Sono disponibili le slide dell'incontro di formazione tenuto dalla Camera Amministrativa dell'Insubria il 24 febbraio 2023 dal titolo “Linguaggio e tecniche di scrittura alla luce del principio di chiarezza e sinteticità degli atti difensivi”, relatore: prof. Giovanni Acerboni.

Le slide sono scaricabili in formato .pdf a questo indirizzo.


Il TAR Bescia precisa che la VIA è un procedimento di valutazione ex ante degli effetti prodotti sull'ambiente da determinati interventi progettuali, il cui obiettivo consiste nel proteggere la salute, migliorare la qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie, conservare la capacità di riproduzione dell'ecosistema, promuovere uno sviluppo economico sostenibile Ne consegue che, in linea generale, poiché l’oggetto della valutazione è il progetto di un’opera o di una sua modifica ancora da attuare, valutare ciò che è già stato realizzato ed edificato vanificherebbe gli obiettivi che il legislatore euro-unitario e nazionale si sono prefissati, ovverosia analizzare ex ante se la localizzazione e la realizzazione di una determinata opera, per come progettata, sia conciliabile con il determinato contesto geografico prescelto per la sua costruzione e, ove questo interrogativo sortisca una risposta favorevole, quale sia la soluzione progettuale che permetta di ottimizzare l’edificazione dell’opera con i preminenti valori presidiati mediante l’istituto in esame. Poiché, quindi, l’intera procedura ha come postulato la modificabilità del progetto, non avrebbe senso effettuare la valutazione dopo la realizzazione dell’opera.
A tale regola generale per cui la VIA deve precedere e non seguire la realizzazione dell’opera può derogarsi eccezionalmente, solo qualora l’esperimento postumo della procedura di valutazione consenta di ottenere “un effetto utile”. Il che presuppone due condizioni, ovverosia che si tratti di modifiche ancora da eseguire (con la conseguenza che la VIA sarà limitata solo a esse) e che si tratti di modifiche idonee a determinare una variazione negli impatti che l’attività svolta nell’impianto potrebbe avere sull’ambiente.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 141 del 17 febbraio 2023.


Il TAR Milano, dopo aver ricordato che, ai sensi dell’art. 18, comma 1, della l.r. n. 12/2005 “Le valutazioni di compatibilità rispetto al PTCP, sia per gli atti della stessa Provincia sia per quelli degli enti locali o di altri enti, concernono l’accertamento dell’idoneità dell’atto, oggetto della valutazione, ad assicurare il conseguimento degli obiettivi fissati nel piano, salvaguardandone i limiti di sostenibilità previsti”, osserva che:
<<2.2. Come già chiarito dalla giurisprudenza di questo Tribunale, “la valutazione di compatibilità del PGT rispetto al PTCP non può essere intesa come limitata ad un mero riscontro della conformità estrinseca del piano comunale alle previsioni ad efficacia prescrittiva e prevalente del piano provinciale.
Inteso in tal modo, infatti non soltanto il rapporto di collaborazione istituzionale fra i due enti verrebbe del tutto svilito, ma neppure si comprenderebbe il senso della previsione contenuta nel comma di apertura dell'art. 18 della legge regionale n. 12/2005. Detta prescrizione, infatti, pone in luce la portata teleologicamente orientata della valutazione che fa capo alla Provincia, nel senso di valorizzare l'accertamento dell'idoneità dell'atto comunale al raggiungimento degli obiettivi del piano di coordinamento” (cfr. T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza n. 1440 del 25.5.2012).>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 229 del 25 gennaio 2023.


Il TAR Milano esamina un ricorso contro una nota con cui un Comune lombardo dichiara l’inefficacia della comunicazione inviata ex art. 87 ter, del d.lgs. 259/03 relativa alla modifica di stazione radio base esistente in quanto la potenza complessiva dell’impianto al connettore di antenna risulta pari a 534,07 W, potenza che si porrebbe in contrasto con la DGR della Regione Lombardia n. VII/7351 dell’11.12.2001 dalla quale si evince che entro il limite di 100 metri dal perimetro di proprietà di asili, scuole, ospedali, case di cura e residenze per anziani non è possibile installare impianti con potenza al connettore di antenna superiore a 300 W.
Il punto in contestazione riguarda l’interpretazione della disposizione normativa regionale richiamata e in particolare se il limite di 300 Watt deve riferirsi alla potenza di ogni singola antenna, come sostenuto dalla ricorrente, ovvero alla sommatoria della potenza complessiva di tutte le antenne che compongono un impianto, come sostenuto dal Comune.
Il TAR ritiene condivisibile la tesi interpretativa avanzata dalla ricorrente che, ad avviso del TAR, trova diretto collegamento con il dato normativo applicabile alla fattispecie e segnatamente con l'art. 4, comma 7, della L.R. della Regione Lombardia n. 11/2001, ai sensi del quale: «7. Viste le caratteristiche tecniche delle reti per la telefonia mobile e la natura di pubblico servizio dell'attività svolta, che motivano una diffusione capillare delle stazioni impiegate a tale scopo, gli impianti radiobase per la telefonia mobile di potenza totale ai connettori di antenna non superiore a 300 W non richiedono una specifica regolamentazione urbanistica».
Precisa, quindi, il TAR:
<<In accordo con i limiti che si impongono al legislatore regionale in tema di installazione di impianti di telecomunicazione, e alla luce della competenza del legislatore statale ad assumere le scelte di principio che concernono la tutela della salute dalle relative emissioni, la norma appena citata si fa carico di esigenze prettamente urbanistiche, vale a dire attinenti al governo del territorio, in ciò seguita dalla DGR del 2001.
Da tale premessa si evince che un’interpretazione volta, invece, a imporre un limite di potenza commisurato non all’impatto urbanistico del singolo impianto, ma alla sommatoria delle emissioni di tutti gli impianti connessi, tradirebbe la ratio della norma, torcendola verso finalità di tutela della salute, alle quali, invece, già risponde l’intervento dell’ARPA. Del resto, dalla lettera delle norme già si evince che si fa riferimento ai connettori di antenna lasciando presumere una pluralità che non depone per la considerazione della potenza dell’impianto nel suo complesso>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 463 del 22 febbraio 2023.



Il TAR Milano, con riferimento alla nozione di grave illecito professionale di cui all'art. 80, comma 5, lett. c, del d.lgs. n. 50/2016, osserva che:
<<Va premesso che il grave illecito professionale di cui all'art. 80, comma 5, lett. c, del D.lgs. n. 50/2016 costituisce un concetto giuridico indeterminato, sicché la norma rimette alla valutazione discrezionale della stazione appaltante l'individuazione delle condotte idonee a minare il vincolo fiduciario che deve sussistere tra le parti. L'amministrazione deve valutare, in concreto, se e per quali motivi gli elementi che siano stati raccolti depongano per un illecito professionale tanto grave da incidere sull'affidabilità morale o professionale dell'operatore (Consiglio di Stato sez. III, 10 gennaio 2022, n.164).
Il giudizio su gravi illeciti professionali è espressione di ampia discrezionalità da parte dell'Amministrazione, cui il legislatore ha voluto riconoscere un rilevante margine di apprezzamento circa la sussistenza del requisito dell'affidabilità dell'appaltatore. Ne consegue che il sindacato che il giudice amministrativo è chiamato a compiere sulle motivazioni di tale apprezzamento deve essere mantenuto sul piano della “non pretestuosità” della valutazione degli elementi di fatto compiuta (nella specie, la non manifesta abnormità, contraddittorietà o contrarietà a norme imperative di legge nella valutazione degli elementi di fatto) e non può pervenire ad evidenziare una mera “non condivisibilità” della valutazione stessa (Consiglio di Stato sez. V, 27 ottobre 2021, n.7223; idem 3 giugno 2021, n. 4248).
Tale interpretazione è conforme al diritto europeo, nella sua declinazione operata dalla Corte di Giustizia, secondo cui il potere della stazione appaltante non può essere limitato da preclusioni poste dal diritto nazionale, ma si deve basare sull'accertamento in concreto dei fatti, rimesso esclusivamente al vaglio della stazione appaltante medesima (cfr. sentenza della Corte di Giustizia UE del 19 giugno 2021, adottata a definizione della causa n. 41/2018: “l'art. 57, paragrafo 4, lettere c) e g), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale la contestazione in giudizio della decisione di risolvere un contratto di appalto pubblico, assunta da un'amministrazione aggiudicatrice per via di significative carenze verificatesi nella sua esecuzione, impedisce all'amministrazione aggiudicatrice che indice una nuova gara d'appalto di effettuare una qualsiasi valutazione, nella fase della selezione degli offerenti, sull'affidabilità dell'operatore cui la suddetta risoluzione si riferisce”).>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 342 del 9 febbraio 2023.


Il TAR Milano ricorda l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “Nel caso in cui la P.A. emetta ordinanza di rilascio di un immobile, sul presupposto della sua appartenenza al demanio, ed il privato occupante insorga avverso tale ordinanza, al fine di sentire negare la demanialità ed accertare il proprio diritto di proprietà, la relativa controversia spetta alla cognizione del giudice ordinario in quanto … è rivolta alla tutela di posizioni di diritto soggettivo. Nè assume rilievo che la causa verta anche sulla natura demaniale o meno del bene o sulla sua estensione, trattandosi di carattere che consegue direttamente dalla legge e non postula l'emanazione di atti amministrativi" (cfr., tra le altre, Cass. SS.UU., 28 gennaio 2021, n.1915; 9 settembre 2013, n. 20596; 15 marzo 2012, n. 4127).
Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, in sintesi, nel caso in cui l'Amministrazione emetta ordinanza di rilascio di un immobile, sul presupposto della sua appartenenza al demanio, e il privato occupante insorga avverso tale ordinanza, contestando la demanialità del bene e, dunque, sostanzialmente invocando il proprio pieno diritto di proprietà (cfr., ex multis, in termini, T.A.R. Lazio, Sez. II bis, 18 giugno 2014, n. 64229).

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 355 del 9 febbraio 2023.


Il TAR Brescia richiama la propria giurisprudenza in materia di legittimazione ad agire del Comune secondo la quale «La legittimazione ad agire dell’ente locale in materia ambientale, in quanto titolare di un interesse collettivo, è riconosciuta dalla giurisprudenza fin da T.a.r. Lazio 1064/90 (secondo cui “il comune, quale ente territoriale esponenziale di una determinata collettività di cittadini della quale cura istituzionalmente gli interessi a promuovere lo sviluppo, è pienamente legittimato ad impugnare dinanzi al giudice amministrativo i provvedimenti ritenuti lesivi dell’ambiente). Sarebbe d’altronde alquanto irragionevole riconoscere legislativamente all'ente territoriale la possibilità di agire in giudizio (in via successiva) per il risarcimento del danno all’ambiente (come fa l’art. 18, co. 3, l. 349/86), e negargli invece la possibilità di agire (in via preventiva) per impedire la produzione di quello stesso danno. Sarebbe altrettanto irragionevole riconoscere la titolarità di un interesse collettivo ad associazioni ambientaliste, il cui collegamento con il territorio interessato dall’abuso è talora costituito soltanto dal fine statutario, e non individuarlo nell’ente istituzionalmente esponenziale della comunità di riferimento» (così la sentenza n. 1568/2011; nello stesso senso recentemente T.A.R. Campania – Napoli, Sez. V, sentenza n. 840/2021; C.G.A., Sez. giurisd., sentenza n. 533/2019).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 141 del 17 febbraio 2023.


Il TAR Milano osserva che la notificazione del provvedimento amministrativo non è un requisito di giuridica esistenza dell’atto, ma una condizione integrativa della sua efficacia, con la conseguenza che il principio di cui all’art. 156, comma 3, c.p.c., per il quale il conseguimento dello scopo al quale l’atto è preordinato ne sana la nullità, trova applicazione anche per la notifica dei provvedimenti amministrativi, per cui in una prospettiva di funzionalità del sistema, la non corretta notifica dell’atto lesivo non incide sulla legittimità dello stesso, ma solo sulla decorrenza del termine per impugnare.
Un eventuale vizio della notificazione del provvedimento lesivo si traduce, quindi, in una mera irregolarità, sanata con il tempestivo esercizio del diritto di difesa da parte dell’interessato, il quale dimostra di aver raggiunto quella condizione di piena conoscenza dell’atto che è l’unico elemento di rilievo ai fini della decorrenza del termine per impugnare (T.A.R. Lombardia - Brescia, Sez. I, n. 597/2022).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 396 del 14 febbraio 2023.


Il TAR Milano, in relazione a un ricorso principale e i successivi motivi aggiunti diretti a contestare la mancata esclusione dell’aggiudicataria e a un ricorso incidentale avente portata escludente, poiché diretto a censurare l’ammissione alla procedura del ricorrente, osserva:
<<Resta ferma l’esigenza di esaminare, in linea di principio, entrambi i ricorsi reciprocamente escludenti, indipendentemente dal numero di operatori partecipanti alla procedura (cfr. Corte di Giustizia UE, 5 settembre 2019 C-333/18, Lombardi), poiché, in primo luogo, l’esclusione di un offerente può far sì che l’altro ottenga l’appalto direttamente nell’ambito della stessa procedura, inoltre, nell’ipotesi di esclusione di tutti gli offerenti e dell’avvio di una nuova procedura di aggiudicazione di appalto pubblico, ciascuno degli offerenti potrebbe parteciparvi e quindi ottenere indirettamente l’appalto (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 3 marzo 2022, n. 1536).
Nondimeno, il ricorso incidentale non deve essere esaminato per primo quando anche il ricorso principale deduca vizi escludenti avverso l’offerta aggiudicataria, perché in tale contesto le parti vantano un interesse “equivalente all’esclusione dell’offerta degli altri, che può portare alla constatazione dell’impossibilità, per l’amministrazione aggiudicatrice, di procedere alla scelta di un’offerta regolare” (cfr. giur. cit.).
Viceversa - ma tale ipotesi non si configura nel caso di specie - se con il ricorso incidentale si contesti la legittimazione ad agire del ricorrente principale, che, dal proprio canto, si limiti alla contestazione nel merito dell’esito della gara, riemerge la regola della necessaria trattazione preliminare del ricorso incidentale (cfr. ex multis Tar Campania sez. I, 3 gennaio 2022, n. 42).
Va, inoltre, precisato che mentre l’eventuale fondatezza del ricorso incidentale escludente non potrebbe in ogni caso comportare l’improcedibilità del ricorso principale parimenti escludente, viceversa l’eventuale infondatezza di quest’ultimo potrebbe determinare l’improcedibilità del primo, proposto dall’aggiudicatario.
Infatti, ove fosse respinto il ricorso principale, con conseguente formazione del giudicato sulla legittimità (rectius: sulla non illegittimità sulla base dei motivi dedotti) dell’aggiudicazione controversa, il controinteressato, vale a dire l’aggiudicatario, avendo reso intangibile la soddisfazione del proprio interesse, non potrebbe nutrire alcun ulteriore interesse all’accoglimento del ricorso incidentale (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10 luglio 2020, n. 4431).>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 397 del 15 febbraio 2023.


Il TAR Milano, preso atto che sebbene per mezzo delle osservazioni la ricorrente abbia segnalato la peculiare conformazione del proprio compendio immobiliare, il Comune in sede di controdeduzioni non ha evidenziato le puntuali ragioni che hanno determinato la scelta di mantenere la zona come bosco, limitandosi ad affermare “non luogo a procedere" in quanto la tavola di azzonamento del PGT può anche essere letta attraverso altro allegato del PGT sui vincoli esistenti, osserva che dalla motivazione non si deducono le ragioni del rigetto, né si comprende a quali vincoli si faccia rinvio.
Secondo il TAR:
<<Tale condotta si pone in contrasto con un condivisibile orientamento giurisprudenziale che, attribuendo un rilievo sostanziale e non meramente formale alla partecipazione procedimentale, sottolinea come le osservazioni e in generale tutti gli apporti partecipativi presentati dai privati nei confronti di un piano urbanistico in itinere sono finalizzati a consentire che il punto di vista del soggetto potenzialmente leso assuma rilevanza e venga adeguatamente considerato, in modo che l'Amministrazione si determini correttamente e compiutamente in omaggio ai principi di imparzialità e di buon andamento (art. 97 Cost.) che devono presiedere all'esercizio dell'azione amministrativa. Ne deriva che il rigetto delle osservazioni, benché connotato da rilevante e ampia discrezionalità e pur non richiedendo particolari formalità, deve essere assistito da una motivazione che sia congrua rispetto agli elementi di fatto e di diritto posti alla base delle osservazioni stesse e che abbia tenuto presente il loro apporto critico e collaborativo in comparazione con gli interessi pubblici coinvolti in vista dell'adozione di soluzioni urbanistiche, oltre che legittime, anche opportune e razionali (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 13 aprile 2021, n. 925; 3 luglio 2020, n. 1279; 29 giugno 2020, n. 1237; anche T.A.R. Sicilia, Catania, I, 27 maggio 2011, n. 1332; T.A.R. Campania, Napoli, V, 11 gennaio 2011, n. 50; 17 dicembre 2010, n. 27621). Nel caso in esame tale valutazione dell’osservazione presentata, nonché della documentazione relativa allo stato di fatto dell’area, è stata omessa.>>.
In accoglimento del ricorso, la delibera impugnata è stata annullata nella parte in cui respinge l’osservazione presentata dalla ricorrente.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 317 in data 8 febbraio 2023.


Il TAR Milano, dopo aver richiamato la giurisprudenza amministrativa che, nel ricondurre la responsabilità dell’Amministrazione nell’alveo della responsabilità aquiliana, ha precisato come l’elemento centrale nella fattispecie di responsabilità è l’ingiustizia del danno, che deve essere dimostrata in giudizio e che implica che il risarcimento potrà essere riconosciuto solo se l’esercizio illegittimo del potere amministrativo abbia leso un bene della vita del privato che questo avrebbe avuto titolo per mantenere od ottenere (in tal senso, Ad. Pl. n. 7/2021), rigetta una domanda risarcitoria proposta, in quanto qualora l’annullamento di un provvedimento amministrativo venga disposto per vizi formali non è riconoscibile il risarcimento del danno, atteso che in tal caso non è effettuato alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto nel provvedimento oggetto di impugnazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 maggio 2022, n. 4279; sez. II, n. 2153/2021).
Aggiunge il TAR che la pretesa risarcitoria non può trovare accoglimento qualora il vizio accertato non contenga alcuna valutazione definitiva in ordine al rapporto giuridico controverso, risolvendosi nel riscontro di una violazione del procedimento di formazione del provvedimento, il che avviene in particolare quando, in seguito all’annullamento dell’atto impugnato, l’Amministrazione conserva intatto il potere di rinnovare il procedimento, eliminando il vizio riscontrato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 gennaio 2015, n. 252).

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 391 del 13 febbraio 2023.


Il TAR Milano, dopo aver verificato che la memoria depositata dalla ricorrente eccede i limiti dimensionali di cui all’art. 3, comma 1°, lett. b), del D.P.C.S. 22.12.2016 n. 167, secondo le specifiche tecniche di cui all’art. 8, senza che sia stata chiesta autorizzazione alla deroga, dispone che di questa memoria e del suo contenuto, per quanto precisato dall’art. 3 ter, u.c., delle norme di attuazione del codice del processo amministrativo, se ne tenga conto solo entro i suddetti limiti dimensionali.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 384 del 13 febbraio 2023.


Il TAR Milano, dopo aver rammentato che l’ordinamento è orientato, con i contratti pubblici, non al supporto economico delle imprese in difficoltà economiche, ma all’acquisizione, in regime di concorrenza, dell’offerta più conveniente per l’amministrazione e rispondente ai parametri tecnici di cui la medesima necessita, nel che è insito, naturalmente, un calcolo dei costi e dei ricavi che tende a contenere il margine di utile in termini competitivi, osserva che è nella normalità che da questo possa derivare all’impresa una minor “appetibilità” economica dell’appalto e non rappresenta una generalizzata e oggettiva “barriera all'ingresso” del micro-mercato costituito dalla singola gara.
Secondo il TAR, resta dunque estraneo alla fattispecie eccezionale di clausola immediatamente escludente il caso di questioni attinenti la soggettiva opportunità economica di presentare un'offerta, in ragione del calcolo individuale di convenienza del singolo operatore economico legate alle sue strategie di impresa (anche in relazione, come ad esempio nel caso di specie, al numero e tipologia di prodotti che questa decide di commercializzare) (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 18 marzo 2019, n. 1736; T.A.R. Liguria, Sez. I, 12 luglio 20
In altre parole, perché sia configurabile l'effetto "escludente", la previsione della lex specialis deve porre con immediata e oggettiva evidenza, nei confronti di tutti indistintamente gli operatori economici, l'astratta impossibilità per un qualsiasi operatore "medio" di formulare un'offerta economicamente sostenibile (ossia astrattamente idonea a produrre – pur nella normale alea contrattuale – un utile derivante dall'esecuzione del contratto).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 343 del 9 febbraio 2023.


Il TAR Milano, con riferimento a un rigetto relativo alla collocazione di un impianto di telefonia mobile all’interno di un parco locale di interesse sovracomunale (PLIS), osserva:

<<La determinazione comunale impugnata si pone in contrasto con la normativa statale - di carattere speciale (cfr. T.A.R. Valle d'Aosta, 29 settembre 2020, n. 47) - relativa all'installazione degli impianti di telefonia, anche nella parte riguardante la valutazione degli aspetti legati alla tutela ambientale, visto che le uniche restrizioni ammesse in tale ambito riguardano (i) il rispetto della disciplina posta a tutela dei beni ambientali e culturali di cui al d.lgs. n. 42 del 2004, ossia l'esistenza di vincoli che impongano una valutazione approfondita dei profili di tutela ambientale, culturale o paesaggistica, oppure (ii) la necessità di garantire la tutela delle servitù militari (art. 86, comma 4, del d.lgs. n. 259 del 2003). Risulta evidente che la normativa speciale di matrice statale tende a salvaguardare soltanto i "beni ambientali", ossia quei beni specificamente sottoposti a vincolo paesaggistico o correlati alla tutela della salute (cfr. Consiglio di Stato, VI, 15 dicembre 2009, n. 7944), e non consente di introdurre limitazioni generalizzate alla localizzazione degli impianti, come ad esempio quelle afferenti ad una generica incompatibilità del progetto con il contesto ambientale, attraverso valutazioni apodittiche e prive di oggettiva giustificazione, destinate soltanto ad impedire, in maniera indebita, la realizzazione di una rete completa di telecomunicazioni (cfr. Consiglio di Stato, VI, 7 gennaio 2021, n. 206; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 13 maggio 2021, n. 1193).>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 318 in data 8 febbraio 2023.


Si allega il comunicato di UNAA inviato il 7 febbraio 2023 ai soggetti istituzionali in indirizzo, con il quale il consiglio direttivo di UNAA prende posizione in relazione al preannunciato intendimento del Governo di approvare una norma che, modificando l’art. 48, comma 4, del decreto legge n. 77/2021, attribuirà al TAR Lazio la competenza inderogabile ai sensi dell’art. 135 c.p.a. per tutte le procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell'Unione europea, con un’ulteriore riduzione dei termini processuali.

Comunicato di UNAA


Il Tar Milano osserva che:
<<Secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa, confermata anche in sede nomofilattica, soltanto le clausole escludenti debbono essere impugnate immediatamente, mentre tutte le altre vanno impugnate all’esito della procedura, peraltro unicamente dai partecipanti alla stessa (Consiglio di Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4). È stato difatti “ribadito il principio generale secondo il quale le [clausole non direttamente escludenti], in quanto non immediatamente lesive, devono essere impugnate insieme con l’atto di approvazione della graduatoria definitiva, che definisce la procedura concorsuale ed identifica in concreto il soggetto leso dal provvedimento, rendendo attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva (Cons. Stato, sez. V, 27 ottobre 2014, n. 5282) e postulano la preventiva partecipazione alla gara” (Consiglio di Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4). Pertanto, laddove non ci si trovi al cospetto di clausole immediatamente escludenti – circostanza scartata in radice dalla stessa parte ricorrente con riguardo alla procedura de qua – tali da imporre una loro immediata impugnazione, bisogna attendere l’esito della gara per verificare l’attualizzazione della lesività delle stesse. Ciò del resto non arrecherebbe alcun vulnus al diritto di difesa del partecipante non aggiudicatario della selezione, tenuto conto che “nelle gare pubbliche l’accettazione delle regole di partecipazione non comporta l’inoppugnabilità di clausole del bando regolanti la procedura che fossero, in ipotesi, ritenute illegittime, in quanto una stazione appaltante non può mai opporre ad una concorrente un’acquiescenza implicita alle clausole del procedimento, che si tradurrebbe in una palese ed inammissibile violazione dei principi fissati dagli artt. 24, comma 1, e 113 comma 1, Cost., ovvero nella esclusione della possibilità di tutela giurisdizionale” (Consiglio di Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4; altresì, Consiglio di Stato, III, 4 marzo 2019, n. 1491; 26 febbraio 2019, n. 1350).
Tuttavia tali considerazioni non possono applicarsi con riguardo agli operatori che non hanno partecipato alla procedura, oppure ne sono stati esclusi o, ancora, hanno deciso di ritirare la loro partecipazione, come avvenuto nella specie, non avendo questi alcun titolo di legittimazione a impugnare l’esito della selezione e perciò a dedurre illegittimità non escludenti, relative al bando di gara.
Il predetto indirizzo è stato confermato anche di recente, evidenziandosi che “legittimato ad impugnare l’esito di una gara pubblica è solamente colui che vi abbia partecipato, in ragione della vantata posizione differenziata con il potere pubblico derivante proprio dalla partecipazione; diversamente, l’operatore del settore rimasto estraneo [, a cui deve assimilarsi quello escluso o ritiratosi per sua volontà nel corso della procedura,] non può vantare la medesima legittimazione a ricorrere in quanto portatore di un interesse di mero fatto, come tale non qualificato e non differenziato, alla caducazione dell’intera selezione nell’ottica di un’eventuale partecipazione futura in sede di riedizione della gara corrispondente ad una volontà del tutto ipotetica e priva di oggettivi riscontri e, quindi, in contrasto con le esigenze di celerità e certezza dei rapporti di diritto pubblico particolarmente avvertite in un settore così rilevante come quello dell’affidamento dei contratti pubblici” (Consiglio di Stato, VII, 28 dicembre 2022, n. 11519).>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 311 del 6 febbraio 2023.


Il TAR Brescia, con riferimento all’impugnazione di un accordo di programma finalizzato a consentire l’ampiamento di stabilimento produttivo in area posta a circa 738 metri dalla proprietà della ricorrente, ritiene fondata e dirimente l’eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione attiva e di interesse sollevata dall’amministrazione resistente e osserva:
<<Come noto, nel processo amministrativo l’azione può essere proposta solo dal titolare di una posizione giuridica qualificata e differenziata (avente consistenza di interesse legittimo), correlata al bene della vita oggetto di esercizio del pubblico potere, idonea a distinguere il ricorrente da ogni altro consociato che, nel caso di specie, non sussiste: per stessa ammissione della ricorrente, infatti, essa è titolare di un’area posta a circa 738 metri dallo stabilimento oggetto dell’accordo di programma che, qualora attuato, si limiterebbe a ridurrebbe «ulteriormente (da 738 a 706 metri circa) la distanza dall’area della ricorrente.
Inoltre, anche a voler ammettere che tale distanza, per quanto considerevole, sia sufficiente a differenziare e qualificare la posizione della ricorrente, si rammenta che, per giurisprudenza consolidata, la vicinitas, «non è sufficiente a comprovare anche l'interesse a ricorrere che è invece derivante da un concreto pregiudizio per l'interessato; dunque la vicinitas non rappresenta un dato decisivo per riconoscere l'interesse ad agire (che nel giudizio di legittimità davanti al giudice amministrativo si identifica con l'interesse ad impugnare), nel senso che di per sé non è sufficiente, dovendosi dimostrare che l'intervento costruttivo contestato abbia capacità di propagarsi sino a incidere negativamente sul fondo del ricorrente»; anche nel processo amministrativo, infatti, non è «consentito, ad eccezione di ipotesi specifiche, adire il giudice al solo fine di conseguire la legalità e la legittimità dell'azione amministrativa, se ciò non si traduca anche in uno specifico ed argomentato beneficio in favore di chi propone l'azione giudiziaria; l'interesse a ricorrere è infatti condizione dell'azione e corrisponde ad una precisa utilità o posizione di vantaggio che attiene ad uno specifico bene della vita, contraddistinto indefettibilmente dalla personalità e dall'attualità della lesione subita, nonché dal vantaggio ottenibile dal ricorrente; sussiste pertanto interesse al ricorso se la posizione azionata dal ricorrente lo colloca in una situazione differente dall'aspirazione alla mera ed astratta legittimità dell'azione amministrativa genericamente riferibile a tutti i consociati, se sussiste una lesione della sua posizione giuridica, se è individuabile un'utilità della quale esso fruirebbe per effetto della rimozione del provvedimento; interesse che deve comunque essere caratterizzato dai predicati della personalità (il risultato di vantaggio deve riguardare specificamente e direttamente il ricorrente), dell'attualità (l'interesse deve sussistere al momento del ricorso, non essendo sufficiente a sorreggere quest'ultimo l'eventualità o l'ipotesi di una lesione) e della concretezza (l'interesse a ricorrere va valutato con riferimento ad un pregiudizio concretamente verificatosi ai danni del ricorrente) » (ex multis Consiglio di Stato sez. IV, 4 agosto 2022, n. 6916).
Ne consegue che qualora l’esistenza del pregiudizio non sia rilevabile ictu oculi, sarà onere del ricorrente fornirne la dimostrazione, a pena di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse (ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 21 aprile 2021 n. 3247), posto che, come visto, «non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell'interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall'atto impugnato» (cfr. Consiglio di Stato sez. IV, 5 settembre 2022, n. 7704).
Ciò posto, è parere del Collegio che la ricorrente non abbia assolto al proprio onere probatorio, posto che, dopo aver premesso che il provvedimento impugnato eliminerebbe 31.291 mq di area destinata a “ambiti agricoli strategici” e ridurrebbe «ulteriormente (da 738 a 706 metri circa) la distanza dall’area della ricorrente», si è limitata ad asserire che il progetto approvato acuirebbe le criticità viabilistiche che hanno determinato il rigetto del proprio progetto di valorizzazione dell’area di sua proprietà, rendendo, così, ancor più ardua una sua futura approvazione.>>
TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 109 del 6 febbraio 2023.


Nel consiglio direttivo della Camera Amministrativa dell'Insubria dell'11 gennaio 2023 la quota associativa per l'anno 2023 è stata fissata in euro 50,00 per gli avvocati che alla data del 31 dicembre 2022 abbiano maturato dieci anni di iscrizione all'Albo degli Avvocati e in euro 25,00 per tutti gli altri.

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Il TAR Milano osserva che:
<<Come noto, l’art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006, dopo aver disposto al primo comma il divieto di abbandono e deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo, stabilisce, al terzo comma, che, qualora tale divieto sia stato infranto, il sindaco ordina all’autore della violazione, <<…in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa>>, di procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti stessi ed al ripristino dello stato dei luoghi.
Come è agevole rilevare, in base a questa norma, il proprietario non autore materiale dell’abbandono dei rifiuti non può essere chiamato ad intervenire per il solo fatto di essere proprietario, essendo a tal fine necessario che egli abbia concorso nella violazione a titolo di dolo o colpa, e che quindi abbia consapevolmente tollerato la condotta illecita posta in essere da altri oppure l’abbia ignorata per negligenza, omettendo di effettuare i doverosi controlli sul bene di sua proprietà.
Per ciò che concerne in particolare la posizione del proprietario di un bene immobile concesso in locazione a terzi, la giurisprudenza, valorizzando la funzione sociale della proprietà al fine di contrastare il fenomeno dell'abbandono incontrollato dei rifiuti, ha ampliato il contenuto del dovere di diligenza esigibile dal proprietario stesso, arrivando a configurare una responsabilità di tipo colposo omissivo quando vi sia trascuratezza o incuria nella gestione del bene, e ciò anche con specifico riguardo alla condotta di abbandono materialmente eseguita dal conduttore (cfr. Tar Veneto, Sez. III, 27 settembre 2016, n. 1074; Tar Piemonte, Sez. I, 15 luglio 2016, n. 994; Consiglio di Stato, Sez. V, 11 gennaio 2016, n. 58; Tar Campania, Napoli, Sez. V, 23 marzo 2015, n. 1692).
Tuttavia, costituisce requisito indefettibile per poter configurare una tale responsabilità la dimostrazione, anche mediante elementi logici meramente presuntivi, purché precisi e concordanti, della consapevolezza del proprietario dello svolgimento dell'attività di illecito abbandono dei rifiuti da parte del conduttore o perlomeno la sussistenza di un suo comportamento negligente di disinteresse riguardo al proprio bene>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 302 del 3 febbraio 2023.


Il TAR Milano, dopo aver ricordato che l’art. 32 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 stabilisce che “divenuta efficace l'aggiudicazione, e fatto salvo l'esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione deve avere luogo entro i successivi sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell'invito ad offrire, ovvero l'ipotesi di differimento espressamente concordata con l'aggiudicatario, purché comunque giustificata dall'interesse alla sollecita esecuzione del contratto […] Se la stipulazione del contratto non avviene nel termine fissato, l'aggiudicatario può, mediante atto notificato alla stazione appaltante, sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto. All'aggiudicatario non spetta alcun indennizzo, salvo il rimborso delle spese contrattuali documentate […]”, osserva che la norma è posta a tutela dell’aggiudicatario, il quale deve poter calcolare ed attuare le scelte imprenditoriali entro tempi certi, e perciò gli attribuisce la facoltà di svincolarsi dalla propria offerta, in alternativa all’azione avverso il silenzio, di cui agli articoli 31 e 117 del codice del processo amministrativo, per ottenere la condanna dell’amministrazione a provvedere.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 254 del 31 gennaio 2023.


Il TAR Milano, con riferimento a un’ordinanza contingibile e urgente con la quale è stato ordinato alla parte ricorrente di adottare entro 48 ore misure per impedire l’accesso ai luoghi e di eseguire entro 15 giorni varie misure per la messa in sicurezza dei luoghi medesimi, osserva che l’atto impugnato non si limita ad imporre misure provvisorie di messa in sicurezza, al fine di fronteggiare il presunto, imminente pericolo, ma, accanto a queste ultime e in via alternativa alla demolizione, prescrive l’impiego di misure di messa in sicurezza definitive, ossia tali da valicare i limiti temporali propri dell’ordinanza contingibile. In tal modo, l’atto impugnato smentisce la propria natura contingibile, divenendo uno strumento che produce effetti duraturi e stabili sulla altrui proprietà privata.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 264 in data 1 febbraio 2023


Secondo il TAR Brescia, l’attività estrattiva non è un’attività economica liberamente esercitabile (cfr., C.d.S., Sez. V, n. 6383/2012, a mente della quale «l’attività estrattiva di cava, pur non essendo assoggettata al previo rilascio del permesso di costruire, coinvolge interessi super individuali e valori costituzionali (ambiente, paesaggio, territorio, salute, iniziativa economica), incidendo sul governo del territorio sia per il suo rilevante impatto ambientale che per le esigenze economiche proprie dell’impresa esercente connesse allo sfruttamento delle sempre più scarse risorse naturali disponibili, con la conseguenza che, al pari dell’attività edilizia, non è mai completamente libera ma deve inserirsi in un contesto di interventi pianificati»), ma è soggetta a limitazioni funzionali – tra l’altro - a preservare una risorsa non rinnovabile. Il potere di pianificazione in tutti gli ambiti in cui viene esercitato (si pensi, per fare un parallelo, alla pianificazione urbanistica) crea per definizione delle differenziazioni, che non sono di per sé illegittime, se corrispondono alla logica di fondo che sta alla base delle scelte fatte dal Pianificatore.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 72 del 25 gennaio 2023.