Il TAR Brescia, a fronte di una eccezione di inammissibilità del ricorso, in quanto la procura alle liti è antecedente alla predisposizione del ricorso e quindi, secondo la prospettazione di parte resistente, il ricorrente, dopo aver firmato la procura, sarebbe rimasto nell’ignoranza circa il contenuto del ricorso, il quale, per questo motivo, non sarebbe collegabile alla sua volontà, osserva;
<<(a) relativamente all’eccezione di inammissibilità, si osserva che l’art. 40 comma 1-g cpa non richiede la sottoscrizione contestuale del ricorso e della procura alle liti. Un simile adempimento non è imposto neppure dall’art. 8 del DPCM 16 febbraio 2016 n. 40, con riferimento al processo amministrativo telematico. Parimenti, nessuna contestualità è richiesta dalla nuova disciplina del processo amministrativo telematico, raccolta dapprima nel DPCS 28 dicembre 2020 e ora nel DPCS 28 luglio 2021 (v. art. 8);
(b) in effetti, non vi è alcuna esigenza processuale che imponga la contestualità dei due atti. La procura alle liti può essere indifferentemente anteriore o contestuale alla sottoscrizione del ricorso da parte del difensore, perché in entrambi i casi è possibile stabilire un collegamento tra la volontà del ricorrente e quanto esposto nel ricorso. Il collegamento non deve riguardare necessariamente ogni dettaglio della difesa tecnica, essendo quest’ultima di esclusiva competenza del professionista. Non occorre quindi che il ricorrente abbia letto e approvato il contenuto del ricorso, o che si possa presumere che lo abbia letto e approvato, ma è sufficiente che abbia dato preventivamente un incarico riferibile al ricorso. Al resto provvedono altri strumenti, tradizionali o telematici. La certezza della provenienza della procura dal ricorrente è garantita dal potere di certificazione riconosciuto al difensore, che autentica la sottoscrizione. L’apposizione virtuale della procura in calce al ricorso è determinata ex lege dal deposito della stessa con modalità telematiche, come documento informatico o come copia asseverata, unitamente all'atto a cui si riferisce (v. art. 8 comma 3 del DPCS 28 luglio 2021)>>.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 1147 del 30 dicembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri;



L’art. 16 della legge regionale 27 dicembre 2021, n. 24 “Disposizioni per l’attuazione della programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9 ter della l.r. 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione) – Collegato 2022”, pubblicata sul BURL, Suppl. n. 52 del 29 dicembre 2021, apporta all’articolo 5 della legge regionale 28 novembre 2014, n. 31 "Disposizioni per la riduzione del consumo di suolo e per la riqualificazione del suolo degradato" la seguente modifica:
a) dopo il comma 5 è inserito il seguente:
«5.1. La durata della proroga di validità dei documenti di piano dei PGT comunali, già disposta ai sensi del secondo e terzo periodo del comma 5, è estesa di ulteriori dodici mesi successivi all’efficacia dell’adeguamento della pianificazione provinciale e metropolitana di cui al comma 2; a tal fine, non occorre alcuna deliberazione da parte dei consigli comunali interessati. Laddove, alla data di entrata in vigore della legge regionale recante «Disposizioni per l’attuazione della programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9 ter della l.r. 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione) - Collegato 2022», sussistano ancora le condizioni per deliberare la proroga di validità dei documenti di piano dei PGT comunali di cui al secondo periodo del comma 5, tale proroga può essere disposta, con deliberazione motivata del consiglio comunale interessato, con durata pari a ventiquattro mesi successivi all’efficacia dell’adeguamento della pianifica zione prescritto al comma 2. Nei casi di proroga di validità dei documenti di piano dei PGT di cui al presente comma restano ferme, per i comuni interessati, l’applicazione di quanto previsto al comma 3 e la possibilità di procedere ai sensi del quinto periodo del comma 4


Secondo il TAR Milano risulta illegittimo l’operato dell’Amministrazione Provinciale che, in sede di screening ambientale di cui all’art. 19 del D.lgs. n. 152/2006, ha disposto di assoggettare a VIA un progetto che - in applicazione di criteri predeterminati di cui alla DGR 11317/2010, vincolanti per l’Amministrazione stessa quali autolimiti alla propria discrezionalità - è risultato pacificamente non soggetto a VIA.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2895 del 23 dicembre 2021.
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Il TAR Milano precisa che la previsione di cui all’art. 36 t.u.e. consente di presentare istanza di accertamento di conformità al proprietario e al responsabile dell’abuso; i soggetti legittimati sono, quindi, due: il proprietario (o i proprietari in caso di comunione del diritto reale) dell'immobile e il responsabile dell'abuso (o i responsabili ove siano più d’uno) che potrebbe non avere una relazione giuridica qualificata con il bene ma è, comunque, titolare dell’interesse alla rimozione degli effetti negativi derivanti dalla realizzazione di opere abusive.
In ordine al rapporto tra i due soggetti, il TAR Milano ricorda che il Consiglio di Stato evidenzia, in relazione alla diversa previsione dell’art. 31 della L. n. 47/1985, come non sia comunque consentito il rilascio della conseguente concessione edilizia in sanatoria senza che sia acquisito in modo univoco il consenso comunque manifestato dal proprietario (Consiglio di Stato, Sez. VI, 22.5.2018, n. 3049). Con specifico riferimento alle situazioni di comproprietà il Consiglio di Stato sottolinea come “il soggetto legittimato alla richiesta del titolo abilitativo deve essere colui che abbia la totale disponibilità del bene, pertanto l’intera proprietà dello stesso e non solo una parte o quota di esso”; non può, quindi, riconoscersi legittimazione “al semplice proprietario pro quota ovvero al comproprietario di un immobile, e ciò per l’evidente ragione che diversamente considerando il contegno tenuto da quest’ultimo potrebbe pregiudicare i diritti e gli interessi qualificati dei soggetti con cui condivida la propria posizione giuridica sul bene oggetto di provvedimento”; pertanto, “in caso di pluralità di proprietari del medesimo immobile, di conseguenza, la domanda di rilascio di titolo edilizio - sia esso o meno titolo in sanatoria di interventi già realizzati - dovrà necessariamente provenire congiuntamente da tutti i soggetti vantanti un diritto di proprietà sull’immobile, potendosi ritenere d’altra parte legittimato alla presentazione della domanda il singolo comproprietario solo ed esclusivamente nel caso in cui la situazione di fatto esistente sul bene consenta di supporre l’esistenza di una sorta di c.d. pactum fiduciae intercorrente tra i vari comproprietari (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 settembre 2016, n. 3823)” (Consiglio di Stato, Sez. II, 12.3.2020, n. 1766).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2919 del 24 dicembre 2021.
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Il TAR Milano osserva che ai sensi dell’art. 14 del DPCM 16 febbraio 2016, n. 40 nonché dell’art. 14 del successivo decreto del Presidente del Consiglio di Stato 28 luglio 2021 “I difensori possono eseguire la notificazione a mezzo PEC a norma dell'articolo 3-bis della legge 21 gennaio 1994, n. 53”. A sua volta l’art. 3 bis della legge n. 53/1994 dispone, al comma 3, che “La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall'articolo 6, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68”.
Il dato positivo sopra richiamato fornisce la regola da applicare, con la conseguenza che occorre avere riguardo al “momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione” fornita dal gestore di posta elettronica certificata.
Nella fattispecie il TAR ha dichiarato irricevibile il ricorso in presenza di una ricevuta di accettazione che è stata generata alle ore 00:00:38 del giorno successivo al giorno di scadenza del termine.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2893 del 22 dicembre 2021.
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La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 28, comma 1, lettera a), della legge della Regione Lombardia 7 agosto 2020, n. 18 (Assestamento al bilancio 2020-2022 con modifiche di leggi regionali), come delimitato – nel suo ambito di applicazione – dall’art. 20, comma 2, lettera b), della legge della Regione Lombardia 27 novembre 2020, n. 22 (Seconda legge di revisione normativa ordinamentale 2020).
Oggetto di impugnazione da parte dello Stato è il citato art. 28, rubricato «Differimento di termini e sospensione dell’efficacia di atti in materia di governo del territorio in considerazione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19», che ha disposto «[a]nche in considerazione del permanere di gravi difficoltà per il settore delle costruzioni, derivanti dall’emergenza epidemiologica da COVID-19», la proroga della validità di atti e titoli abilitativi.
In particolare l’art. 28, comma l, ha previsto, alla lettera a), la proroga della validità di «tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti o titoli abilitativi, comunque denominati, in scadenza dal 31 gennaio 2020 e fino al 31 dicembre 2021, per tre anni dalla data di relativa scadenza», e, alla lettera b), la proroga della validità delle «convenzioni di lottizzazione di cui all’articolo 46 della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) e dei termini da esse stabiliti, nonché di quelli contenuti in accordi similari, comunque denominati, previsti dalla legislazione regionale in materia urbanistica, stipulati antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge, che conservano validità per tre anni dalla relativa scadenza».
In linea preliminare, occorre rilevare che, successivamente alla proposizione del ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato di rinunciare al ricorso limitatamente alla impugnazione dell’art. 28, comma 1, lettera b), della legge reg. Lombardia n. 18 del 2020, in ragione della sopravvenuta abrogazione della citata disposizione ad opera dell’art. 18, comma 1, lettera a), della legge della Regione Lombardia 27 novembre 2020, n. 22 (Seconda legge di revisione normativa ordinamentale 2020).
Ciò ha comportato l’estinzione del processo, limitatamente alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 28, comma 1, lettera b), della legge reg. Lombardia n. 18 del 2020, promossa dal Governo in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost.
Sempre in linea preliminare, va messo in risalto che in giudizio la Regione ha segnalato l’ulteriore sopravvenienza normativa costituita dal comma 1-bis dell’art. 28 della legge reg. Lombardia n. 18 del 2020, inserito dall’art. 20, comma 2, lettera b), della legge reg. Lombardia n. 22 del 2020, entrata in vigore il 30 novembre 2020, precisando che tale disposizione ha escluso le autorizzazioni paesaggistiche dalla proroga di cui al comma 1.
Il periodo di vigenza della disposizione regionale impugnata – 11 agosto 2020-30 novembre 2020 – è allineato con la disciplina statale, contenuta nell’art. 103, comma 2-sexies, del d.l. n. 18 del 2020, aggiunto dal decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, convertito, con modificazioni, in legge 27 novembre 2020, n. 159; la norma regionale impugnata avrebbe potuto operare dopo novanta giorni dalla scadenza della dichiarazione dello stato di emergenza previsto dalla normativa statale, ovvero dopo il 31 gennaio 2021 e dunque non ha trovato applicazione,
Tale sopravvenienza ha comportato la cessazione della materia del contendere con riguardo alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 28, comma 1, lettera a), della legge reg. Lombardia n. 18 del 2020, nella sola parte relativa alla proroga delle autorizzazioni paesaggistiche.
Così delimitata la materia del contendere, la Corte costituzionale ha dichiarato che l’art. 28, comma 1, lettera a), della legge reg. Lombardia n. 18 del 2020, nel disporre la proroga dei titoli abilitativi in modo difforme da quanto previsto nella disciplina statale (artt. 103, comma 2, d.l. n. 18 del 2020, come convertito, e 10, comma 4, d.l. n. 76 del 2020, come convertito), entra in collisione con un principio fondamentale della materia governo del territorio di competenza legislativa concorrente.
Il principio fondamentale che viene in rilievo riguarda la durata dei titoli abilitativi, nella cui determinazione si ravvisa un punto di equilibrio fra i contrapposti interessi oggetto di tutela, inerenti alla realizzazione di interventi di trasformazione del territorio compatibili con la tutela dell’ambiente e dell’ordinato sviluppo urbanistico, per ciò stesso assegnato a titolo esclusivo al legislatore statale, secondo il sistema delineato dal d.P.R. n. 380 del 2001.
Incidendo sulla durata, le norme statali interposte partecipano della natura di “principio fondamentale” che connota la disciplina dei titoli abilitativi, con l’effetto di vincolare le Regioni.
In conclusione, secondo la Corte, si deve dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 28, comma 1, lettera a), della legge della Regione Lombardia 7 agosto 2020, n. 18, con esclusione della parte in cui, nel testo antecedente all’entrata in vigore della legge reg. Lombardia n. 22 del 2020, prevedeva la proroga delle autorizzazioni paesaggistiche.

Corte Costituzionale n. 245 del 21 dicembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte Costituzionale.


Il TAR Brescia, con riferimento alla norma di cui al comma 3 dell’art. 13-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247, ai sensi della quale “La pubblica amministrazione, in attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”, ossia successivamente al 6 dicembre 2017, osserva:
<<3.7. La norma in parola, infatti, nell’estendere anche alle pubbliche amministrazioni l’obbligo di applicare l’istituto dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi da esse conferiti, è finalizzata ad assicurare una speciale protezione al professionista, quale parte debole del rapporto contrattuale, in tutti i casi in cui la pubblica amministrazione, a causa della propria preponderante forza contrattuale, definisca unilateralmente la misura del compenso spettante al professionista e lo imponga a quest’ultimo senza alcun margine di contrattazione; e ciò sia in occasione di affidamenti diretti dell’incarico professionale, sia nella determinazione della base d’asta nel contesto di procedure finalizzate all’affidamento dell’incarico professionale secondo le regole dell’evidenza pubblica.
3.8. La norma non trova invece applicazione ove la clausola contrattuale relativa al compenso per la prestazione professionale sia oggetto di trattativa tra le parti o, nelle fattispecie di formazione della volontà dell’amministrazione secondo i principi dell’evidenza pubblica, ove l’amministrazione non imponga al professionista il compenso per la prestazione dei servizi legali da affidare (in tal senso cfr. di recente, TAR Milano, Sez. I, 29 aprile 2021 n. 1071). E ciò per l’evidente motivo che nel caso in cui il professionista non sia costretto ad accettare supinamente il compenso predeterminato unilateralmente dall’amministrazione, ma contratti liberamente il proprio compenso su un piano paritetico con la committente, viene meno quella speciale esigenza di protezione del professionista, quale parte debole del rapporto contrattuale, su cui si fonda la ratio dell’istituto dell’equo compenso.>>
TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 1088 del 20 dicembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ricorda che con sentenza del 2 luglio 2020, n. 12, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha affermato il principio di diritto per cui il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione, normalmente decorrente dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, subisce una dilazione temporale ove sia stata proposta istanza di accesso agli atti di gara ed i motivi di ricorso derivino dalla “conoscenza dei documenti che completino l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta”.
Aggiunge il TAR che tale conclusione rappresenta il punto di equilibrio tra il principio della piena conoscenza o della conoscibilità degli atti di gara ed il principio antagonista di celerità dei procedimenti per gli affidamenti degli appalti pubblici, entrambi compendiati nell’articolo 120, comma 5, del codice del processo amministrativo; la dilazione temporale del termine di impugnazione dell’aggiudicazione deve pertanto essere individuata - ai sensi dell’articolo 76, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, subentrato all’abrogato articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 - in quindici giorni, tale essendo il termine massimo previsto dalla norma per la comunicazione delle ulteriori informazioni sull’aggiudicazione, fornite dalla stazione appaltante su richiesta scritta dell’interessato (Consiglio di Stato, Sezione V, 20 settembre 2019, n. 6251); solo ove la stazione appaltante rifiuti di fornire tali informazioni o assuma un atteggiamento ostinatamente dilatorio ed ostativo all’immediata conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario o delle giustificazioni rese nel corso del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione inizia a decorrere dall’effettiva conoscenza degli stessi (Consiglio di Stato, Sezione III, 6 marzo 2019, n. 1540).

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2854 del 20 dicembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che la mancata attuazione degli impegni assunti attraverso un atto di asservimento (avente ad oggetto nella fattispecie la realizzazione di spazi per parcheggio ad uso pubblico) rende legittimo – e altresì necessario – l’intervento sanzionatorio comunale, attraverso il quale deve essere ripristinata – o posta in essere per la prima volta – la condizione, la cui realizzazione era stata assunta dalla parte istante, cui era subordinato il rilascio del titolo edilizio o la sua formazione in seguito al decorso del tempo (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 24 novembre 2021, n. 2603).
Aggiunge il TAR che:
<<Del resto, secondo una condivisibile giurisprudenza, “gli obblighi di facere (realizzare le opere di urbanizzazione) e di dare (…) sono assunti, infatti, a fronte dell’esercizio dell’attività di pianificazione da parte del comune e dei vantaggi astrattamente ritraibili dagli investitori dall’esercizio di questa potestà” (Consiglio di Stato, IV, 16 luglio 2021, n. 5358) e deve essere garantita la loro permanenza e attuazione nel corso del tempo, con la conseguenza che un inadempimento del privato determina uno squilibrio nell’assetto del territorio cui deve essere posto rimedio o dando attuazione ai ridetti obblighi o rimuovendo l’intervento edilizio e i suoi effetti>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2800 del 14 dicembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano precisa che, pur non avendo le ordinanze contingibili e urgenti carattere sanzionatorio, ma solo ripristinatorio, con conseguente irrilevanza della previa individuazione di una responsabilità in capo al proprietario dell’area, non è possibile indirizzare le stesse a coloro (in cui vanno ricompresi i proprietari) che non si trovano in rapporto diretto con il bene e, di conseguenza, non hanno la possibilità di eliminare la riscontrata situazione di pericolo (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 19 novembre 2021, n. 2568; T.A.R. Campania, Salerno, I, 25 novembre 2019, n. 2090); del resto, si è ritenuto che «l’ingiunzione che impone un obbligo di facere inesigibile, in quanto rivolto alla demolizione di un immobile che è stato sottratto alla disponibilità del destinatario del comando (...), difetta di una condizione costituiva dell’ordine, e cioè, l’imposizione di un dovere eseguibile» (Consiglio di Stato, VI, 17 maggio 2017, n. 2337; V, 28 settembre 2015, n. 4504).
(Nella fattispecie, in ragione dell’occupazione di un compendio da parte di soggetti estranei, alcune famiglie nomadi, con ordinanza contingibile e urgente, il Sindaco ha ordinato alla ricorrente, ai proprietari delle aree confinanti e agli occupanti di fatto delle aree in questione, di provvedere, entro quindici giorni dal ricevimento dell’ordinanza, (i) a rimuovere i rifiuti eterogenei presenti in conformità alle disposizioni di legge ed effettuare la completa pulizia dei luoghi, (ii) a rimuovere e/o destinare ad un centro di raccolta e demolizione autorizzato le strutture utilizzate come abitazioni presenti, in quanto incompatibili all’uso abitativo per le motivazioni evidenziate in premessa dall’A.S.L., e (iii) a effettuare, in caso di confermata presenza di ratti, i necessari interventi di sanificazione, fino alla completa risoluzione del problema, al fine di tutelare la salute di persone e animali).

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2815 del 15 dicembre 2021.
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Il TAR Milano precisa che il principio della esclusione dell’offerta per difformità dai requisiti minimi, anche in assenza di espressa comminatoria di estromissione dalla procedura selettiva, non può che valere nei casi in cui la disciplina di gara prevede qualità del prodotto che con assoluta certezza si qualifichino come caratteristiche minime, vuoi perché espressamente definite come tali nella disciplina stessa, vuoi perché la descrizione che se ne fa nella disciplina di gara è tale da farle emergere come qualità essenziali della prestazione richiesta; mentre - ove questa certezza non vi sia e sussista al contrario un margine di ambiguità circa l’effettiva portata delle clausole del bando - riprende vigore il principio residuale che impone di preferire l’interpretazione della lex specialis maggiormente rispettosa del principio del favor partecipationis e dell’interesse al più ampio confronto concorrenziale, oltre che della tassatività delle cause di esclusione.
Aggiunge il TAR che l’interpretazione degli atti amministrativi, ivi compresi i bandi di gara, soggiace alle stesse regole dettate dall’art. 1362 e segg. cod.civ. per l’interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata all’interpretazione letterale, in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, perché gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento, che impone alla pubblica Amministrazione di operare in modo chiaro e lineare, tale da fornire ai cittadini regole di condotte certe e sicure, soprattutto quando da esse possano derivare conseguenze negative; sì che la dovuta prevalenza da attribuire alle espressioni letterali, se chiare, contenute nel bando esclude ogni ulteriore procedimento ermeneutico per rintracciare pretesi significati ulteriori e preclude ogni estensione analogica intesa ad evidenziare significati inespressi e impliciti, che rischierebbe di vulnerare l’affidamento dei partecipanti e la par condicio dei concorrenti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2799 del 13 dicembre 2021.
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Il TAR Milano osserva che gli effetti obbligatori discendenti dalle convenzioni urbanistiche o dagli atti ad esse equiparati non sono soggetti a scadenza, a differenza del regime urbanistico conseguente alla pianificazione attuativa o al rilascio del titolo edilizio.

Osserva al riguardo che:
<<Secondo una recente giurisprudenza, difatti, «gli obblighi di cessione recati da una convenzione di lottizzazione ovvero dagli atti a questa assimilabili devo essere ritenuti imprescrittibili (cfr. Cons. St., sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4278; sez. IV, 30 novembre 2015, n. 5413; da ultimo, sez. IV, 26 febbraio 2019, n. 1341; sez. IV, n. 3672 del 14 giugno 2018; sez V, 31 agosto 2017, n. 4144), atteso che:
c.1) quanto al significato da attribuire agli artt. 16, 17 e 28 della legge urbanistica - secondo cui l’efficacia dei piani particolareggiati ha un termine entro il quale le opere debbano essere eseguite, che non può essere superiore a dieci anni - “l’imposizione del termine suddetto va intesa nel senso che le attività dirette alla realizzazione dello strumento urbanistico, sia convenzionale che autoritativo, non possono essere attuate ai sensi di legge oltre un certo termine, scaduto il quale l’autorità competente riacquista il potere-dovere di dare un nuovo assetto urbanistico alle parti non realizzate, anche, in ipotesi, con una nuova convenzione di lottizzazione. Ne segue che, se, e fino a quando, tale potere non viene esercitato, l’assetto urbanistico dell’area rimane definito nei termini disposti con la convenzione di lottizzazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 febbraio 2007, n. 851)” (sentenza n. 4278/2014, cit.);
c.2) tale interpretazione è conforme alle statuizioni dell’Adunanza plenaria, secondo cui le conseguenze della scadenza dell’efficacia del piano attuativo “si esauriscono [...] nell’ambito della sola disciplina urbanistica, non potendo invece incidere sulla validità ed efficacia delle obbligazioni assunte dai soggetti attuatori degli interventi che solo mediatamente trovano fonte nel piano urbanistico attuativo (nel caso di specie, piano di zona), radicandosi piuttosto nelle convenzioni urbanistiche, disciplinate dall’art. 11 della legge n. 167 del 1962, come modificato dalla legge n. 865 del 1971, ovvero negli atti d’obbligo accessivi al provvedimento di assegnazione” (Cons. Stato, Adunanza plenaria, 20 luglio 2012, n. 28)» (Consiglio di Stato, IV, 7 ottobre 2021, n. 6717)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2800 del 14 dicembre 2021.
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Il TAR Milano precisa che
<<la revoca del mandato ad entrambi i difensori, effettuata dalla parte ricorrente …, non seguita dalla nomina e dalla costituzione in giudizio di un nuovo difensore, non incide sul rapporto processuale, il quale, a differenza del rapporto di prestazione d’opera, resta validamente costituito ai fini della prosecuzione del giudizio>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2774 del 9 dicembre 2021.
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Secondo il TAR Brescia, la rotazione prevista dall’art. 36, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016 nonché dalle linee guida ANAC n. 4/2016 non è imposta qualora la stazione appaltante non operi alcuna limitazione in ordine al numero di operatori economici tra i quali effettuare la selezione (ex multis Consiglio di Stato sez. III, 04/02/2020, n. 875); indicazione, questa, che compare anche nelle linee guida dell’ANAC numero 4, nella versione adottata con delibera 1 marzo 2018 n. 206.

TAR Lombardia, Brescia, I, n. 1004 del 2 dicembre 2021.
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Il TAR Milano precisa che rispetto ad una ordinanza contingibile e urgente non rileva la risalenza nel tempo della situazione di pericolosità, atteso che il momento in cui l’ordinanza è adottata segna il limite oltre il quale il rischio non è più accettabile per la collettività e si avverte come indispensabile l’intervento per scongiurare il danno; come pure non rileva che nessun accadimento si sia realizzato successivamente all’adozione dell’ordinanza, considerato che l’operato dell’Amministrazione deve essere verificato ex post ma sulla base di una valutazione prognostica in ragione degli elementi conosciuti o conoscibili al momento dell’adozione dell’atto (c.d. criterio della “prognosi postuma”).
Aggiunge il TAR che, non avendo le ordinanze contingibili e urgenti carattere sanzionatorio, ma solo ripristinatorio, non richiedono la previa individuazione di una responsabilità in capo al proprietario dell’area; difatti, l’ordinanza viene indirizzata al predetto proprietario in quanto si tratta del soggetto che si trova in rapporto diretto con il bene e che per tale ragione ha la possibilità di eliminare la riscontrata situazione di pericolo; la natura poi di atto doveroso e vincolato nel contenuto dell’ordinanza contingibile e urgente, fa sì che la stessa non debba essere preceduta da avviso di avvio del relativo procedimento.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2568 del 19 novembre 2021.
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Il TAR Milano, esaminando un ricorso contro il Regolamento per la qualità dell'aria, approvato dal Comune di Milano con deliberazione del Consiglio Comunale n. 56, del 19.11.2020, nella parte in cui (art. 3, commi 1 e 2) vieta:
a) di installare (anche in sostituzione) generatori di calore per impianti termici civili aventi potenza termica nominale inferiore a 3 MW o a essi assimilati ai sensi della normativa regionale vigente, nonché apparecchi di riscaldamento localizzato alimentati con gasolio, kerosene e altri distillati leggeri e medi di petrolio e loro emulsioni; b) di utilizzare i medesimi impianti a far data dal 1° ottobre 2022,
ritiene che il potere esercitato vada ricondotto all’art. 50, comma 7 ter, del d.lgs. 267 del 2000, introdotto dall’art. 8 del d.l. n. 14 del 20.02.2017 (conv. l. 18 aprile 2017 n. 48).

Osserva al riguardo il TAR che:
<<Per quanto qui rileva, la norma dispone che “i comuni possono adottare regolamenti nelle materie di cui al [precedente] comma 5, secondo periodo”, così indicando quelle “situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana” che, ricorrendo l’ulteriore presupposto dell’urgente necessità di intervento, e prima della modifica normativa, avrebbero giustificato il (solo) ricorso al diverso potere sindacale di ordinanza contingibile e urgente.
L’addenda normativa, letta nel contesto dell’intera disposizione recata dall’art. 50, ha inteso affiancare allo strumento sindacale – utile a fronteggiare, come detto, situazioni contingenti e non altrimenti gestibili – un potere ordinario (consiliare), destinato a risolvere problematiche locali di identica natura, ma connotate, all’evidenza, da una tendenziale permanenza, idonea a travalicare la portata ed i limiti dei poteri attribuiti al Sindaco e, per l’effetto, bisognevoli di una gestione “strutturale” di lungo periodo. Così ricostruita la ratio del comma 7ter, è evidente che il legislatore del 2017 - nell’ intento, da un lato, di ridefinire i confini netti del potere sindacale e, dall’altro, di individuare mezzi più idonei ed efficaci a rispondere alle esigenze della comunità locale - si è mosso nel quadro del progressivo incremento di quei moduli di autonomia regolamentare, già riconosciuti, ad ampio spettro, dal dettato Costituzionale (art. 5, 114 e 117, comma 6, per cui: “I Comuni […] hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite”) e dalle legge ordinaria (in primis, art 3, commi 1 e 4 del T.U.E.L, per cui “Le comunità locali, ordinate in comuni e province, sono autonome” e “I comuni e le province hanno autonomia statutaria, normativa, organizzativa e amministrativa, nonché autonomia impositiva e finanziaria nell’ambito dei propri statuti e regolamenti e delle leggi di coordinamento della finanza pubblica”). E ciò nella consapevolezza che limite ultimo all’esercizio di un tale potere regolamentare è e resta sempre il collegamento funzionale con la cura degli interessi della comunità rappresentata che – quanto agli enti locali – si presenta come elemento ineludibile di una corretta interpretazione del principio di legalità (sostanziale) dell’agere amministrativo. Quanto a quest’ultimo profilo e volendo semplificare, alla base del corretto esercizio del potere regolamentare previsto dall’art. 7ter, deve collocarsi sempre e comunque, la necessità di gestire una situazione di disagio e/o (in)vivibilità (“degrado”) di rilievo locale, correlata al precipuo territorio di riferimento ed alla popolazione che ivi insiste>>
TAR Milano, III, 6 dicembre 2021 n. 2710
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.





Il TAR Milano precisa che un’offerta che non possiede le caratteristiche essenziali e indefettibili – ossia i requisiti minimi – delle prestazioni o del bene previsti dalla lex specialis della gara risulta carente di una condizione di partecipazione alla procedura selettiva, perché non è ammissibile che il contratto venga aggiudicato a un concorrente che non garantisca il minimo prestabilito che vale a individuare l’essenza stessa della res richiesta, e non depone in senso contrario la circostanza che la lex specialis non disponga espressamente la sanzione espulsiva per l’offerta che presenti caratteristiche difformi da quelle pretese, risolvendosi tale difformità in un aliud pro alio che comporta, di per sé, l’esclusione dalla gara, anche in mancanza di un’apposita comminatoria in tal senso (Consiglio di Stato, III, 8 luglio 2021, n. 5203; anche, Consiglio di Stato, III, 14 maggio 2020, n. 3084; III, 11 dicembre 2019, n. 8429; V, 25 luglio 2019, n. 5260; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 27 settembre 2021, n. 2062; anche, 14 giugno 2021, n. 1445).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2410 del 3 novembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 20, comma 1, della legge della Regione Lombardia 21 maggio 2020, n. 11 (Legge di semplificazione 2020) che prevede, per il riesame dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA), con valore di rinnovo, effettuato a seguito dell’emanazione delle conclusioni sulle BAT (best available techniques) ai sensi dell’art. 29-octies, comma 3, lettera a), d.lgs. n. 152 del 2006, e in assenza di modifiche che implichino l’attivazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA) o di verifica di assoggettabilità a VIA, la convocazione di norma di una conferenza di servizi in forma semplificata e in modalità asincrona.
Secondo la Corte, la norma regionale si pone in contrasto con l’art. 29-quater, comma 5, d.lgs. n. 152 del 2006, come risultante dal testo modificato dall’art. 5, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 127 del 201l; il legislatore statale ha, infatti, stabilito, in ragione della complessità di tali procedure, che la conferenza di servizi per il rilascio – e il riesame con valore di rinnovo – dell’AIA si debba svolgere in forma simultanea e in modalità sincrona.

Corte costituzionale n. 233 del 3 dicembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte Costituzionale.


Il TAR Milano, con riferimento ad un ricorso eccedente i limiti dimensionali stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dello Stato 22 dicembre 2016, n. 167 e succ. mod., osserva come tale superamento debba essere “comunque sempre valutato, secondo un canone di ragionevolezza che contemperi in modo equilibrato, e non esasperato, l'obbligo di sinteticità con la garanzia della tutela giurisdizionale, alla luce delle esigenze difensive che abbiano indotto la parte a superare il limite massimo delle pagine” (Consiglio di Stato, Sez. III, 12.10.2020, n. 6043).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2569 del 19 novembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano, con riferimento a un dia presentata senza allegare (entro la fine lavori) un atto di pertinenzialità richiesto dal regolamento edilizio, ritiene corretta la valutazione del Comune secondo la quale la carenza dell’atto di pertinenzialità rende non conforme al titolo e quindi abusiva la superficie realizzata e, pertanto, deve escludersi l’applicabilità al caso di specie delle disposizioni del c.d. “Piano Casa” (legge regionale n. 4 del 2012), trattandosi di “edifici realizzati in assenza di titolo abilitativo o in totale difformità, anche condonati”.
Il TAR osserva al riguardo che
<<In effetti, esaminando la concreta fattispecie oggetto di giudizio, emerge che la d.i.a. del … non è mai divenuta efficace, in assenza del vincolo unilaterale di pertinenzialità che si era impegnata a produrre la dante causa del ricorrente. Tale vincolo risultava necessario al fine di rendere conforme alla vigente regolamentazione urbanistica ed edilizia l’intervento correlato alla realizzazione di locali pertinenziali, posto che diversamente gli stessi sarebbero stati computati nella s.l.p. e avrebbero determinato il superamento della superficie ammessa, con il correlato dovere in capo al Comune di inibire l’intervento …
A conforto di tale soluzione milita la circostanza che, a differenza del caso riguardante l’adozione di un provvedimento amministrativo, qual è il permesso di costruire, il cui contenuto e gli effetti sono totalmente riferibili all’Amministrazione procedente, pur in presenza di un procedimento avviato o mediato da un’istanza del privato, in caso di utilizzo del modulo procedimentale riconducile alla d.i.a. (oggi s.c.i.a.) ci si trova al cospetto di un’attività e di un atto soggettivamente e oggettivamente privati (cfr. art. 19, comma 6 ter, della legge n. 241 del 1990; Corte costituzionale, sentenza n. 45 del 13 marzo 2019; Consiglio di Stato, II, 12 marzo 2020, n. 1795; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 26 giugno 2020, n. 1205) che, pur abilitando all’esecuzione di determinate categorie di interventi edilizi, richiedono comunque la necessaria sussistenza di tutti gli altri presupposti stabiliti dalla normativa, soprattutto quelli posti a presidio del rispetto della disciplina urbanistica, in carenza dei quali la segnalazione non può esplicare alcun effetto>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2603 del 24 novembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano, in una controversia concernente la debenza o meno del contributo di costruzione, ritiene tempestiva l’eccezione di prescrizione sollevata dal Comune resistente nella memoria ex art. 73 c.p.a.
Al riguardo il TAR osserva che “Secondo l’orientamento consolidato, infatti, nel processo amministrativo non trovano applicazione le preclusioni processuali di cui all’art. 167 cod. proc. civ.; pertanto, l’eccezione di prescrizione può essere proposta anche dopo la scadenza del termine di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate in primo grado (in tal senso, da ultimo, TRGA Trento n. 103 del 22.6.2021)”.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2634 del 29 novembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.