Si allegano le note di precisazioni del Presidente del Consiglio di Stato sul protocollo d'intesa per le udienze da celebrarsi al Consiglio di Stato dal 1° agosto 2020 al 15 settembre 2020.



Il TAR Milano dopo aver richiamato l’art. 20, comma 5, del DPR 380/2001, ai sensi del quale «Il termine di cui al comma 3 può essere interrotto una sola volta dal responsabile del procedimento, entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, esclusivamente per la motivata richiesta di documenti che integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella disponibilità dell'amministrazione o che questa non possa acquisire autonomamente. In tal caso, il termine ricomincia a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa», precisa che: 
  • «La norma, dettata per il rilascio del permesso di costruire ma applicabile a tutti i titoli edilizi, chiarisce che l’amministrazione è onerata di soccorso istruttorio nei confronti dei soggetti che richiedono il rilascio di un titolo edilizio, in quanto grava sull’amministrazione l’onere di facilitare lo svolgimento dell’attività amministrativa che condizioni l’esercizio dei diritti dei cittadini. È questo una delle principali applicazioni del principio costituzionale di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.).
  • Dall’obbligo di rendere conoscibili ai cittadini gli adempimenti necessari per ottenere i provvedimenti e le prestazioni di competenza dell’amministrazione, al soccorso istruttorio, all’obbligo di acquisire d’ufficio i documenti in possesso dell’amministrazione, fino al divieto di aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria, si desume che grava sull’amministrazione un preciso obbligo di assistenza ai privati nello svolgimento della loro attività amministrativa, in quanto l’amministrazione è il soggetto che professionalmente conosce e produce le norme di azione che si applicano anche ai terzi e quindi deve mettere a disposizione tale conoscenza. A tale obbligo di assistenza si connette poi il dovere del privato di dichiarare tutti gli elementi a sua conoscenza che sono necessari all’amministrazione per svolgere la sua funzione».


TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1470 del 30 luglio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Si allega il decreto del Presidente del TAR Lombardia n. 21 del 30 luglio 2020 recante la disciplina delle modalità di accesso agli Uffici del TAR Lombardia, Milano, per il periodo dal 1° agosto 2020 al 31 agosto 2020.




Si allega il comunicato del Presidente del TAR Lombardia sullo svolgimento delle udienze “in presenza” nel periodo 1° agosto 2020 – 15 settembre 2020.


Il TAR Milano ritiene che vada rispettato il principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti, imposto dall’articolo 36, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nei servizi di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 35, anche nel caso di un sondaggio di mercato avviato da un comune, attraverso la piattaforma telematica Sintel della Regione Lombardia, indirizzato a tutti gli operatori economici e prodormico all’affidamento diretto del servizio di gestione della biblioteca comunale, ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1446 del 27 luglio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano aderisce ai principi espressi dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 1436 del 27 febbraio 2020 che, nel distinguere tra contributo di costruzione e clausola di monetizzazione di standard, rimarca che quest’ultima ha una diretta e immediata incidenza urbanistica e, avendo tale natura, segue la disciplina dello strumento urbanistico, anche in relazione all’applicazione delle misure di salvaguardia.
Precisa il TAR che «Deve essere infatti evidenziato che la stessa è definita dallo strumento urbanistico generale e trattasi, in sostanza, di una previsione di dotazione di standard che viene tradotta in equivalente monetario, essendo a priori noto che la dotazione non potrà essere soddisfatta. Natura diversa ha invece il contributo di costruzione che, essendo definito sulla base di parametri regolamentari estranei al PGT, è insensibile rispetto alle variazioni dello strumento urbanistico medesimo».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1389 del 20 luglio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Secondo il TAR Milano, «Dal quadro normativo relativo ai vari livelli della progettazione nella finanza di progetto ad iniziativa pubblica, si desume che nella fase di ammissione dei progetti alla gara … il controllo della commissione di gara dev’essere limitato ai profili di macroscopica differenza tra il progetto definitivo presentato ed il progetto di fattibilità, non potendo essa sostituirsi agli organi competenti all’approvazione del progetto ai sensi dell’art. 27 del d.lgs. 50/2016. Questi ultimi intervengono solo dopo la nomina del promotore, ai sensi dell’art. 183 c. 10 del d.lgs. 50/2016, mentre il compito della commissione di gara è quello di individuare l’offerta più vantaggiosa, secondo i criteri previsti dal bando di gara e gli aspetti relativi alla qualità del progetto definitivo presentato (in tal senso art. 183 c. 5 del d.lgs. 50/2016)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1441 del 24 luglio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano, per quanto attiene all’ordine di esame dei motivi, ritiene che in caso in cui entrambe le parti abbiano denunciato un vizio comune, cioè la violazione del principio di segretezza, diventa prioritario, in questo peculiare caso, l’esame di tale vizio, sia per ragioni di economia processuale sia per ragioni di par condicio tra i partecipanti alla gara; a ciò non osta l’ordine di esame dei motivi del ricorso proposto dalle parti in quanto nel giudizio impugnatorio di legittimità in primo grado, non vale a graduare i motivi di ricorso o le domande di annullamento il mero ordine di prospettazione degli stessi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1408 del 22 luglio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri



Il TAR Milano rileva la tardività del deposito delle note d'udienza da parte del ricorrente, in quanto nessuna delle parti ha chiesto la discussione orale della causa, seppure da remoto, secondo l’art. 4 del DL 28/2020, convertito con legge 70/2020 e il decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 134/2020.
Precisa al riguardo il TAR che «Il giudizio attuale si svolge pertanto nel rispetto dell’art. 84 comma 5 del DL 18/2020 già sopra citato, norma in forza della quale le note di udienza (che la legge peraltro qualifica come «brevi»), possono essere prodotte entro due giorni liberi prima dell’udienza stessa.
Preme ancora ricordare che, secondo le linee guida del Presidente del Consiglio di Stato sull’attuazione dell’art. 4 del DL 28/2020, il rito di cui al citato art. 4 ed il rito c.d. cartolare di cui all’art. 84 comma 5 sono alternativi tra loro e che fra gli stessi non può esservi alcuna «ibridazione» (così testualmente il punto 3 delle linee guida)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1427 del 23 luglio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che:
«È noto che in presenza di uno strumento urbanistico adottato (cioè deliberato per la prima volta dal Consiglio comunale) scattano le misure di salvaguardia di cui all’articolo 12, comma 3, del Testo Unico per l’edilizia approvato con d.P.R. n. 380/2001 (prima articolo unico della legge 3 novembre 1952, n. 1902), in forza delle quali il Comune deve sospendere ogni determinazione sulle domande di permesso di costruire che siano in contrasto con lo strumento urbanistico adottato.
Quanto ai titoli abilitativi ex lege, come la DIA sulla base di cui è stato autorizzato l’intervento edilizio in esame, si deve ritenere che, ancorché l’articolo unico della legge n. 1902 del 1952 parli di sospensione della “licenza di costruzione” (poi “concessione edilizia” e ora “permesso di costruire”) e l’articolo 12, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, a sua volta, faccia riferimento alla sospensione del “permesso di costruire”, le misure di salvaguardia si applichino anche alla denuncia di inizio attività. Qualora l’intervento denunciato sia in contrasto con le previsioni di uno strumento urbanistico adottato prima che siano trascorsi i trenta giorni dalla presentazione della D.I.A., è dunque obbligatoria l’applicazione delle misure di salvaguardia (cfr., in tal senso, Cons. Stato, Sez. IV, 20 gennaio 2014, n. 257)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1389 del 20 luglio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ritiene che «il principio di equivalenza trovi applicazione indipendentemente da espressi richiami nella lex specialis di gara, vertendosi in tal caso in una delle ipotesi di eterointegrazione di quest’ultima da parte della normativa primaria, considerato che l’art. 68 del Codice dei contratti pubblici rappresenta una norma a generale attitudine imperativa (in tal senso, Consiglio di Stato, III, 18 settembre 2019, n. 6212; 27 novembre 2018, n. 6721; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 23 ottobre 2019, n. 2215); corollario del procedimento di eterointegrazione è l’assenza di un onere di immediata impugnazione del bando in capo all’operatore che intende beneficiarne, visto che, nel caso in cui la Stazione appaltante ometta di inserire nella disciplina di gara un contenuto previsto come obbligatorio dall’ordinamento giuridico, soccorre al riguardo il suddetto meccanismo di integrazione automatica (Consiglio di Stato, III, 18 luglio 2017, n. 3541)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1386 del 20 luglio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Brescia precisa che «l'adozione di un'ordinanza sindacale contingibile e urgente presuppone necessariamente situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve essere suffragata da un'istruttoria adeguata e da una congrua motivazione, in ragione delle quali si giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla disciplina vigente, stante la configurazione residuale, quasi di chiusura, di tale tipologia provvedimentale, nella quale la contingibilità deve essere intesa come impossibilità di fronteggiare l'emergenza con i rimedi ordinari, in ragione dell'accidentalità, imprescindibilità ed eccezionalità della situazione verificatasi e l'urgenza come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile (Consiglio di Stato, sez. III, 29/05/2015, n. 2697; T.A.R. Perugia, sez. I, 12/02/2020, n. 64). In altre parole, la possibilità di ricorrere allo strumento dell'ordinanza contingibile e urgente è legata alla sussistenza di un pericolo concreto che imponga di provvedere in via d'urgenza, con strumenti extra ordinem, per fronteggiare emergenze sanitarie o porre rimedio a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile di pericolo attuale e imminente per l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana, non fronteggiabili con i mezzi ordinari apprestati dall'ordinamento (T.A.R. Torino, sez. I , 04/02/2020, n. 102)».

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 549 del 17 luglio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ribadisce l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale «“allo scopo di stabilire se un atto amministrativo sia meramente confermativo (e perciò non impugnabile) o di conferma in senso proprio (e, quindi, autonomamente lesivo e da impugnarsi nei termini), occorre verificare se l’atto successivo sia stato adottato o meno senza una nuova istruttoria e una nuova ponderazione degli interessi. In particolare, non può considerarsi meramente confermativo rispetto ad un atto precedente l’atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento, giacché solo l’esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, sia pure mediante la rivalutazione degli interessi in gioco e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fattispecie considerata, può condurre a un atto propriamente confermativo in grado, come tale, di dare vita ad un provvedimento diverso dal precedente e quindi suscettibile di autonoma impugnazione. Ricorre invece l’atto meramente confermativo quando l’Amministrazione si limita a dichiarare l’esistenza di un suo precedente provvedimento senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione” (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 15 giugno 2020, n. 1067; altresì, Consiglio di Stato, IV, 27 gennaio 2017, n. 357; 12 ottobre 2016, n. 4214; 12 febbraio 2015, n. 758)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1326 del 16 luglio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Sulla Gazzetta Ufficiale, Supplemento Ordinario n. 178 del 16 luglio 2020, è pubblicato il D.L. 16 luglio 2020 n. 76, recante “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”. Il decreto legge contiene semplificazioni anche in materia di contratti pubblici e rito degli appalti, in materia edilizia, in materia procedimentale, in materia di responsabilità, in materia di notificazione e comunicazione telematica degli atti, in materia ambientale.



Il TAR Milano con riguardo alla necessità di una ripubblicazione dello strumento di pianificazione territoriale, legata ad un asserito stravolgimento di quest’ultimo in fase di approvazione, sottolinea che:
«sebbene, in base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, la rielaborazione complessiva di uno strumento di pianificazione territoriale, avvenuta in sede di approvazione definitiva dello stesso, comporti la necessità della sua ripubblicazione, va tuttavia osservato che ricorre una tale ipotesi allorquando fra la fase di adozione e quella di approvazione siano intervenuti mutamenti tali da determinare un cambiamento radicale delle caratteristiche essenziali del piano e dei criteri che presiedono alla sua impostazione (cfr., da ultimo, T.A.R. Lombardia, Milano, II, 14 febbraio 2020, n. 309; 26 novembre 2018, n. 2677; altresì, 19 luglio 2018, n. 1768).
Con riferimento ai piani urbanistici dei Comuni, si esclude che si possa parlare di rielaborazione complessiva del piano, quando, in sede di approvazione, vengano introdotte modifiche che riguardano la disciplina di singole aree o singoli gruppi di aree, come avvenuto nella fattispecie de qua (cfr. Consiglio di Stato, IV, 4 dicembre 2013, n. 5769; 30 luglio 2012, n. 4321; 27 dicembre 2011, n. 6865).
In tali casi trova applicazione la norma dell’art. 13, comma 9, della legge regionale n. 12 del 2005 che esclude la necessità di nuova pubblicazione in caso di approvazione di “… controdeduzioni alle osservazioni e di recepimento delle prescrizioni provinciali e regionali …”. Tale disposizione appare del tutto ragionevole alla luce della interpretazione che ne ha fornito la giurisprudenza, avendone limitato l’operatività alle situazioni in cui non risulta essersi prodotto uno stravolgimento del piano o delle sue linee portanti (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 6 maggio 2019, n. 1021; 17 aprile 2019, n. 868; 4 aprile 2019, n. 751; 26 novembre 2018, n. 2677)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1291 del 7 luglio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.




Secondo il TAR Brescia è necessario e sufficiente per qualificare l’intervento come ristrutturazione che l’originaria consistenza dell’edificio sia individuabile sulla base di riscontri documentali od altri elementi certi e verificabili; il vincolo della intellegibilità delle caratteristiche del fabbricato demolito non include invece alcun limite in relazione alla maggiore o minore risalenza nel tempo dell’intervento di demolizione; la qualificazione dell’intervento di ricostruzione come nuova edificazione scatta, infatti, ove sia impossibile l’individuazione certa dei connotati essenziali del manufatto originario (mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura), attesa la mancanza di elementi sufficienti a testimoniare le dimensioni e le caratteristiche dell’edificio da recuperare.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 517 del 6 luglio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano precisa «che secondo l’art. 89 del d.lgs. 50/2016 “il concorrente allega, altresì, alla domanda di partecipazione in originale o copia autentica il contratto in virtù del quale l'impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell'appalto. A tal fine, il contratto di avvalimento contiene, a pena di nullità, la specificazione dei requisiti forniti e delle risorse messe a disposizione dall'impresa ausiliaria”. Con tale norma il Codice dei Contratti ha introdotto una forma di nullità di protezione dei requisiti di ‘forma-contenuto’ del contratto di avvalimento, che invece mancava nella disciplina precedente, la quale si limitava a presidiare il principio di determinabilità del contenuto del contratto di avvalimento, affermando che il contratto di avvalimento debba riportare “in modo compiuto, esplicito ed esauriente (…) le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico” (v. art. 88 del d.P.R. 207 del 2010). Tale norma viene quindi a definire in modo specifico l’oggetto del contratto di avvalimento che consiste nei requisiti forniti e nelle risorse messe a disposizione dall'impresa ausiliaria».

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1288 del 6 luglio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che le esigenze di protezione dell’affidamento del privato, cui sono finalizzati i principi garantistici dell’autotutela, richiedono la sussistenza di alcuni requisiti minimi, in assenza dei quali la d.i.a. deve ritenersi inefficace, con conseguente sottoposizione delle opere realizzate – in quanto prive di titolo abilitativo – agli ordinari poteri repressivi dell’Amministrazione; detti requisiti sono precisati nell’art. 23 del D.P.R. n. 380 del 2001, che al comma 5 prevede, al fine di comprovare il carattere non abusivo delle opere realizzate, che gli interessati debbano esibire non solo la domanda, ma anche gli atti di assenso eventualmente necessari.
Ne consegue per il TAR che la realizzazione mediante dia di un box in un ambito sottoposto a vincolo, in assenza della previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica, è da qualificarsi come intervento realizzato sulla base di un titolo non efficace, dando in tal modo vita ad un intervento totalmente abusivo, cui consegue la necessaria rimozione del manufatto, come desumibile dall’art. 146, comma 4, del D. Lgs. n. 42 del 2004, secondo il quale l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1303 del 9 luglio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



A fronte di una richiesta di esclusione da una gara per la violazione del disposto di cui all’art. 105, comma 1, del D.Lgs. n. 50 del 2016 (“I soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice di norma eseguono in proprio le opere o i lavori, i servizi, le forniture compresi nel contratto”), il TAR Milano ritiene la pretesa infondata, atteso che l’oggetto della procedura di gara è la fornitura di macchinari, risultando viceversa del tutto irrilevante, a tal fine, l’individuazione del soggetto che li fabbrica o li produce.
Precisa il TAR al riguardo che «secondo una condivisibile giurisprudenza, in assenza di una specifica clausola contenuta nel bando di gara, non può ritenersi illegittima l’ammissione alla gara di un concorrente non produttore di un bene oggetto della fornitura pubblica, né può ipotizzarsi la realizzazione di un sostanziale subappalto in favore del medesimo produttore da parte dell’aggiudicatario, considerato che è sufficiente che il partecipante abbia la materiale e giuridica disponibilità del prodotto, restando estraneo alle relative obbligazioni contrattuali il produttore dei beni (T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 27 ottobre 2016, n. 1977; altresì T.A.R. Lazio, Roma, I bis, 20 febbraio 2018, n. 1956; per un caso in cui anche il prodotto realizzato e brevettato da un operatore può far parte della fornitura offerta da altro soggetto concorrente nella medesima gara, Consiglio di Stato, III, 7 marzo 2019, n. 1577)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1266 del 1° luglio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.




Il TAR Milano, a fronte di una imposta delocalizzazione di impianti produttivi da parte del PGT, non giustificata da nessuna evidente ragione di pubblico interesse e non accompagnata da adeguati incentivi – e in alcun modo concordata o resa oggetto di contraddittorio (salvo lo spazio riservato alle osservazioni) – ritiene non  correttamente esercitato il potere discrezionale, pur di rilevante ampiezza nella materia urbanistica, riconosciuto al Comune; difatti, la censurata scelta dell’Amministrazione si pone in contrasto con il divieto di utilizzare il potere di pianificazione con finalità espulsive, considerato che gli strumenti urbanistici sono essenzialmente rivolti a disciplinare la futura attività di trasformazione e di sviluppo del territorio, non potendo di regola incidere sulle opere già eseguite in conformità alla disciplina previgente, le quali conservano la loro originaria legittima destinazione, pur se difformi dalle nuove prescrizioni, e possono essere oggetti di interventi necessari per integrarne, mantenerne o ripristinarne la funzionalità.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1234 del 29 giugno 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.




Il TAR Milano, con riguardo alla questione relativa al dies a quo dal quale far decorrere il termine per la proposizione del ricorso in materia di procedure di affidamento, precisa:
«Dai principi elaborati dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e, in particolare, dall’insegnamento proveniente dalla Corte di Giustizia, deve ritenersi che il termine decorra dal momento della conoscenza del provvedimento che si realizza con l’accesso agli atti da parte dell’operatore interessato. Laddove siano posti in essere comportamenti dilatori o sia negata indebitamente l’ostensione degli atti si determina, quindi, una sospensione nel decorso del termine di impugnazione di durata non necessariamente pari ai 15 giorni di cui all’articolo 76 del D.lgs. n. 50/2016 dovendosi, in tal caso, verificare, piuttosto, la vicenda concreta relativa all’accesso e la celere messa a disposizione degli atti. Diversamente opinando, si costringerebbe, in ogni caso (e, quindi, anche dopo il decorso dei 15 giorni di cui all’articolo 76 del D.Lgs. n. 50/2016) l’operatore economico a ricorrere “al buio” e, quindi, “a guisa di un mero azzardo” (T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. I, 15 gennaio 2019, n. 71). Una situazione alla quale non può ovviare, come ritenuto dalla Corte di Giustizia, la sola possibilità di articolare motivi aggiunti che non sempre garantisce una tutela effettiva. Inoltre, non può omettersi di considerare come le condotte dilatorie dell’Amministrazione non possano ripercuotersi su un bene come la giurisdizione che, anche in considerazione della crescente domanda di giustizia e della nuova panoplia di rimedi garantiti dal codice del processo amministrativo, costituisce una risorsa limitata (cfr., ex multis, Cassazione civile Sezione lavoro, 19 febbraio 2020, n. 4181), come tale da destinare ai bisogni effettivi di tutela e non da inflazionarsi attraverso interpretazioni del dato normativo che impongano al privato di proporre un ricorso giurisdizionale senza avere l’esatta cognizione dell’illegittimità della lesione alla propria sfera giuridica».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1046 del 11 giugno 2020.
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Si veda ora in argomento l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 12 del 2 luglio 2020 che ha affermato i seguenti principi di diritto:
«a) il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016;
 b) le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri, consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale;
 c) la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;
 d) la pubblicazione degli atti di gara, con i relativi eventuali allegati, ex art. 29 del decreto legislativo n. 50 del 2016, è idonea a far decorrere il termine di impugnazione;
 e) sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati».

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 12 del 2 luglio 2020.
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Precisa il TAR Milano che: «secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, le osservazioni presentate dai privati nei confronti di un piano regolatore in itinere sono finalizzate a consentire che il punto di vista del soggetto potenzialmente leso assuma rilevanza e venga adeguatamente considerato, in modo che l’Amministrazione si determini correttamente e compiutamente in omaggio ai principi di imparzialità e di buon andamento (art. 97 Cost.) che devono presiedere all’esercizio dell’azione amministrativa. Ne deriva che il rigetto delle osservazioni deve essere assistito da una motivazione che sia congrua rispetto agli elementi di fatto e di diritto posti alla base delle osservazioni stesse e che abbia tenuto presente il loro apporto critico e collaborativo in comparazione con gli interessi pubblici coinvolti in vista dell’adozione di soluzioni urbanistiche, oltre che legittime, anche opportune e razionali. Quindi, le osservazioni al P.R.G. non possono essere respinte con una formula di mero stile che pone nell’assoluta impossibilità di acclarare se l’Amministrazione abbia effettivamente valutato il rilievo e, quindi, si sia determinata a respingerlo proprio ai fini di quel pubblico interesse che pure si asserisce di voler tutelare, essendo invece necessaria una puntuale ed adeguata motivazione (T.A.R. Campania, Napoli, V, 11 gennaio 2011, n. 50). Invero, fermo restando che il merito della scelta amministrativa resta sottratto al sindacato del giudice amministrativo, l’Amministrazione è comunque tenuta a dare conto dell’avvenuta valutazione e considerazione di tutti gli interessi coinvolti attraverso l’esame delle osservazioni pervenute (T.A.R. Sicilia, Catania, I, 27 maggio 2011, n. 1332; anche T.A.R. Campania, Napoli, V, 17 dicembre 2010, n. 27621)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1237 del 29 giugno 2020.
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Il TAR Milano ribadisce che la procura che non indica gli atti da impugnare con il ricorso, né le parti, né altri elementi utili all’identificazione della controversia, ma unicamente l’autorità innanzi alla quale il giudizio sarà proposto è priva dei requisiti di specialità.
Ritiene il Collegio che l’indicazione, nella procura alle liti, della società ricorrente e del soggetto munito dei necessari poteri per conferire la rappresentanza alla lite in questione non valga a conferire carattere di specialità alla procura, attenendo al diverso aspetto relativo all’identità soggettiva del mandante. Allo stesso modo, la mera indicazione dell’autorità adita è inidonea a conferire alla procura quei tratti di specialità imposti dalla previsione di cui all’articolo 40, comma 1, lettera g), c.p.a. Né a diversa conclusione può giungersi tenendo conto della data, nella specie anteriore a quella di sottoscrizione del ricorso e, pertanto, nemmeno univocamente riferibile allo stesso.
Il TAR è, tuttavia, dell’avviso che sussistano le “oggettive ragioni di incertezza” sulla questione di diritto esaminata considerato: a) la novità della stessa stante l’assenza di precedenti giurisprudenziali puntuali; b) la non agevole interpretazione del quadro normativo vigente, anche in considerazione del tenore della regola tecnica la quale può indurre la parte a ritenere che integri una procura speciale, indipendentemente dal suo contenuto, la procura alle liti che “si considera apposta in calce” pur quando non inserita nello stesso documento informatico del ricorso o allo stesso congiunta materialmente; c) la sussistenza di soluzioni giurisprudenziali nient’affatto univoche anche con riferimento ai precedenti delle varie Sezioni del Tribunale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1207 del 26 giugno 2020.
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Il TAR Milano precisa che quando è prescelto il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la concreta articolazione dei criteri e dei relativi punteggi deve essere tale da conservare la discrezionalità tecnica dell’amministrazione, senza neutralizzarla con parametri esclusivamente tabellari; in tale contesto si inseriscono i criteri c.d. on/off che introducono un’alternativa secca tra attribuzione del punteggio pieno, in caso di offerta di un particolare elemento e punteggio pari a zero in caso di mancanza di detto elemento; il criterio on/off si caratterizza, quindi, per il fatto di escludere qualunque graduazione del punteggio tra il minimo e il massimo; si tratta di una metodologia che di per sé non è illegittima, perché l’art. 95 cit. stabilisce che la ponderazione relativa a ciascuno dei criteri di valutazione dell’offerta tecnica avvenga “anche prevedendo una forcella in cui lo scarto tra il minimo e il massimo deve essere adeguato”; nondimeno, il problema è quello di stabilire il limite all’utilizzabilità del criterio on/off che, se impiegato in modo preponderante, potrebbe rendere irrilevanti i profili qualitativi dell’offerta, contraddicendo la previsione del bando che fissa il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa in luogo del minor prezzo (nella fattispecie è stato ritenuto non contrastante con la scelta effettuata per il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il bando che articola i criteri di valutazione dell’offerta tecnica in subcriteri, prevedendo nel complesso l’attribuzione di 70 punti e che prevede che nell’ambito dell’articolazione in subcriteri solo 15 punti complessivi siano assegnabili sulla base di un’alternativa secca di tipo on/off, mentre gli ulteriori 55 punti siano distribuiti sulla base di una articolata graduazione dei punteggi tra un minimo e un massimo, con previsione di valori intermedi, correlati a specifici profili tecnici).

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1010 del 8 giugno 2020.
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Il TAR Milano dichiara tardivo il deposito di una nota difensiva presentata in vista di un’udienza di merito depositata soltanto il giorno precedente, non rispettando il termine di due giorni liberi antecedenti all’udienza di trattazione della controversia, stabilito dall’art. 84, comma 5, del decreto legge n. 18 del 2020, convertito in legge n. 27 del 2020, che in quanto contenuto in una normativa speciale non può ulteriormente essere assoggettato a dimidiazione, nemmeno nelle materie di cui agli artt. 87, 119 e 120 cod. proc. amm.; ciò appare altresì confermato dalle tempistiche indicate nel punto 3 delle Linee guida sull’applicazione dell’art. 4 del d.l. 28/2020 e sulla discussione da remoto del Presidente del Consiglio di Stato del 25 maggio 2020, laddove si specifica che la disciplina di cui al citato art. 84 continua ad applicarsi in assenza di richieste di discussione ai sensi dell’art. 4 del decreto legge n. 28 del 2020, essendo preferibile una ricostruzione duale dei riti delineati dalla normativa, senza ibridazione alcuna fra gli stessi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1266 del 1° luglio 2020.
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Il TAR Milano, quanto alla questione della differenza della natura della “proroga” dei termini di ultimazione dei lavori rispetto a quella del “rinnovo” di permesso di costruire, precisa che la giurisprudenza ha rilevato che, in generale, la proroga dei termini stabiliti da un atto amministrativo ha la natura giuridica di provvedimento di secondo grado, in quanto modifica, ancorché parzialmente, il complesso degli effetti giuridici delineati dall’atto originario, sicché la differenza tra i due istituti risiede nel fatto che, mentre il rinnovo del permesso di costruire presuppone la sopravvenuta inefficacia dell’originario titolo edilizio e costituisce, a tutti gli effetti, un nuovo titolo, la proroga è un atto sfornito di propria autonomia, che accede all’originario titolo ed opera semplicemente uno spostamento in avanti del termine finale di efficacia.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1206 del 26 giugno 2020.
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Il TAR Milano precisa che stante la previsione dell’art. 4, comma 1, del DL 28/2020, il deposito di note difensive è alternativo alla discussione orale mediante collegamento da remoto, sicché il difensore è posto di fronte alla scelta fra la discussione orale – seppure con collegamento telematico – e il deposito di note difensive, che in ogni caso consentono al difensore stesso di essere considerato presente all’udienza (così il penultimo periodo del comma 1 dell’art. 4 citato, che parla chiaramente di «alternativa alla discussione» nel caso di deposito di note difensive).
Ciò posto, il TAR non prende in considerazione le note difensive depositate dalla parte in vista dell’udienza di discussione, considerato che il difensore della parte medesima ha chiesto la discussione mediante collegamento da remoto, discussione che si è poi effettivamente svolta.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1225 del 29 giugno 2020.
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