L’avvenuta edificazione di un’area immobiliare o le sue condizioni di degrado non costituiscono ragione sufficiente per recedere dall’intento di proteggere i valori estetici o culturali ad essa legati, poiché l’imposizione del vincolo costituisce il presupposto per l’imposizione al proprietario delle cautele e delle opere necessarie alla conservazione del bene e per la cessazione degli usi incompatibili con la conservazione dell’integrità dello stesso; ai fini della imposizione del vincolo paesaggistico (e della sua tutela) l’ambiente rileva non solo come paesaggio, ma soprattutto come assetto del territorio, comprensivo financo degli aspetti scientifico – naturalistici (come quelli relativi alla protezione di una particolare flora e fauna), pur non afferenti specificamente ai profili estetici della zona. A ciò deve aggiungersi, poi, la constatazione della importanza ancora maggiore di salvaguardare un’area verde, quando questa appaia già in parte compromessa e, comunque, gravemente minacciata dalla crescente urbanizzazione e dall’incremento di “consumo” del suolo e, congiuntamente, dell’impossibilità di lamentare la disparità di trattamento quando non sia provata l’identità delle situazioni di fatto e nell’eventualità che sia il tertium comparationis a risultare illegittimo o frutto di erronea valutazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 3060 del 3 ottobre 2025