Il TAR Brescia ricorda che mentre l'aggiudicazione di un appalto si palesa illegittima ove l'aggiudicatario non abbia, nella sua offerta, indicato i costi della manodopera, ovvero ove tali costi siano inferiori ai minimi salariali stabiliti, l'eventuale mera mancata verifica di tali costi, riportati nell'offerta dell'aggiudicatario e non contestati, va ascritta al novero delle mere irregolarità procedimentali non invalidanti di per sé. Si vuol dire che, per censurare l'aggiudicazione per il profilo dei costi di manodopera indicati dall'operatore aggiudicatario, parte ricorrente dovrebbe contestarne la sufficienza, eventualmente supportando tale contestazione con la prova della loro omessa verifica da parte della commissione di gara. Di contro, non è sufficiente la mera mancata formalizzazione di tale controllo, in assenza di qualsiasi deduzione (supportata da elementi di prova) sul fatto che tale errore abbia prodotto conseguenze sostanziali


Il TAR Brescia precisa che l’art. 43 TULPS prevede che la licenza di porto d’armi può essere ricusata dal questore, non soltanto a chi abbia riportato condanne per talune tipologie di reati (comma 1), ma anche, più in generale, a chi “non dà affidamento di non abusare delle armi” (comma 2). Al riguardo, l’Autorità di pubblica sicurezza, dovendo perseguire la finalità di prevenire la commissione di reati e/o di fatti lesivi dell'ordine pubblico, ha un'ampia discrezionalità nel valutare l'affidabilità della persona di fare buon uso delle armi, per cui la persona che detiene armi deve essere esente da mende e al di sopra di ogni sospetto e/o indizio negativo e nei suoi confronti deve esistere la perfetta e completa sicurezza circa il corretto uso delle armi, in modo da scongiurare dubbi o perplessità sotto il profilo della tutela dell'ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività. La valutazione dell'Autorità di pubblica sicurezza, caratterizzata da ampia discrezionalità, persegue infatti lo scopo di prevenire, per quanto possibile, l'abuso di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili, tanto che il giudizio di non affidabilità è giustificabile anche in situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma a situazioni genericamente ascrivibili a cattiva condotta o a carenza di sufficiente autocontrollo. In particolare, la prognosi negativa di abuso del porto d'armi può formarsi su fattispecie diverse, non necessariamente correlate a pregressi episodi di cattivo uso delle armi, ma poggianti in ogni caso su di una scarsa propensione del soggetto al rispetto delle regole, come quella che si concretizza nella volontà fraudolenta di sottrarsi a obblighi stabiliti dalla legge.


Il TAR Milano ricorda che le ordinanze contingibili e urgenti non hanno la finalità di attribuire responsabilità o di sanzionare comportamenti illegittimi, ma piuttosto quella di fronteggiare con immediatezza una situazione di natura eccezionale e imprevedibile oppure una condizione di pericolo concreto di un danno grave e imminente al momento dell'adozione del provvedimento, anche a prescindere dall’eventualità che la situazione emergenziale fosse sorta in epoca antecedente; ne consegue che le ordinanze di cui si discute possono legittimamente imporre un obbligo di fare o di non fare in capo ai destinatari, ma non sono utilizzabili al fine di ottenere coattivamente il pagamento di somme di denaro, al di fuori delle ordinarie procedure per l’accertamento e il recupero del credito; ciò anche in considerazione delle peculiari conseguenze connesse, specie sul piano della responsabilità penale (cfr. art. 650 c.p.), all’inadempimento di tale tipologia di provvedimento (nel caso in esame il provvedimento impugnato ordina il ristoro delle spese sostenute dal Comune e di quelle che potranno eventualmente essere necessarie in futuro per la realizzazione di opere di contenimento e messa in sicurezza dei luoghi e, in quanto tale, è stato ritenuto illegittimo).


Il TAR Milano osserva che una sentenza resa ai sensi dell’art. 34, comma 5 c.p.a. – il quale stabilisce che qualora nel corso del giudizio la pretesa del ricorrente risulti pienamente soddisfatta, il giudice dichiara cessata la materia del contendere – presuppone l’integrale soddisfazione dell’interesse sostanziale fatto valere in giudizio attraverso un provvedimento amministrativo successivo, posto in essere spontaneamente e non in esecuzione di un ordine giudiziale; in altre parole, l’attività amministrativa sopravvenuta deve consentire l’ottenimento del bene della vita agognato, così da rendere inutile la prosecuzione del processo.


Il TAR Milano precisa che le norme tecniche che disciplinano la messa in riserva dei rifiuti non pericolosi sono contenute nell’allegato 5 al d.m. 2 febbraio 1998; stabilisce tale allegato che negli impianti ove vengono messi in riserva i rifiuti destinati al recupero devono essere distinte le aree di stoccaggio dei rifiuti stessi da quelle utilizzate per lo stoccaggio delle materie prime; si precisa inoltre che il settore della messa in riserva deve essere organizzato in aree distinte ed opportunamente separate per ciascuna tipologia di rifiuto. Queste norme hanno l’evidente finalità di assicurare l’adeguata separazione dei rifiuti e, quindi, la loro tracciabilità in modo da garantire la possibilità di risalire alla singola tipologia di rifiuto utilizzata per produrre materia prima attraverso l’operazione di recupero.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n.1792 del 12 luglio 2023 


La società ricorrente, che esercita un’attività di ristorazione-pizzeria in Milano, ha impugnato il verbale di contestazione con cui il Comune di Milano-Polizia Locale ha emesso nei suoi confronti una sanzione pecuniaria e la sanzione della rimozione arredi amovibili (tavoli, sedie, ombrelloni e baco) installati su area pubblica ritenuta occupata senza autorizzazione; il TAR Milano dichiara inammissibile il ricorso in quanto la controversia ha per oggetto l’applicazione della sanzione pecuniaria e della sanzione accessoria della rimozione dei tavolini e delle sedie collocate su area pubblica e non il rilascio della concessione o della sua proroga, che costituisce solo il presupposto della controversia; ne consegue che siamo fuori dalla giurisdizione del giudice amministrativo in merito alla concessione di beni pubblici di cui all'articolo 133 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.


Il TAR Milano premette che presupposto imprescindibile affinché il proprietario di un terreno possa essere chiamato a rispondere dell’evento inquinante tipico, in solido con chi lo ha cagionato, è, se non il dolo, quantomeno la sua colpa, ossia l’essere stato negligente, imprudente e non sufficientemente attento, in proporzione alle sue capacità e concrete possibilità, nell’evitare l’immissione di rifiuti in situ; ciò premesso, nel caso di specie, il Collegio ritiene che in linea teorica potrebbe venire in evidenza una ipotesi di responsabilità colposa a carico del proprietario del terreno, il quale è soggetto operante professionalmente proprio nel settore industriale del trasporto, trattamento, bonifica e recupero di terreni e altre sostanze o materiali inquinati; tuttavia, ciò che manca nell’atto impugnato è la rigorosa declinazione di elementi indiziari tali, da far emergere anche in concreto detto profilo di colpa; in conclusione, se la carriera professionale e le conoscenze, capacità e competenze del proprietario del terreno nel loro insieme, costituiscono un buon fondamento teorico di un’ipotesi di sua responsabilità colposa per il deposito di rifiuti che si è verificato nel suo terreno, è comunque necessario e imprescindibile che essa venga dimostrata dall’amministrazione in sede di motivazione del provvedimento impugnato.



Il TAR Milano precisa che i principi guida per la redazione della pianificazione estrattiva, tra cui in primis quello del contenimento del consumo di suolo, non integrano dei vincoli specificamente cogenti per le singole disposizioni pianificatorie, o per ciascuno dei siti da queste interessati; tali principi devono infatti caratterizzare il piano complessivamente considerato.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2043 del 16 agosto 2023.


Il TAR Milano accerta che nella fattispecie oggetto di scrutinio il ricorso per motivi aggiunti concerne dei provvedimenti i quali, riguardando la previgente pianificazione estrattiva della Città Metropolitana di Milano, sono del tutto estranei all’oggetto del ricorso principale, che concerne invece il nuovo piano cave metropolitano; non ricorrono pertanto, nella fattispecie, i presupposti di legge per qualificare la nuova iniziativa processuale proposta come ricorso per motivi aggiunti ex art. 43 c.p.a.; quest’ultima disposizione riguarda infatti esclusivamente i ricorsi che recano «nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte», ovvero «domande nuove purché connesse a quelle già proposte»; nessuna delle due ipotesi può ravvisarsi, in quanto le domande ivi proposte sono diverse da quelle contenute nel ricorso originario (si chiede l’annullamento di differenti provvedimenti), e non sono ad esse connesse (in quanto relative ad atti reciprocamente del tutto indipendenti, uno attinente alla pianificazione estrattiva in vigore fino al 2019, l’altro a quella vigente dal 2019 in poi). Ricorda, quindi, il TAR che la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che la connessione rilevante ai fini dell’ammissibilità del ricorso per motivi aggiunti, pur dovendo essere intesa in termini ampi e non formalistici, deve comunque estrinsecarsi in una pluralità di atti diversi che danno luogo, nei confronti della parte attrice, ad una medesima lesione, ovvero che abbiano comunque presupposti giuridici o fattuali comuni. Cionondimeno, il TAR accerta che l’impugnazione della nuova deliberazione regionale, pur proposta ai sensi dell’art. 43 c.p.a., ha tutte le caratteristiche per costituire un ricorso autonomo e al fine di salvaguardare il diritto di difesa della parte ricorrente e, nel contempo, la speditezza e l’economicità dell’azione processuale, il Collegio stralcia il ricorso per motivi aggiunti da trattarsi autonomamente.


Il TAR Brescia ricorda che la demolizione di opere mai assistite da titolo edilizio ha natura vincolata, non richiede la dimostrazione di un interesse pubblico attuale, e non diventa inammissibile per il tempo trascorso dalla realizzazione dell'abuso o in conseguenza del trasferimento della proprietà del bene (nella fattispecie, secondo il TAR Brescia, la circostanza che la risposta del Comune sia arrivata ben 17 anni dopo la presentazione dell’istanza di condono non permetteva comunque di radicare alcun affidamento tutelabile, né per quanto riguarda l’estensione delle categorie della sanatoria, né relativamente alla persistenza del potere di intimare la rimessione in pristino).

TAR Lombardia, Brescia, II, n. 577 del 10 luglio 2023


Il TAR Milano respinge un motivo di ricorso con il quale un Comune contesta la legittimità di una autorizzazione ex art. 208 d.lgs. 152/2006 per l’edificazione e la gestione di un impianto di recupero di rifiuti speciali non pericolosi, in quanto la Provincia non avrebbe motivato la scelta posta in essere in dissenso rispetto al parere comunale espresso in sede di Conferenza di Servizi, con il quale si è evidenziava la contrarietà alle disposizioni del PGT; osserva, al riguardo, il TAR che la dedotta incompatibilità dell’autorizzazione rilasciata dalla Provincia con il PGT non costituisce in alcun modo un elemento viziante dell’atto gravato, in quanto è lo stesso art. 208 d.lgs. 152/2006 a stabilire che tale atto autorizzatorio viene rilasciato, ove necessario, anche in variante allo strumento urbanistico comunale


Il TAR Milano, prende atto che l’atto impugnato (circolare regionale avente ad oggetto gli educatori socio-pedagogici in ambito sociosanitario) non ha portata innovativa o provvedimentale, limitandosi a riproporre il contenuto di una disposizione di legge, mentre i lamentati effetti pregiudizievoli in tal modo arrecati ai ricorrenti non sono da ricondurre causalmente alla circolare della Regione Lombardia, bensì alla legge statale, per il che ne consegue la carenza, in capo agli stessi, di un interesse attuale e concreto alla caducazione dell’informativa resa dagli uffici regionali. Ciò premesso, il TAR aggiunge che, in funzione di giudice a quo, non può rimettere alla Corte costituzionale la questione sollevata riguardo alla dedotta illegittimità delle disposizioni riportate nella circolare impugnata, difettando il requisito della rilevanza, in virtù del quale il Giudice delle leggi può essere investito solo di questioni afferenti a disposizioni che devono essere indefettibilmente applicate nel giudizio a quo; ciò che non accade nella fattispecie, stante la chiusura in rito della controversia.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2027 del 9 agosto 2023.


Il TAR Milano osserva che siccome nessuna norma statale conferisce ai comuni potestà regolamentare in materia ambientale e, più in particolare, in materia di spandimento fanghi per uso agricolo, gli stessi comuni non possono emanare atti di normazione secondaria che abbiano ad oggetto tale materia.


Secondo il TAR Milano, il potere di cui all'art. 9 l. n. 447/1995 non va riduttivamente ricondotto al generale potere di ordinanza contingibile e urgente in materia di sanità ed igiene pubblica, dovendo piuttosto essere qualificato quale ordinario rimedio in tema di inquinamento acustico; ciò perché, in assenza di altri strumenti a disposizione delle amministrazioni comunali, la presenza di una accertata situazione di inquinamento acustico rappresenta di per sé una minaccia per la salute pubblica e il potere del Sindaco di emanare l'ordinanza ex art. 9 l. n. 447/1995 è un dovere connesso all'esercizio delle sue pubbliche funzioni, al quale non può sottrarsi (anche se è leso un solo soggetto) spogliandosi del potere, di valore pubblicistico, di reprimere l'inquinamento acustico e attribuendolo al privato, cui il codice civile riconosce la facoltà di esercitare il diritto a non subire le emissioni dannose e non il dovere, se eccedenti i valori massimi consentiti.


Il TAR Brescia, in un contenzioso avente ad oggetto un diniego di sanatoria, nel disporre, per potere decidere nel merito, un’istruttoria a carico del responsabile del servizio tecnico del Comune (nello specifico, un sopralluogo), ha avvisato che, da eventuali atteggiamenti ostruzionistici o non collaborativi della proprietà, si potranno trarre argomenti di prova a favore del Comune ai sensi dell’art. 64 comma 4 c.p.a.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, ordinanza n. 614 del 20 luglio 2023


Il TAR Milano ritiene che, ai fini della individuazione del mutamento di destinazione d'uso che causerebbe, in ragione del passaggio ad una diversa categoria funzionale, l'aumento del contributo di costruzione (oneri di urbanizzazione e costo di costruzione), non possa prescindersi dalla valutazione dell'utilizzo in concreto dell'immobile e, nel caso in cui questo svolga una funzione servente per un diverso immobile, della natura e della destinazione d'uso di quest'ultimo. Il medesimo magazzino può determinare, pertanto, un differente carico urbanistico se è funzionale all'esercizio di attività produttiva, venendo utilizzato per la gestione di materiali derivanti da un fabbricato industriale, ovvero se è strumentale all'esercizio di attività commerciale, fungendo da deposito di prodotti finiti pronti per essere immessi nel mercato.


Il TAR Milano rammenta che la sanatoria parziale non è ammessa, in quanto, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, al fine di valutare l’incidenza sull’assetto del territorio di un intervento edilizio, consistente in una pluralità di opere, va compiuto un apprezzamento globale delle opere medesime, atteso che la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprendere in modo adeguato l’impatto effettivo degli interventi compiuti; i molteplici interventi eseguiti non vanno considerati cioè in maniera “frazionata”; essi, al contrario, debbono essere vagliati in un quadro di insieme e non segmentato



Il TAR Milano ricorda il differente regime cui sono sottoposti i parcheggi pubblici di standard e i parcheggi privati di pertinenza delle singole unità immobiliari ex L. 122 del 1989. I parcheggi destinati al completamento degli standard sono previsti dall’art. 41 quinquies della L. n. 1150 del 1942, insieme agli spazi pubblici e al verde pubblico, e regolati dal D.M. 2 aprile 1968 n. 1444, e la loro funzione è quella di consentire un ordinato sviluppo del territorio ed alleviare il carico urbanistico, come dimostra il modo di computo degli standard pubblico relativo ai parcheggi in quanto opere di urbanizzazione primaria, in aggiunta alle superfici a parcheggio previste dall'art. 18 L. n. 765 del 1967 (che ha introdotto l’art. 41 sexies nella L. n. 1150 del 1942). Al contrario, i parcheggi privati disciplinati dall’art. 41 sexies e dall’articolo 9 della L. 122 del 1989 sono di proprietà privata, riservati agli abitanti delle unità residenziali e sono asserviti all’immobile con vincolo di pertinenzialità. La funzione è certamente simile (il decongestionamento della viabilità pubblica tramite l’agevolazione della costruzione di spazi di parcheggio degli autoveicoli dei proprietari dei beni immobili) ma la disciplina è notevolmente diversa, sia in relazione al computo degli spazi che in merito al regime proprietario, stante il vincolo pertinenziale che si instaura con l’unità immobiliare principale.


Secondo il TAR Brescia, una controversia avente ad oggetto il lamentato inadempimento da parte dei soggetti attuatori di obbligazioni assunte con la sottoscrizione di una convenzione urbanistica accessoria a un piano attuativo, è da ascrivere alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo; il che vale anche nel caso in cui sia esercitata un’azione ex art. 2932 c.c. Questo comporta che quando nelle materie devolute alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo si controverta di posizioni di diritto soggettivo, l’onere della prova, come da regola generale, grava su chi agisce per ottenerne tutela. Laddove, infatti, il rapporto tra le parti non è asimmetrico come nella giurisdizione generale di legittimità, ma paritario, il principio dispositivo (o della piena prova) si riespande a scapito del sistema dispositivo con metodo acquisitivo (o del principio di prova) proprio dei giudizi aventi a oggetto interessi legittimi; in particolare, alle convenzioni urbanistiche si applicano, ex art. 11 L. n. 241/1990, le regole dettate dal codice civile in tema di obbligazioni e contratti.



Il TAR Milano precisa che non può ammettersi la legittimità di una richiesta di permesso di costruire in sanatoria per il tramite della quale la parte pretenda di raggiungere lo stato di conformità dei luoghi realizzando ulteriori opere edilizie, poiché il presupposto dell’accertamento di conformità è che la situazione di fatto attualmente abusiva sia già conforme alla disciplina urbanistica dell’epoca di realizzazione e di quella della domanda, mentre non è ammesso che divenga conforme attraverso ulteriori opere edili.


Il TAR Milano esclude una responsabilità “da posizione” del ricorrente, in quanto proprietario di un sito contaminato, visto che, secondo una condivisa giurisprudenza, non è configurabile una responsabilità in capo al proprietario dell’area inquinata per il solo fatto di rivestire tale qualità, ma occorre dimostrare che egli abbia provocato, o contribuito a provocare, il danno ambientale, dovendo accertare l’autorità competente il nesso causale tra l’azione d’uno o più agenti individuabili ed il danno ambientale concreto e quantificabile (Consiglio di Stato, V, 7 marzo 2022, n. 1630; II, 2 luglio 2020, n. 4248); ricorda poi che anche le Sezioni Unite della Cassazione hanno escluso la possibilità di addossare al proprietario del sito inquinato, che non abbia direttamente causato l’inquinamento, l’obbligo di eseguire la bonifica dello stesso, fatto salvo quanto previsto dall’art. 253 del D. Lgs. n. 152 del 2006 in tema di oneri reali e privilegi speciali immobiliari, dovendosi scongiurare la configurazione di «una nozione così lata di responsabilità incolpevole e di posizione da svuotare il margine identitario del più sicuro raccordo tra azione contaminante e riparazione alla base del principio per cui ‘solo chi inquina paga’» (Cass. civ., SS.UU., 1° febbraio 2023, n. 3077).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1982 del 31 luglio 2023.