Il TAR Milano accerta che nella fattispecie oggetto di scrutinio il ricorso per motivi aggiunti concerne dei provvedimenti i quali, riguardando la previgente pianificazione estrattiva della Città Metropolitana di Milano, sono del tutto estranei all’oggetto del ricorso principale, che concerne invece il nuovo piano cave metropolitano; non ricorrono pertanto, nella fattispecie, i presupposti di legge per qualificare la nuova iniziativa processuale proposta come ricorso per motivi aggiunti ex art. 43 c.p.a.; quest’ultima disposizione riguarda infatti esclusivamente i ricorsi che recano «nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte», ovvero «domande nuove purché connesse a quelle già proposte»; nessuna delle due ipotesi può ravvisarsi, in quanto le domande ivi proposte sono diverse da quelle contenute nel ricorso originario (si chiede l’annullamento di differenti provvedimenti), e non sono ad esse connesse (in quanto relative ad atti reciprocamente del tutto indipendenti, uno attinente alla pianificazione estrattiva in vigore fino al 2019, l’altro a quella vigente dal 2019 in poi). Ricorda, quindi, il TAR che la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che la connessione rilevante ai fini dell’ammissibilità del ricorso per motivi aggiunti, pur dovendo essere intesa in termini ampi e non formalistici, deve comunque estrinsecarsi in una pluralità di atti diversi che danno luogo, nei confronti della parte attrice, ad una medesima lesione, ovvero che abbiano comunque presupposti giuridici o fattuali comuni. Cionondimeno, il TAR accerta che l’impugnazione della nuova deliberazione regionale, pur proposta ai sensi dell’art. 43 c.p.a., ha tutte le caratteristiche per costituire un ricorso autonomo e al fine di salvaguardare il diritto di difesa della parte ricorrente e, nel contempo, la speditezza e l’economicità dell’azione processuale, il Collegio stralcia il ricorso per motivi aggiunti da trattarsi autonomamente.