Il TAR Milano dichiara inammissibile un ricorso presentato dal difensore munito di procura generale e non speciale; osserva, al riguardo, il TAR Milano che la procura speciale si caratterizza, rispetto alla procura generale, per avere ad oggetto uno o più atti giuridici singolarmente determinati, il che presuppone che il soggetto il quale rilascia la procura abbia contezza del contenuto dell'atto oggetto del potere rappresentativo conferito, il quale, quindi, deve essere formato prima o contestualmente al rilascio della procura; a diverse conclusioni non potrebbe giungersi neppure richiamando l’art. 182, comma 2, c.p.c., atteso che l’art. 39 c.p.a. rinvia alle norme del c.p.c. soltanto in quanto compatibili o espressione di principi generali e detta disposizione non è espressione di un principio generale e comunque non può ritenersi compatibile con i principi propri del processo amministrativo, atteso che la previsione di un termine decadenziale per la notifica del ricorso presuppone necessariamente il previo conferimento del mandato speciale, con riferimento allo specifico atto oggetto di impugnazione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1091 del 26 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa.


Il TAR Milano aderisce all’orientamento secondo il quale, nella vigenza della disciplina del processo amministrativo telematico, nessuna norma vieta di redigere il ricorso in doppio originale, uno digitale e uno cartaceo, avviando alla notifica, con le tradizionali modalità materiali, quest'ultimo.
La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1140 del 27 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa.


Sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 96 del 26 aprile 2018 è pubblicato il Regolamento recante modifiche al decreto 10 marzo 2014, n. 55, concernente la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell'articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247.


L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato enuncia i seguenti principi:
- sussiste il potere del Giudice di appello di rilevare ex officio la esistenza dei presupposti e delle condizioni per la proposizione del ricorso di primo grado (con particolare riguardo alla condizione rappresentata dalla tempestività del ricorso medesimo), non potendo ritenersi che sul punto si possa formare un giudicato implicito, preclusivo alla deduzione officiosa della questione;
- le clausole del bando di gara che non rivestano portata escludente devono essere impugnate unitamente al provvedimento lesivo e possono essere impugnate unicamente dall’operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura.
La sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 4 del 26 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa.


Il Consiglio di Stato, in relazione alla possibilità di apporre condizioni ad un titolo edilizio, richiama l’orientamento dello stesso Consiglio in forza del quale, in via di principio, e fatti salvi i casi espressamente stabiliti dalla legge, una condizione, sia sospensiva sia risolutiva, non può essere apposta ad un titolo edilizio, stante la natura di accertamento costitutivo a carattere non negoziale del provvedimento; solo con riferimento all’ipotesi del permesso condizionato all’acquisizione di un atto da altra pubblica amministrazione, la modalità procedurale di rilasciare permessi di costruire condizionati deve considerarsi legittima, avuto riguardo alle esigenze generali di complessiva speditezza ed efficienza dell'azione amministrativa, nonché per l'effetto non neutro del passaggio del tempo per i destinatari dell'atto e in applicazione del generale principio di proporzionalità, implicante il minimo possibile sacrificio degli interessi coinvolti.
La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 2366 del 19 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa.



La Corte Costituzionale osserva che il soccorso istruttorio non “copre” l’ipotesi – totalmente diversa – della dichiarazione mendace, idonea a fuorviare la stazione appaltante nell’individuazione e nella valutazione dei requisiti di ammissione ad una gara per l'aggiudicazione di un appalto pubblico; in una simile evenienza, rimane applicabile la generale previsione dell’art. 75 del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, a mente della quale la falsità della dichiarazione sostitutiva (forma nella quale deve essere attestato il possesso dei requisiti soggettivi di partecipazione alle gare) determina la decadenza dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione stessa: nella specie, quello di aggiudicazione.

L’ordinanza della Corte Costituzionale n. 76 del 13 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Corte Costituzionale.


Il TAR Milano, in sede cautelare, ritiene fondata la censura sollevata avverso un’ordinanza contingibile e urgente finalizzata a ridurre le emissioni acustiche provenienti da un poligono di tiro, per un preteso superamento del limite differenziale, nella parte in cui si lamenta l’uso dell’ordinanza in violazione dei requisiti di urgenza, del principio di proporzionalità in relazione al superamento dei limiti e del criterio di preesistenza, il tutto anche in relazione alla dedotta (e non contestata dal Comune o del controinteressato, non costituiti) effettuazione di opere mitigatorie successivamente al sopralluogo di ARPA.

L’ordinanza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 561 del 18 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa.


Si segnala che il 4 maggio 2018, dalle ore 14:00 alle ore 18:00, presso l’Università degli Studi di Milano, via Festa del Perdono, Sala Crociera Alta, Facoltà di Giurisprudenza, si terrà una tavola rotonda sul tema "Luci ed ombre di un nuovo manuale di diritto amministrativo", di cui alla locandina allegata.

Locandina


Il Consiglio di Stato, richiama l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale si è affermato, da un lato, che la sentenza che conduce all’annullamento di un atto generale non sempre ha efficacia erga omnes, il che accade facilmente nel caso dell’annullamento di un piano regolatore, in cui l’interesse fatto valere nel ricorso resta circoscritto alle aree individuate o a parti specifiche del territorio comunale, pertinenti alle posizioni dell’istante, dall’altro, che le prescrizioni contenute in una variante al piano regolatore generale vanno considerate scindibili, ai fini del loro eventuale annullamento in sede giurisdizionale, con la conseguenza che, nel caso in cui il ricorso prospetti vizi relativi solo ad alcune determinazioni, l’annullamento del provvedimento non può essere che parziale, stante il principio generale della specificità dei motivi proponibili nei ricorsi davanti al giudice amministrativo.
Aggiunge quindi il Consiglio di Stato che non può attribuirsi al piano di zona per l’edilizia economica e popolare quel carattere generale, unitario e inscindibile, tale da determinare l’effetto erga omnes e la deroga al principio dell’efficacia soggettiva in caso di accoglimento dell’annullamento proposto da alcuni destinatari.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 2097 del 4 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano richiama l’orientamento della giurisprudenza amministrativa, secondo il quale in una gara di pubblico appalto gli indizi di collegamento sostanziale tra imprese partecipanti devono essere valutati di volta in volta con riguardo alle concrete modalità di svolgimento della gara stessa, tenendo presente che ratio della normativa è evitare che sia non solo lesa, ma anche messa in pericolo la correttezza della serie procedimentale finalizzata alla scelta del contraente con la stazione appaltante, come si ricava, infatti, dalla giurisprudenza penalistica sulla quale quella amministrativa è stata elaborata, secondo la quale il reato di turbata libertà degli incanti sussiste non solo quando con l'uso dei mezzi previsti dall'art. 353 c.p. la gara non può essere effettuata, restando essa deserta, ma anche quando si disturba il suo regolare svolgimento, influenzandone e alterandone il risultato che, senza l'intervento perturbatore, avrebbe potuto essere diverso; il bene protetto dalla norma non è, infatti, soltanto la libertà di partecipare alle gare nei pubblici incanti o nelle licitazioni private, ma anche la libertà di chi vi partecipa ad influenzarne l'esito secondo la libera concorrenza e il gioco della maggiorazione delle offerte.

Aggiunge, poi, il TAR Milano che la sussistenza di una posizione di controllo societario ai sensi dell’articolo 2359 Cod. civ., ovvero la sussistenza di una più generica relazione, anche di fatto, fra due concorrenti è condizione necessaria, ma non anche sufficiente perché si possa inferire il reciproco condizionamento fra le offerte formulate; a tal fine è altresì necessario che venga fornita adeguata prova circa il fatto che la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili a un unico centro decisionale; tale prova, riferita alle concrete circostanze del caso, riguarda l’esistenza di un unico centro decisionale e non anche la concreta idoneità ad alterare il libero gioco concorrenziale, ciò in quanto la riconducibilità di due o più offerte a un unico centro decisionale costituisce ex se elemento idoneo a violare i generali principi in tema di par condicio, segretezza e trasparenza delle offerte.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 972 del 12 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa.


Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 92 del 20 aprile 2018, il decreto legislativo 3 aprile 2018, n. 34 “Testo unico in materia di foreste e filiere forestali”.

Il testo del decreto legislativo n. 34 del 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Gazzetta Ufficiale al seguente indirizzo.


Il TAR Milano osserva che lo strumento urbanistico, proprio per le sue caratteristiche di strumento di pianificazione e delle sua possibilità di utilizzo, nel disporre le future conformazioni del territorio, considera le sole “aree libere”, tali dovendosi ritenere quelle “disponibili” al momento della pianificazione, e ancor più precisamente quelle che non risultano già edificate (in quanto costituenti aree di sedime di fabbricati o utilizzate per opere di urbanizzazione), ovvero quelle che, nel rispetto degli standard urbanistici, risultano comunque già utilizzate per l’edificazione (in quanto asservite alla realizzazione di fabbricati, onde consentirne lo sviluppo volumetrico); d’altra parte, diversamente opinando, ogni nuova pianificazione risulterebbe del tutto scollegata dalla precedente, potendo da questa prescindere, e di volta in volta riguarderebbe, senza alcuna contestualizzazione storica, una parte sempre più esigua del territorio comunale (cioè quella non ancora occupata da immobili e manufatti), valutata ex novo; in tal modo, la pianificazione urbanistica si ridurrebbe a considerare il territorio solo nella sua mera possibilità di edificazione, in quanto non ostacolata da presenze materiali, e non già come un bene da conformare per il migliore sviluppo della comunità, salvaguardando i diritti costituzionalmente garantiti degli individui che su di esso vivono e operano.
Ne consegue, secondo il TAR Milano, che l’eventuale modificazione dello strumento urbanistico, che prevede nuovi e più favorevoli indici di fabbricazione, non può che interessare, nell’ambito della zona del territorio considerata dallo strumento urbanistico, se non le sole aree libere, nel senso sopra precisato, con esclusione, quindi, di tutte le aree comunque già utilizzate a scopo edificatorio, ancorché le stesse si presentino “fisicamente” libere da immobili’.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 882 del 3 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano richiama l’orientamento della giurisprudenza, secondo il quale nelle gare pubbliche la c.d. clausola sociale deve essere interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente; l'obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell'appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l'organizzazione di impresa prescelta dall'imprenditore subentrante; i lavoratori che non trovano spazio nell'organigramma dell'appaltatore subentrante e che non vengono ulteriormente impiegati dall'appaltatore uscente in altri settori sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali, ma la clausola non comporta invece alcun obbligo per l'impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato e in forma automatica e generalizzata il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria.
Sulla base di detti principi, il TAR Milano ritiene illegittima una clausola di un bando che non si limita a garantire il mantenimento in organico dei lavoratori già impiegati presso il gestore uscente, ma impone un obbligo specifico di assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori in forze presso l’esecutore del servizio; la clausola sociale, per come è prevista, non si limita, dunque, ad assicurare i livelli occupazionali, ma si traduce in una vera e propria sostituzione indebita nella struttura organizzativa e nelle scelte imprenditoriali degli operatori economici, imponendo la tipologia di contratto di lavoro da stipulare.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 936 del 6 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano osserva che la domanda di accertamento dell’inadempimento, mediante comportamenti attivi od omissivi, agli obblighi riconducibili al principio del neminem laedere (art. 2043 c.c.) ovvero all’obbligo di custodia (art. 2051 c.c.) a carico del proprietario pubblico, si colloca al di fuori della giurisdizione del giudice amministrativo; sussiste, al riguardo, un orientamento giurisprudenziale pacifico che, proprio con riferimento a domande di condanna della P.A. ad un facere connesso alla responsabilità extracontrattuale della stessa, nonché al relativo risarcimento del danno, ha affermato la giurisdizione del Giudice ordinario.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 873 del 3 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano osserva che nel diritto amministrativo la categoria della nullità costituisce un’eccezione rispetto a quella generale dell’annullabilità, che in particolare la nullità strutturale (per assenza, cioè, degli elementi essenziali) si verifica tutte le volte in cui l’atto amministrativo sia privo dei requisiti necessari per poter essere giuridicamente qualificato come tale, sulla scorta di un raffronto meramente estrinseco rispetto al paradigma legale; in questo quadro non costituisce causa di nullità l’omessa protocollazione dell’atto amministrativo, che anzi assume valore di mera irregolarità non viziante ai sensi dell’articolo 21 octies della legge n. 241/1990, perché non idonea ad incidere sul contenuto concreto dell’atto; lo stesso dicasi, sempre per il TAR Milano, per la data dell’atto amministrativo, salvo che il decorso del tempo non determini la consumazione del potere in capo all’Amministrazione, e la stessa sottoscrizione dell’atto amministrativo può anche non assurgere a suo elemento essenziale, laddove concorrano altri dati testuali che consentano comunque la sicura attribuzione dell’atto all’Autorità amministrativa che lo ha adottato.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 876 del 3 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ritiene inammissibile l’impugnazione avverso il criterio di scelta del contraente; l'onere di immediata impugnazione delle clausole del bando di gara o di concorso, o della lettera di invito a prendere parte ad una procedura selettiva, deve essere limitato esclusivamente a quelle concernenti i requisiti di partecipazione impeditive dell'ammissione dell'interessato alla medesima procedura selettiva o che impongano, ai fini della partecipazione, oneri assolutamente incomprensibili o manifestamente sproporzionati ai caratteri della gara e che comportino, quindi, l'impossibilità, per l'interessato, di accedere alla procedura.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 913 del 4 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato, pur dichiarando inammissibile il ricorso di primo grado, condanna al pagamento delle spese di causa l’amministrazione resistente - considerandola soccombente anche i fini del pagamento del contributo unificato - che ha violato il canone di lealtà processuale sancito dall’art. 88, comma 1, c.p.c., sub specie di inosservanza del divieto di non ostacolare la sollecita definizione del giudizio, consentendo che la causa si dilungasse su due gradi di giudizio e per ben dieci anni; da ciò discende, per il Consiglio di Stato, l’applicazione della norma sancita dall’art. 92, comma 1, c.p.c., secondo cui il giudice può, indipendentemente dalla soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per trasgressione al dovere di cui all’art. 88 c.p.c., essa ha causato all’altra parte (nella fattispecie l’amministrazione resistente non solo aveva ignorato, sia nel corso del contraddittorio procedimentale con il ricorrente, sia nell’ambito delle difese spese in prime cure, il piano particellare di esproprio definitivo da essa approvato, da cui emergeva che l’area del ricorrente non era in effetti soggetta ad esproprio, ma lo aveva prodotto in giudizio soltanto in grado di appello concentrando su di esso le proprie difese soltanto in sede di memorie conclusionali).

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 2142 del 9 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano osserva che all’interno della pianificazione urbanistica devono trovare spazio anche esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca proprio la necessità di evitare l’ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi e ciò in quanto l’urbanistica, ed il correlativo esercizio del potere di pianificazione, non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo, per cui l’esercizio dei poteri di pianificazione territoriale ben può tenere conto delle esigenze legate alla tutela di interessi costituzionalmente primari, tra i quali rientrano quelli contemplati dall’articolo 9 della Costituzione; in tale contesto spetta all’Ente esponenziale effettuare una mediazione tra i predetti valori e gli altri interessi coinvolti, quali quelli della produzione o delle attività antropiche più in generale, che comunque non possono ritenersi equiordinati in via assoluta.
Aggiunge il TAR Milano che nel perseguimento degli obiettivi di tutela stabiliti sia dal P.T.R. che dallo stesso P.T.C.P. e a protezione dei valori paesaggistici ivi indicati ben si possono introdurre ulteriori disposizioni, destinate a prevalere immediatamente sugli strumenti comunali e riferite anche ad aree e a beni che non siano stati direttamente e specificamente individuati dal P.T.R.; d’altra parte, il riconoscimento della possibilità per il P.T.C.P. di dettare siffatte previsioni appare del tutto rispondente alle finalità stesse dello strumento di pianificazione provinciale, cui l’art. 15 della legge regionale n. 12 del 2005 attribuisce un ruolo di rilievo in tema di conservazione dei valori ambientali e paesaggistici.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 880 del 3 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato ritiene ammissibile il ricorso incidentale nell’ambito del rito super accelerato relativo alle ammissioni/esclusioni dalla gara e ribadisce che:
a) la rapidità di celebrazione del contenzioso sulle ammissioni non è pregiudicata dal rimedio di cui all’art. 42, comma 1, c.p.a. che comporta un incremento dei tempi processuali non significativo (30 giorni), equivalente a quello previsto per i motivi aggiunti;
b) l’espressa menzione nell’art. 120, comma 2 bis, c.p.a. del ricorso incidentale, porta a ritenere che la portata di tale rimedio processuale debba intendersi estesa anche agli atti che costituiscono l’oggetto proprio del nuovo rito super-accelerato;
c) è preclusa l’attivazione del ricorso incidentale al delimitato fine di dedurre, in sede di impugnazione della successiva aggiudicazione, le censure relative alla fase di ammissione;
d) l’esclusione del ricorso incidentale comporterebbe una considerevole compromissione delle facoltà di difesa della parte resistente la quale, vista la contestazione della sua ammissione alla gara, non potrebbe paralizzare in via riconvenzionale l’iniziativa avversaria;
e) l’esigenza di concentrazione in un unico giudizio, caratterizzato dalla snellezza e celerità di cui al comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a., tutte le questioni attinenti alla fase di ammissione ed esclusione dei concorrenti, nel rispetto del principio della parità delle armi e della effettività del contraddittorio, salvaguarda la natura dell’impugnazione incidentale quale mezzo di tutela dell’interesse che sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 1902 del 27 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Secondo il TAR Milano, il deposito telematico di documenti afferenti la notifica del ricorso successivamente al passaggio in decisione della causa da parte del ricorrente non può essere utile alla eventuale ammissibilità del ricorso; ciò in quanto, alla stregua di quanto dispone l'art. 45, comma 3, c.p.a., l'adempimento dell'onere del deposito della prova dell'avvenuto perfezionamento della notifica del ricorso per il destinatario è indispensabile perché la domanda introdotta possa essere esaminata; pur mancando, nel comma 3 dell'art. 45 c.p.a., una formulazione quale “a pena di decadenza”, o “a pena di inammissibilità”, in presenza di un divieto esplicito per il giudice di “esaminare” le domande processuali contenute in atti introduttivi in riferimento ai quali non sia stato comprovato il buon esito della notifica al destinatario entro il termine ultimo del passaggio della causa in decisione, si deve ritenere che, a fronte della mancata costituzione in giudizio della parte resistente, entro il momento ultimo suddetto, l’omessa produzione dell’avviso di ricevimento del plico contenente il ricorso avviato alla notificazione per mezzo del servizio postale, entro il termine suindicato, comporti l’inammissibilità del gravame.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 783 del 21 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il Consiglio di Stato, è pur vero che l’art. 51 d.lgs. n. 50/2016 ha mantenuto il principio della suddivisione in lotti, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese alle gare pubbliche, già previsto dall’art. 2, comma 1-bis, d.lgs. n. 163/2006; tuttavia, nel nuovo regime il principio non risulta posto in termini assoluti ed inderogabili, giacché il medesimo art. 51, comma 1, secondo periodo afferma che le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito o nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139; il principio della suddivisione in lotti può dunque essere derogato, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata ed è espressione di scelta discrezionale, sindacabile soltanto nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria, in ordine alla decisione di frazionare o meno un appalto di grosse dimensioni in lotti.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 2044 del 3 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano richiama l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. d), del decreto legge n. 269 del 30 settembre 2003, convertito nella legge n. 326 del 24 novembre 2003 (c.d. terzo condono), le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, sono sanabili solo se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) si tratti di opere realizzate prima dell'imposizione del vincolo; b) seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche; c) siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria); d) vi sia il previo parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo; pertanto, ai sensi della legge n. 326 del 2003, un abuso comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, non può essere condonato.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 743 del 19 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Giustizia per la Regione Siciliana ritiene che nel caso in cui l’Amministrazione non abbia inserito un indirizzo PEC nell’elenco tenuto dal Ministero della giustizia deve essere riconosciuto l’errore scusabile ex art. 37 c.p.a. se la notifica per via telematica del ricorso - proposto dopo l’entrata in vigore del processo amministrativo telematico - è stata effettuata ad un’Amministrazione all’indirizzo PEC tratto dall’elenco pubblico IPA, e per l’effetto va ordinato il rinnovo della notificazione.
Aggiunge il Collegio che la condotta colpevole dalla pubblica amministrazione, che omette di comunicare il proprio indirizzo PEC al Ministero della giustizia, così rendendo più difficoltosa la notifica, se non determina, per la controparte, nullità insanabile della notifica e ne giustifica la rinnovazione, va tuttavia stigmatizzata, con la segnalazione della condotta agli organi tutori e agli organi preposti al PCT e al PAT (nella fattispecie la decisione è stata comunicata al Ministero della giustizia, Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, al Servizio per l’informatica della giustizia amministrativa, alla Procura regionale della Corte dei conti, al Prefetto, ciascuno per quanto di propria competenza per por fine alla condotta dell’amministrazione appellata di inadempimento dell’obbligo di cui all’art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012).
La sentenza del Consiglio di Giustizia per la Regione Siciliana n. 216 del 12 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa.


Il TAR Milano conviene sul fatto che la sussistenza di una convenzione urbanistica non può impedire in assoluto al Comune di introdurre, in sede di nuova pianificazione, una disciplina diversa da quella prevista dalla convenzione stessa; ragionare a contrario significherebbe negare il principio di continuità dell’azione amministrativa la quale, al contrario, deve poter sempre essere esercitata – anche con esiti diversi rispetto a quelli precedenti – onde assicurare la perdurante tutela all’interesse pubblico.
Tuttavia, ciò non significa, per il TAR Milano, che il sopravvenuto strumento urbanistico possa travolgere le pattuizioni liberamente assunte dai privati con le quali, per la tutela dell’interesse privato, vengono disposte limitazione all’attività costruttiva; in presenza di queste pattuizioni, il privato che si è vincolato con la stipula del contratto, non può costruire liberamente adducendo la compatibilità dell’intervento al sopravvenuto strumento urbanistico, ma dovrà comunque attenersi ad esse, violando, in caso contrario, i diritti degli altri soggetti (nella fattispecie il TAR Milano ha dato atto che la precedente convenzione urbanistica aveva fatto sorgere, fra i diversi proprietari parti della convenzione stessa, reciproci obblighi di natura civilistica, aventi ad oggetto il divieto di apportare future modifiche volumetriche agli edifici realizzati).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 784 del 22 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Si allega locandina aggiornata relativa alla 2° Rassegna di diritto pubblico dell’economia, organizzata dall’Unione Provinciale Enti Locali – UPEL, che si terrà il 24, 25 e 26 maggio 2018 a Varese, al Centro Congressi Ville Ponti, Piazza Litta 2, l

Si ricorda che l'iscrizione va effettuata attraverso il sito di UPEL.


Il TAR Milano osserva che, ai fini del giudizio di ammissibilità dell'impugnazione di una norma di regolamento, occorre distinguere tra regolamenti contenenti “volizioni preliminari ”, caratterizzati da generalità ed astrattezza, ovvero da previsioni normative astratte e programmatiche, che non si traducono in un’immediata incisione della sfera giuridica del destinatario, e regolamenti contenenti “volizioni azioni”, ossia previsioni destinate alla diretta applicazione, come tali capaci di produrre un immediato effetto lesivo della sfera giuridica del destinatario; i regolamenti che contengono disposizioni suscettibili di arrecare, in via immediata, una lesione attuale dell'interesse di un soggetto, vanno pertanto autonomamente e immediatamente impugnati, essendo conseguentemente inammissibile il ricorso avverso un atto regolamentare che abbia natura immediatamente precettiva, qualora ciò abbia luogo solo in occasione dell'adozione dell’atto esecutivo, meramente attuativo, essendo invece onere della parte interessata attivarsi nell'ordinario termine di decadenza.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 766 del 21 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato precisa che, a norma dell'art. 13-ter delle norme di attuazione al codice del processo amministrativo, il limite dimensionale di sinteticità entro cui va contenuto l’atto processuale costituisce un precetto giuridico la cui violazione non genera la conseguenza, a carico della parte che lo abbia superato, dell’inammissibilità dell’intero atto, ma solo il degradare della parte eccedentaria a contenuto che il giudice ha la mera facoltà di esaminare; la verifica del superamento del limite dimensionale va, comunque, fatta senza tener conto dell'epigrafe dell'atto, della indicazione delle parti e dei difensori e relative formalità, dell'individuazione dell'atto impugnato e delle conclusioni dell’atto.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 2190 in data 11 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ripercorre lo stato della giurisprudenza sulle pertinenze e sulle opere precarie e ritiene che una tettoia di dimensioni pari a metri 3,90 x 17,60 c.a., a singola falda con altezza in gronda di metri 2,35 ed il colmo di metri 2,45 ca., con copertura in eternit, pavimentata per mt. 8,40 con piastrelle sia un’opera di dimensione tali da poter chiaramente escluderne la modesta entità e, inoltre, priva di carattere di precarietà in quanto destinata a dare al costruttore una utilità prolungata e, come tale, riconducibile alla nozione di costruzioni e, per questo, necessitante di titolo edilizio.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 899 del 4 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

In una precedente decisione il TAR Milano afferma che ad una costruzione chiusa su tutti i lati, con pareti in ferro e vetro, non può essere riconosciuto carattere precario, e ciò a prescindere da un suo eventuale utilizzo solo stagionale, in quanto le caratteristiche della struttura ne consentono di per sé un impiego continuativo (nella fattispecie si trattava di una struttura in ferro e vetro tipo veranda, a ridosso del muro perimetrale, con una superficie di circa 53 mq, un'altezza media all'estradosso di circa 3,50 m ed un volume vuoto per pieno di circa 185,50 mc.).


La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 808 del 27 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano osserva che l’attività demandata all’Amministrazione per la classificazione acustica si connota in termini ampiamente discrezionali, sia quanto alla delimitazione delle singole zone, sia quanto alla loro classificazione, specialmente in relazione all'individuazione delle classi intermedie; la zonizzazione acustica costituisce, infatti, esercizio di un vero e proprio potere pianificatorio discrezionale, avente lo scopo di migliorare, ove possibile, l’esistente, ma tenendo conto della pianificazione urbanistica, al fine di non sacrificare le consolidate aspettative di coloro che sono legittimamente insediati nel territorio; le scelte effettuate dal Comune in subiecta materia, quindi, sono espressione di discrezionalità tecnica, ancorata all’accertamento di specifici presupposti di fatto, il primo dei quali è proprio il preuso del territorio; di guisa che, anche l’eventuale esercizio del potere discrezionale non può che essere esercitato secondo i principi di proporzionalità e ragionevolezza, i quali impongono alla Pubblica Amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato tenendo conto delle posizioni di interesse dei privati coinvolti.
Aggiunge il TAR Milano che occorre evitare la suddivisione del territorio a “macchia di leopardo”, trattandosi di esigenza supportata anche da ragioni tecnico-scientifiche, atteso che il rumore, per sua natura, si diffonde da un luogo all’altro, per cui la classificazione acustica deve tener conto degli effetti prodotti dalla rumorosità delle attività antropiche non solo con riguardo alla zona in cui le stesse sono inserite, ma anche delle aree limitrofe, stante il carattere pervasivo e diffusivo del rumore.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 829 del 27 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa è pubblicata la nota congiunta predisposta nell’ambito del tavolo tecnico sul PAT istituito presso il Segretariato generale della Giustizia amministrativa a cui partecipa l’Unione Nazionale degli Avvocati Amministrativisti, in materia di attestazione di conformità della copia informatica di documenti analogici e relativa all’interpretazione dell’art. 22, comma 2, del d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82 (Codice dell’Amministrazione Digitale) a seguito delle modifiche apportate con il d.lgs. 13 dicembre 2017 n. 217.


Il TAR Milano osserva che, ai sensi del combinato disposto degli articoli 78 e 79 del d.P.R. n. 380/2001, nonché dell’art. 19 della legge regionale n. 6/89, le opere dirette all’abbattimento delle barriere architettoniche possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, salvo l’obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del codice civil; non risulta, dunque, applicabile in tali casi l’art. 9 del d.m. n. 1444/1968, atteso che l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 79 del d.p.r. n. 380/2001 porta ad estendere la deroga delle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi (dettate nel comma 1 dell’art. 79 cit.) anche agli atti di normazione primaria, con il corollario di dover limitare al dato testuale il richiamo all’art. 873 c.c. e quindi dell’inapplicabilità della disciplina delle distanze dai fabbricati alieni prevista dall’art. 9 del d.m. n. 1444/1968.
Aggiunge il TAR Milano che la normativa suddetta prevede, quindi, per l’abbattimento delle barriere architettoniche, una specifica e automatica deroga alla disciplina delle distanze prevista dagli strumenti urbanistici comunali, senza la necessità di valutazioni discrezionali dell’Amministrazione; né l’applicazione di tale normativa è preclusa per la realizzazione di nuove opere prive di autonomia funzionale, come gli ascensori, che vengono ritenuti dalla giurisprudenza alla stregua di “volumi tecnici o impianti tecnologici”, e come la scala realizzata all’esterno per assicurare l’uscita degli utenti dall’ascensore senza incontrare ostacoli architettonici costituiti dai gradini preesistenti.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 809 del 27 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Brescia, le annotazioni di illeciti professionali nel casellario informatico ex art. 213, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016 non hanno effetto automaticamente escludente, ma sono rimesse alle valutazioni delle singole stazioni appaltanti, che ne possono stabilire la gravità con riguardo al livello di affidabilità richiesto nelle gare di rispettiva competenza (cfr. anche l’interpretazione dell’ANAC esposta nelle Linee Guida n. 6, punto 6.2).
Aggiunge il TAR Brescia che la tecnica di redazione delle annotazioni assume notevole importanza, in quanto orienta le valutazioni delle stazioni appaltanti; sotto questo profilo, incombe alle imprese interessate l’onere di chiedere che gli episodi annotati siano cancellati o ridimensionati, in modo da prevenire contestazioni in sede di gara; tuttavia, la dimostrazione della correttezza professionale può comunque essere fornita nell’interlocuzione con le singole stazioni appaltanti, quando siano chiesti chiarimenti sugli episodi annotati.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 321 del 21 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 81 del 7 aprile 2018 è pubblicato il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, recante l’approvazione del glossario contenente l'elenco non esaustivo delle principali opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222.


Si ricorda che venerdì 13 aprile 2018, dalle 15:00 alle ore18:00, a Como, Palazzo di Giustizia, Aula Magna, si terrà l’evento formativo “Tecniche di scrittura e limiti dimensionali degli scritti difensivi”, con relatore il prof. Giovanni Acerboni.
Le iscrizioni possono essere effettuate tramite il portale Sfera, accedendo alla sezione degli eventi formativi dell'Ordine degli Avvocati di Como.
La partecipazione è gratuita e dà diritto al riconoscimento di n. 3 crediti formativi.


Il TAR Milano aderisce alla giurisprudenza secondo cui, pur non potendo considerarsi la pubblicazione dell’atto interlocutorio di ammissione quale presupposto di legalità di esso, la piena conoscenza dell’esistenza del provvedimento ammissivo deve intendersi comprensiva anche della conoscenza dei suoi profili di lesività, in rapporto ai vizi concretamente rilevati dalla parte processuale.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 792 del 23 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

A sua volta il Consiglio di Stato osserva che l'onere di immediata impugnativa dell'altrui ammissione alla procedura di gara senza attendere l'aggiudicazione, previsto dalla trascritta norma, è ragionevolmente subordinato alla pubblicazione degli atti della procedura; vero è che la disposizione in parola non implica l’assoluta inapplicabilità del generale principio sancito dagli artt. 41, comma 2, e 120, comma 5, ultima parte, del c.p.a., per cui, in difetto della formale comunicazione dell'atto - ovvero in mancanza di pubblicazione dell'atto di ammissione sulla piattaforma telematica della stazione appaltante - il termine decorre dal momento dell'intervenuta piena conoscenza del provvedimento da impugnare, ma ciò a patto che l’interessato sia in grado di percepire i profili che ne rendano evidente la lesività per la propria sfera giuridica in rapporto al tipo di rimedio apprestato dall'ordinamento processuale.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 1843 del 23 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Osserva il TAR Milano che l’annullamento in autotutela dei titoli edificatori richiede anzitutto l’evidenziazione dei relativi profili di illegittimità, la quale non può, di per sé, derivare dal ricorso a modalità esecutive non consentite; infatti, l’illegittimità dell’atto può dipendere esclusivamente da un vizio genetico, da cui esso sia affetto sin dall’origine, e non può, invece, conseguire dall’eventuale ritenuta violazione delle disposizioni autorizzatorie contenute nel provvedimento ampliativo; una siffatta violazione, infatti, ove effettivamente accertata, può dare luogo all’irrogazione delle sanzioni, ma giammai alla rimozione dell’atto che, anzi, costituisce il necessario parametro alla stregua del quale valutare la conformità o la difformità dell’attività eseguita dal suo destinatario.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 785 del 22 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano osserva che, secondo parte della giurisprudenza, la vicinitas, intesa come situazione di stabile collegamento giuridico con il fondo oggetto dell'intervento contestato, è elemento di per sé sufficiente a sorreggere l’interesse a ricorrere avverso l'abuso del vicino, laddove invece, secondo un diverso orientamento, detto criterio non può ex se radicare la legittimazione al ricorso, dovendo pur sempre l’istante fornire la prova concreta del pregiudizio specifico inferto dagli atti impugnati, registrandosi altresì posizioni intermedie che, pur affermando su un piano generale la sufficienza della vicinitas, fondano nel concreto il giudizio di ammissibilità dell’azione sulla concomitante presenza dell'elemento lesivo, sia pur diversamente declinato.
Alla luce di quanto precede, ritiene il TAR che nella fattispecie per cui è causa parte ricorrente sia sfornita di legittimazione attiva tenuto conto:
- che non è stato comprovato alcun danno in conseguenza delle opere asseritamente abusive, quale il deprezzamento del valore del bene, o la compromissione del diritto alla salute o dell’ambiente;
- che non è stato neppure affermato che le stesse potrebbero causare, in astratto, qualsivoglia pregiudizio;
 - della modesta portata dell’intervento contestato, consistente nell’ampliamento di una cantina, di cui l’istante non ha precisato la volumetria, realizzato al piano interrato, e pertanto sostanzialmente non visibile dall’esterno, posta a circa 10 metri di distanza dalla loro proprietà, e considerato altresì che nella fascia di terreno compresa tra l’edificio del ricorrente e lo scantinato ampliato oggetto di controversia non vi è spazio per alcuna nuova edificazione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 746 del 19 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano osserva che la giurisprudenza formatasi sull’istituto del soccorso istruttorio esclude che lo stesso possa essere disposto in caso di totale assenza di dichiarazioni o di elementi essenziali ai fini dell’ammissione, pena in tale caso la violazione del principio della par condicio dei partecipanti, dovendosi anche tenere in considerazione un principio di autoresponsabilità dei partecipanti stessi; anche la recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sezione ottava, 28 febbraio 2018, nelle cause riunite C-523/16 e C-536/16, pur ammettendo la legittimità di un meccanismo di soccorso istruttorio, ne ha tuttavia escluso l’ammissibilità per ovviare alla mancanza di un documento o di un’informazione in quanto si finirebbe per permettere in realtà all’impresa la presentazione di un nuova offerta, non consentendo infatti la normativa europea qualsiasi rettifica a omissioni che dovrebbero invece portare all’esclusione dell’offerente.
A diversa conclusione, aggiunge il TAR Milano, non inducono le modalità di funzionamento della piattaforma Sintel, che consente alle imprese interessate di registrarsi e di accreditarsi presso la piattaforma stessa, al fine della partecipazione alle future gare che saranno indette da Arca Spa, atteso che la procedura telematica di accreditamento, ispirata da ovvie esigenze di semplificazione amministrativa, non può esimere l’impresa interessata dalla presentazione di una rituale e completa istanza di partecipazione con riferimento ad ogni singola gara.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 798 del 23 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.