Il TAR Brescia, nell’ambito di una procedura di appalto di servizi, fa applicazione del principio del “one shot temperato”, per cui, dopo che il ricorrente ha ottenuto dal giudice amministrativo l’accoglimento della domanda di annullamento, è dovere della stessa P.A. riesaminare una seconda volta soltanto l'affare nella sua “interezza”, sollevando tutte le questioni rilevanti, con definitiva preclusione per l'avvenire di tornare ancora a decidere sfavorevolmente per il privato, sollevando questioni in precedenza trascurate: con ciò evitando che la P.A. possa riprovvedere più volte a sfavore del ricorrente, con successivi reiterati annullamenti in sede giurisdizionale delle determinazioni da quella assunte, eludendo in tal modo l’obbligo di soddisfare effettivamente l’interesse sostanziale del ricorrente. Tale principio costituisce il punto di equilibrio tra due opposte esigenze: la garanzia di inesauribilità del potere di amministrazione attiva e la portata cogente del giudicato di annullamento con i suoi effetti conformativi.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 779 del 24 ottobre 2023








Il TAR Milano osserva che deve ritenersi sussistente l’impossibilità materiale di indicazione separata dei costi per la manodopera a fronte di una modulistica predisposta dall’amministrazione nella quale non vi siano spazi per il loro inserimento; il TAR richiama al riguardo quanto affermato nella sentenza della Corte di giustizia UE, 2.5.2019, C-309/18 cit., secondo cui, “l’obbligo di trasparenza implica che tutte le condizioni e le modalità della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d’oneri” (punto 19); pertanto, ai fini della valutazione delle conseguenze dell’omessa indicazione dei costi di cui all’art. 95 c. 10 cit., è essenziale valutare se la documentazione di gara “generasse confusione in capo agli offerenti” (punto 30).

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2475 del 26 ottobre 2023


Il TAR Milano precisa che la natura espropriativa del vincolo viene meno nel caso di realizzazione dell’opera da parte del privato solo se l’opera realizzabile, sia pure con le limitazioni dovute alla conformazione, può comunque essere posta sul mercato scontando il meccanismo usuale della domanda e offerta per la determinazione del prezzo. Solo in questo caso il privato, potendo sfruttare economicamente l’opera, può ottenere un vantaggio economico che esclude l’indennizzabilità del vincolo e quindi ottiene un vantaggio dall’esercizio dello jus aedificandi nella forma di un immobile a servizio del pubblico. Tale condizione invece non sussiste nel caso in cui l’opera soddisfi solo interessi pubblici e non sia idonea ad un vantaggio privato, come un attraversamento pedonale ad uso pubblico, in quanto si tratta di opera “c.d. fredda” cioè non idonea a remunerare l’esercizio dello jus aedificandi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2462 del 25 ottobre 2023


Il TAR Milano ricorda che l'art. 9 della Legge n. 122 del 1989 - ai sensi del quale “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici” - deve essere interpretato nel senso che la normativa ivi prevista riguarda i soli edifici esistenti e non anche gli edifici nuovi, per i quali trova invece applicazione l'art. 41-sexies della Legge urbanistica n. 1150 del 1942, come sostituito dall'art. 2 della Legge n. 122 del 1989, per il quale “Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione".

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2466 del 25 ottobre 2023


Il TAR Milano precisa, con riferimento alle modalità con cui l’ARPA ha effettuato dei rilievi fonometrici, nessuna delle disposizioni richiamate da parte ricorrente (la legge n. 447/1995, il d.M. 16 marzo 1998, con particolare riferimento al punto 12 dell’Allegato A, il d.P.C.M. 1 marzo 1991 e il d.P.C.M. 14 novembre 1997) impone la coincidenza temporale dei rilevamenti riguardanti il rumore ambientale e il rumore residuo, mentre la circostanza che i rilievi fonometrici siano stati effettuati in due giornate differenti non risulta, di per sé, sintomo di inattendibilità dell'accertamento svolto. Invero, il punto 12 dell'allegato A al d.M. del 16 marzo 1998 (recante “Tecniche di rilevamento e di misurazione dell'inquinamento acustico”) prevede che il livello di rumore residuo debba essere misurato con le identiche modalità impiegate per la misura del rumore ambientale e non deve contenere eventi sonori atipici. La disposizione non prevede, quindi, che la misurazione debba avvenire nella medesima giornata, richiedendosi, piuttosto, una identica strumentazione, ovvero una stessa impostazione dei parametri e del punto di misurazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2421 del 23 ottobre 2023

In un diverso giudizio, il TAR Milano accoglie un ricorso nella parte in cui la ricorrente (che gestisce un esercizio pubblico dove viene esercitata l’attività di somministrazione di cibo e bevande e di organizzazione di eventi d’intrattenimento e di spettacolo) lamenta che i rilievi fonometrici non sono stati effettuati sulla base della c.d. uniformità del clima acustico in quanto il rumore ambientale e il rumore residuo risultano essere stati rilevati in appartamenti diversi. Se è vero che la necessaria misurazione, ai sensi del citato D.M. 16 marzo 1998, "con le identiche modalità impiegate per la misura del rumore ambientale" non implica identità di data e orario, la previsione normativa mostra comunque la ratio evidente di garantire quella sostanziale uniformità di clima acustico rivendicata dalla ricorrente. Il Collegio considera, quindi, che nel caso in esame sia mancata la uniformità del clima acustico risultando evidente che le misurazioni relative al rumore ambientale e quelle relative al rumore residuo non sono state effettuate nello stesso appartamento per cui il provvedimento impugnato risulta illegittimo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2422 del 23 ottobre 2023


Il TAR Milano ricorda che, secondo la giurisprudenza, per la delimitazione dell’ambito dell’effetto conformativo del giudicato amministrativo, la giurisprudenza afferma che occorre avere riguardo alla tipologia e al numero dei motivi accolti e distinguere le sentenze a effetto vincolante pieno, con le quali l’atto viene annullato per difetto dei presupposti soggettivi o oggettivi o per violazione di termini perentori relativi all’esercizio del potere, da quelle a effetto vincolante strumentale, con le quali l’annullamento per vizi formali (come quelli procedimentali o di mero difetto di motivazione) impone soltanto all’amministrazione di eliminare il vizio dall’atto senza vincolarla in alcun modo nei contenuti. La portata effettiva del giudicato va ricostruita sulla base di una lettura congiunta del dispositivo della sentenza e della parte motiva, che vanno inoltre correlate ai dati oggettivi di identificazione delle domande (causa petendi e petitum) proposte dalla parte ricorrente, considerando che il potere residuo dell’amministrazione in sede di riedizione del potere dopo una pronuncia di annullamento va delimitato con riferimento al tipo di vizio riscontrato e che, in ogni caso, l’effetto conformativo si estende all’obbligo di porre in essere una attività successiva conforme ai canoni di legittimità individuati dalla pronuncia da eseguire.
Qualora poi, sulla medesima questione si siano formati due giudicati contrastanti, al fine di stabilire quale dei due debba prevalere occorre fare riferimento al criterio temporale, nel senso che il secondo giudicato prevale in ogni caso sul primo, purché la seconda sentenza contraria ad altra precedente non sia stata sottoposta a revocazione, impugnazione peraltro ammessa esclusivamente ove la decisione oggetto della stessa non abbia pronunciato sulla relativa eccezione di giudicato.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2402 del 23 ottobre 2023


In una procedura negoziata per la fornitura di apparecchiature mediche, il TAR Brescia ha valutato positivamente una prescrizione tecnica che prevedeva l’obbligo delle ditte concorrenti di proporre un solo tipo di apparecchiatura, senza proposte alternative, pena l’esclusione dalla gara. Ciò in conformità al principio di unicità dell’offerta, posto a presidio, da un lato, del buon andamento, dell’economicità e della certezza dell’azione amministrativa, per evitare che la stazione appaltante sia costretta a valutare plurime offerte provenienti dal medesimo operatore economico, tra loro incompatibili, e che perciò venga ostacolata nell’attività di individuazione della migliore offerta; e, dall’altro, a tutela della par condicio dei concorrenti, poiché la pluralità delle proposte attribuirebbe all’operatore economico maggiori possibilità di ottenere l’aggiudicazione o comunque di ridurre il rischio di vedersi collocato in posizione deteriore, a scapito dei concorrenti fedeli che hanno presentato una sola e univoca proposta corrispondente alla prestazione oggetto dell’appalto, alla quale affidare la loro unica ed esclusiva chance di aggiudicazione.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 762 del 16 ottobre 2023


Il TAR Milano rammenta che, ai fini della sussistenza delle condizioni dell'azione avverso provvedimenti lesivi dal punto di vista ambientale, il criterio della vicinitas - ovvero il fatto che i ricorrenti vivano abitualmente in prossimità del sito prescelto per la realizzazione dell'intervento o abbiano uno stabile e significativo collegamento con esso, tenuto conto della portata delle possibili esternalità negative - (criterio che non può più considerarsi dirimente ai fini della legittimazione ad agire nella materia dell’edilizia) rappresenta invece, sul piano della tutela dell’ambiente a fronte di atti che lo possano in via ipotetica compromettere, un elemento di per sé qualificante, fermo restando che pretendere la dimostrazione di un sicuro pregiudizio all'ambiente o alla salute, ai fini della legittimazione e dell'interesse a ricorrere, potrebbe costituire una probatio diabolica, tale da incidere sul diritto costituzionale di tutela in giudizio delle posizioni giuridiche soggettive.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2261 del 10 ottobre 2023


Il TAR Milano rammenta che la giurisprudenza è concorde nel ritenere che, ferma la possibilità di ammettere, in casi particolari, azioni di accertamento, atteso che nella impostazione del codice del processo amministrativo il contenuto della decisione deve modellarsi intorno alle necessità di tutela della posizione soggettiva dedotta in giudizio, tale ammissibilità è condizionata al rispetto dei limiti generali che il codice del processo pone ai poteri decisori del giudice, i quali sono costituiti dal divieto di pronunciarsi su questioni afferenti poteri non ancora esercitati, dal divieto di accertare la fondatezza della pretesa al di fuori dei casi in cui si tratti di attività vincolata o non residuino ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e dal divieto di adottare sentenze costitutive che pongano in essere un nuovo atto, modifichino o riformino quello impugnato al di fuori dei casi di giurisdizione di merito. Dunque, l'azione di accertamento, per essere esperibile in concreto, deve essere supportata da un interesse giuridicamente rilevante di chi agisce in giudizio diverso da quello consistente nella eliminazione degli effetti del provvedimento, occorrendo altrimenti esperire l'azione di annullamento, che è correlata al rispetto del termine decadenziale. (Nella fattispecie il TAR ha dichiarato inammissibile una domanda di accertamento di non debenza del contributo di costruzione, in quanto non era stato impugnato nei termini decadenziali il provvedimento che aveva inquadrato determinati lavori come di ristrutturazione edilizia e, per l’effetto, assoggettati al contributo di costruzione).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2365 del 17 ottobre 2023


Il TAR Milano osserva che la scelta di suddividere l’oggetto dell’appalto in più lotti ha una finalità pro-concorrenziale in quanto volta a di favorire l'accesso delle micro, piccole e medie imprese (c.d. concorrenza per il mercato). La stazione appaltante non deve motivare la scelta di suddividere l’oggetto dell’appalto in più lotti, ma deve motivare la scelta opposta ossia quella di non suddividere l'appalto in lotti. Il principio della suddivisione in lotti di un appalto, previsto dall’art. 51 D.lgs. 50 del 2016, può essere derogato, seppur attraverso una decisione adeguatamente motivata, espressione di una valutazione discrezionale dell’amministrazione, sindacabile dal giudice amministrativo soltanto nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria, in ordine alla decisione di frazionare o meno un appalto di grosse dimensioni. La scelta discrezionale della mancata suddivisione in lotti ha, quindi, come presupposto e limite la motivazione da cui evidentemente deve emergere la non irragionevolezza e pretestuosità della decisione di non suddividere la gara in lotti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2328 del 16 ottobre 2023


Il TAR Milano rammenta che quanto alla facoltà di rideterminare l’importo degli oneri di urbanizzazione da parte dell’amministrazione procedente, la giurisprudenza è ormai consolidata, quanto meno dalla decisione dell’Adunanza Plenaria 30 agosto 2018 n. 12, nel ritenere che il provvedimento de quo non ha natura discrezionale, in quanto, benché il contributo configuri una prestazione imposta di natura patrimoniale, la quantificazione della relativa misura non costituisce spendita di potere autoritativo, ma esercizio di un diritto di credito sulla base di parametri predeterminati, nell'ambito di un rapporto di natura paritetica. Non ha, quindi, pregio il riferimento all'istituto dell'autotutela o al divieto di retroattività degli atti amministrativi, proprio perché il rapporto obbligatorio fra privato e Amministrazione, avente ad oggetto la corresponsione del contributo, ha natura paritetica e non coinvolge l'esercizio di poteri autoritativi. La rideterminazione degli oneri, quindi, non solo può essere operata anche a distanza di tempo dal rilascio del titolo e dalla relativa quantificazione degli stessi, se l'Ente si avvede dell'erroneità del calcolo, ma essa può essere svolta tanto in bonam quanto in malam partem, in modo da ovviare o ad un indebito oggettivo, inammissibile nei rapporti di diritto amministrativo, ovvero per apprestare la doverosa tutela alle finanze locali.


Il TAR Milano osserva che sul tema dei rapporti fra VIA e VAS va ricordato che, pur sussistendo dei punti di contatto fra i due istituti, la seconda si discosta dalla prima quanto ad ambito applicativo, mirando alla valutazione preventiva degli effetti sull’ambiente non tanto di attività progettuali, quanto di azioni pianificatorie e programmatiche, anticipando, così, lo strumento della tutela ad una fase antecedente alla redazione e stesura del singolo progetto da realizzare. Detto altrimenti, la VAS presenta un carattere complessivo e non può approfondire, per ogni singola opera, tutti i profili ambientali, poiché, essendo finalizzata alla soluzione di problemi su scala geografica più ampia, si concentra sugli impatti strategici, mentre è compito della VIA operare a livello di specifico intervento. Ne discende, pertanto, che le questioni attinenti alla localizzazione delle singole opere non costituiscono dimensione di analisi strategica propria della VAS ex art. 6, comma 12, d.lgs. 152/2016.


Sul BURL di oggi, Supplemento n. 41 del 13 ottobre 2023, è stata pubblicata la legge regionale 10 ottobre 2023, n. 3 "Conferimento ai comuni di funzioni in materia di bonifica di siti contaminati".
Con la legge n. 3 del 2023, la Regione conferisce ai comuni le funzioni amministrative relative alle procedure di bonifica e di messa in sicurezza, nonché alle misure di riparazione e di ripristino ambientale di siti contaminati che ricadono nell’ambito del territorio di un solo comune e disciplina i poteri regionali di indirizzo, coordinamento e controllo sulle funzioni conferite, nonché il supporto tecnico-amministrativo e l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte della medesima Regione, secondo quanto previsto dall’articolo 22 del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104 convertito dalla legge 9 ottobre 2023, n. 136.



Il TAR Milano accoglie la censura di incompetenza sollevata avverso un decreto dirigenziale con cui il Comune ha disposto l’acquisizione ex art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001, in quanto l’art. 42, comma 2, lett. l), del D.Lgs. n. 267/2000 riserva ogni decisione in materia di acquisti e alienazioni immobiliari al Consiglio Comunale. Tale norma dispone, infatti, che l’organo consiliare sia compente in via esclusiva all’adozione di atti riguardanti “acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della giunta, del segretario o di altri funzionari”, inclusa l’ipotesi di acquisto di immobili disciplinata dall’art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001. Del resto, essendo l’acquisizione sanante provvedimento connotato da ampia discrezionalità, è al Consiglio Comunale che spetta ogni apprezzamento in ordine alla sussistenza dei presupposti di utilità attuale e di interesse pubblico alla conservazione dell’immobile utilizzato per causa di pubblica utilità e circa gli altri presupposti di legge.


Il TAR Milano respinge la tesi dei ricorrenti secondo la quale, all’esito di una bonifica condotta a seguito di analisi di rischio specifica e parametrata alle CSR (concentrazioni soglia di rischio) e non alle CSC (concentrazioni soglia di contaminazione), sarebbe possibile qualificare le terre e rocce da scavo come sottoprodotto, con conseguente utilizzabilità in siti diversi da quello di produzione, purché risultino rispettati i valori di CSC del sito di destinazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2262 del 10 ottobre 2023


Il TAR Milano precisa che l'accesso ai documenti va considerato non solo ed esclusivamente come un istituto capace di permettere la conoscenza dei documenti amministrativi in via strumentale alla partecipazione procedimentale o alla difesa in giudizio, ma anche come idoneo ad ottenere la conoscenza di atti del procedimento amministrativo ogniqualvolta venga allegata la sussistenza di un interesse alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, la cui nozione è più ampia ed estesa rispetto a quella dell'interesse all'impugnazione, potendo avere ad oggetto atti idonei a dispiegare effetti diretti o indiretti nei confronti dell'istante indipendentemente dalla sussistenza o meno di una loro lesività.


Il TAR Milano ricorda che la violazione dei termini perentori sanciti dall’art. 73, co.1, c.p.a. deve essere verificata in relazione all’udienza in cui effettivamente l’affare viene trattenuto in decisione, sicché il differimento dell’udienza impone di computare i termini a ritroso sanciti dal menzionato art. 73 in relazione alla nuova data.


Il TAR Milano chiarisce che il divieto di accesso agli stadi ove si disputano gli incontri di calcio c.d. DASPO costituisce una misura di prevenzione che presuppone la pericolosità sociale e non già la commissione di un reato; per la sua adozione è sufficiente l'accertamento di un fumus di attribuibilità alla persona sottoposta alla misura delle condotte rilevanti, al fine della verifica della pericolosità del soggetto. Il divieto di accesso agli impianti sportivi può essere imposto non solo nel caso di accertata lesione, ma anche in caso di pericolo di lesione dell'ordine pubblico, come nel caso di semplici condotte che comportano o agevolano situazioni di allarme e di pericolo; detto potere si connota infatti di un'elevata discrezionalità, in considerazione delle finalità di pubblica sicurezza cui è diretto. Come per tutto il diritto amministrativo della prevenzione incentrato su una fattispecie di pericolo per la sicurezza pubblica o per l'ordine pubblico, deve valere la logica del "più probabile che non", non richiedendosi, anche per questa misura amministrativa di prevenzione (al pari di quelle adottate in materia di prevenzione antimafia), la certezza ogni oltre ragionevole dubbio che le condotte siano ascrivibili ai soggetti destinatari del DASPO, ma appunto una dimostrazione fondata su elementi di fatto gravi, precisi e concordanti, secondo un ragionamento causale di tipo probabilistico improntato ad una elevata attendibilità. Con specifico riferimento ad eventuali condotte individuali estrinsecatesi in azioni di gruppo la giurisprudenza è incline a ritenere che un comportamento di gruppo non esclude la possibilità di individuare col DASPO una somma di responsabilità individuali omogenee, qualora queste siano supportate da elementi diretti o presuntivi che consentano di affermare la inequivoca e consapevole partecipazione dei singoli al comportamento di gruppo. Non può, comunque, trascurarsi che il DASPO finisce per incidere su libertà costituzionalmente garantite, sicché, per non trasmodare in arbitrio, deve fondarsi su elementi che attestino con alta probabilità la responsabilità del destinatario di esso



Il TAR Milano ricorda che per consolidato orientamento giurisprudenziale, l’illecito professionale cui fa riferimento l’art. 80, comma 5, del d. lgs. n. 50/2016 è rinvenibile ogni qual volta si verifichino fatti tali da porre in dubbio l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico, in base ad una valutazione discrezionale che è rimessa alla stazione appaltante; tale valutazione, pertanto, è soggetta al controllo e al sindacato giurisdizionale nei limiti della manifesta illogicità, irrazionalità o errore sui fatti. L'elencazione delle cause rilevanti sulla valutazione di affidabilità del concorrente, sotto la vigenza del precedente e dell'attuale codice, deve intendersi come meramente esemplificativa, di talché la stazione appaltante può desumere il compimento di "gravi illeciti professionali" da ogni altra vicenda pregressa dell'attività professionale dell'operatore economico di cui è stata accertata la contrarietà ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa se essa ne mette in dubbio l'integrità e l'affidabilità, secondo un giudizio espresso dall'amministrazione non in chiave sanzionatoria, ma piuttosto fiduciaria. L'art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50/2016 costituisce dunque "norma di chiusura", ossia una clausola residuale in cui può essere fatta rientrare qualsiasi violazione tale da rendere dubbia l'integrità o l'affidabilità del concorrente. Tra queste "violazioni" rientrano pertanto anche i reati diversi da quelli di cui all'art. 80, comma 1, nonché quelli pur riconducibili a siffatto elenco ma per i quali non è ancora intervenuta sentenza definitiva di condanna. In questa stessa direzione possono essere prese in considerazione non solo le condanne non definitive ma anche altri accertamenti ed elementi di prova quali rinvii a giudizio oppure misure restrittive della libertà personale o patrimoniale. In questo quadro si è affermato, anche sotto la vigenza del precedente codice, che il rinvio a giudizio per fatti di grave rilevanza penale al pari della adozione di un'ordinanza di custodia cautelare a carico dell'amministratore della società interessata, ancorché non espressamente contemplato quale causa di esclusione dalle norme che regolano l’aggiudicazione degli appalti pubblici, può astrattamente incidere sulla moralità professionale dell'impresa con conseguente legittimità di un provvedimento di esclusione che previa adeguata motivazione ne abbia vagliato l'incidenza negativa sulla moralità professionale.






Il TAR Milano respinge le eccezioni di irricevibilità e inammissibilità del ricorso formulate dalla difesa della controinteressata, fondate sulla tardività della richiesta formulata da parte ricorrente al Comune di provvedimenti inibitori con riferimento a una c.i.l.a. e precisa che il Collegio aderisce all’orientamento secondo il quale, considerata la specifica natura della citata comunicazione, anche laddove sia trascorso un rilevante lasso temporale dalla sua trasmissione al Comune, non è precluso all’Amministrazione l’esercizio degli ordinari poteri repressivi e sanzionatori qualora ci si trovi al cospetto di interventi che, secondo la prospettazione della parte lesa, esulino dal regime della predetta comunicazione. L’utilizzo di un titolo inidoneo, difatti, rende abusivo l’intervento e impone al Comune l’adozione dei suoi poteri generali di vigilanza in ambito edilizio previsti, in particolare, dell’art. 27, comma 1, del D.P.R. n. 380 del 2001.


Il TAR Brescia, in merito ad una richiesta di declaratoria d’illegittimità del silenzio serbato da un Comune, pur dichiarando improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, ha comunque condannato l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite, perché in ogni caso l’adozione del provvedimento espresso da parte della p.a. – intervenuto nelle more del processo - era avvenuta con evidente ritardo rispetto al termine di trenta giorni prescritto dall’art. 2 Legge 241/1990.


Si pubblicano le slide illustrate dai relatori nell'incontro formativo: "La responsabilità risarcitoria della Pubblica Amministrazione nel settore degli appalti pubblici alla luce della giurisprudenza europea: il Caso Fosen Linjen della Corte EFTA", tenutosi il 29 settembre 2023.


Si allega la locandina del convegno "Transizione ambientale e digitale: effetti sul governo del territorio" che si terrà a Padova il 20 e il 21 ottobre 2023, in occasione del XXV Congresso di Nazionale AIDU -Associazione italiana di diritto urbanistico, Sezione italiana dell’Association internationale du droit de l’urbanisme (A.I.Dr.U.).


Il TAR Brescia, in tema esclusione dalle graduatorie provinciali di supplenza, ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione. A tale proposito il TAR Brescia osserva che nel caso di specie non si era in presenza di una vera procedura concorsuale, trovando così applicazione il principio affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (12/07/2011, n. 11), secondo cui, “Premesso che la giurisdizione amministrativa di legittimità sulle controversie inerenti a procedure concorsuali per il reclutamento di personale alle dipendenze della pubblica amministrazione è limitata alle sole procedure che iniziano con l'emanazione di un bando, sono contrassegnate dalla valutazione comparativa dei candidati e si concludono con la compilazione di una graduatoria, sussiste la giurisdizione ordinaria sulle controversie concernenti l'inserimento degli insegnanti, che siano in possesso di determinati requisiti anche in base ad una pregressa partecipazione a concorsi, in una graduatoria permanente preordinata al conferimento dei posti che si rendano via via disponibili”.