Il TAR Milano ricorda che, come chiarito dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza 9 dicembre 2021, n. 22), nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato (Nella fattispecie si trattava dell’apertura di una porta finestra in un muro nel quale era già presente un contorno adeguato; per il TAR non si comprende quali siano i danni che derivano alla ricorrente dalla suddetta modestissima modifica in quanto la ricorrente si limita ad affermare che condivide con il controinteressato l’appartenenza alla «Zona A1 – Nucleo Antico»; si tratta, per il TAR, di un collegamento molto labile e non sufficiente a ritenere che tutti i residenti nella zona siano lesi da qualsiasi attività edilizia svolta nell’area, senza una prova che tale modifica, di minima entità, sia idonea a comportare un danno immediato e diretto alla sfera giuridica della ricorrente).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1312 del 30 maggio 2023.


Il TAR Brescia, in materia di prescrizione del diritto della pubblica amministrazione alla riscossione di somme di denaro, svolge le seguenti precisazioni.
Secondo la regola generale dell’art. 2945 comma 2 c.c., la prescrizione si interrompe con la proposizione del ricorso, e non decorre nella pendenza del giudizio. Quando l’iniziativa giudiziale sia stata assunta dal debitore, l’effetto sospensivo (o interruttivo permanente) si mantiene per tutta la durata del processo, indipendentemente dalla mancanza di attività processuale della parte ricorrente (rinuncia, perenzione). Nei giudizi impugnatori, infatti, l’amministrazione convenuta, che vanta la posizione di creditore e ha interesse a tutelare le ragioni del proprio credito di fronte alla richiesta di accertamento negativo insita nell’impugnazione, si difende in ogni momento del processo per il solo fatto di mantenere ferma la richiesta di reiezione del ricorso, e in questo modo determina l'interruzione e la correlativa sospensione della prescrizione fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio (v. Cass. civ. Sez. III 20 dicembre 2021 n. 40845; Cass. civ. Sez. Lav. 29 luglio 2021 n. 21799; Cass. civ. Sez. III 21 ottobre 2022 n. 31259).
Per effetto del rovesciamento speculare delle posizioni rispetto alla fattispecie descritta nell’art. 2945 comma 3 c.c., l’estinzione del processo, a cui è assimilabile la perenzione nel processo amministrativo (v. Cass. civ. SU 31 maggio 2022 n. 17619), non provoca la perdita dell’effetto interruttivo permanente della prescrizione in danno dell’amministrazione convenuta. La cancellazione dell’effetto interruttivo permanente è in realtà una sanzione per il creditore che abbia agito in giudizio senza poi svolgere l’attività processuale necessaria per arrivare a una pronuncia di merito. Tale sanzione, pertanto, non può essere estesa per analogia quando il creditore sia invece l’amministrazione convenuta, la quale abbia chiesto la reiezione del ricorso con una domanda implicita di accertamento positivo del credito (ossia di negazione dell’accertamento negativo), e intenda procedere, una volta estintosi il giudizio, alla riscossione coattiva. Altrimenti detto, nel caso di estinzione del giudizio, o di perenzione, non è applicabile l’art. 2945 comma 3 c.c., e si conserva invece l’effetto interruttivo permanente della prescrizione, in quanto al venir meno dell’interesse del ricorrente per l’accertamento negativo del credito si contrappone il persistente interesse dell’amministrazione alla conservazione e alla riscossione del credito stesso. L’esito processuale in rito, trasformando in definitivi i provvedimenti difesi in giudizio dall’amministrazione, mantiene intatto anche il diritto di credito incorporato nei medesimi provvedimenti (v. Cass. civ. Sez. Trib. 15 febbraio 2023 n. 4813).

TAR Lombardia,  Brescia, Sez. II, n. 467 del 26 maggio 2023


Il TAR Milano precisa che rientrano nella nozione di “rifiuti di estrazione”, come tali esclusi dall’applicazione delle ordinarie norme sui rifiuti, esclusivamente i materiali che, oltre ad essere derivati dallo sfruttamento delle cave, restino altresì entro il ciclo produttivo dell'estrazione e connessa pulitura.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 329 in data 8 febbraio 2023.


Il TAR Milano rammenta, in linea con la consolidata giurisprudenza, che la verifica dell'anomalia dell'offerta è finalizzata ad accertare la complessiva attendibilità e serietà della stessa, sulla base di una valutazione che ha natura globale e sintetica e che costituisce, in quanto tale, espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato all'Amministrazione, in via di principio insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che per ragioni legate alla eventuale (e dimostrata) manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell'operato dell'Amministrazione, tale da rendere palese l'inattendibilità complessiva dell'offerta; trattandosi, quindi, di valutare l'offerta nel suo complesso, il giudizio di anomalia non ha a oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze, mirando piuttosto ad accertare se essa in concreto sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto; pertanto, la valutazione di congruità, globale e sintetica, non deve concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo; con la conseguenza che, se anche singole voci di prezzo o singoli costi non abbiano trovato immediata e diretta giustificazione, non per questo l'offerta va ritenuta inattendibile, dovendosi, invece, tener conto della loro incidenza sul costo complessivo del servizio per poter arrivare ad affermare che tali carenze siano in grado di rendere dubbia la corrispettività proposta dall'offerente e validata dalla stazione appaltante (Consiglio di Stato sez. III, 17 ottobre 2022, n.8790).
Aggiunge il TAR che costituisce, poi, ius receptum che, mentre è richiesta un'articolata ed approfondita motivazione laddove l'Amministrazione ritenga di non condividere le giustificazioni offerte dall'impresa, in tal modo disponendone l'esclusione, invece la valutazione favorevole circa le giustificazioni dell'offerta sospetta di anomalia non richiede un'articolata motivazione, ripetitiva delle medesime giustificazioni ritenute accettabili o espressiva di ulteriori apprezzamenti, ben potendo il giudizio di congruità dell'offerta essere motivato per relationem, facendo riferimento alle giustificazioni rese dall'impresa, sempre che tali giustificazioni siano a loro volta congrue ed adeguate. In quest'ultimo caso, in applicazione dei principi generali in tema di riparto dell'onere della prova, spetta alla parte ricorrente che contesti l'operato della Stazione Appaltante per aver concluso positivamente il subprocedimento, addurre argomenti idonei a confutare il giudizio di congruità dell'offerta.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1225 del 23 maggio 2023.


Il TAR Milano ricorda che la consolidata giurisprudenza afferma che la prova circa l'epoca di realizzazione delle opere edilizie, ai fini dell’individuazione del regime giuridico vigente ratione temporis, e della consistenza delle stesse è esclusivamente a carico dell’interessato, solo questi potendo disporre degli elementi probatori utili a dimostrare la sanabilità del manufatto (Cons. St., sez. II, 04 gennaio 2021, n. 80; id. sez. VI, 12 ottobre 2020, n. 6112); tale onere probatorio non viene meno laddove la circostanza da dimostrare sia l’anteriorità dell’edificazione al 1967 (Tar Lombardia, Milano, sez. II, 21 novembre 2022, n. 2592).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1220 del 23 maggio 2023.


Il TAR Milano osserva che il riconoscimento legislativo del diritto di proroga integra automaticamente, ai sensi dell’articolo 1374 del codice civile, il rapporto concessorio in essere, limitatamente al profilo della durata, senza richiedere l’intermediazione del potere amministrativo mediante la formulazione di un accordo - come previsto nella diversa fattispecie della rinegoziazione del rapporto concessorio, di cui all’articolo 216, comma 4, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito nella legge 17 luglio 2020, n. 77 - o di un provvedimento costitutivo dell’amministrazione proprietaria dell’impianto sportivo (fattispecie in materia di proroga automatica delle concessioni d’uso degli impianti sportivi, in virtù dei disposti degli artt. 100, comma 1, secondo periodo, del decreto legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito nella legge 13 ottobre 2020, n. 126, e dall’art. 16, comma 4, del decreto legge 29 dicembre 2022, n. 198, convertito nella legge 24 febbraio 2023, n. 14, che risponde ad un’esigenza eccezionale, di natura programmatica, che è quella di contrastare gli effetti negativi che l’emergenza epidemiologica da Covid-19 ha determinato a carico delle associazioni sportive senza scopo di lucro, al fine appunto di favorire il ripristino del loro riequilibrio economico-finanziario, in previsione delle future procedure di affidamento).

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1204 del 22 maggio 2023.


Il TAR Milano rammenta che per i mutamenti di destinazione d’uso – sia con sia senza opere – ciò che rileva, al fine di determinare la necessità di un titolo autorizzatorio e la disciplina sanzionatoria per il caso di violazione, è la rilevanza urbanistica della modifica, nel senso dell’aggravamento del carico urbanistico della zona in questione (art. 32 Testo unico edilizia).
Ciò posto, aggiunge il TAR che con la trasformazione di un locale destinato a ripostiglio in un’abitazione funzionalmente autonoma si genera un maggior carico urbanistico nella zona, con conseguente necessità di ottenere il titolo edilizio; infatti, l'abusivo mutamento di destinazione d'uso dei locali dei sottotetti da locali deposito o magazzini, senza permanenza di persone, a vani abitabili ha certamente modificato i parametri edilizi della costruzione, comportando un non indifferente aggravio del carico urbanistico, e quindi avrebbe dovuto essere assistito da idoneo titolo abilitativo. Difatti, laddove il cambio di categoria edilizia determina un ulteriore carico urbanistico, risulta irrilevante verificare se tale modifica sia avvenuta con l'effettuazione di opere edilizie.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1036 del 28 aprile 2023.


Una società che svolge attività di tintoria, candeggio e finissaggio di tessuti si lamenta di alcune prescrizioni tecniche a corredo dell’AUA che prevedono, fra l’altro, di effettuare il ricircolo delle acque di scarico qualora si accerti il superamento di un valore limite fissato in misura inferiore al 20 per cento rispetto a quello di accettabilità imposto dalla legge.
Il TAR Milano osserva che il punto 4 del paragrafo 1.2.3 dell’Allegato 5 del d.lgs. 152/2006 stabilisce che, al ricorrere di particolari condizioni, anche l’autorità che rilascia il titolo può stabilire valori-limite diversi e più restrittivi di quelli individuati in generale dal legislatore nazionale e dalle regioni. A tal fine è però necessario che il valore-limite per cui si intende introdurre la deroga sia relativo a sostanze pericolose e che tale possibilità sia prevista nel piano di tutela delle acque al fine di raggiungere più alti obiettivi di qualità.
Ciò precisato, il TAR afferma che l’AUA, laddove prevede l’obbligo di effettuare una nuova depurazione qualora i parametri delle acque reflue superino la soglia fissata in misura inferiore al 20 per cento rispetto a quella legale, ha in sostanza stabilito valori-limite più restrittivi rispetto a quelli individuati dall’Allegato 5; nel caso concreto l’Amministrazione neppure ha allegato il fatto che tali più bassi limiti siano stati individuati al ricorrere delle condizioni indicate dalla legge e la prescrizione impugnata si riferisce a dieci parametri alcuni dei quali sicuramente non riguardanti sostanze pericolose (ad es. parametro colore); inoltre, non viene effettuato alcun richiamo al piano di tutela delle acque né, a maggior ragione, si specifica che le nuove soglie sono state individuate al fine di perseguire i più alti standard di qualità in esso indicati.
Si deve pertanto ritenere, per il TAR, che il potere amministrativo non sia stato correttamente esercitato e che, quindi, la prescrizione scrutinata sia illegittima.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1155 del 17 maggio 2023


Il TAR Milano ricorda che la giurisprudenza amministrativa ha ormai definitivamente chiarito l’inammissibilità della reiterazione ad libitum dell’istanza di accesso, salvo che essa dia conto di fatti nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati nell'originaria istanza o che si prospetti diversamente l'interesse giuridicamente rilevante (cioè la posizione legittimante all'accesso).
Sul punto richiama quindi il Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 18 aprile 2006, n. 6, secondo cui «Nel delineato contesto, il disposto legislativo (art. 25, commi 5 e 4) - che, rispettivamente, fissa il termine di trenta giorni (evidentemente decorrente dalla conoscenza del provvedimento di diniego o dalla formazione del silenzio significativo) per la proposizione dei ricorsi e qualifica in termini di diniego il silenzio serbato sull'accesso - pone un termine all'esercizio dell'azione giudiziaria da ritenere necessariamente posto a pena di decadenza, a meno di non volerne sostenere l'assoluta irrilevanza, pur a fronte del chiaro tenore della norma e della sua coerenza con la rilevata esigenza di certezza che ha anzi indotto il legislatore a delineare un giudizio abbreviato che mal si concilierebbe con la proponibilità dell'azione nell'ordinario termine di prescrizione. Ma il carattere decadenziale del termine reca in sé - secondo ricevuti principi, come inevitabile corollario - che la mancata impugnazione del diniego nel termine non consente la reiterabilità dell'istanza e la conseguente impugnazione del successivo diniego laddove a questo possa riconoscersi carattere meramente confermativo del primo. In altre parole, il cittadino potrà reiterare l'istanza di accesso e pretendere riscontro alla stessa in presenza di fatti nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati nell'originaria istanza o anche a fronte di una diversa prospettazione dell'interesse giuridicamente rilevante, cioè della posizione legittimante all'accesso; e, in tal caso, l'originario diniego, da intendere sempre rebus sic stantibus, ancorché non ritualmente impugnato, non spiegherà alcun rilievo nella successiva vicenda procedimentale e processuale. Ma qualora non ricorrano tali elementi di novità e il cittadino si limiti a reiterare l'originaria istanza precedentemente respinta o, al più, a illustrare ulteriormente le sue ragioni, l'amministrazione ben potrà limitarsi a ribadire la propria precedente determinazione negativa, non potendosi immaginare, anche per ragioni di buon funzionamento dell'azione amministrativa in una cornice di reciproca correttezza dei rapporti tra privato e amministrazione, che l'amministrazione sia tenuta indefinitamente a prendere in esame la medesima istanza che il privato intenda ripetutamente sottoporle senza addurre alcun elemento di novità».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 601 dell’8 marzo 2023.


Il TAR Brescia esamina una controversia che verte essenzialmente sulla possibilità per l’amministrazione regionale di autorizzare l’attività della ricorrente, nonostante i materiali prodotti, asseritamente qualificati come end of waste, non siano contemplati in nessuno specifico regolamento ministeriale.
La Regione Lombardia aveva archiviato l’istanza con provvedimento emanato il 15 ottobre 2019.
Il TAR Brescia osserva che la Regione Lombardia si è illegittimamente rifiutata di esercitare il potere-dovere di cui già disponeva ai sensi dell’art. 184 ter d.lgs. n. 152/2006, nel testo all’epoca vigente; rifacendosi a un’interpretazione giurisprudenziale della normativa previgente, e quindi ormai inattuale, si è limitata ad archiviare l’istanza, senza assumersi la responsabilità di esaminarne il merito, in attesa di regole ulteriori ministeriali non necessarie.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 390 del 2 maggio 2023.



Il TAR Milano afferma la rilevanza esclusivamente esecutiva del subappalto necessario; secondo il TAR:
<<Conseguentemente, come precisato dall’Adunanza Plenaria nella pronuncia n. 9/2015, non si configura alcun obbligo, in capo al concorrente, di indicare anticipatamente l’identità del subcontraente, dovendo provvedere in tal senso prima dell’avvio dell’esecuzione delle opere subappaltate, e non potendo attrarsi il subappalto, quand’anche nella forma del “subappalto necessario”, alla fase della gara. L’omessa previa identificazione del subappaltatore, o l’esito negativo della preventiva verifica in capo allo stesso della sussistenza dei requisiti di partecipazione alla gara, non hanno dunque alcun effetto preclusivo alla stipula del contratto, come invece erroneamente indicato dall’Amministrazione nel provvedimento di revoca e negli ulteriori atti qui gravati. L’individuazione e la qualificazione alla gara precedentemente alla stipula dell’appalto non erano infatti dovuti, attenendo alla sola fase esecutiva del contratto già perfezionato (che qui difettava). Alla stregua della compiuta ricostruzione ermeneutica posta in essere dall’Adunanza Plenaria (9/2015), potrà rilevare in termini patologici il solo accertamento della carenza, in capo al subcontraente, dei requisiti di qualificazione per l’esecuzione delle lavorazioni oggetto di subappalto, e comunque solo in un momento posteriore all’avvenuto perfezionamento del negozio principale, ed esclusivamente quale ipotesi di inadempimento del contratto già sottoscritto (senza poterne impedirne la stipula), con tutte le conseguenze del caso.>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1124 del 15 maggio 2023


Il TAR Milano ricorda che, per consolidata giurisprudenza, colui che non ha tempestivamente impugnato il rigetto dell’istanza di sanatoria dell'opera abusivamente realizzata decade dalla possibilità di rimettere in discussione le ragioni del diniego in sede di impugnazione dell'ordine di demolizione, che in esso rinviene il suo presupposto (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 6 maggio 2021, n. 3565).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 971 del 19 aprile 2023.


Il TAR Milano, con specifico riferimento al metodo del confronto a coppie, volto a individuare l’offerta migliore in termini strettamente relativi, evidenzia che il suo svolgimento non può avvenire ponderando in maniera atomistica ogni singola offerta rispetto a standard ideali, ma deve fondarsi su una graduazione comparativa delle varie proposte dei concorrenti mediante l’attribuzione di coefficienti numerici nell’ambito di ripetuti “confronti a due”, da cui discende l’impossibilità per il giudice di sindacare il merito di tali scelte, salva la ricorrenza di un uso palesemente distorto, logicamente incongruo, macroscopicamente irrazionale del metodo in parola, che è, però, preciso onere dell’interessato allegare e dimostrare, evidenziando non già la mera (e fisiologica) non condivisibilità del giudizio comparativo, bensì la sua radicale e intrinseca inattendibilità tecnica o la sua palese insostenibilità logica.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1109 dell’11 maggio 2023.


Il TAR Milano precisa che la necessità di perseguire la gestione integrata dei rifiuti, prevista in via astratta nel Codice dell’Ambiente, non risulta attuata in concreto a livello regionale e non è favorita dal Regolatore del settore dei rifiuti, il quale, con l’adozione del metodo tariffario per i rifiuti (MTR-1) si pone invece in una posizione di neutralità rispetto all’aggregazione o alla distinzione dei servizi e certamente non fissa nessuna regola dalla quale possa ragionevolmente ritrarsi, in contrasto con la disciplina interna ed eurounitaria (articolo 51, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e considerando 78 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014) una tendenziale preferenza che l’ordinamento esprime per il lotto unico nell’affidamento dei servizi di igiene ambientale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1012 del 24 aprile 2023.


Il TAR Milano esclude l’operatività del silenzio-assenso, di cui all’art. 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dall’art. 3 della legge 7 agosto 2015, n. 124, rispetto al procedimento di autorizzazione paesaggistica, di cui all’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, nei rapporti tra la regione, o l’ente da essa delegato, e la soprintendenza (cfr., tra le tante, Cons. Stato, VI, 21-04-2023, n. 4057; id., 17-11-2022, n. 10109; id., 19-08-2022, n. 7293; id., 24-05-2022, n. 4098; id., II, 21-04-2023, n. 4032; nonché, il parere n. 1640/2016, reso dal Consiglio di Stato su richiesta dell’Ufficio legislativo del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione proprio in ordine ad alcuni problemi applicativi dell’art. 17-bis della L.n. 241/1990). Il TAR rileva che la giurisprudenza ha, tra l’altro, posto in rilievo l’incompatibilità, sul piano strutturale, dei procedimenti ad istanza di parte nei quali è destinato ad essere rilasciato il parere di compatibilità paesaggistica su un intervento in area vincolata, rispetto all’ipotesi tipica del silenzio tra pubbliche amministrazioni (cfr., da ultimo, Cons. Stato, VII, 4-01-2023, n. 168).

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1078 dell'8 maggio 2023.


Il TAR Brescia, con riferimento al possesso o meno dei requisiti premiali in capo a tutti i membri del raggruppamento, osserva che:
<<Va al riguardo evidenziato che su tale questione è sorto un contrasto giurisprudenziale all’interno della sezione V del Consiglio di Stato dalla stessa risolto in senso sfavorevole per la ricorrente.
Invero, con la sentenza del 17 marzo 2020, n. 1916 il Consiglio di Stato ha affermato che in relazione ai R.T.I. quando la certificazione di qualità è richiesta per l’attribuzione del punteggio premiale, come nel caso in cui la qualificazione sia richiesta per la partecipazione alla gara, in caso di concorrente plurisoggettivo essa deve essere posseduta da tutti i componenti del raggruppamento.
Tale conclusione non è stata invece condivisa dalla sentenza n. 1881 del 16 marzo 2020 con la quale il Consiglio di Stato ha affermato che quando il possesso della certificazione di qualità non costituisce un requisito di ammissione alla procedura, ma solamente un elemento di valorizzazione dell’offerta, se il possesso non è richiesto dalla legge di gara a pena di inammissibilità in capo ad ogni ditta, le certificazioni di qualità vanno ascritte al raggruppamento nel suo complesso; di qui il contrasto evidenziato.
La tesi da ultimo esposta è stata di recente ribadita con la sentenza n. 10566/2022, componendo così il contrasto, con cui il Consiglio di Stato ha affermato che: “Date tali oscillazioni giurisprudenziali, si ritiene che la questione (sulla quale di recente è tornata la Sezione V, con la sentenza 23 giugno 2022, n. 5190, indicata negli scritti conclusivi dell’appellante, ma concernente più nello specifico la possibile attribuzione di un punteggio parziale) vada risolta componendo il contrasto mediante l’affermazione della necessità di considerare volta a volta i contenuti complessivamente desumibili dalla legge di gara. In particolare, va superato l’assunto a base di entrambi i citati precedenti che vi sia un principio generale ricavabile dalla disciplina in materia secondo cui il requisito in parola è valutabile per l’attribuzione del punteggio premiale nei confronti dei raggruppamenti solo quando sia posseduto da tutti i membri del raggruppamento, a meno che la legge di gara non contenga un’esplicita deroga in tal senso, ovvero, all’opposto, solo quando la legge di gara lo richieda esplicitamente a pena di inammissibilità in capo a ogni ditta….. La legge di gara, quindi, può variamente connotare la rilevanza della qualità dell’offerta del concorrente, singolo o plurisoggettivo, ai fini dell’attribuzione del punteggio…. In definitiva, anche per il criterio di valutazione dell’offerta riferito al possesso di certificazioni ambientali, la disciplina va desunta dall’interpretazione della legge di gara, secondo i consueti canoni ermeneutici, con l’unico limite che qualora sia previsto un criterio c.d. on/off non è consentito all’interprete il frazionamento del punteggio”.>>
Ciò posto, il TAR Brescia, osserva che nel caso di specie, la “lex specialis” di gara non ha previsto espressamente che il requisito di cui si discorre debba essere posseduto da tutti i componenti del R.T.I.; vale quindi la regola per cui “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”, per il che respinge la tesi della ricorrente secondo la quale il possesso di tale requisito debba far capo a tutti i membri del raggruppamento.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 405 del 5 maggio 2023.


Il TAR Milano osserva che l’art. 841 del codice civile, che consente al proprietario di «chiudere in qualunque tempo il fondo», deve essere contemperato con la disciplina urbanistica che può contemperare il diritto dominicale con altri rilevanti interessi pubblici di natura ambientale o paesistica (cfr. TAR Milano, Sezione II, n. 2873/2022 e n. 1378/2021).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1008 del 24 aprile 2023.


La Corte costituzionale interpreta l’art. 103, comma 1-bis, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, con cui è stato attribuito ai comuni lombardi il potere di derogare alle prescrizioni sugli standard urbanistici di cui al d.m. n. 1444 del 1968 e precisa:
<<Quest’ultimo stabilisce infatti, come ricordato, che i comuni lombardi sono autorizzati a derogare alle disposizioni del d.m. n. 1444 del 1968 «[a]i fini dell’adeguamento, ai sensi dell’articolo 26, commi 2 e 3, degli strumenti urbanistici vigenti». Tali ultime previsioni si riferiscono ai termini a disposizione dei comuni per avviare il procedimento di adeguamento dei piani regolatori generali alla nuova conformazione dei piani di governo del territorio.
L’art. 26, comma 2, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005 disponeva che i comuni deliberassero l’avvio del procedimento di adeguamento dei piani regolatori generali vigenti entro un anno dall’entrata in vigore della medesima legge e procedessero «all’approvazione di tutti gli atti di PGT secondo i principi, i contenuti ed il procedimento» ivi stabiliti.
Il comma 3 del medesimo articolo, nella formulazione originaria, tramite il rinvio al precedente art. 25, comma 2, disciplinava i tempi di adeguamento dello strumento urbanistico generale nel caso in cui questo fosse stato approvato prima dell’entrata in vigore della legge reg. Lombardia n. 51 del 1975.
Dopo le novità apportate dall’art. 1, comma 1, lettera f), della legge della Regione Lombardia 10 marzo 2009, n. 5 (Disposizioni in materia di territorio e opere pubbliche – Collegato ordinamentale), l’art. 26, comma 3, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005 regola oggi l’avvio del procedimento di approvazione del piano di governo del territorio, che deve essere stato deliberato dai comuni entro il 15 settembre 2009.
Alla luce di ciò, si deve ritenere che la deroga consentita dal citato art. 103, comma 1-bis (introdotto con la legge reg. Lombardia n. 4 del 2008) ha avuto un ambito di applicazione limitato sia dal punto di vista funzionale che temporale, avendo operato unicamente nella fase in cui i comuni hanno adeguato i loro piani regolatori generali (PRG) in vista dell’adozione dei piani di governo del territorio (PGT).>>
Corte costituzionale n. 85 del 4 maggio 2023.


Il TAR Brescia osserva che, a mente dell’articolo 167, comma 4, lettera a), D.Lgs. n. 42/2004, l’accertamento postumo di compatibilità paesaggistica è consentito a condizione che «i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica […] non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati».
Trattandosi di norma eccezionale, perché deroga alla regola generale del preventivo rilascio di autorizzazione paesaggistica, il precitato comma 4 dell’articolo 167 del c.d. “Codice dei beni culturali” è di stretta interpretazione. 
Conseguentemente, la sanatoria è esclusa anche se ricorre alternativamente solo un aumento di volumetria o un aumento di superficie, e qualunque sia la natura del volume realizzato, tecnico o meno, interrato, seminterrato o in superficie.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 333 del 13 aprile 2023.


Il TAR Brescia, con riguardo a una censura relativa al mancato rispetto delle distanze minime tra fabbricati, e correlativamente delle altezze massime calcolate in rapporto alle distanze disponibili ai sensi dell’art. 9, comma 3, del DM 1444/1968, osserva che la disciplina del DM 1444/1968 non costituisce più un parametro legale invocabile nel territorio regionale, in quanto è stata dichiarata espressamente non applicabile dall’art. 103 comma 1-bis della LR 11 marzo 2005 n. 12, che, utilizzando la delega legislativa prevista dall’art. 2-bis del DPR 6 giugno 2001 n. 380, ha qualificato come inderogabile unicamente la distanza minima di 10 metri tra fabbricati negli interventi di nuova costruzione al di fuori dei piani attuativi.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 382 del 2 maggio 2023.


Il TAR Brescia, con riferimento all’individuazione del soggetto effettivamente responsabile dell’inquinamento ambientale, osserva:
<<3.1.1. Giova premettere che, per giurisprudenza consolidata, "la responsabilità per i danni all'ambiente rientra nel paradigma della responsabilità extracontrattuale soggettiva (c.d. responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c.), con esclusione di una qualsivoglia forma di responsabilità oggettiva; nello specifico, il d.lgs. n. 152/2006 riconosce alla p.a. il potere di ordinare al privato di eseguire la bonifica attraverso l'emanazione dell'ordinanza ex art. 244, comma 2, che, tuttavia, può essere emanata solo nei confronti del responsabile della contaminazione; pertanto, ai sensi dell'art. 242 d.lg. n. 152/2006, gravano sul solo responsabile dell'inquinamento gli obblighi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale a seguito della constatazione di uno stato di contaminazione, non essendo configurabile in via automatica, in maniera oggettiva, per posizione o per fatto altrui, una responsabilità in capo al proprietario dell'area inquinata e, quindi, l'obbligo di bonificare per il solo fatto di rivestire tale qualità, ove non si dimostri il suo apporto causale colpevole al danno ambientale riscontrato" (ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 7 marzo 2022, n. 1630).
3.1.2. Con specifico riferimento, poi, alle modalità di individuazione del soggetto responsabile, la giurisprudenza ha chiarito che, ai fini dell'accertamento della sussistenza del nesso di causalità tra attività industriale svolta nell'area e inquinamento della stessa, occorre utilizzare il canone civilistico del "più probabile che non", con la conseguenza che l'individuazione del responsabile può basarsi anche su presunzioni semplici, ex art. 2727 c.c.; ne consegue che, qualora l'Amministrazione fornisca elementi indiziari sufficienti a dimostrare, sebbene in via presuntiva, l'ascrivibilità dell'inquinamento a un soggetto, spetta a quest'ultimo l'onere di fornire una prova liberatoria, per la quale non è sufficiente ventilare genericamente il dubbio di una possibile responsabilità di terzi o di un'incidenza di eventi esterni alla propria attività, bensì è necessario provare la reale dinamica degli avvenimenti e indicare lo specifico fattore cui debba addebitarsi la causazione dell'inquinamento (cfr. T.A.R. Brescia, sez. I, 2 agosto 2022, n. 776; T.A.R. Brescia, Sez. I, 5 febbraio 2021, n. 123; T.A.R. Brescia, Sez. I, 6 marzo 2020, n. 202; Cons. Stato, Sez. IV,12 gennaio 2022 n. 217; Cons. Stato, sez. IV, 7 gennaio 2021, n. 172)>>
TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 276 del 28 marzo 2023.


Il TAR Milano precisa che la posizione maggioritaria in giurisprudenza, cui il Collegio aderisce, considera in nuce non applicabile l’art. 21 octies comma 2 L. 241/1990 all’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento di approvazione del progetto definitivo dell’opera di pubblica utilità. Invero l’art. 16 D.P.R. 327/2001 disciplina in termini estremamente dettagliati la notifica di detta attivazione procedimentale e la necessaria garanzia della piena possibilità di partecipazione del privato, rendendo di fatto evidente come il proprietario del bene oggetto di esproprio debba indefettibilmente essere reso edotto delle modalità realizzative dell’opera che la PA intende porre in essere sui suoi beni, e posto nell’effettiva possibilità di interloquire sulle stesse, con ciò attribuendo all’avviso un ruolo non meramente formale, bensì a tutti gli effetti sostanziale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1015 del 24 aprile 2023.