Il TAR Milano, con riferimento alla sussistenza delle condizioni per azionare il potere repressivo trascorsi i trenta giorni dalla presentazione della SCIA in presenza delle condizioni di cui all’art. 21 nonies e in particolare delle ragioni di interesse pubblico, diverse dal mero ripristino della legalità, e del rispetto del termine dei 18 mesi:
- quanto alle ragioni di interesse pubblico, ritiene sufficiente il richiamo all'art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 che prescrive la distanza di 10 metri per l'apertura di finestre antistanti l'edificio confinante, che si fonda sull'interesse pubblico di impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario: trattasi, come ha rilevato la giurisprudenza, di prescrizione avente carattere di assolutezza e inderogabilità, risultante da fonte normativa statuale, sovraordinata rispetto agli strumenti urbanistici locali, da sola sufficiente a fondare la legittimità dell'annullamento del titolo edilizio senza spazio per la considerazione e la ponderazione di opposti interessi;
- quanto al decorso del termine di 18 mesi, ritiene legittimo il superamento del suddetto termine, oltre ai casi di falsa attestazione, nei casi di dichiarazione resa in modo tale da non permettere una completa verifica di conformità.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1037 del 23 aprile 2021.
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Il TAR Milano, in materia di equivalenza del prodotto offerto ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche, richiama:
<<il principio affermato dalla giurisprudenza secondo la quale “il criterio dell’equivalenza non può subire una lettura limitativa o formalistica ma deve, al contrario, godere di un particolare favore perché è finalizzato a soddisfare l’esigenza primaria di garantire la massima concorrenza tra gli operatori economici: ovviamente l’equivalenza va ragguagliata alla funzionalità di quanto richiesto dalla pubblica Amministrazione con quanto offerto in sede gara, non certo alla mera formale descrizione del prodotto” (cfr.: C.G.A.R.S., Sez. I, 20 luglio 2020, n. 634). Le specifiche tecniche hanno, infatti, il compito di rendere “intellegibile il bisogno che la stazione appaltante intende soddisfare con la pubblica gara più che quello di descrivere minuziosamente le caratteristiche del prodotto offerto dai concorrenti”; pertanto, il prodotto “può ritenersi equivalente laddove - pur essendo carente di taluno e/o taluni requisiti indicati nella lex specialis – nondimeno soddisfi alla stessa maniera l’interesse perseguito dalla stazione appaltante e, quindi, garantisca lo stesso risultato preventivato con l’introduzione della specifica tecnica” (Consiglio di Stato, Sez. III, 17 luglio 2020, n. 5063)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 838 del 30 marzo 2021.
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Il TAR Brescia, dopo aver premesso:
<<- che il ricorso in esame non è stato firmato digitalmente (mediante l’utilizzo del formato PAdES) e, dunque, viola l’art. 136, comma 2-bis, Cod. proc. amm. (a tenore del quale «[…] tutti gli atti e i provvedimenti del giudice, dei suoi ausiliari, del personale degli uffici giudiziari e delle parti sono sottoscritti con firma digitale») e l’art. 9 (Atti delle parti e degli ausiliari del giudice), comma 1, D.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40 (Regolamento recante le regole tecnico-operative per l'attuazione del processo amministrativo telematico) (in base al quale gli atti processuali «sono redatti in formato di documento informatico sottoscritto con firma digitale conforme ai requisiti di cui all'articolo 24 del CAD»), norme il cui combinato disposto vuole che l’atto processuale introduttivo del giudizio abbia la forma risultante da un’estrazione di formato digitale pdf nativo, sottoscritto dal legale con firma digitale PAdES;
- che, pur non essendo conforme alle regole di redazione dell’art. 136, comma 2-bis, Cod. proc. amm. e dall’art. 9, comma 1, d.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40 – la predisposizione e il deposito del ricorso in formato non digitale non incorre in espressa comminatoria legale di nullità (art. 156, primo comma 1, Cod. proc. civ.), anche in considerazione del fatto che esso ha comunque raggiunto il suo scopo tipico (art. 156, terzo comma 3, Cod. proc. civ), essendone certa la paternità e piana l’intelligibilità quale strumento finalizzato alla chiamata in giustizia e all’articolazione delle altrui relative difese: dal che consegue la sola oggettiva esigenza della regolarizzazione, benché sia avvenuta la costituzione in giudizio della parte cui l’atto era indirizzato (cfr. Cons. Stato, Sez. V, ord. 24/11/2017, n. 5490; Sez. IV, 4/4/2017 n. 1541);
- che, in conformità a tale orientamento della giurisprudenza (di cui alla sentenza del Consiglio di Stato n. 4286/2017 e all’ordinanza dello stesso giudice d’appello n. 56/2018), che ha qualificato il vizio del ricorso che sia stato depositato pur privo di firma digitale - come un’ipotesi di mera irregolarità sanabile, deve ritenersi applicabile l’art. 44 comma 2 c.p.a.;>>.
concede un termine perentorio entro il quale la parte deve provvedere alla regolarizzazione dell’atto nelle forme di legge, con la comminatoria della declaratoria di irricevibilità del ricorso in caso di mancata osservanza del termine.


TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 364 del 22 aprile 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che:
<<nei confronti della convenzione urbanistica, in caso di inadempimento della parte pubblica o della parte privata, sono ammessi tutti i rimedi offerti dall'ordinamento al creditore per poter realizzare coattivamente il proprio interesse. Pertanto, sono proponibili dinanzi al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, l'azione civilistica di risoluzione dell'accordo e di risarcimento del danno, senza che possa considerarsi pregiudiziale a detta forma di tutela l'esperimento della classica azione di annullamento, tipica della giurisdizione generale amministrativa di legittimità, in relazione agli atti amministrativi mediante i quali si dichiarino sussistenti o meno le condizioni per addivenire alla risoluzione (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 5 marzo 2021, n. 612). Infatti, la convenzione di lottizzazione è inquadrabile negli accordi sostitutivi di provvedimento: così come previsto all'art. 11, c. 2, l. 7 agosto 1990 n. 241 trovano applicazione i principi civilistici in materia di obbligazioni e contratti per gli aspetti non incompatibili con la generale disciplina pubblicistica (cfr. Cass. civ. Sez. Unite, 1 luglio 2009, n. 15388; Cons. Stato Sez. IV, Sent. 21.1.2013, n. 324, 2.2.2012, n. 616, 2.8.2011, n. 4576)>>.

Nel caso di specie è stata applicata la previsione di cui all'art. 1256 c.c., ai sensi del quale "l'obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile"; al riguardo il TAR ricorda che l'impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore deve possedere i caratteri dell'oggettività e dell’assolutezza, tali da costituire un ostacolo insormontabile all’adempimento non solo per un particolare debitore ma in genere per tutti i soggetti della medesima condizione ed è onere del debitore provare che l'inadempimento sia stato determinato da impossibilità della prestazione derivata da causa oggettivamente ad esso non imputabile.


TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 974 del 19 aprile 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia precisa che la circostanza che siano note le offerte economiche non costituisce un ostacolo per la commissione per correggere i propri errori, in quanto la stazione appaltante può correggere i propri errori fino al momento dell’aggiudicazione (v. Consiglio di Stato, Sez. III, 28 settembre 2020 n. 5711); occorre naturalmente evitare che nella correzione si insinuino elementi discrezionali sospettabili di avere finalità ulteriori, come, ad esempio, l’alterazione dei rapporti tra le offerte tecniche o il ridimensionamento del peso delle offerte economiche; la condizione che garantisce dal rischio e dal sospetto di manipolazioni è costituita dal fatto che la commissione giudicatrice operi per addizione o sottrazione di punteggio nel rispetto dello schema decisorio stabilito in precedenza; l’intervento correttivo deve quindi svolgersi secondo parametri oggettivi che abbiano un sicuro ancoraggio nella lex specialis e nelle scelte di metodo adottate ex ante dalla commissione giudicatrice, oltre che nelle regole della materia note a tutti gli operatori economici.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II , n. 302 del 29 marzo 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano, in pendenza di un sequestro penale sul manufatto abusivo, ritiene che:
<< in generale, si debba escludere, nel rispetto delle strategie difensive evidenziate pure da Cons. Stato 2337/2017, un obbligo di richiedere il dissequestro dell’immobile per il destinatario dell’ordine e che, tuttavia, l’indisponibilità del bene per effetto del sequestro rileva solo sull’efficacia del provvedimento, non potendo il termine per l’ottemperanza decorrere fino a che la misura non sia venuta meno: non si realizza infatti un’insuperabile e assoluta impossibilità di eseguire l’ordinanza di demolizione, ben potendo – in considerazione che il sequestro penale, quello conservativo e quello preventivo sono misure interinali – il privato tornare nella disponibilità dell’immobile e ottemperare all’ordine ricevuto (in questo senso, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 20 luglio 2018, n. 4418: “in presenza di un sequestro penale e nella vigenza dello stesso, il termine per l’ottemperanza non decorre fino a che tale misura cautelare non sia venuta meno ed il bene ritornato nella disponibilità del privato. Deve, pertanto, ritenersi che l’ingiunzione comunque non possa produrre i suoi effetti nei confronti del privato fino alla restituzione del bene ad esso sottratto. Da tale momento cominciano, infatti, a decorrere i 90 giorni per l’ottemperanza e, pertanto, l’acquisizione gratuita al patrimonio del Comune si verifica solo ove non si sia data esecuzione all’ingiunzione entro tale nuovo termine. […] Ciò posto sotto il profilo sostanziale, deve, peraltro, essere rilevato che l’inottemperanza all’ordine di demolizione nel suddetto termine di 90 giorni deve essere oggetto di un atto di accertamento, il quale ha pure esso natura dichiarativa e non dispositiva”)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 721 del 19 marzo 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che dall’attuale contesto normativo e giurisprudenziale lo spazio di applicazione del principio di rotazione risulta circoscritto:
<<i) sul piano oggettivo agli affidamenti diretti ed alle procedure negoziate nelle quali attraverso gli “inviti” la S.A. limiti la partecipazione alla procedura, scegliendo come partecipanti solo alcuni dei potenziali operatori economici con conseguente non operatività nelle diverse ipotesi in cui la procedura sia aperta a tutti gli operatori del settore o a coloro che rispondono positivamente ad una manifestazione preventiva di interesse alla partecipazione alla stessa; in tal caso, infatti, l’ampia possibilità di partecipazione alla procedura garantisce un legittimo confronto competitivo precludendo in radice la creazione di indebite posizioni di rendita o, comunque, di distorsione del gioco della concorrenza;
ii) sul piano soggettivo ai soli affidamenti diretti o alle procedure effettivamente negoziate in cui, come già evidenziato, si operi una selezione preventiva degli operatori precludendo, quindi, a tutti i soggetti operanti in un mercato o in un determinato ambito di partecipare al confronto per la migliore offerta e la conseguente aggiudicazione>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 881 del 6 aprile 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano, in materia di partecipazione al procedimento di redazione del PGT, condivide:
<<l’orientamento giurisprudenziale che, attribuendo un rilievo sostanziale e non meramente formale alla partecipazione procedimentale, sottolinea come le osservazioni e in generale tutti gli apporti partecipativi presentati dai privati nei confronti di un piano regolatore in itinere sono finalizzati a consentire che il punto di vista del soggetto potenzialmente leso assuma rilevanza e venga adeguatamente considerato, in modo che l’Amministrazione si determini correttamente e compiutamente in omaggio ai principi di imparzialità e di buon andamento (art. 97 Cost.) che devono presiedere all’esercizio dell’azione amministrativa. Ne deriva che il rigetto delle osservazioni, sebbene connotato da rilevante e ampia discrezionalità e pur non richiedendo particolari formalità, deve essere assistito da una motivazione che sia congrua rispetto agli elementi di fatto e di diritto posti alla base delle osservazioni stesse e che abbia tenuto presente il loro apporto critico e collaborativo in comparazione con gli interessi pubblici coinvolti in vista dell’adozione di soluzioni urbanistiche, oltre che legittime, anche opportune e razionali. Quindi, gli apporti all’attività pianificatoria non possono essere ignorati e respinti con una formula di mero stile, che rendono impossibile verificare se l’Amministrazione abbia effettivamente valutato il rilievo. Invero, fermo restando che il merito della scelta amministrativa resta sottratto al sindacato del giudice amministrativo, l’Amministrazione è comunque tenuta a dare conto – anche ricorrendo a formule sintetiche o rinviando semplicemente alle linee generali poste alla base dell’attività di pianificazione – dell’avvenuta valutazione e considerazione di tutti gli interessi coinvolti attraverso l’esame delle osservazioni e degli apporti pervenuti (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 3 luglio 2020, n. 1279; 29 giugno 2020, n. 1237; anche T.A.R. Sicilia, Catania, I, 27 maggio 2011, n. 1332; T.A.R. Campania, Napoli, V, 11 gennaio 2011, n. 50; 17 dicembre 2010, n. 27621)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 924 del 12 aprile 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano, in materia di scomputo del costo delle opere di urbanizzazione, osserva che:

<<Le opere pubbliche di urbanizzazione, anche quelle realizzate a cura ed a spese del titolare del permesso di costruire, sono tali qualora rispondano al requisito oggettivo di soddisfare bisogni dell’intera collettività insediata nella zona coinvolta dagli interventi e non asservite alla sola costruzione del privato che ne ha curato l’esecuzione.
Dal requisito oggettivo consegue quello soggettivo, per il quale le opere devono essere destinate al patrimonio del Comune, allo scopo di preservarne la loro funzione collettiva.
Come ha chiarito condivisibile la giurisprudenza, non è scomputabile il costo di opere di urbanizzazione che soddisfino un interesse privato, dovendo invece trattarsi di opere preordinate alla fruizione collettiva indifferenziata ed alla soddisfazione di interessi generali (Cons. Stato, sez. V, 12 ottobre 1999, n. 1443; idem, 13 settembre 2018, n.5372)>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 927 del 14 aprile 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano con riguardo all’articolo 32, comma 4, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 che stabilisce che ciascun concorrente non può presentare più di un’offerta, precisa che:
<<Il principio di unicità dell’offerta, che impone agli operatori economici di presentare una sola proposta tecnica e una sola proposta economica, al fine di conferire all’offerta un contenuto certo ed univoco, è posto a presidio – da un lato – del buon andamento, dell’economicità e della certezza dell’azione amministrativa, per evitare che la stazione appaltante sia costretta a valutare plurime offerte provenienti dal medesimo operatore economico, tra loro incompatibili, e che perciò venga ostacolata nell’attività di individuazione della migliore offerta, e – dall’altro – a tutela della par condicio dei concorrenti, poiché la pluralità delle proposte attribuirebbe all’operatore economico maggiori possibilità di ottenere l’aggiudicazione o comunque di ridurre il rischio di vedersi collocato in posizione deteriore, a scapito dei concorrenti fedeli che hanno presentato una sola e univoca proposta corrispondente alla prestazione oggetto dell’appalto, alla quale affidare la loro unica ed esclusiva chance di aggiudicazione. La presentazione di un’unica offerta capace di conseguire l'aggiudicazione, infatti, è il frutto di un’attività di elaborazione nella quale ogni impresa affronta il rischio di una scelta di ordine tecnico, che la stazione appaltante rimette alle imprese del settore, ma che comporta una obiettiva limitazione delle possibilità di vittoria (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 14 settembre 2010, n. 6695; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 25 maggio 2020, n. 928; T.A.R. Piemonte, Sez. I, 11 febbraio 2019, n. 193).
Alla luce di quanto sopra, dunque, la possibilità di presentare una pluralità di offerte o offerte alternative, comportando l’opportunità di sfruttare una pluralità di opzioni, non potrebbe mai essere accordata o riservata ad una sola impresa concorrente, ma dovrebbe comunque essere garantita a tutte le partecipanti in nome della par condicio e, pertanto, prevista e regolata nella lex specialis (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, n. 928/2020 cit.)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 836 del 30 marzo 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che il deposito delle cartoline comprovanti la notifica dopo che la causa è già stata trattenuta in decisione è tardivo e inammissibile.
Osserva al riguardo il TAR che:
 <<Alla stregua di quanto dispone l'art. 45, comma 3, c.p.a., l'adempimento dell'onere dell'esibizione della prova dell'avvenuto perfezionamento della notifica del ricorso per il destinatario è indispensabile perché la domanda introdotta possa essere esaminata, posto che la parte che si avvale della facoltà di depositare il ricorso senza la prova dell'avvenuta notificazione è in ogni caso tenuta a produrre la documentazione comprovante la data in cui la notificazione si è perfezionata anche per il destinatario. Come la giurisprudenza ha avuto modo di rilevare (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 2 maggio 2016, n. 1678; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 1 giugno 2018, n. 3651), pur mancando nel comma 3 dell'art. 45 una formulazione quale “a pena di decadenza” o “a pena di inammissibilità”, in presenza di un divieto esplicito per il giudice di esaminare le domande processuali contenute in atti introduttivi in riferimento ai quali non sia stato comprovato il buon esito della notifica al destinatario entro il termine ultimo del passaggio della causa in decisione, si deve ritenere che, a fronte della mancata costituzione in giudizio della parte resistente, entro il momento ultimo suddetto, l'omessa produzione della prova della notificazione comporti l'inesaminabilità - e quindi l'inammissibilità - del ricorso>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 889 del 7 aprile 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano:
- dopo aver precisato che:
<<Nell’art 6, comma 3, del D.Lgs. 03/04/2006, n. 152, s’individuano le ipotesi sottratte alla VAS, dando alternativamente rilievo all’incidenza del piano su «piccole aree a livello locale», ovvero, alla circostanza che si tratti «modifiche minori» del piano medesimo;>>
- aggiunge che:
<<Trattandosi di condizioni da leggersi come alternative fra loro e non come cumulative, se ne ricava che, così come l’incidenza su un’area geograficamente ristretta non esclude la VAS, qualora il piano è valutato come idoneo a produrre impatti significativi sull’ambiente, per converso, anche una modifica di piano che abbracci un ambito esteso può non essere assoggettata a VAS, ove da essa non conseguano impatti significativi sull’ambiente (arg. ex Corte cost., Sent., 22-07-2009, n. 225, ove si accenna all’irrilevanza della sola estensione dell’area ai fini dell’assoggettabilità a VAS e alla portata determinante esplicata sul punto dalla valutazione degli effetti significativi sull'ambiente. Sul tema, cfr., ex multis, T.A.R. Cagliari, sez. II, 18/04/2018, n.349).
L’aggettivo «minori», riferito alle modifiche di piano, per assumere un significato utile e non essere relegato al rango di inutile doppione dell’altra previsione, concernente i piani che interessano piccole aree, quindi, non può che riferirsi a qualcosa di diverso dall’ambito geografico o territoriale di riferimento. Ne consegue che, “le modifiche minori” non sono tali perché riferite ad una porzione limitata di territorio, ma in quanto, lungi dal porsi come un rifacimento del piano, ne modificano soltanto alcuni aspetti, senza produrre sulle componenti ambientali conseguenze eccedenti quelle già investigate nella procedura di VAS svolta per il Piano originario (cfr. TAR Lombardia, Milano, III, 18/07/2019, n. 1661; TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 12/06/2015, n.1422)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 896 del 7 aprile 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia osserva che 
ai fini dell’affidamento “in house” di un servizio non è necessario il possesso da parte dell’Amministrazione affidante di una quota minima del capitale sociale della società affidataria (cfr., C.d.S., Sez. V, sentenza n. 2599/2018). Nondimeno, in caso di partecipazione pulviscolare (la quota del Comune di … è pari allo 0,008% del capitale della società …), affinché alla modestia della partecipazione non corrisponda una debolezza sia assembleare, sia amministrativa, è necessaria la previsione di strumenti (anche in deroga alle regole di diritto comune, ex articolo 16, comma 2, D.Lgs. n. 175/2016) che, rafforzando l’azione collettiva delle singole Amministrazioni partecipanti, garantisca loro di incidere sulle decisioni più rilevanti della vita e dell’azione societaria (cfr., C.d.S., Sez. V, sentenza n. 578/2019; C.d.S., Sez. III, sentenza n. 1564/2020).
TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 280 del 23 marzo 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che il Piano Territoriale Regionale e i Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale hanno efficacia di orientamento, indirizzo e coordinamento, fatte salve le previsioni che, ai sensi della stessa legge, abbiano efficacia prevalente e vincolante; il modello delineato dalla legge regionale prevede che i piani collocati al livello superiore non sono gerarchicamente sovraordinati agli altri, ma dettano una disciplina di orientamento, indirizzo e coordinamento, che non può essere stravolta ma, in particolari casi, derogata dalla disciplina puntuale dettata dallo strumento di pianificazione contenente disposizioni di maggior dettaglio; ciò naturalmente non può azzerare il potere pianificatorio dei Comuni, la cui partecipazione deve essere, quindi, assicurata e non può essere puramente nominale, essendo precluso a Regioni e Province trasformare i poteri comunali in ordine all’uso del territorio in funzioni meramente consultive prive di reale incidenza o in funzioni di proposta o ancora in semplici attività esecutive.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 877 del 6 aprile 2021.
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Il TAR Milano precisa che è onere della parte, che ha ritenuto di non avvalersi dell’istituto del ricorso per motivi aggiunti e ha invece rinviato per relationem ad altri atti processuali esterni al giudizio, quantomeno depositare in giudizio gli atti a cui fa riferimento.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 917 del 9 aprile 2021.
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Il TAR Milano ritiene tempestivo il deposito della memoria di replica intervenuto nella giornata di sabato, in quanto tale giorno (sabato) è da considerarsi lavorativo ai fini del calcolo dei termini a ritroso stabilito dall’art. 52, comma 4, cod. proc. amm. (cfr. Consiglio di Stato, III, 17 novembre 2020, n. 7142; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 24 febbraio 2020, n. 362).
Aggiunge il TAR Milano che le note d’udienza sono inammissibili in assenza di una richiesta di discussione orale della causa che sola può giustificarne il deposito a ridosso dell’udienza (cfr. sui presupposti per il deposito delle “note di udienza” ex art. 4, comma 1, del decreto legge n. 28 del 2020 e sulla loro ammissibilità, T.A.R. Lombardia, Milano, II, 12 marzo 2021, n. 653; ord. 2 aprile 2021, n. 335).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II n. 915 del 9 aprile 2021.
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Il TAR Brescia con riferimento all’installazione di pannelli fotovoltaici in ambiti sottoposti a vincolo paesaggistico, osserva che:
secondo un orientamento che il Collegio condivide pienamente, la mera visibilità di pannelli fotovoltaici da punti di osservazione pubblici (anch’essa, tuttavia, non dimostrata in alcun modo nel parere impugnato) non configura ex se un’ipotesi di incompatibilità paesaggistica, in quanto la presenza di impianti fotovoltaici sulla sommità degli edifici, pur innovando la tipologia e morfologia della copertura, non è più percepita come fattore di disturbo visivo, bensì come un'evoluzione dello stile costruttivo accettata dall'ordinamento e dalla sensibilità collettiva (cfr. T.A.R. Veneto, sez. II, 13 settembre 2013 n. 1104 e 25 gennaio 2012, n. 48).
2.5.4. Il favor legislativo per le fonti energetiche rinnovabili richiede di concentrare l'impedimento assoluto all'installazione di impianti fotovoltaici in zone sottoposte a vincolo paesistico unicamente nelle “aree non idonee” (in quanto tali, espressamente individuate), mentre negli altri casi, la compatibilità dell'impianto fotovoltaico con il suddetto vincolo deve essere esaminata tenendo conto del fatto che queste tecnologie sono ormai considerate elementi normali del paesaggio (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 21 febbraio 2018 n. 496; T.A.R. Brescia, sez. I, 17 dicembre 2010 n. 904).
2.5.5. In altre parole, la presenza di pannelli sulla sommità degli edifici non può più essere percepita soltanto come un fattore di disturbo visivo, ma anche come un'evoluzione dello stile costruttivo accettata dall'ordinamento e dalla sensibilità collettiva, purché non sia modificato l'assetto esteriore complessivo dell'area circostante, paesisticamente vincolata (cfr. T.A.R. Catania, sez. I, 19 giugno 2017, n. 1459; T.A.R. Firenze, sez. I, 9 marzo 2017, n. 357; Cons. Stato, sez. VI, 18 gennaio 2012 n. 1799).
TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 296 del 29 marzo 2021.
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Il TAR Milano condivide l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui << l’art. 72 della legge fallimentare, che attribuisce al curatore il potere di liberare il fallimento da eventuali vincoli contrattuali in atto attraverso lo scioglimento del contratto, non trova applicazione nei confronti delle convenzioni urbanistiche, poiché le stesse sono soggette ai “principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili”, e soggiacciono conseguentemente alla previsione dell’art. 1372, primo comma, del codice civile, ossia al principio generale in base al quale il contratto ha forza di legge tra le parti: “la ratio derogatoria [dell’art. 72 della legge fallimentare] è indubbiamente quella di non penalizzare oltremodo gli interessi del ceto creditorio dal possibile vulnus derivante dalla necessità del curatore fallimentare di far fronte agli impegni contrattuali assunti dal fallito precedentemente alla dichiarazione di fallimento. Tuttavia, tali esigenze non possono essere enfatizzate fino al punto da riconoscere al curatore il potere di sciogliersi da una convenzione precedentemente stipulata dalla società fallita ai sensi dell’art. 11 L. 241/1990. Verrebbe infatti attribuita una posizione poziore agli interessi della massa creditoria rispetto a quelli sottesi all’esecuzione di una prestazione dettata dall’interesse pubblico, come tale ascrivibile alla più ampia collettività degli amministrati. La concreta possibilità di realizzazione dell’interesse pubblico, di cui l’Amministrazione è istituzionalmente portatrice, verrebbe infatti pregiudicata dalle scelte del curatore fallimentare ancorché mosso da esigenze individualistiche, così palesandosi una precisa gerarchia di valori priva di fondamento normativo siccome innescata dall’interferenza tra due norme (l’art. 72 della legge fallimentare e l’art. 11 della legge n. 241 del 1990) aventi una ben diversa collocazione topografica e temporale” (Consiglio di Stato, IV, 12 luglio 2018, n. 4251; anche T.A.R. Veneto, II, 26 novembre 2020, n. 1136; T.A.R. Lazio, Roma, II, 5 marzo 2020, n. 2962; T.A.R. Toscana, I, 14 giugno 2019, n. 873)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 839 del 30 marzo 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Secondo il TAR Milano
l’equivalenza di una specifica tecnica non è predicabile in relazione a un dato oggettivo dimensionale, essendo, per definizione, equivalente a una data misura solo la medesima misura. Non si può, insomma, spostare l’esame su un piano di identità funzionale del prodotto in linea generale a fronte di una caratteristica specifica e oggettiva richiesta quale requisito essenziale.
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 880 del 6 aprile 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che l’art. 20 della L.R. n. 12/2005 introduce un criterio di prevalenza delle previsioni del P.T.R. concernenti la realizzazione di infrastrutture prioritarie sulle difformi previsioni contenute nella pianificazione locale (e, in particolare, nel P.G.T.), sempre che tale prevalenza sia stabilita dallo stesso P.T.R., in tal senso dovendosi interpretare l’inciso, contenuto nel comma 5 citato, «qualora ciò sia previsto dal piano».
Ciò posto, aggiunge il TAR che la rete ecologica regionale (R.E.R.) <<costituisce certamente un’infrastruttura prioritaria, in quanto tale essendo riconosciuta dal P.T.R., ed è altresì dotata del carattere di prevalenza sulle previsioni della pianificazione locale. In tal senso si è espresso il Consiglio di Stato, osservando che «tale rapporto di prevalenza sia stato affermato a più riprese nelle delibere di giunta regionale n. 8515/2008, 6447/2008 e 10962/2009» e che «avendo il documento di Piano richiamato definendola “prioritaria” la citata infrastruttura siccome connotata ex art. 3 ter della legge regionale n. 86/1983, ne discende che il detto rapporto di prevalenza […] può essere positivamente affermato» (Cons. Stato, Sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2170). Da ciò discende il dovere di adeguare la pianificazione comunale alle prescrizioni della R.E.R., «che non significa, è ovvio, assoluta inedificabilità od impedimento dirimente all’adozione di varianti che insistano sull’area, ma compiuta istruttoria su tale aspetto, verifica di compatibilità ed adozione delle eventuali misure compensative, siccome indicate nel PTR […] e che stabiliscono un generale auspicio ad evitare trasformazioni» (Cons. Stato, Sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2170)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 818 del 29 marzo 2021.
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Il TAR Milano aderisce all’indirizzo giurisprudenziale sull’interpretazione dell’art. 80, comma 4, del Codice dei contratti pubblici in ordine alla regolarità fiscale e contributiva dei partecipanti alle gare pubbliche, secondo cui l’impresa deve essere in regola con i propri obblighi fiscali sin dal momento di presentazione dell’offerta, non essendo consentite regolarizzazioni postume della propria posizione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 764 del 24 marzo 2021.
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Il TAR Milano precisa che <<non è ipotizzabile alcuna ultrattività delle previsioni del piano attuativo, in quanto la prosecuzione degli effetti oltre il detto termine decennale confligge con la finalità sottesa alla sua fissazione, coincidente con l’esigenza di assicurare effettività e attualità alle previsioni urbanistiche (Cons. Stato, Sez. IV 29 novembre 2010, n. 8384; Id., 13 aprile 2005, n. 1543). Risulta dunque irrilevante, ai fini delle conseguenze connesse alla scadenza del termine decennale di efficacia, la circostanza che l’impossibilità della mancata attuazione del piano sia dovuta alla pubblica amministrazione o al privato lottizzante (T.A.R. Milano, Sez. II, 12 novembre 2019, n. 2392; Id., Sez. IV, 17 agosto 2018, n. 2001; Cons. Stato, Sez. IV, 10 agosto 2011, n. 4761). Correlativamente «anche le cause di forza maggiore, indipendenti dalla volontà della società ricorrente, non comportano in via automatica la sospensione del termine di durata, essendo, comunque, sempre necessaria, a tal fine, la presentazione di una formale istanza di proroga, cui deve seguire un provvedimento da parte della stessa amministrazione che accerti la sussistenza di una causa di forza maggiore ai fini dell’impossibilità del rispetto del termine» (T.A.R. Cagliari, Sez. II, 18 gennaio 2018, n. 24)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 819 del 29 marzo 2021.
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Il TAR Milano richiama <<una condivisibile giurisprudenza secondo la quale l'azione di accertamento, nel giudizio amministrativo, è esperibile “ove necessaria a colmare esigenze di tutela non suscettibili di essere soddisfatte in modo adeguato dalle azioni tipizzate […] per garantire la piena e completa protezione dell’interesse legittimo; […] la garanzia costituzionale impone di riconoscere l’esperibilità dell’azione di accertamento autonomo, con particolare riguardo a tutti i casi in cui, mancando un provvedimento da impugnare, una simile azione risulti indispensabile per la soddisfazione concreta della pretesa sostanziale del ricorrente” (Cons. St., Ad. Plen., n. 15 del 2011). In altre parole, la domanda di mero accertamento è proponibile solo laddove le azioni tipizzate non soddisfino in modo efficiente il bisogno di tutela e dunque a protezione di un interesse giuridicamente rilevante di chi agisce in giudizio diverso da quello consistente nell'eliminazione degli effetti del provvedimento, occorrendo altrimenti esperire l'azione di annullamento nel rispetto del termine decadenziale (cfr., ex plurimis, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 5 febbraio 2021, n 355; T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 7 ottobre 2020, n. 688; T.A.R. Liguria, Sez. II, 10 giugno 2020, n. 361)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 750 del 22 marzo 2021.
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