Precisa il TAR Milano che il diritto di accesso agli amministrativi, disciplinato dagli artt. 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990, può avere esclusivamente ad oggetto documenti già formati di cui l’amministrazione, cui l’istanza viene rivolta, abbia già la disponibilità; è, pertanto, inammissibile l’istanza che, essendo estranea al mero reperimento di un documento già formato e in possesso dell'amministrazione, richieda un'elaborazione di dati della cui ricerca debba farsi carico la stessa amministrazione e riversi, quindi, sulla stessa l'onere di reperire dati inerenti un determinato segmento della propria attività, seppure sulla base di criteri indicati dal richiedente; questa attività di ricerca, infatti, è estranea al contenuto del diritto di accesso e contrasta con l'esigenza di non pregiudicare, attraverso l'esercizio di quel medesimo diritto, il buon andamento dell'attività amministrativa.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1564 del 22 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 148 del 28 giugno 2018 è pubblicata la delibera dell’ANAC 6 giugno 2018, recante il Regolamento per la gestione del Casellario Informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ai sensi  dell'art. 213, comma 10, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

La Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 148 del 28 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Gazzetta Ufficiale al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che, pur interpretando restrittivamente il disposto di cui all’art. 13, comma 9, della legge regionale n. 12 del 2005, che esclude la necessità di nuova pubblicazione in caso di approvazione di controdeduzioni alle osservazioni e di recepimento delle prescrizioni provinciali e regionali, laddove ci si trovi, in sede di approvazione, al cospetto di una rielaborazione complessiva del piano, discendente dall’introduzione di modifiche non riguardanti la disciplina di singole aree o singoli gruppi di aree, ma riferibili all’intero territorio comunale, risulta necessario procedere ad una ripubblicazione dello stesso al fine di consentire ai soggetti pregiudicati dalle modifiche e anche agli Enti sovraordinati di poter fornire il loro rinnovato apporto procedimentale.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1532 del 18 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, deve distinguersi l’ipotesi in cui si contesta al concorrente di avere formulato un’offerta economica senza considerare gli oneri di sicurezza, e dunque una violazione sostanziale, da quella in cui si censura meramente la mancata separata indicazione di tali oneri; nel primo caso si produce un’incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta e la sua successiva “sanatoria” in sede procedimentale si risolverebbe in un’inammissibile modificazione del contenuto dell’offerta economica; di contro, allorquando non viene in rilievo la congruità sostanziale dell’offerta, ma la mera omissione formale, si impone l’utilizzo del soccorso istruttorio che si risolve nella specificazione formale di una voce che, pur considerata nel prezzo finale, non è stata indicata dettagliatamente.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1589 del 26 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Toscana dichiara la nullità della notificazione dei motivi aggiunti che la società ricorrente ha eseguito nei confronti dei controinteressati e del resistente presso la segreteria del T.A.R., anziché agli indirizzi P.E.C. dei difensori e ciò vale anche per il caso in cui la parte abbia eletto domicilio volontariamente presso la segreteria dell’ufficio giudiziario.

La sentenza del TAR Toscana, Sezione Terza, n. 925 del 25 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, le previsioni di cui all’articolo 16 del D.P.R. 380/2001 e dell’articolo 45 della L.R. Lombardia n. 12/2015, che ammettono la possibilità di scomputare totalmente o parzialmente il contributo relativo agli oneri di urbanizzazione, non possono interpretarsi come volte a precludere in termini assoluti la possibilità di scomputo dei costi di costruzione, se prevista in via convenzionale.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1525 del 18 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 44, comma 3, cod. proc. amm., secondo cui la costituzione dell’intimato sana la nullità della notificazione del ricorso, ma restano salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione, limitatamente alle parole «salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione», per violazione dei principi e dei criteri direttivi della legge delega che imponevano al legislatore delegato di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, e di coordinarle con le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto espressive di principi generali.

La sentenza della Corte costituzionale n. 132 del 26 giugno 2018 è consultabile sul sito della Corte costituzionale al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato ritiene ammissibile estendere l’applicabilità del rimedio di cui all’ultimo periodo dell’art. 34, lett. c), c.p.a. (azione di condanna al rilascio di un provvedimento richiesto) al procedimento instaurato con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, essendo esso strumentale a garantire effettività di tutela, evitando diseconomici rinvii alla fase dell’ottemperanza per addivenire di fatto al medesimo risultato; restano invece precluse le azioni di mero accertamento ovvero le pronunce dichiarative di pretese patrimoniali, nonché quelle specificatamente previste dal codice in materia di accesso agli atti amministrativi  e per conseguire il risarcimento del danno.

Il parere del Consiglio di Stato, Sezione Seconda, n. 1517 dell’11 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TRGA, Sezione di Bolzano, ai fini della validità della notifica per via telematica di un atto processuale a un’amministrazione pubblica nel processo amministrativo deve utilizzarsi in via esclusiva, a pena di inammissibilità, l’indirizzo PEC inserito nell’elenco tenuto dal Ministero della Giustizia, di cui all’art. 16, comma 12, del D.L. n. 179 del 2012.

La sentenza del TRGA, Sezione di Bolzano, n. 204 del 13 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

In argomento si vedano i precedenti post contrassegnati con l'etichetta “notifica ricorso” oppure "p.e.c."


Secondo il Consiglio di Stato, la possibilità di depositare gli atti in forma telematica è assicurata fino alle ore 24 dell’ultimo giorno consentito dall’art. 4, comma 4, delle norme di attuazione del c.p.a. e tale soluzione non contrasta con quanto indicato dell’ultimo periodo della stessa disposizione, secondo cui il deposito degli atti e dei documenti in scadenza effettuato oltre le ore 12 dell’ultimo giorno si considera eseguito il giorno successivo.
Aggiunge il Consiglio di Stato che questo effetto, posto a garanzia del diritto di difesa delle controparti, significa unicamente che per contestare gli atti depositati oltre le ore 12 i termini per controdedurre decorrono dal giorno successivo; deve dunque ritenersi che, ai sensi dell'art. 4, comma 4, delle norme di attuazione al codice del processo amministrativo, la possibilità di depositare con modalità telematica atti in scadenza è assicurata fino alle ore 24 dell'ultimo giorno consentito secondo i termini perentori (cioè fino allo spirare dell'ultimo giorno) e il deposito telematico si considera quindi perfezionato e tempestivo con riguardo al giorno senza rilevanza preclusiva con riguardo all'ora.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 3309 del 1° giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

Cfr. in argomento i precedenti post pubblicati con etichetta "orario di deposito degli atti".

Si veda anche: TAR Calabria, Catanzaro, Sezione Seconda, 1291 del 29 giugno 2018 (consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo) che afferma che il termine ultimo di deposito alle ore 12:00 permane, dopo l’entrata in vigore del p.a.t., come termine di garanzia del contraddittorio tra le parti e della corretta organizzazione del lavoro del Collegio giudicante.


Il TAR Milano precisa che in tema di verifica dell'anomalia delle offerte nelle pubbliche gare, se l'amministrazione è tenuta a prendere in esame le giustificazioni rese dall'impresa la cui offerta sia sottoposta a verifica, e ad esporre con chiarezza le ragioni della propria eventuale determinazione sfavorevole, ai fini del successivo scrutinio di legittimità su quest'ultima, non possono tuttavia essere prese in considerazione eventuali integrazioni o modifiche postume delle stesse giustificazioni rese in sede giudiziale da parte dell'impresa; il giudizio sulla congruità dell'offerta economica, affidato dalla legge alla esclusiva responsabilità della stazione appaltante, non può essere svolto in via sostitutiva dal giudice amministrativo, neppure attraverso l'ausilio di una consulenza tecnica o di una verificazione, in quanto il giudice è chiamato al contrario a valutare la legittimità dell'azione amministrativa.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1531 del 18 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano è illegittima l’approvazione definitiva di un P.G.T. che non recepisce o quantomeno chiarisce diffusamente e convincentemente le ragioni del mancato adeguamento alle indicazioni e indirizzi prevalenti, ai sensi dell’art. 13, comma 7, della legge regionale n. 12 del 2005, espressi dalla Regione in fase di valutazione della compatibilità dell’adottato P.G.T. rispetto al P.T.R.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1532 del 18 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che in materia di ricorso collettivo per conseguire il pagamento di differenze retributive da parte di personale in regime di rapporto di lavoro non privatizzato è inammissibile il ricorso collettivo che nulla dica in ordine alle condizioni legittimanti e all'interesse di ciascuno dei ricorrenti, in quanto tale situazione impedisce sia all'amministrazione emanante sia al giudice di controllare il concreto e personale interesse degli stessi e l'omogeneità e non confliggenza dell'interesse dei singoli; inoltre è (parimenti) inammissibile il ricorso collettivo che non contenga la specifica indicazione, almeno nei tratti essenziali, dei fatti che connotano la posizione di ciascuno dei soggetti che ricorrono collettivamente, in tal modo precludendo al giudice amministrativo di entrare nel merito della pretesa e quindi anche di esperire l'eventuale attività istruttoria necessaria per valutare la fondatezza della domanda.
Aggiunge il TAR Milano che anche la precisazione delle spettanze asseritamente dovute rappresenta una condizione di ammissibilità dell’azione, in quanto, stante l'unicità del giudizio amministrativo, il giudice non può limitarsi a pronunciare soltanto la condanna al pagamento delle somme dovute in via generica, rimettendo ad altro giudizio la quantificazione del dovuto, ma è tenuto a condannare la pubblica amministrazione al pagamento del quantum spettante a ciascun interessato che abbia proposto ricorso.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1540 del 20 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato ritiene che la riattivazione del procedimento di notificazione effettuata spontaneamente dalla ricorrente cha ha operato una prima notifica nulla produce gli stessi effetti della rinnovazione della notifica concessa dal giudice entro un termine perentorio: ove conclusa con esito positivo sana la nullità della notificazione con effetti retroattivi; nel caso in cui, però, la seconda notifica sia effettuata a termine decorso è necessario comunque accertare l’imputabilità alla parte della nullità della prima notificazione.
A distinguere la spontanea rinnovazione e la rinnovazione per ordine del giudice, per il Consiglio di Stato, è il momento in cui avviene siffatta verifica dell’imputabilità: nel primo caso quando la notifica è già (ri)attivata e, di solito, perfezionatasi, nel secondo, prima della concessione del termine per la rinnovazione della notifica; la ricorrente, dunque, che prima dell’udienza ha avuto conoscenza della nullità della notificazione, ha facoltà di procedere alla riattivazione del procedimento notificatorio, senza attendere la concessione di un termine dal giudice; spetterà, poi, comunque, al giudice valutare l’imputabilità della nullità (della prima notifica) alla parte e, se il giudizio dà esito negativo, dichiarare l’irricevibilità del ricorso per tardività.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 3732 del 18 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia, Serie Ordinaria n. 25 del 21 giugno 2018 è pubblicata la delibera della Giunta Regionale 18 giugno 2018 - n. XI/238, recante “Approvazione degli indirizzi per la programmazione e la progettazione degli interventi di manutenzione delle opere di difesa del suolo, dei corsi d’acqua, della gestione della vegetazione negli alvei dei fiumi e della manutenzione diffusa del territorio”.



Sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 138 del 16 giugno 2018 è pubblicato l’Accordo del 22 febbraio 2018 , ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e gli Enti locali concernente l'adozione dell'allegato tecnico alla modulistica per le attività commerciali e assimilate ed edilizie ad integrazione degli Accordi del 4 maggio e del 6 luglio 2017 concernenti l'adozione di moduli unificati e standardizzati per la presentazione delle segnalazioni, comunicazioni e istanze.


Il TAR Milano precisa che all’interno della pianificazione urbanistica devono trovare spazio anche esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca proprio la necessità di evitare l’ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi. E ciò in quanto l’urbanistica e il correlativo esercizio del potere di pianificazione non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli Enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo e armonico del medesimo, per cui l’esercizio dei poteri di pianificazione territoriale ben può tenere conto delle esigenze legate alla tutela di interessi costituzionalmente primari, tra i quali rientrano quelli contemplati dall’articolo 9 della Costituzione; in tale contesto spetta all’Ente esponenziale effettuare una mediazione tra i predetti valori e gli altri interessi coinvolti, quali quelli della produzione o delle attività antropiche più in generale, che comunque non possono ritenersi equiordinati in via assoluta.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1534 del 18 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, l’appalto del servizio di riparazione dei veicoli non è un appalto di servizi di natura tecnica e intellettuale, bensì un appalto di servizi con caratteristiche standardizzate, per il che può essere utilizzato per l’aggiudicazione il criterio del minor prezzo.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1378 del 31 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano è illegittima l’approvazione dell'aggiornamento e revisione del piano cave ove la deliberazione di adozione del piano non sia stata pubblicata sul sito dell’ente e sulla stampa, ai sensi dell’art. 7, comma 3, della l.r. n. 14/1998.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1377 del 31 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ritiene che, nell’ambito di un procedimento di evidenzia pubblica, il mero decorso del tempo non può consentire al concorrente di non dichiarare la sentenza di condanna, essendo a tal fine necessaria una pronuncia espressa del giudice dell'esecuzione penale, a cui l’ordinamento attribuisce il compito di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria in ordine all’estinzione del reato.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1486 del 12 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che in materia di rilascio di un titolo all'installazione di un impianto pubblicitario, l’Autorità è chiamata ad effettuare una ponderazione comparativa degli interessi antagonisti coinvolti e quindi, da un lato, tra la libertà di iniziativa economica, di cui l’attività pubblicitaria rappresenta estrinsecazione, e di quelli correlati all’ordinato assetto del territorio, sotto il profilo del decoro urbano ed in generale degli spazi aperti; pertanto, fronte di una domanda di autorizzazione all’installazione di un impianto pubblicitario, il Comune è chiamato ad esercitare un potere caratterizzato da profili di discrezionalità, in quanto titolare delle funzioni relative all’uso del proprio territorio, anche sotto l'aspetto dell'estetica cittadina e del paesaggio, ben potendo individuare limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie, in connessione ad esigenze di pubblico interesse.
Sulla base di tali premesse il TAR Milano ritiene legittima una disposizione contenuta in un regolamento comunale sulla pubblicità del seguente tenore: “non è consentita l’installazione di teli pubblicitari su ponteggi e cesate collocati su immobili, monumenti e fontane, su cui siano stati effettuati lavori, con apposizione di pubblicità, nei tre anni antecedenti la nuova istanza. Per tali tipologie di impianti, la durata dell’autorizzazione si intende limitata alla durata del cantiere”.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1435 del 6 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Secondo il Consiglio di Stato, la risalenza nel tempo dell’abuso contestato, l’affidamento ingeneratosi in conseguenza del rilascio del titolo edilizio del locale (tecnico-deposito poi utilizzato come garage) integrano, complessivamente considerati, altrettanti parametri oggettivi di riferimento da valutare, decorsi oltre quaranta anni dalla realizzazione dell’abuso, prima d’adottare la misura ripristinatoria ovvero da dover indurre il Comune a fornire adeguata motivazione sull’interesse pubblico attuale al ripristino dello stato dei luoghi.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 3372 del 4 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano respinge un’eccezione di nullità del ricorso per mancata sottoscrizione digitale del medesimo, atteso che, in caso di ricorso sottoscritto mediante firma autografa, anziché mediante firma digitale, così come prescritto dall'art. 136, comma 2 bis, c.p.a., e successivamente notificato a mezzo del servizio postale, l'atto notificato è comunque inequivocabilmente riferibile al difensore munito di apposito mandato laddove rechi la sottoscrizione della procura in calce e delle relazioni di notifica, dovendosi pertanto, in applicazione del principio della sanatoria per raggiungimento dello scopo, escludere la nullità assoluta del ricorso, ex art. 40 c.p.a.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1485 del 12 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Si ricorda che venerdì 22 giugno 2018, dalle 15:00 alle 18:00, a Sondrio, Sala ing. Enrico Vitali, via delle Pergole 10, si terrà l’evento formativo “Circolazione dei diritti volumetrici: aspetti urbanistici, civilistici e tributari”, con relatori il notaio dott. Giorgio Pozzoli e la prof. Albina Candian; moderatore dell’incontro sarà il prof. Francesco Venosta.

Le iscrizioni possono essere effettuate tramite il portale Sfera, sino al 21 giugno 2018, accedendo alla sezione degli eventi dell'Ordine degli Avvocati di Sondrio.

La partecipazione è gratuita e dà diritto al riconoscimento di n. 3 crediti formativi.


Il TAR Milano precisa che per l'esecuzione di opere su suolo di proprietà pubblica non è sufficiente il provvedimento di concessione per l'occupazione, occorrendo altresì l'ulteriore e autonomo titolo edilizio, operante su di un piano diverso, e rispondente a diversi presupposti, sia rispetto all'atto che accorda l'utilizzo a fini privati di una determinata porzione di terreno di proprietà pubblica, sia ad altri atti autorizzativi eventualmente necessari, quali l'autorizzazione commerciale per la vendita di determinati prodotti (fattispecie relativa alla installazione di un chiosco che, in base a quanto disposto nel regolamento comunale per la disciplina del commercio sulle aree pubbliche, dà luogo ad un manufatto chiuso, di dimensioni contenute, generalmente prefabbricato, e strutturalmente durevole, posato su suolo pubblico, o su aree private soggette a servitù di uso pubblico, non rimuovibile al termine della giornata lavorativa).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1485 del 12 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 150 del 14 giugno 2018 sono pubblicate:


  • la direttiva (UE) 2018/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018 che modifica le direttive 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche;
  • la direttiva (UE) 2018/850 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018 che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti;
  • la direttiva (UE) 2018/851 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018 che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti;
  • la direttiva (UE) 2018/852 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018 che modifica la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.


La Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 150 del 14 giugno 2018 è consultabile sul sito Eur-Lex al seguente indirizzo


Il TAR Milano, a fronte della eccepita incompetenza del Rup nell’adottare il provvedimento di esclusione da un gara sul rilievo di una discrasia contenuta nell’offerta del concorrente senza l’apporto della commissione, rileva che nelle gare pubbliche, per la cui aggiudicazione è stato prescelto il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, competenza esclusiva della commissione è l’attività valutativa, mentre ben possono essere svolte dal Rup quelle attività che non implicano l’esercizio di poteri valutativi, in ragione delle previsioni del codice dei contratti (art. 10, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006 e art. 31, comma 3, del d.lgs. n. 50/2016) che affidano al Rup lo svolgimento di tutti i compiti relativi alle procedure di affidamento non specificamente attribuiti ad altri organi o soggetti (nel caso di specie l’attività del Rup si è risolta, secondo il TAR, nel mero rilievo della discrasia contenuta nell’offerta della ricorrente, non richiedendo l’esclusione della stessa alcun apprezzamento discrezionale e, in ogni caso, l’esclusione era stata confermata e, dunque, convalidata, da parte della commissione giudicatrice).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1420 del 5 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


A giudizio del TAR Milano, non si può ritenere che i principi elaborati dalla giurisprudenza in materia di azione sul silenzio a fronte di istanza di esercizio del potere di autotutela non valgano nel caso di sollecito ad esercitare il potere di autotutela nei confronti di provvedimenti con cui è stata autorizzata la realizzazione di un impianto di produzione di biogas, evidenziando l’assenza della (ritenuta) necessaria valutazione di impatto ambientale, in ragione del fatto che la VIA è imposta dalla normativa comunitaria e che, quindi, la p.a. dovrebbe necessariamente attivarsi al fine di evitare l’instaurazione di una eventuale procedura di infrazione comunitaria nei confronti dello Stato italiano: l’obbligo per la p.a. di attivarsi al fine di rimuovere le situazioni di contrasto con la normativa comunitaria non comporta l’obbligo di dare riscontro alle istanze di esercizio del potere di autotutela, e ciò neppure se tali istanze facciano valere la violazione del diritto comunitario.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1473 del 11 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato ritiene che le istanze di riproposizione (anche in termini ampliativi) dell’istanza cautelare per allegati “mutamenti nelle circostanze” in tesi sopravvenuti alla decisione da parte del Consiglio di Stato di un appello cautelare debbano comunque proporsi davanti al giudice competente per il merito e presso cui pende la causa, ossia il TAR, salva l’ordinaria facoltà di impugnazione della relativa decisione ai sensi dell’art. 62 c.p.a.

L’ordinanza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 2587 dell’8 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Sul B.U.R.L. della Regione Lombardia, Serie Ordinaria, n. 24 dell’11 giugno 2018 è pubblicata la delibera della Giunta Regionale 29 maggio 2018 - n. XI/157 avente ad oggetto: Approvazione dello schema di «Patto per il lago di Como, il Ceresio e i laghi Minori».

 Il B.U.R.L. è consultabile sul sito istituzionale della Regione Lombardia al seguente indirizzo


Il Conseil d’État belga ha sottoposto alla Corte di Giustizia UE la seguente questione relativa alla nozione di piani e programmi sottoposti alla direttiva VAS:
«Se l’articolo 2, lettera a), della direttiva VAS debba essere interpretato nel senso che è compreso nella nozione di “piani e programmi” un regolamento urbanistico adottato da un’autorità regionale il quale:
– contiene una cartografia che ne fissa il perimetro di applicazione, limitato a un solo quartiere, e che individua all’interno di tale perimetro diversi isolati per i quali valgono norme distinte in materia di tracciamento e di altezza degli edifici;
– prevede anche disposizioni specifiche di pianificazione per aree adiacenti agli immobili, nonché indicazioni precise sull’applicazione spaziale di talune norme da esso stesso stabilite prendendo in considerazione le strade, linee dritte tracciate perpendicolarmente alle strade e distanze rispetto all’allineamento delle strade;
–  persegue l’obiettivo di trasformare il quartiere interessato; e
– istituisce regole per la presentazione delle domande di autorizzazione urbanistica soggette a valutazione ambientale in detto quartiere».

La Corte di Giustizia UE, rispondendo alla questione sottoposta, ha così statuito:
«L’articolo 2, lettera a), l’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, devono essere interpretati nel senso che un regolamento urbanistico regionale, come quello di cui al procedimento principale, che contiene determinate prescrizioni per l’esecuzione di progetti urbanistici, rientra nella nozione di «piani e programmi» che possono avere effetti significativi sull’ambiente, ai sensi di detta direttiva, e va, di conseguenza, sottoposto ad una valutazione ambientale».

La sentenza della Seconda Sezione del 7 giugno 2018 (causa C-671/16) della Corte di Giustizia UE è consultabile sul sito della Corte di Giustizia al seguente indirizzo.


Sempre il Conseil d’État belga ha sottoposto alla Corte di Giustizia UE anche l'ulteriore questione relativa alla nozione di piani e programmi sottoposti alla direttiva VAS:
«Se l’articolo 2, lettera a), della direttiva VAS debba essere interpretato nel senso che è compreso nella nozione di “piano o programma” un perimetro previsto da una disposizione di natura legislativa e adottato da un’autorità regionale il quale:
– abbia per oggetto unicamente la definizione dei contorni di un’area geografica in cui potrebbe essere realizzato un progetto di urbanizzazione, fermo restando che detto progetto, che dovrà perseguire un obiettivo determinato – vertente, nella specie, sulla riqualificazione e sullo sviluppo di funzioni urbane e necessitante la creazione, la modifica, l’ampliamento, la soppressione o il rifacimento della rete stradale e degli spazi pubblici –, costituisce il fondamento dell’adozione del perimetro, la quale implica dunque l’accoglimento del relativo principio, ma dovrà essere oggetto di ulteriore rilascio di permessi soggetti ad una valutazione degli effetti;
– abbia per effetto, sul piano procedurale, che le richieste di permessi per opere o lavori da effettuare nell’ambito del perimetro beneficino di una procedura in deroga, fermo restando che le prescrizioni urbanistiche applicabili ai suoli interessati prima dell’adozione del perimetro continuano ad applicarsi, ma diventa più facile derogarvi;
– e benefici di una presunzione di pubblica utilità per le espropriazioni da eseguire nel quadro del piano di espropriazione ad esso allegato».

La Corte di Giustizia UE, rispondendo alla questione sottoposta, ha così statuito:
«L’articolo 2, lettera a), l’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, devono essere interpretati nel senso che un decreto che adotta un perimetro di consolidamento urbano, che ha l’unico obiettivo di definire un’area geografica all’interno della quale potrà essere realizzato un progetto urbanistico di riqualificazione e sviluppo delle funzioni urbane che necessiti la creazione, la modifica, la soppressione o il rifacimento della rete stradale e degli spazi pubblici, per la realizzazione del quale sarà consentito derogare a talune disposizioni urbanistiche, rientra, in ragione di tale facoltà di deroga, nella nozione di «piani o programmi» che possono avere effetti significativi sull’ambiente, ai sensi di detta direttiva, e richiede una valutazione ambientale».

La sentenza della Seconda Sezione del 7 giugno 2018 (causa C-160/17) della Corte di Giustizia UE è consultabile sul sito della Corte di Giustizia al seguente indirizzo.






Il TAR Napoli, preso atto che in caso di notifica a indirizzo p.e.c. differente da quello indicato nell’elenco tenuto dal Ministero della Giustizia si è fatta applicazione dell’istituto dell’errore scusabile rimettendo in termini il ricorrente per la notifica (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, n. 1653/2018; T.A.R. Molise, n. 420/2017), considera tale soluzione condivisibile, in ragione dell’operatività relativamente recente delle norme del processo amministrativo telematico, della circostanza che diverse amministrazioni pubbliche non hanno ottemperato all’obbligo - loro imposto dall’art. 16, comma 12, del D.L. n. 179 - di comunicare, entro il 30 novembre 2014, al Ministero della Giustizia l’indirizzo p.e.c. valido ai fini della notifica telematica nei loro confronti, tenuto anche conto della particolare situazione di cui si controverte, poiché la parte istante ha fatto affidamento sulla validità dell’indirizzo p.e.c. tratto dal sito internet della Amministrazione resistente.

La sentenza del TAR Campania, Napoli, Sezione Prima, n. 3639 in data 1 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

In argomento veda anche il precedente post relativo alla sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1251 del 10 maggio 2018.


Si informa che mercoledì 20 giugno 2018, dalle ore 15:00 alle ore 18:00, a Brescia, presso l’auditorium Capretti – Istituto Artigianelli, via Piamarta 6, si terrà il convegno: "Affidamento incarichi di difesa, rappresentanza in giudizio e consulenza da parte della Pubblica Amministrazione: fonti, problemi e prospettive".

L’evento è stato accreditato dall’Ordine degli avvocati di Brescia con il riconoscimento di n. 4 crediti formativi in materia obbligatoria



Il TAR Milano dà atto che in merito alla natura giuridica del ricorso straordinario la giurisprudenza più recente ne riconosce la natura giurisdizionale e precisa che, poiché per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica non è necessario il patrocinio di avvocato, deve concludersi per l’esclusione dell’applicabilità della sospensione feriale dei termini, che è connessa alle esigenze di "assicurare un periodo di riposo a favore degli avvocati e procuratori legali".

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1393 in data 1 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, l’intervenuta scadenza del vincolo espropriativo, per la decorrenza del termine massimo di durata di cui all’art. 9, comma 2, del DPR n. 327/2001, determina l’improcedibilità del ricorso avverso la previsione dello strumento urbanistico che ha imposto il vincolo.
Quanto al profilo delle spese, le stesse, secondo il TAR, devono porsi a carico del Comune resistente, secondo la regola della c.d. soccombenza virtuale, atteso che nel caso di specie il vincolo era già previsto dal PRG ed è stato confermato dal PGT impugnato, senza che l’amministrazione avesse sostanzialmente addotto alcuna concreta ed effettiva motivazione sulla reiterazione: a fronte dell’articolata osservazione al PGT presentata dall’esponente, che chiedeva la soppressione del vincolo, il Comune si era limitato ad una laconica decisione di “non accoglimento” dell’osservazione stessa.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1339 del 25 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che la pretesa risarcitoria derivante dall’incolpevole affidamento del privato su un provvedimento ampliativo della propria sfera giuridica, poi annullato (in autotutela o in sede giurisdizionale) concerne una controversia nella quale non viene contestato l’illegittimo esercizio del potere pubblico e la lesione di un interesse legittimo pretensivo, bensì una lesione della propria integrità patrimoniale, ovvero di una situazione di diritto soggettivo; si rimprovera infatti all’Amministrazione la colpa, consistita nell'aver indotto il privato a sostenere spese nel ragionevole convincimento della legittimità dell'atto.
Tale giudizio, aggiunge il TAR Milano, si incentra quindi sulla violazione del dovere del neminem laedere, che prescinde dalla natura pubblica o privata dell'agente e della sua attività e la concentrazione della tutela risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo può verificarsi solo qualora il danno patito dal soggetto sia conseguenza immediata e diretta della dedotta illegittimità del provvedimento impugnato, non costituendo il risarcimento del danno ingiusto una materia di giurisdizione esclusiva ma solo uno strumento di tutela ulteriore e di completamento rispetto a quello demolitorio.
Per le ragioni che precedono, il TAR Milano declina la giurisdizione in favore del giudice ordinario, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 11 c.p.a.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1407 in data 1 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano precisa che l’art. 44, comma 3, c.p.a. prevede che la costituzione degli intimati possa sanare la nullità della notificazione, ma sono fatti salvi i “diritti acquisiti anteriormente alla comparizione” e tale formula deve essere intesa nel senso che la costituzione in giudizio non vale a sanare le decadenze già maturate, compresa la scadenza del termine di impugnazione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1367 del 28 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


La Corte di Giustizia UE, con riferimento alla situazione delle reti fognarie per la raccolta delle acque reflue urbane e/o di sistemi di trattamento delle acque reflue urbane di alcuni agglomerati urbani situati nel territorio italiano, ha così statuito:
La Repubblica italiana, non avendo adottato tutte le misure necessarie per l’esecuzione della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE.
2) Nel caso in cui l’inadempimento constatato al punto 1 persista al giorno della pronuncia della presente sentenza, la Repubblica italiana è condannata a pagare alla Commissione europea una penalità di EUR 30 112 500 per ciascun semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie per ottemperare alla sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), a partire dalla data della pronuncia della presente sentenza e fino all’esecuzione integrale della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), penalità il cui importo effettivo deve essere calcolato alla fine di ciascun periodo di sei mesi riducendo l’importo complessivo relativo a ciascuno di questi periodi di una quota percentuale corrispondente alla percentuale che rappresenta il numero di abitanti equivalenti degli agglomerati i cui sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane sono stati messi in conformità con quanto statuito dalla sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), alla fine del periodo considerato, in rapporto al numero di abitanti equivalenti degli agglomerati che non dispongono di tali sistemi al giorno della pronuncia della presente sentenza.
3) La Repubblica italiana è condannata a pagare alla Commissione europea una somma forfettaria di EUR 25 milioni.
4) La Repubblica italiana è condannata alle spese.

Nella precedente sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C565/10) la Corte aveva statuito che la Repubblica italiana, avendo omesso di prendere le disposizioni necessarie per garantire che 109 agglomerati situati nel territorio italiano fossero provvisti, a seconda dei casi, di reti fognarie per la raccolta delle acque reflue urbane e/o di sistemi di trattamento delle acque reflue urbane conformi alle prescrizioni dell’articolo 3, dell’articolo 4, paragrafi 1 e 3, nonché dell’articolo 10 della direttiva 91/271, era venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tali disposizioni.

La sentenza della Prima Sezione del 31 maggio 2018 (causa C-251/17) della Corte di Giustizia UE è consultabile sul sito della Corte di Giustizia al seguente indirizzo.




Il TAR Milano conferma che il soggetto che non ha partecipato alla gara, pur avendo la possibilità di farlo in assenza di clausole immediatamente escludenti o, comunque, preclusive della sua partecipazione alla gara, non è legittimato a chiedere l'annullamento del bando, perché la sua posizione rispetto alla riedizione della procedura è di mero fatto e, quindi, insuscettibile di accedere alla tutela giurisdizionale.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1258 in data 11 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato afferma che il comma 4 dell’art. 4 dell’allegato 2 al c.p.a. va interpretato nel senso che il deposito con il processo amministrativo telematico è possibile fino alle ore 24:00, ma se effettuato l’ultimo giorno utile rispetto ai termini previsti dal comma 1 dell’art. 73 c.p.a., ove avvenga oltre le ore 12:00, si considera – limitatamente ai fini della garanzia dei termini a difesa e della fissazione delle udienze camerali e pubbliche – effettuato il giorno successivo ed è dunque tardivo.
Concretizzando tale principio nella pratica il Consiglio di Stato precisa: a) se è depositata una memoria alle ore 13:00 dell’ultimo giorno utile, ai sensi del comma 1 dell’art. 73 c.p.a., la stessa non può essere tenuta in considerazione perché non sono rispettati i termini a difesa, salva la possibilità per la parte autrice del deposito tardivo di chiedere un rinvio della trattazione della questione e sempre che il Collegio ritenga ne sussistano i presupposti (analogo discorso vale per il deposito di documenti); b) se è depositato oltre le ore 12:00 un ricorso con richiesta di cautelare collegiale, ai fini del computo del termine per la fissazione della relativa camera di consiglio occorre considerare che il deposito è avvenuto il giorno successivo; c) se è depositato un ricorso o un appello alle ore 15:00 dell’ultimo giorno utile per il deposito, questo si considera avvenuto tempestivamente.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 3136 del 24 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

In argomento si veda anche Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana n. 344 del 7 giugno 2018, consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo e TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1446 dell'8 giugno 2018, consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato precisa che il danno da perdita di chance presuppone una rilevante probabilità del risultato utile frustrata dall’agire illegittimo dell'amministrazione, non identificabile nella perdita della semplice possibilità di conseguire il risultato sperato, bensì nella perdita attuale di un esito favorevole, anche solo probabile, se non addirittura - secondo più restrittivi indirizzi - la prova certa di una probabilità di successo almeno pari al cinquanta per cento o quella che l’interessato si sarebbe effettivamente aggiudicato il bene della vita cui aspirava.
Aggiunge il Consiglio di Stato che, in ogni caso, l’annullamento di un provvedimento amministrativo, con salvezza del riesercizio, ad esito libero, del potere da parte della medesima amministrazione, non può mai fondare l’accoglimento di una domanda risarcitoria non venendo in rilievo un giudicato di spettanza.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 2907 del 16 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.