonda il ricorso”. La disposizione va intesa nel senso che è onere del ricorrente, in virtù del principio dispositivo che regola il processo amministrativo, dedurre le doglienze tramite cui contesta l’operato dell’amministrazione ritenendolo illegittimo e indicare il parametro normativo di riferimento che illumina la denunciata illegittimità al fine di consentire il sindacato del giudice nel rispetto del principio del contraddittorio. Mentre l’onere di allegazione della contestazione va assolto in modo rigoroso, non è tuttavia indispensabile che il ricorrente indichi con precisione la disposizione o la norma in cui va ricondotta la contestazione, poiché tale opera di sussunzione spetta al giudice in virtù del principio generale iura novit curia. È dunque sufficiente che il ricorrente alleghi il fatto della contestazione rapportandolo, secondo la propria prospettazione, alla regola di azione che governa l’operato amministrativo, in modo da consentire al giudice di sussumere, mediante l’interpretazione dello scritto difensivo e in virtù del principio iura novit curia, la predetta contestazione nella previsione normativa che la contempla.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 851 del 10 marzo 2025


La disposizione di cui all’art. 3, comma 1, lett. e.6) del D.P.R. n. 380/2001 non qualifica come pertinenza ogni opera che abbia un volume inferiore al 20% di quello dell’edificio principale, poiché una simile interpretazione rischierebbe di sottrarre al regime autorizzatorio opere che, pur rientrando nei predetti parametri normativi, sono comunque significative quanto a dimensione siccome rapportate a edifici di grande estensione e che hanno propria autonomia funzionale o di impiego, tale da concorrere all’aumento del carico urbanistico. La norma, al contrario, stabilisce che anche opere di natura dichiaratamente pertinenziale – che tali cioè siano su un piano fisico e funzionale – sono comunque considerate, ai fini edilizi, come nuove costruzioni laddove presentino rilevanti dimensioni. Pertanto, per escludere che un manufatto sia qualificabile come opera di nuova costruzione è necessario che questo abbia prima ed ex se natura pertinenziale, sulla scorta dei criteri identificativi all’uopo elaborati dalla giurisprudenza, e poi che presenti anche una dimensione inferiore al 20% del volume del fabbricato cui accede.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 454 del 11 febbraio 2025


L’approvazione di un piano ciclabile comporta l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio o, quantomeno, all’asservimento delle aree private. A nulla rileva la circostanza che l’art. 6, commi 3 e 4, della legge n. 2/2018 (recante disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta) preveda che gli strumenti di pianificazione di cui al comma 1 costituiscono atti di indirizzo per la programmazione pluriennale delle opere di competenza dei rispettivi enti e che gli enti interessati assicurano la coerenza degli atti di pianificazione territoriale e urbanistica con gli strumenti di pianificazione di cui al comma 1. Invero, tale normativa speciale esclude la possibilità che quello strumento di pianificazione operi in deroga o in variante allo strumento urbanistico generale, ma non esclude affatto che da esso si produca l’effetto del vincolo preordinato all’esproprio, quale previsto dall’art. 9 D.P.R. n. 327/2001.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 694 del 28 febbraio 2025


Nessuna norma di rango primario né nel Codice degli appalti pubblici né in altra fonte legislativa prescrive uno specifico limite dimensionale per la redazione dell'offerta tecnica o attribuisce alla Stazione appaltante un potere in tal senso. Ne consegue che la clausola che prevede, addirittura, per la violazione dei limiti dimensionali, lo stralcio di una parte dell'offerta rappresenta una vera e propria sanzione espulsiva, in contrasto con il divieto di aggravamento degli oneri procedimentali nonché con l'interesse della stessa Amministrazione a selezionare l'offerta migliore. Pertanto, una tale clausola, ove interpretata nel senso che la mancata osservanza di un parametro solo formale riferito ad una mera modalità redazionale di formulazione del testo, comporta l'esclusione dell'offerta indipendentemente dai suoi contenuti, è radicalmente nulla per violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione ma, prima ancora, per violazione del principio di imparzialità e buon andamento di cui all'art. 97 Cost., potendo consentire ad un'offerta qualitativamente peggiore o maggiormente onerosa di prevalere sull'offerta migliore per motivi che nulla hanno a che fare con l'interesse pubblico

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 720 del 3 marzo 2025


La destinazione impressa dal P.G.T. come “aree di salvaguardia dell’abitato” impedisce di procedere all’installazione dell’impianto fotovoltaico a terra attraverso l’utilizzazione della Procedura abilitativa semplificata (P.A.S.), ma richiede il ricorso al procedimento di autorizzazione unica ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. n. 387 del 2003 di competenza provinciale. Le previsioni del P.G.T. vigente non possono essere “superate” dalla circostanza che i Piani di livello superiore, ossia il P.T.R. e il P.T.C.P., classificano le aree come agricole, visto che le parti dei richiamati Piani di livello superiore anche laddove hanno efficacia prescrittiva e prevalente (come il P.T.C.P. in relazione agli Ambiti agricoli strategici) devono comunque essere recepite formalmente dal P.G.T. comunale, come specificato dall’art. 10, comma 1, lett. e, della l.r. n. 12 del 2005. Del resto, se pure la previsione del P.G.T. fosse illegittima per contrasto con il Piano superiore non ne sarebbe consentita la disapplicazione, ma solo l’annullamento a seguito di pronuncia resa in sede giurisdizionale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 349 del 31 gennaio 2025


L'ordinanza di rimozione dei rifiuti abbandonati, adottata ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006, deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, stante la rilevanza dell’eventuale apporto procedimentale che tali soggetti possono fornire, quanto meno in riferimento all’ineludibile accertamento delle effettive responsabilità per l’abusivo deposito di rifiuti, salvo che non vi sia già stata una complessa e specifica interlocuzione con il Comune.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 134 del 17 febbraio 2025


L’operatore economico terzo classificatosi risulta portatore di un interesse attuale e concreto, idoneo a connotare l'impugnazione in termini di ammissibilità, qualora lo stesso proponga censure dirette all'esclusione (e/o alla postposizione) nella graduatoria di tutti i concorrenti che la precedono; deve, pertanto riconoscersi sussistente l'interesse a ricorrere del terzo graduato tutte le volte in cui egli potrebbe avvantaggiarsi dello “scorrimento” della graduatoria conseguente all'accoglimento del ricorso. Ne consegue che il ricorso avverso il provvedimento d'aggiudicazione non solo è inammissibile in radice se non contiene doglianze dirette nei confronti di tutti gli operatori collocati in graduatoria in posizione migliore del ricorrente, ma neppure può trovare accoglimento nel caso di rigetto di tutte le censure avverso uno di tali controinteressati, la cui posizione poziore si consoliderebbe pregiudicando di per sé la possibilità del ricorrente di ottenere il bene della vita perseguito.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 721 del 3 marzo 2025


Si pubblicano le slide predisposte dal prof. Emanuele Boscolo e che sono state illustrate dai relatori durante l'evento formativo organizzato dalla Camera Amministrativa dell'Insubria del 28 febbraio 2025, avente ad oggetto "Novità in materia di semplificazione edilizia".


Il presupposto di applicazione dell'art. 42-bis del d.P.R. n. 227 del 2001 deve ravvisarsi nell'utilizzo di un bene privato da parte della PA "senza titolo", per non essere mai stato emesso il regolare decreto di esproprio. Sebbene la norma citata non contempli espressamente un avvio del procedimento ad istanza di parte, il privato può sempre sollecitare l'amministrazione ad avviare il relativo procedimento; quest'ultima ha l'obbligo di provvedere al riguardo, adeguando la situazione di fatto a quella di diritto, e l'eventuale inerzia configura silenzio-inadempimento impugnabile dinanzi al giudice amministrativo.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 131 del 17 febbraio 2025


Dalla lettura dell’art. 103, comma 1, lett. b, della l.r. n. 12 del 2005 - che sancisce la cessazione dell'applicazione nella Regione della disciplina di dettaglio prevista dagli articoli 9, comma 5, e 19, commi 2, 3 e 4, del d.P.R. n. 327 del 2001 - emerge l’esplicita scelta del legislatore regionale di assoggettare l’iter per apportare una variante agli strumenti urbanistici alla procedura ordinaria di cui all’art. 10 del D.P.R. n. 327 del 2001, precludendo perciò il ricorso a quella semplificata di cui al successivo art. 19, comma 2: difatti, l’art. 7, comma 1, della l.r. n. 3 del 2009 stabilisce che in tutti i casi nei quali l’opera pubblica o di pubblica utilità da realizzare non risulti conforme alle previsioni degli strumenti di pianificazione comunale, in quanto non prevista, la variante agli strumenti stessi può essere apportata con le procedure ordinarie o con le procedure di cui all’articolo 10, comma 1, del d.P.R. n. 327 del 2001. Di conseguenza, l’approvazione dei progetti di opere pubbliche in variante al P.G.T. può avvenire esclusivamente attraverso la procedura ordinaria di cui all’art. 10, comma 1, del d.P.R. n. 327 del 2001, ovvero mediante una conferenza di servizi, un accordo di programma, una intesa ovvero un altro atto, anche di natura territoriale, che in base alla legislazione vigente comporti la variante al piano urbanistico.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 621 del 24 febbraio 2025


A fronte della circostanza che il sito scelto per l’installazione dell’impianto fotovoltaico ricade su area dichiarata idonea ex lege, all’ente locale non rimane alcuno spazio valutativo in ordine all’insediabilità dell’opera – cioè alla sua localizzazione – in quelle zone del territorio comunale che presentano le caratteristiche indicate dalla norma. Il Comune non ha invero il potere di stabilire, neppure indirettamente attraverso previsioni che vorrebbero limitarsi a disciplinare lo ius aedificandi, in quali aree possano essere installati detti impianti, essendo la competenza relativa alla localizzazione degli stessi ripartita unicamente tra Stato e Regioni. Del resto, avendo già provveduto la legge al necessario bilanciamento dei contrapposti interessi pubblici dichiarando idonea all’installazione dell’impianto l’area individuata dalla ricorrente, nessun potere amministrativo discrezionale può essere esercitato al riguardo dall’amministrazione comunale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 550 del 20 febbraio 2025


In applicazione del principio dell'autovincolo, le prescrizioni minime stabilite nella lex specialis vincolano non solo i concorrenti, ma anche la stessa amministrazione, che non conserva margini di discrezionalità nella loro concreta attuazione, salva la possibilità di procedere all'annullamento del bando nell'esercizio del potere di autotutela. Non è consentito alla stazione appaltante di non rispettare la disciplina che essa stessa si era data, stante l'impossibilità che il favor partecipationis faccia premio sul principio di imparzialità e par condicio al quale deve conformarsi il corretto svolgimento della procedura selettiva.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 514 del 17 febbraio 2025


Ai fini della osservanza delle norme sulle distanze dal confine, il terrapieno e il muro di contenimento, che producono un dislivello o aumentano quello già esistente per la natura dei luoghi, costituiscono nuove costruzioni, idonee a incidere sulla osservanza delle norme in tema di distanze dal confine. Né può assumere rilievo in senso contrario la circostanza che il muro abbia, in ipotesi, un’altezza inferiore a tre metri e ciò in quanto l’art. 878 c.c. consente in tal caso di derogare alla disciplina dettata dall’art. 873 c.c. in tema di distanza tra costruzioni, mentre la materia della distanza della (nuova) costruzione dal confine trova la propria disciplina nei regolamenti comunali.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 564 del 20 febbraio 2025


In sede di pianificazione urbanistica l’amministrazione non è vincolata alla particolare “vocazione” dell’area, per cui la classificazione di un terreno in zona "E1" non presuppone che lo stesso sia concretamente utilizzato per colture tipiche o che possieda già tutte le caratteristiche previste dalla legge, tenuto conto che la destinazione di una zona a verde agricolo, può essere imposta per soddisfare altre esigenze connesse con la disciplina urbanistica del territorio, quali la necessità di impedire un’ulteriore edificazione e mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi, anche ai fini di tutela ambientale.

TAR Lombardia, Brescia, sez. II, n. 76 del 4 febbraio 2025


L’art. 17, comma 3, lett. c, del d.P.R. 380/01 esenta dal contributo di costruzione gli interventi che presentino la duplice caratteristica della pubblica rilevanza dell'opera (presupposto oggettivo) e della natura pubblica del soggetto che la esegue (requisito soggettivo). È, quindi, necessario che l'opera pubblica o di interesse pubblico sia realizzata da un soggetto privato per conto di un ente pubblico di cui ne rappresenti, in buona sostanza, la longa manus, come nell'ipotesi di concessione di opera pubblica e, dunque, sulla base di un rapporto strutturale e non potenzialmente transeunte.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2824 del 22 ottobre 2024


L’art. 52 c.p.a., al comma 3 prevede che “3. Se il giorno di scadenza è festivo il termine fissato dalla legge o dal giudice per l'adempimento è prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo” prosegue al comma 5 stabilendo che “5. La proroga di cui al comma 3 si applica anche ai termini che scadono nella giornata del sabato”. La predetta disposizione riprende quanto già statuito all’art. 155 commi 3 e 5 cod. proc. civ. Su tali presupposti, la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio costituisce “atto processuale” e, in quanto tale, il termine relativo al compimento dello stesso, che scada nella giornata del sabato, rientra nella proroga di diritto prevista nel comma 5 dell’art. 155 cod. proc. civ.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 548 del 20 febbraio 2025


L’accorpamento di più servizi in un unico lotto funzionale è ammesso ove imprescindibile, in relazione alla natura e allo scopo dell’appalto, a evitarne un’esecuzione troppo costosa o eccessivamente complessa o qualitativamente inadeguata, anche per la frammentazione tra più operatori economici affidatari che si avrebbe con la suddivisione in più lotti, sicché tale accorpamento sia conforme al principio del miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti; si può giustificare in tal caso il sacrificio sia del principio di massima partecipazione, sia di quello dell’accesso al mercato, purché proporzionato al raggiungimento dello scopo. La scelta dell’accorpamento deve essere compiuta conducendo un’adeguata istruttoria, comprendente anche l’analisi del mercato rilevante, e deve essere congruamente motivata.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 140 del 18 febbraio 2025


La disposizione di servizio che prevede di interrompere il servizio di prenotazione appuntamenti presso gli uffici del settore edilizia e urbanistica di un Comune è un atto organizzativo con il quale l’amministrazione attende, in considerazione di particolari esigenze d’interesse pubblico, alla propria organizzazione emanando atti destinati a incidere sul proprio funzionamento e sul proprio assetto. La stessa, tuttavia, ai fini dell’interesse ad agire, è connotata da un’efficacia esterna mediata, che si estrinseca per il tramite dell’atto amministrativo applicativo della stessa. Il contenuto della disposizione non risulta idoneo ad incidere in via immediata e diretta nella sfera giuridica dei singoli cittadini che, con riferimento a singole pratiche edilizie, avanzano istanze partecipative nei confronti del SUE. Ne consegue che l’impugnabilità di tale tipo di atto non risulta ammissibile ex se, ma nei limiti in cui costituisca il presupposto di concrete determinazioni applicative, idonee a produrre un’incidenza lesiva concreta sulla specifica e particolare pretesa partecipativa di un ricorrente.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 549 del 20 febbraio 2025


L'approvazione del piano attuativo di iniziativa privata non è atto dovuto, ancorché il medesimo risulti conforme al piano regolatore generale, ma costituisce sempre espressione di potere discrezionale dell'autorità chiamata a valutare l'opportunità di dare attuazione alle previsioni dello strumento urbanistico generale, essendovi fra quest'ultimo e gli strumenti attuativi un rapporto di necessaria compatibilità, ma non di formale coincidenza ed essendovi una pluralità di modi con i quali dare attuazione alle previsioni dello strumento urbanistico generale. Il Comune non si limita, dunque, a svolgere un semplice riscontro della conformità del piano allo strumento generale, ma esercita pur sempre poteri di pianificazione del territorio comunale e pertanto può negare l’approvazione del piano attuativo facendo riferimento a ragioni interne al medesimo quali possono essere i temi dell’organizzazione urbanistica, viabilistica o architettonica dell’intervento ovvero esterne, quali la necessità di valutarne la conformità anche a strumenti sovraordinati, ai quali evidentemente si intende adeguarsi, evitando da subito di avallare scelte in contrasto.

TAR Lombardia, Milano, IV, n. 357 del 3 febbraio 2025


Per occupazione di superficie deve intendersi, salvo che dal contesto della disciplina urbanistica si possa desumere diversamente, ogni impiego di spazio con costruzioni interrate o sopraelevate. Infatti, con il termine superficie si è soliti indicare, nel linguaggio comune, un piano che delimita un corpo nello spazio, ovvero uno spazio limitato di estensione del corpo stesso; significato, questo, che deriva dall’accezione matematica del termine “superficie”, la quale descrive un ente geometrico a due dimensioni (lunghezza e larghezza) e privo di spessore. Nella terminologia urbanistica la superficie identifica lo spazio libero di un’area e, quindi, in un contesto edificato, gli spazi dei cortili e dei giardini. Anche in materia urbanistica la superficie ha solo due dimensioni (lunghezza e larghezza), ed è priva di spessore. L’occupazione di superficie può quindi estendersi tanto al soprasuolo quanto al sottosuolo, essendo inesistente lo spessore materiale. La bidimensionalità si può osservare anche nella proprietà superficiaria prevista dal codice civile agli artt. 952 e ss.

TAR Lombardia, Brescia, sez. II, n. 93 del 7 febbraio 2025



Tra i due diversi orientamenti relativi agli effetti della scadenza dell'efficacia di un piano attuativo, appare  maggiormente coerente con il principio di legalità quello - ad oggi maggioritario - il quale ritiene che una volta scaduti i termini di validità della convenzione urbanistica, ovvero il diverso termine eventualmente stabilito dalle parti, l'esercizio di ogni azione legale per l'adempimento delle obbligazioni ivi contenute risulta prescritto se non esercitato entro il successivo termine di dieci anni.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 541 del 18 febbraio 2025


Anche dopo la stipula del contratto, sussiste per l'Amministrazione la possibilità dell’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione definitiva. Tale potere di autotutela trova ora un fondamento normativo anche nella previsione dell’art. 21 nonies, comma 1, della l. n. 241/1990, laddove esso si riferisce anche ai provvedimenti attributivi di vantaggi economici, che non possono non ritenersi comprensivi anche dell’affidamento di una pubblica commessa. Il citato art. 21 nonies della l. 241/90 stabilisce che l’annullamento debba intervenire entro un termine ragionevole elastico e se si tratta di provvedimenti favorevoli comunque non oltre 12 mesi. Tuttavia, il comma 2 bis dell’art. 21 nonies della l. 241/90 autorizza il superamento del termine di dodici mesi, di cui al comma 1: a) sia in presenza di “false rappresentazioni dei fatti”; b) sia (alternativamente, come fatto palese dall’uso della congiunzione disgiuntiva) in caso di “dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci”; cioè nelle ipotesi in cui ci sia stato un comportamento doloso equiparabile alla colpa grave e più in generale in caso di malafede oggettiva, perché ciò esclude che si sia in presenza di un legittimo affidamento.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 513 del 17 febbraio 2025


La disposizione di cui all’art. 879 c.c., nel disporre che «alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze e le vie pubbliche non si applicano le norme relative alle distanze, ma devono osservarsi le leggi e i regolamenti che le riguardano», intende significare che, in presenza di una strada pubblica, non si fa tanto questione di tutelare un diritto soggettivo privato (tutelato dalla normativa codicistica sulle distanze, rinunciabile e negoziabile), ma di perseguire il preminente interesse pubblico a un ordinato sviluppo urbanistico intorno alla strade ed alle piazze, il quale trova la sua disciplina esclusivamente nelle leggi e regolamenti urbanistico-edilizi, tra i quali il D.M. 1444/1968. In presenza di una strada pubblica tra due fondi, non è dunque consentito derogare alla distanza minima stabilita dall’art. 9 D.M. 2.4.1968 tra pareti finestrate di edifici antistanti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 489 dell’11 febbraio 2025


Il TAR Milano precisa che se è vero che la disciplina applicabile alle istanze per la collocazione di una infrastruttura per telecomunicazioni si caratterizza per la particolare celerità delle procedure, tali da non richiedere nemmeno l'allegazione del titolo di legittimazione all'istanza di autorizzazione, è anche vero che è necessario che tale titolo esista, posto che la legittimazione a effettuare l’intervento su immobile di proprietà altrui costituisce comunque uno dei requisiti di legge necessari per l’adozione del provvedimento abilitativo.

TAR Lombardia, Milano, II n. 3461 del 3 dicembre 2024


Il TAR Brescia ribadisce un costante orientamento giurisprudenziale secondo il quale, allorché l'amministrazione dichiari di non detenere il documento, non sarà possibile l'esercizio dell'accesso e la dimostrazione probatoria grava sulla parte che intenda far valere il diritto, la quale può assolvervi anche attraverso presunzioni ovvero in via indiziaria, ma non tramite mere supposizioni.

TAR Lombardia, Brescia, sez. I, Ordinanza n. 89 del 6 febbraio 2025


L'interesse pubblico all'eliminazione di un titolo edilizio illegittimo (nella specie, del permesso di costruire) è in re ipsa a fronte di falsa, infedele, erronea o inesatta rappresentazione, dolosa o colposa, della realtà da parte del privato, se risultata rilevante ai fini del rilascio. Il privato non può vantare un legittimo affidamento alla conservazione di un titolo edilizio ottenuto attraverso l'induzione in errore dell'amministrazione. Correlativamente, nelle ipotesi di erronea o falsa rappresentazione della realtà, la discrezionalità dell'amministrazione si azzera, e alla stessa è impedito di considerare rilevante (e sanante) il tempo trascorso (nella specie, cinque mesi dal rilascio).

TAR Lombardia, Brescia, sez. II, n. 77 del 4 febbraio 2025


La Corte di Giustizia dell’Unione europea si è più volte pronunciata sull’interpretazione del diritto eurounitario e sul significato da attribuire all’espressione secondo cui gli Stati membri provvedono a rendere accessibili le procedure di ricorso “a chiunque abbia o abbia avuto interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto” in relazione alla posizione di un concorrente ad una gara di appalto che, contestando la propria esclusione, proponga censure miranti ad ottenere la ripetizione della gara e, di conseguenza, il travolgimento dell’aggiudicazione al concorrente. Tale interesse strumentale è tuttavia riconosciuto come rilevante dalla Corte di Giustizia “se del caso”. Quella richiesta dalla Corte di Giustizia – che rinvia alle circostanze “del caso” – non è quindi una valutazione di sussistenza in astratto di un ipotetico interesse strumentale alla ripetizione della gara, valutato ex ante, che sarebbe altrimenti sempre sussistente, bensì una valutazione concreta, in relazione alle circostanze connotanti la fattispecie.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 374 del 3 febbraio 2025


L'amministrazione può decidere sull'applicabilità o meno della sanzione pecuniaria anche nella fase esecutiva dell'ordine di demolizione, con la conseguenza che l'omessa valutazione della possibile applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva non può costituire un vizio dell'ordine di demolizione, ma solo della successiva fase riguardante il progetto della demolizione.

TAR Lombardia, Brescia, sez. II, n. 77 del 4 febbraio 2025


Il TAR Milano ritiene legittima una deliberazione consiliare che esclude gli immobili ricadenti nel “tessuto storico” e negli “aggregati storici” dal riconoscimento degli incentivi previsti dall’art. 40-bis della l.r. n. 12 del 2005, in quanto l’esclusione si fonda oltre che su motivazioni di carattere urbanistico, storico e sociale, anche su aspetti legati alla tutela paesaggistica, stante la classe di sensibilità attribuita al comparto. Inoltre, non si tratta di una esclusione generalizzata delle parti di territorio ricadenti nel tessuto urbano consolidato o comunque urbanizzato, sia perché il tessuto storico, sebbene di entità non del tutto trascurabile, è comunque di ampiezza limitata rispetto all’intero territorio comunale, sia perché per esclusione generalizzata deve intendersi l’esclusione operata con criteri di carattere generale, astratti e del tutto slegati dalla effettiva conformazione del contesto preso a riferimento.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 389 del 5 febbraio 2025


La circostanza che il provvedimento di approvazione della realizzazione di impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti determini automaticamente una variazione allo strumento urbanistico comunale non può certo significare che tale variante abbia carattere definitivo e non sia piuttosto da considerare operante sino alla cessazione degli effetti dell’autorizzazione cui è collegata. Nessun conflitto si profila, quindi, tra la vigenza di un’autorizzazione ex art. 208 del D. Lgs. n. 152 del 2006 per lo svolgimento di attività di trattamento dei rifiuti in un determinato sito e la legittima scelta comunale di imporre alle medesime aree, in sede di approvazione dello strumento urbanistico, una destinazione agricola e di tutela naturalistica, in quanto in tal modo si possono perseguire esigenze di ordinato governo del territorio, legate alla necessità di impedire ulteriori edificazioni, ovvero di garantire l’equilibrio delle condizioni di vivibilità del contesto e la salvaguardia dei valori naturalistici e ambientali necessari a preservare tale equilibrio, ferma restando l’efficacia dell’autorizzazione per il tempo nella stessa indicato.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 358 del 3 febbraio 2025


L’art. 146, comma 6, del D.Lgs. n. 42 del 2004 stabilisce che la Regione può delegare agli Enti locali minori la competenza in materia di paesaggio, purché tali Enti “dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia”; ne consegue che l’eventuale mancata differenziazione non potrebbe determinare l’illegittimità dei provvedimenti assunti dal Comune in materia edilizia, trattandosi di competenza propria e originaria del predetto Ente locale, non surrogabile da altro livello di governo territoriale, ma al limite potrebbe produrre effetti vizianti sul procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, trattandosi di competenza regionale, soltanto delegata al Comune.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 284 del 28 gennaio 2025





Le norme tecniche di attuazione di uno strumento urbanistico sono atti a contenuto generale, recanti prescrizioni a carattere normativo e programmatico, destinate a regolare la futura attività edilizia e, in quanto tali, non sono di per sé immediatamente lesive di posizioni giuridiche soggettive di singoli, per cui la loro impugnazione può avvenire soltanto unitamente all'impugnazione del provvedimento che ne costituisca la concreta applicazione. Le NTA, in quanto subordinate e meramente esecutive rispetto allo strumento urbanistico cui danno attuazione, da un lato, non possono contenere prescrizioni in contrasto con quest’ultimo e, dall’altro, ne seguono necessariamente le sorti. Ciò significa che, così come le prescrizioni contenute nel piano adottato ben possono subire modifiche in sede di successiva approvazione, altrettanto deve dirsi per le norme tecniche di attuazione dello stesso

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 196 del 21 gennaio 2025


In materia di installazione di un impianto fotovoltaico a terra, la previsione di cui all’art. 20, comma 8, lett. c-quater, del D.Lgs. n. 199 del 2021, secondo la quale sono idonee alla richiamata installazione le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei beni dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, né ricadono nella fascia di rispetto di tali beni entro un raggio di cinquecento metri, non può che ritenersi quale ipotesi ulteriore e complementare rispetto a quelle già individuate dalle lettere precedenti e non invece alternativa alle medesime, avendo il legislatore deciso di tutelare anche l’interesse paesaggistico e ambientale, senza tuttavia voler superare del tutto il pregresso assetto.

TAR Lombardia, Milano, IV, n. 351 del 31 gennaio 2025