La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 202 del 28 ottobre 2021,
<<1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 40-bis della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), introdotto dall’art. 4, comma 1, lettera a), della legge della Regione Lombardia 26 novembre 2019, n. 18, recante «Misure di semplificazione e incentivazione per la rigenerazione urbana e territoriale, nonché per il recupero del patrimonio edilizio esistente. Modifiche e integrazioni alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) e ad altre leggi regionali», nel testo vigente prima dell’entrata in vigore della legge della Regione Lombardia 24 giugno 2021, n. 11, recante «Disposizioni relative al patrimonio edilizio dismesso con criticità. Modifiche all’art. 40-bis della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio)»;
2) dichiara, in via conseguenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale del comma 11-quinquies dell’art. 40-bis della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, introdotto dall’art. 1, comma 1, lettera m), della legge reg. Lombardia n. 11 del 2021.>>
Corte Costituzionale n. 202 del 28 ottobre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte Costituzionale.


Il TAR Milano con riferimento alla possibilità di far valere, anche al di fuori del perimetro soggettivo delle PMI, doglianze avverso un assetto organizzativo della gara che comprometta in concreto il principio di concorrenza tra più operatori, rammenta che:
<<la prevalente giurisprudenza precisa che l’interesse a contestare la suddivisione in lotti non è riferibile solo alle piccole e medie imprese, poiché tale suddivisione e la complessiva disciplina ad essa riferibile sottendono interessi di più ampia portata.
La tendenziale preferenza dell’ordinamento per una ragionevole divisione in lotti è fondata non solo sulla notoria esigenza di favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese, ex art. 51 del d.l.vo n. 50/2016 (ed in precedenza l’art. 2, comma 1 bis, dell’abrogato d.lgs. n. 163/2006), ma anche, e soprattutto, sull’esigenza di assicurare realmente la libera concorrenza e la massima partecipazione sia al momento dell’effettuazione della gara, sia in relazione a tutto il periodo successivo di svolgimento del rapporto (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 4 marzo 2019, n. 1491; Consiglio di Stato Sez. III, 22 febbraio 2018 n. 1138; nello stesso senso Consiglio di Stato, Sez. III, 26 settembre 2018, n. 5534, ed in precedenza con riguardo all’art. 2, comma 1, dell’abrogato d.l.vo n. 163 del 2006: Consiglio di Stato, sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669; Consiglio di Stato, sez. V, 20 marzo 2007, n. 1331).
Pertanto, sussiste l’interesse dell’imprenditore che ha partecipato alla procedura a contestare la suddivisione in lotti, poiché l’illegittima ripartizione incide sulla possibilità di realizzare un’effettiva apertura alla concorrenza nel particolare mercato.
L’interesse a ricorrere non è integrato solo dal conseguimento del c.d. bene o utilità “finale”, ma si declina anche nel perseguimento di un interesse “mediano”, connesso alla caducazione dell’intero procedimento e all’eventuale nuovo esercizio del potere, veicolante l’utilità gradata consistente nella chance di un esito favorevole del procedimento rinnovato.
Ai fini della sussistenza dell’interesse a ricorrere, nella declinazione ora prospettata, è sufficiente che la chance esista, non potendosi pretendere che essa oltrepassi anche una soglia di probabilità definita ex ante (su tali profili, Consiglio di Stato sez. III, 3 marzo 2020, n. 1564), fermo restando che la chance si configura quale utilità intermedia autonomamente tutelata (cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 271 del 13 dicembre 2019).
Insomma, è meritevole di tutela ed integra la condizione dell’azione contestata l’interesse strumentale del concorrente che potrebbe ottenere un vantaggio dalla ripetizione della gara, in seguito al suo annullamento.>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2265 del 18 ottobre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano,
preso atto:
- che un Comune aveva notificato l’avviso di emanazione del permesso di costruire, informando l’interessato che l’inizio dei lavori sarebbe stato subordinato all’ottenimento dei necessari atti di assenso da parte delle Amministrazioni competenti in materia di tutela ambientale, il tutto a valle dell’esecuzione del piano di indagine ambientale;
- che il giorno successivo alla notifica dell’avviso è stato adottato il nuovo P.G.T.;
- che il Comune ha quindi comunicato l’avvio del procedimento di verifica di compatibilità del permesso di costruire con le previsioni del P.G.T. adottato nonché l’impossibilità di procedere alla notifica del richiesto permesso di costruire, concludendo che il permesso di costruire relativo all'avviso di cui sopra non era divenuto efficace, in quanto lo stesso non era stato ritirato/notificato entro la data di adozione del P.G.T;
precisa:
- che l’applicazione delle misure di salvaguardia di cui all’art. 12, comma 3, del DPR 380/2001 è riferita agli interventi edilizi che siano ancora oggetto di valutazione da parte dell’Amministrazione comunale al momento dell’adozione del nuovo piano, non applicandosi le misure di salvaguardia anche ad interventi edilizi già autorizzati prima del sopravvenire del nuovo strumento urbanistico;
- che nella specie si controverte intorno ad una valutazione – trasfusa in un atto che avrebbe espresso, a prescindere dalle prescrizioni apposte, un assenso all’intervento in questione – che sarebbe stata, in pratica, superata per effetto dell’adozione, il giorno seguente, di una nuova disciplina urbanistica;
- che nel caso di specie, il permesso di costruire deve invece considerarsi rilasciato con l’avvenuta notifica dell’avviso di rilascio;
- che non si può far prevaricare il comportamento materiale che pone fine al procedimento (la consegna; il ritiro del permesso) sulla manifestazione di volontà dell’Amministrazione;
- che, in conclusione, il permesso di costruire – che pure compendia profili istruttori complessi – non deve sottostare nella fattispecie alla sopravvenuta verifica di compatibilità con la nuova disciplina urbanistica.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2334 del 22 ottobre 2021.
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Il TAR Milano precisa che, ai sensi dell’art. 89 comma 3 del D.Lgs. n. 50/2016, in caso di avvalimento, la stazione appaltante impone all’operatore economico partecipante alla gara di sostituire i soggetti ausiliari che non soddisfano un «pertinente criterio di selezione» o per i quali sussistono «motivi obbligatori di esclusione»; la disposizione, che ricalca l’art. 63 della direttiva dell’Unione Europea 2014/24, costituisce una sorta di deroga al principio di immodificabilità del soggetto partecipante alla gara e ciò in omaggio ad esigenze di promozione della concorrenza, esigenze che sono del resto proprie della figura dell’avvalimento; ne consegue che l’Amministrazione, prima di disporre l’esclusione, deve chiedere all’esponente di procedere alla sostituzione dell’ausiliaria.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2323 del 22 ottobre 2021.
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Il TAR Brescia precisa che un piano attuativo d’ufficio con funzione di schema urbanistico strategico deve avere un contenuto chiaro e indicare esattamente gli effetti conformativi esercitati sulla proprietà privata, nonché l’estensione temporale di tali effetti, oltre alla disciplina applicabile successivamente.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 870 del 14 ottobre 2021.
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Il TAR Milano precisa che, in sede di individuazione dei lotti, sono giustificate delle compressioni alla concorrenza solo in presenza di motivate esigenze organizzative o economiche che non possano trovare adeguato soddisfacimento in altro modo.
Ne consegue che ogni deroga al principio della necessaria suddivisione in lotti, che è presidio di tutela per il favor partecipationis delle imprese che non siano in grado di soddisfare le richieste del bando proprio a causa della predetta mancata ripartizione in lotti funzionali, deve essere misurata con il parametro dell’equilibrato bilanciamento dei valori che la norma sottende, sicché, tanto più elevato è il sacrificio che si richiede alle esigenze partecipative delle imprese, tanto più rigorosa dovrà essere la motivazione della deroga, da giustificarsi in ragione dell’elevato valore delle esigenze tecnico-organizzative o economiche rappresentate dall’amministrazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2265 del 18 ottobre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che l’individuazione del responsabile dell’inquinamento ambientale può basarsi anche su elementi indiziari (quali, a mero titolo esemplificativo, la tipica riconducibilità dell’inquinamento rilevato all’attività industriale condotta sul fondo o la vicinanza dell’impianto dell’operatore all’inquinamento accertato), giacché la prova può essere data in via diretta o indiretta, potendo cioè, in quest’ultimo caso, l’amministrazione pubblica preposta alla tutela ambientale avvalersi anche di presunzioni semplici di cui all’art. 2727 cod. civ. (cfr., ex multis, T.A.R. Milano, Sez. III, 2 dicembre 2019, n. 2562; T.A.R. Brescia, Sez. I, 6 marzo 2020, n. 202; T.A.R. Bologna, Sez. II, 29 ottobre 2020, n. 677). Laddove l’amministrazione abbia fornito elementi indiziari sufficienti a dimostrare, sebbene in via presuntiva, l’ascrivibilità dell’inquinamento a un soggetto, spetta a quest’ultimo l’onere di fornire una prova liberatoria, per la quale non è sufficiente ventilare genericamente il dubbio di una possibile responsabilità di terzi o di un’incidenza di eventi esterni alla propria attività, bensì è necessario provare – con pari analiticità – la reale dinamica degli avvenimenti e indicare lo specifico fattore cui debba addebitarsi la causazione dell’inquinamento (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 4 dicembre 2017, n. 5668).

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2236 del 15 ottobre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Secondo il TAR Milano, se è pur vero in linea di principio che l’attività demandata all’amministrazione comunale per la classificazione acustica del proprio territorio si connota in termini ampiamente discrezionali, sia quanto alla delimitazione delle singole zone, sia quanto alla loro classificazione, è altresì vero che tra i parametri legali di ineludibile rispetto della concreta azione amministrativa svolta in materia di zonizzazione acustica, vi è il rispetto del c.d. preuso del territorio.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2241 del 15 ottobre 2021.
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Secondo il TAR Milano, nei RTI orizzontali la circostanza che le imprese partecipanti distinguano le parti del servizio che saranno eseguite da ciascuna di esse non esclude il carattere orizzontale del raggruppamento. Milita in tal senso innanzi tutto un dato letterale, vale a dire la previsione del comma 4 dell’art. 48 del codice, secondo cui nel caso di servizi devono essere specificate le parti del servizio che saranno eseguite dai singoli operatori riuniti e ciò a prescindere dalla qualificazione del RTI come verticale oppure orizzontale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2156 del 6 ottobre 2021.
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Il TAR Milano, con riguardo alla possibilità del rinnovo o del rilascio della procura alle liti, ribadisce che l’art. 182, comma 2, c.p.c. non può essere ritenuto applicabile al processo amministrativo. In primo luogo, l’art. 182, comma 2, c.p.c. non è espressione di un principio generale, in quanto il processo amministrativo, a differenza di quello civile – che ammette anche il conferimento di un mandato generale alle liti – impone il conferimento del mandato speciale prima della sottoscrizione del ricorso da parte del difensore, trattandosi di processo strutturato come prevalentemente di impugnazione; inoltre il predetto art. 182, comma 2, c.p.c. non può ritenersi compatibile con i principi propri del processo amministrativo, atteso che la previsione di un termine decadenziale per la notifica del ricorso presuppone necessariamente il previo conferimento del mandato speciale, con riferimento allo specifico atto oggetto di impugnazione. Detta disposizione implicherebbe la sanatoria di una decadenza specificamente comminata dal codice – quale è quella correlata al rispetto del termine per la proposizione dell’azione di annullamento – sicché si tratta di norma incompatibile con controversie di tale tipo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2253 del 15 ottobre 2021.
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Il TAR Brescia ritiene che il tempestivo inizio dei lavori in base al permesso di costruire che riguarda le opere da eseguire per prime in base al disegno di una convenzione urbanistica è utile anche per evitare la decadenza dei titoli collegati.
Osserva al riguardo che:
<<g) in primo luogo le convenzioni urbanistiche sono basate su un accordo che presuppone l’equilibrio tra l’utilità dei privati (edificazioni) e l’interesse pubblico (opere di urbanizzazione). I due elementi sono collegati fin dall’inizio, e rimangono collegati per tutta la durata del rapporto, in quanto, indipendentemente dal numero di titoli edilizi generati dalla convenzione urbanistica, l’attività edificatoria conserva carattere unitario. Una conferma si può rinvenire nell’art. 28-bis comma 4 del DPR 380/2001, che consente l’attuazione dei permessi di costruire convenzionati per stralci funzionali. In una convenzione urbanistica i singoli permessi di costruire hanno la stessa funzione degli stralci funzionali. Si può quindi ritenere che il tempestivo inizio dei lavori in base a uno dei titoli edilizi sia utile anche per evitare la decadenza dei titoli collegati;
(h) più precisamente, è utile a questo fine il permesso di costruire che riguarda le opere da eseguire per prime in base al disegno della convenzione urbanistica. Si tratta normalmente, ed è così anche nel caso in esame, delle opere di interesse pubblico, che garantiscono l’adeguato inserimento e la corretta utilizzazione delle edificazioni private. L’art. 3 comma 3 della convenzione urbanistica collega espressamente il termine di inizio lavori alle sole opere di urbanizzazione primaria, stabilendo per le stesse una corsia privilegiata rispetto alle edificazioni private. Questa soluzione è coerente con la previsione dell’art. 28-bis comma 5 del DPR 380/2001, che consente la modulazione del termine di validità del permesso di costruire convenzionato, quando sia attuato per stralci funzionali. È quindi evidente che il rispetto del termine di inizio lavori per le opere di urbanizzazione previste dalla convenzione urbanistica ha un effetto di trascinamento per il resto dell’attività edificatoria; >>.
TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 871 del 14 ottobre 2021.
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Il TAR Brescia, con riferimento al rapporto tra sistemi di acquisizione regionali e nazionale precisa che:
<<sia la normativa statale che quella regionale sanciscono l’obbligo per gli enti del servizio sanitario regionale di approvvigionarsi utilizzando, in via prioritaria, le convenzioni e gli accordi quadro stipulati dalle centrali regionali di riferimento, e quindi a formulare le proprie richieste di fornitura agli appaltatori aggiudicatari delle procedure centralizzate svolte in sede regionale e ai prezzi convenzionati; peraltro, in mancanza di convenzioni regionali attive e capienti nello specifico settore di interesse, gli enti del servizio sanitario sono tenuti ad approvvigionarsi utilizzando, ove disponibili, le convenzioni e gli accordi quadro stipulati dalla centrale di committenza statale Consip s.p.a.;
...
Sulla scorta dei principi affermati da tali disposizioni normative, in giurisprudenza si è andato affermando e consolidando, negli ultimi anni, il principio della prevalenza dei sistemi di acquisizione regionali rispetto a quello nazionale e del ruolo meramente suppletivo (e cedevole) dell’intervento sostitutivo di Consip; ciò nel senso che, in via tendenziale, le gare per gli approvvigionamenti di interesse degli enti del SSN devono essere svolte dalle centrali di committenza regionali.
In via sostanzialmente suppletiva, e all’evidente fine di prevenire il rischio di possibili carenze in approvvigionamenti di estremo interesse e rilevanza, è possibile che la centrale di committenza nazionale attivi specifiche convenzioni-quadro, alle quali gli enti del servizio sanitario sono obbligati ad aderire in mancanza di convenzioni regionali disponibili nello specifico servizio o nella specifica fornitura di interesse; tale intervento suppletivo è definito “cedevole” in quanto, pur necessario nel perdurare dell’inoperatività di convenzioni e accordi quadro regionali, è destinato a perdere la sua ragion d’essere laddove la centrale regionale, ripristinando la fisiologica dinamica delineata dal legislatore, attivi i propri strumenti di acquisizione (Consiglio di Stato, sez. III, 26/02/2019, n. 1329; Consiglio di Stato , sez. V, 11/12/2017, n. 5826; T.A.R. Lazio-Roma, sez. III, 04/02/2021, n. 1457)>>.
TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 851 del 7 ottobre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Secondo il TAR Brescia:
<<il fatto che vi fosse una superfetazione che si collocava a una ridotta distanza dalla più vicina parete finestrata dei controinteressati, non dà diritto, una volta demolita tale superfetazione, alla possibilità di costruire alla stessa distanza ridotta in una diversa posizione e, dunque, in corrispondenza con una porzione dell’edificio che si collocava precedentemente a una distanza superiore. La sagoma, infatti, risulta essere completamente diversa, in questo caso e, quindi, non può operare la deroga che consente la costruzione a una distanza minore a quella minima di legge nel caso in cui essa preesistesse rispetto all’intervento di demolizione e ricostruzione>>.
TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 859 del 11 ottobre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Secondo il TAR Milano:
<<il concetto di “refuso” è quello di un mero errore materiale dovuto alla svista di un compilatore (in analogia con l’art. 1430 del codice civile sull’errore di calcolo), ma non può sostenersi che la scelta di una precisa formula matematica di attribuzione di punteggio costituisca un semplice errore materiale, come tale facilmente riconoscibile con l’ordinaria diligenza ed emendabile da chiunque (sulla rilevanza e sui limiti degli errori materiali nelle gare pubbliche si veda, fra le più recenti, TAR Lazio, Sezione II-bis, sentenza n. 9448/2021).
In conclusione, deve ribadirsi che, anche in caso di eventuali errori nella legge di gara, la commissione non ha alcun potere di modifica o di disapplicazione della stessa, dovendo semmai sospendere la procedura per porre la questione al Responsabile del Procedimento, per l’esercizio dei poteri riconosciutigli dalla legge (cfr. l’art. 31 del D.Lgs. n. 50/2016)>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2205 del 11 ottobre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ritiene legittima l’ordinanza con quale un Comune ingiunge al ricorrente, acquirente di un fondo già interessato da abbandono rifiuti, nella sua qualità di obbligato in solido e proprietario dell'area, di provvedere alla rimozione e allo smaltimento dei rifiuti speciali, pericolosi e non, presenti presso gli immobili e le relative pertinenze ubicati presso l'area di proprietà del ricorrente, e al ripristino dello stato dei luoghi.
Osserva il TAR che il Comune ha correttamente individuato il ricorrente, acquirente di un fondo già interessato da abbandono rifiuti, quale soggetto obbligato ad eseguire l’intervento di cui all’art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006 (si osserva peraltro che, nel caso concreto, l’area è stata acquistata corrispondendo un prezzo di molto inferiore al suo reale valore; ne consegue che la condotta del ricorrente deve ritenersi connotata da colpa, avendo questi perlomeno dovuto sapere, usando l’ordinaria diligenza, che al momento dell’acquisto erano su di essa presenti rifiuti abbandonati).

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2191 del 8 ottobre 2021.
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Il TAR Milano aderisce alla più recente giurisprudenza secondo la quale «La presentazione di un’istanza di accertamento di conformità, quando è già stato instaurato un procedimento sanzionatorio, concretizzatosi nell’adozione di un’ingiunzione a demolire, ne comporta la perdita di efficacia solo temporaneamente, ossia per il tempo strettamente necessario alla definizione, anche solo tacita, della sanatoria. Di conseguenza, in caso di mancato accoglimento dell’istanza di accertamento di conformità, il provvedimento sanzionatorio riacquista efficacia senza la necessità, per l’Amministrazione, di riadottare l’atto demolitorio […]» (Consiglio di Stato, II, 6 maggio 2021 n. 3545).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2152 del 6 ottobre 2021.
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Il TAR Milano ricorda che sull’esistenza dell’unicità del centro decisionale, la giurisprudenza euro-unitaria (in particolare si veda Corte di Giustizia dell’Unione Europea-CGUE 19.5.2009 nella causa C-538/07) e nazionale hanno elaborato propri indirizzi tesi all’individuazione degli elementi per identificare tale esistenza. Fra questi, ad esempio, l’intreccio parentale tra organi rappresentativi o tra soci e direttori tecnici, la contiguità di sede ed utenze comuni, oppure le identiche modalità formali di redazione delle offerte, le strette relazioni temporali e locali nella modalità di spedizione dei plichi o le significative vicinanze cronologiche fra gli attesti SOA o tra le polizze assicurative a garanzia delle offerte (si vedano, fra le tante, Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 5778/2021, dove peraltro è specificato che l’appartenenza al medesimo gruppo societario non implica di per sé unicità del centro decisionale ed anche TAR Lazio, Roma, Sezione III, sentenza n. 4737/2021 con la giurisprudenza ivi richiamata). Si tratta di una serie di indici che, assistiti da una valutazione di gravità, precisione e concordanza, possono portare ad un giudizio di riferibilità delle offerte ad un solo centro decisionale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2156 del 6 ottobre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano richiama i principi che regolano i rapporti tra la pianificazione attuativa e la disciplina urbanistica sopravvenuta e precisa che la pianificazione attuativa:
<<nel suo periodo di validità (di regola decennale) è insensibile alle modifiche dello strumento pianificatorio generale, proprio a garanzia dell’assetto di interessi che le parti, pubblica e privata, hanno concordato in relazione all’uso di quella parte del territorio attraverso la stipula della convenzione attuativa. Difatti, tra le poche limitazioni al generale potere pianificatorio comunale – di regola, ampiamente discrezionale e molto lato nella sua estensione (cfr. Consiglio di Stato, IV, 2 luglio 2021, n. 5073; 28 giugno 2021, n. 4891; II, 8 gennaio 2020, n. 153) – vi è quello del rispetto dei Piani attuativi convenzionanti e in corso di validità [Consiglio di Stato, IV, 31 dicembre 2019, n. 8916; per T.A.R. Lombardia, Milano, II, 23 dicembre 2019, n. 2734, “sussiste un onere di più dettagliata motivazione delle scelte urbanistiche per la P.A. allorquando la nuova destinazione va ad incidere su un atto pianificatorio, anche parziale, in precedenza assunto formalmente dall’Amministrazione, quale un piano di lottizzazione debitamente approvato e convenzionato (sui casi di rafforzamento dell’onere motivazionale dei piani urbanistici, cfr. Consiglio di Stato, Ad. plen., 22 dicembre 1999, n. 24; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 30 settembre 2016, n. 1766; altresì, 24 gennaio 2017, n. 160)”]. Ne discende che una disciplina urbanistica sopravvenuta non può essere applicata ad un Piano attuativo il cui presupposto debba essere rinvenuto in un Piano previgente, pena lo stravolgimento dell’assetto urbanistico di un determinato ambito, che poi a cascata provocherà effetti negativi su tutta la restante parte del territorio comunale>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2115 del 4 ottobre 2021.
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Il TAR Milano, con riferimento al principio di unicità dell’offerta, osserva che:
<<In ordine all’offerta plurima, l’articolo 32, comma 4, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, prevede che “ciascun concorrente non può presentare più di un’offerta”. Il principio di unicità dell’offerta, che impone agli operatori economici di presentare una sola proposta tecnica e una sola proposta economica, al fine di conferire all’offerta un contenuto certo ed univoco, è posto a presidio – da un lato – del buon andamento, dell’economicità e della certezza dell’azione amministrativa, per evitare che la stazione appaltante, come avvenuto nel caso di specie, sia costretta a valutare plurime offerte provenienti dal medesimo operatore economico, tra loro incompatibili, e che perciò venga ostacolata nell’attività di individuazione della migliore offerta, e – dall’altro – a tutela della par condicio dei concorrenti, poiché la pluralità delle proposte attribuirebbe all’operatore economico maggiori possibilità di ottenere l’aggiudicazione o comunque di ridurre il rischio di vedersi collocato in posizione deteriore, a scapito dei concorrenti fedeli che hanno presentato una sola e univoca proposta corrispondente alla prestazione oggetto dell’appalto, alla quale affidare la loro unica ed esclusiva chance di aggiudicazione. La presentazione di un’unica offerta capace di conseguire l'aggiudicazione, infatti, è il frutto di un’attività di elaborazione nella quale ogni impresa affronta il rischio di una scelta di ordine tecnico, che la stazione appaltante rimette alle imprese del settore, ma che comporta una obiettiva limitazione delle possibilità di vittoria (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 14 settembre 2010, n. 6695; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 25 maggio 2020, n. 928; id., 30 marzo 2021, n. 837; T.A.R. Piemonte, Sez. I, 11 febbraio 2019, n. 193).
Alla luce di quanto sopra, dunque, la possibilità di presentare una pluralità di offerte o offerte alternative, comportando l’opportunità di sfruttare una pluralità di opzioni, non potrebbe mai essere accordata o riservata ad una sola impresa concorrente, ma dovrebbe comunque essere garantita a tutte le partecipanti in nome della par condicio e, pertanto, prevista e regolata nella lex specialis (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, n. 928/2020 cit.)>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2116 del 4 ottobre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano ritiene illegittimo un diniego di sanatoria che ha introdotto nuove ragioni di diniego rispetto ai motivi contenuti nel preavviso di diniego e, quindi, senza che di tali motivi ostativi sia stato reso edotto il destinatario del provvedimento, in violazione dell’art. 10-bis della L. n. 241/1990; la norma è infatti finalizzata a una partecipazione piena e collaborativa del privato al procedimento, esigenza che nel caso di specie è stata frustrata, non consentendo al proprietario del bene di interloquire sull’effettivo utilizzo del medesimo (sull’applicabilità dell’istituto del preavviso di rigetto anche ai procedimenti di sanatoria e condono, vedi T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 3 dicembre 2019, n. 2566).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2089 del 29 settembre 2021.
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Il TAR Milano precisa che sebbene l’accesso all’informazione ambientale possa essere esercitato da chiunque, senza la necessità di dimostrare uno specifico interesse, dalla normativa di settore esaminata si ricava che la sottostante richiesta deve indicare le matrici ambientali potenzialmente compromesse e fornire una ragionevole prospettazione di tali effetti negativi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2017 del 24 settembre 2021.
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Il TAR Milano affronta la questione riguardante la legittimità di un mutamento di destinazione d’uso da industriale a residenziale avvenuto nella vigenza di uno strumento pianificatorio che permetteva unicamente insediamenti produttivi e osserva quanto segue:
<< … il mutamento di destinazione d’uso, ancorché senza opere o “funzionale” … non risulta un’attività neutra da un punto di vista urbanistico ed edilizio, poiché modifica i parametri edilizi dell’immobile, comportando una modifica (nel caso di specie, un aggravio) del carico urbanistico, con la necessità del previo ottenimento di un idoneo titolo abilitativo.
Difatti, laddove il cambio di categoria edilizia determina un ulteriore carico urbanistico, è irrilevante verificare se tale modifica sia avvenuta con l’effettuazione di opere edilizie (T.A.R. Salerno, Sez. II, 8 marzo 2013, n. 580).
Come chiarito da consolidata giurisprudenza, l’art. 32, comma 1, del d.p.r. n. 380/2001, qualifica come “variazione essenziale” – sanzionata ai sensi del precedente art. 31 con l’obbligo di demolizione e riduzione in pristino – il mutamento di destinazione d’uso che implichi una variazione degli standard previsti dal d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 (T.A.R. Milano, Sez. II, 4 luglio 2019, n. 1529; Id., 27 luglio 2012, n. 2146; T.A.R. Aosta, 16 novembre 2016, n. 55; T.A.R. Venezia, Sez. II, 21 agosto 2013, n. 1078). Segnatamente, «il mutamento di destinazione d’uso di un fabbricato che determini, dal punto di vista urbanistico, il passaggio tra diverse categorie in rapporto di reciproca autonomia funzionale, comporta inevitabilmente un differente carico ed un maggiore impatto urbanistico, anche se nell’ambito di zone territoriali omogenee, da valutare in relazione ai servizi e agli standard ivi esistenti» (T.A.R. Milano, Sez. II, 9 marzo 2021, n. 619; cfr. altresì Cons. Stato, Sez. VI, 12 dicembre 2019, n. 8454; Id., 18 luglio 2019, n. 5041; Id., 20 novembre 2018, n. 6562). Inoltre, «il cambio di destinazione d’uso tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee, integra una vera e propria modificazione edilizia con incidenza sul carico urbanistico, con conseguente necessità di un previo permesso di costruire, senza che rilevi l’avvenuta esecuzione di opere» (Cons. Stato, Sez. II, 31 agosto 2020, n. 5300; Id., Sez. VI, 20 novembre 2018, n. 6562).
6.3. Tale conclusione non è messa in discussione dal disposto di cui all’artt. 53, comma 2, della l.r. Lombardia n. 12/2005 che, a fronte di un mutamento di destinazione d’uso senza opere, sembrerebbe stabilire l’applicazione di sanzioni esclusivamente pecuniarie in luogo di sanzioni reali.
Le norme regionali, infatti, devono essere interpretate alla luce dei principi contenuti nella legge statale e, in particolare, dell’art. 32 del d.p.r. n. 380/2001, che, configurando come variazione essenziale il mutamento di destinazione d’uso che importa una variazione degli standard urbanistici, lo rende inevitabilmente assoggettato alla misura ripristinatoria di cui al precedente art. 31.
A conferma di tale impostazione interpretativa, va poi menzionato l’art. 23-ter del d.p.r. n. 380/2001, il quale ribadisce la rilevanza urbanistica della variazione della destinazione d’uso che determini il passaggio tra categorie funzionali autonome, imponendo alle regioni di adeguare la propria legislazione al suddetto principio. Quest’ultima norma, benché introdotta - con il d.l. n. 133/2014 - dopo l’adozione del provvedimento quivi in contestazione, è confermativa di un assetto giurisprudenziale già consolidato e ha portata chiarificatrice di quanto già ricavabile dall’art. 32 del d.p.r. n. 380/2001, giacché il passaggio tra categorie funzionali autonome impatta sugli standard urbanistici e, pertanto, non è sanzionabile esclusivamente in via pecuniaria.
Così coordinata la disciplina regionale con quella statale (di diretta applicazione), si deve dunque ritenere ... che il cambio di destinazione d’uso in questione non sia punibile con la mera sanzione pecuniaria, bensì con quella ripristinatoria. Residua perciò uno spazio di applicazione dell’art. 53, comma 2, della l.r. n. 12/2005 per quelle fattispecie – diverse dalla presente – in cui il mutamento di destinazione d’uso, pur difforme dalle previsioni urbanistiche comunali, avvenga all’interno della medesima categoria funzionale (T.A.R. Milano, Sez. II, 26 aprile 2021, n. 1040; Id., Sez. II, 1 luglio 2020, n. 1267; Id., 1 settembre 2020, n. 1631)>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2094 del 29 settembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri