Il TAR Milano, con riferimento alla nozione di grave illecito professionale di cui all'art. 80, comma 5, lett. c, del d.lgs. n. 50/2016, osserva che:
<<Va premesso che il grave illecito professionale di cui all'art. 80, comma 5, lett. c, del D.lgs. n. 50/2016 costituisce un concetto giuridico indeterminato, sicché la norma rimette alla valutazione discrezionale della stazione appaltante l'individuazione delle condotte idonee a minare il vincolo fiduciario che deve sussistere tra le parti. L'amministrazione deve valutare, in concreto, se e per quali motivi gli elementi che siano stati raccolti depongano per un illecito professionale tanto grave da incidere sull'affidabilità morale o professionale dell'operatore (Consiglio di Stato sez. III, 10 gennaio 2022, n.164).
Il giudizio su gravi illeciti professionali è espressione di ampia discrezionalità da parte dell'Amministrazione, cui il legislatore ha voluto riconoscere un rilevante margine di apprezzamento circa la sussistenza del requisito dell'affidabilità dell'appaltatore. Ne consegue che il sindacato che il giudice amministrativo è chiamato a compiere sulle motivazioni di tale apprezzamento deve essere mantenuto sul piano della “non pretestuosità” della valutazione degli elementi di fatto compiuta (nella specie, la non manifesta abnormità, contraddittorietà o contrarietà a norme imperative di legge nella valutazione degli elementi di fatto) e non può pervenire ad evidenziare una mera “non condivisibilità” della valutazione stessa (Consiglio di Stato sez. V, 27 ottobre 2021, n.7223; idem 3 giugno 2021, n. 4248).
Tale interpretazione è conforme al diritto europeo, nella sua declinazione operata dalla Corte di Giustizia, secondo cui il potere della stazione appaltante non può essere limitato da preclusioni poste dal diritto nazionale, ma si deve basare sull'accertamento in concreto dei fatti, rimesso esclusivamente al vaglio della stazione appaltante medesima (cfr. sentenza della Corte di Giustizia UE del 19 giugno 2021, adottata a definizione della causa n. 41/2018: “l'art. 57, paragrafo 4, lettere c) e g), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale la contestazione in giudizio della decisione di risolvere un contratto di appalto pubblico, assunta da un'amministrazione aggiudicatrice per via di significative carenze verificatesi nella sua esecuzione, impedisce all'amministrazione aggiudicatrice che indice una nuova gara d'appalto di effettuare una qualsiasi valutazione, nella fase della selezione degli offerenti, sull'affidabilità dell'operatore cui la suddetta risoluzione si riferisce”).>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 342 del 9 febbraio 2023.