Il TAR Milano precisa che la L.R. 4/2012 non subordina il recupero di volumi o l’utilizzo di superfici e volumi esistenti alla concreta esecuzione di opere edilizie; la legislazione sul piano casa consente sia il recupero dell’esistente (quid pluris) sia l’ampliamento (quid novi), per cui non appaiono sussistere ostacoli, sul piano normativo, a che il recupero avvenga attraverso il mutamento di destinazione, che consente l’utilizzo di superfici un tempo non rilevanti ai fini della slp.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2565 del 3 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano precisa che l’utile esiguo è ammissibile, potendo comunque costituire un elemento favorevole per l’impresa in termini di prestigio, specialmente se è avvenuta l’aggiudicazione e la buona riuscita di un appalto importante; aggiunge poi che la verifica di congruità di un’offerta sospetta di anomalia non può essere effettuata attraverso un giudizio comparativo che coinvolga altre offerte, perché va condotta con esclusivo riguardo agli elementi costitutivi dell’offerta analizzata e alla capacità dell’impresa - tenuto conto della propria organizzazione aziendale e, se del caso, della comprovata esistenza di particolari condizioni favorevoli esterne - di eseguire le prestazioni contrattuali al prezzo proposto, essendo ben possibile che un ribasso sostenibile per un concorrente non lo sia per un altro, per cui il raffronto fra offerte differenti non è indicativo al fine di dimostrare la congruità di una di esse.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2739 del 24 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano precisa che, a norma dell’art. 13-ter delle norme di attuazione al Codice del processo amministrativo, il limite dimensionale di sinteticità entro cui va contenuto l’atto processuale costituisce un precetto giuridico la cui violazione non genera la conseguenza, a carico della parte che lo abbia superato, dell’inammissibilità dell’intero atto, ma solo il degradare della parte eccedentaria a contenuto che il giudice ha la mera facoltà di esaminare.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2730 del 23 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano precisa che quando l’amianto perde la sua destinazione d'uso e rischia di disperdere fibre nell'ambiente in concentrazioni superiori a quelle ammesse dall'articolo 3 della legge n. 257/1992, lo stesso può essere oggetto soltanto di smaltimento e non più di bonifica.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2691 del 18 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


La Corte di Giustizia UE, con riferimento al diritto di prelazione dei farmacisti dipendenti di una farmacia comunale statuisce che:
L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta ad una misura nazionale che concede un diritto di prelazione incondizionato in favore dei farmacisti dipendenti di una farmacia comunale in caso di cessione di quest’ultima mediante gara”.

Corte di Giustizia UE, Sez. IV, del 19 dicembre 2019 (causa C-465/18).
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte di Giustizia.



Secondo il TAR Milano si è al cospetto di un atto meramente confermativo, che non risulta idoneo a riaprire i termini di impugnazione, in presenza di una controdeduzione alle osservazioni ad una variante parziale del PGT con la quale l’Amministrazione non provvede a riesaminare la disciplina urbanistica riservata alle aree di proprietà degli istanti o ad effettuare una rinnovata valutazione dell’interesse pubblico inerente alle stesse, ma si limita semplicemente a confermare la pregressa destinazione impressa e a ribadirne la coerenza con gli orientamenti espressi nella precedente variante generale di riferimento, senza procedere ad alcuna ulteriore comparazione con le risultanze del procedimento di variante parziale, oggetto di esame in quel frangente. 

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2628 del 9 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


 
Il TAR Milano sospende un bando di un Comune lombardo per l’affidamento di servizi legali, sulla base del seguente percorso motivazionale:
«considerata la natura discriminatoria e irragionevole della clausola che preclude la partecipazione agli avvocati che non abbiano avuto in passato tra i lori clienti Pubbliche Amministrazioni, ben potendo questi ultimi aver maturato l’esperienza necessaria a divenire affidatari della procedura impugnata, anche difendendo soggetti privati nei giudizi amministrativi;
l’indeterminatezza e l’eterogeneità delle prestazioni richieste, ciò che preclude la possibilità di formulare un’offerta ponderata;
la contrarietà della lex specialis alla legge professionale, nella parte in cui prevede la corresponsione di un corrispettivo fisso indipendentemente dal numero dei contenziosi, ciò che pare violare il principio dell’equo compenso, e nella parte in cui prevede l’assegnazione di un punteggio preferenziale in favore degli avvocati che hanno patrocinato giudizi conclusi con un esito positivo per le amministrazioni, considerato che la loro attività non ha ad oggetto obbligazioni di risultato».

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1720 del 20 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che la suddivisione in lotti di un (grande) appalto rappresenta la regola cui devono attenersi le Stazioni appaltanti, tranne nei casi in cui non sia possibile oppure opportuno, come esemplificativamente indicato dal Considerando n. 78 della Direttiva n. 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 relativa agli appalti pubblici (si limita la concorrenza o si rende l’esecuzione dell’appalto eccessivamente difficile dal punto di vista tecnico o troppo costosa, ovvero l’esigenza di coordinare i diversi operatori economici per i lotti rischia seriamente di pregiudicare la corretta esecuzione dell’appalto); tuttavia, risulta necessario che la Stazione appaltante esterni in maniera adeguata e pertinente le ragioni che l’hanno indotta a non suddividere un appalto di rilevanti dimensioni in lotti più piccoli, soprattutto laddove una tale scelta non appaia di immediata evidenza e possa trovare una giustificazione in re ipsa; difatti, la preferenza per la suddivisione in lotti, in quanto diretta a favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese non costituisce una regola inderogabile, in quanto la norma consente alla stazione appaltante di derogarvi per giustificati motivi, che devono però essere puntualmente espressi nel bando o nella lettera di invito, proprio perché il precetto della ripartizione in lotti è funzionale alla tutela della concorrenza.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2682 del 17 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che la natura reale delle obbligazioni contenute in una convenzione urbanistica riguarda i soli contributi di urbanizzazione e non anche qualsiasi prestazione in qualche modo connessa alla stipula di convenzioni di natura urbanistica.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2675 del 16 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano ribadisce che per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica non opera la sospensione feriale dei termini processuali, atteso che la progressiva “giurisdizionalizzazione” del rimedio non implica l’integrale sottoposizione dell’istituto alle regole allestite per i rimedi processuali.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2670 del 13 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Brescia precisa che una volta accertata la compatibilità paesaggistica di un piano attuativo, rimane necessaria l’autonoma autorizzazione paesaggistica per ogni singola edificazione, ma questa autorizzazione deve prendere in considerazione le caratteristiche costruttive, il concreto inserimento nel tessuto esistente, le dimensioni e l’ubicazione, al fine di valutarne la compatibilità con il vincolo e non può precludere totalmente l’edificazione assentita con il piano attuativo.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 1064 del 12 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



La Corte Costituzionale esamina le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal TAR Puglia con riferimento all’abrogato art. 120, comma 2 bis, c.p.a., recante il rito c.d. “super speciale” per l’impugnazione delle ammissioni ed esclusioni da una gara di appalto e così statuisce:
1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2-bis, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia con le ordinanze indicate in epigrafe;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2-bis, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo n. 104 del 2010, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 103, 113 e 117, primo comma, della Costituzione – quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 – dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia con le ordinanze indicate in epigrafe”.

Corte Costituzionale n. 271 del 13 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte Costituzionale.


Il TAR Milano, preso atto che in una procedura di evidenza pubblica finalizzata a dare in gestione un impianto sportivo comunale, il dirigente del Comune ha sostanzialmente preso parte a tutti gli atti della procedura, a partire dalla redazione e adozione del bando fino alla determina finale di aggiudicazione, svolgendo finanche le funzioni di responsabile del procedimento e componente e presidente della Commissione, ritiene tale modus operandi non corretto, in quanto si pone in contrasto con il principio di tutela dell’imparzialità e dell’oggettività nelle procedure selettive, il quale mira a prevenire il pericolo concreto di possibili effetti distorsivi prodotti dalla partecipazione alle commissioni giudicatrici di soggetti (progettisti, dirigenti e così via) che siano già intervenuti a diverso titolo nella procedura concorsuale definendo i contenuti e le regole della procedura.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2638 del 11 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Sul BURL, Supplemento n. 50 del 13 dicembre 2019, sono pubblicate la:
- Legge regionale 10 dicembre 2019 n. 21 "Seconda legge di semplificazione 2019";
- Legge regionale 10 dicembre 2019 n. 22 "Seconda legge di revisione normativa ordinamentale 2019".


Il TAR Milano, in un ricorso con il quale parte ricorrente lamentava la violazione delle distanze legali non già in relazione all’immobile di sua proprietà ma in relazione a due diverse costruzioni, di proprietà di terzi, oggetto, tra loro, di apposita convenzione derogatoria, preso atto che nel giudizio non vengono in evidenza concreti pericoli di peggioramento sia delle condizioni igienico-sanitarie nelle abitazioni servite dalle finestre dei due immobili, sia delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile di proprietà ricorrente, precisa che tale convenzione non può essere considerata «nulla» in considerazione che le relative previsioni rientravano nella disponibilità delle parti, come, peraltro, confermato dalla eliminazione, in linea di principio, della inderogabilità delle distanze voluta, recentemente, dall’art. 2-bis del d. P.R. n. 380 del 2001, in passato affermata da una parte della giurisprudenza.


TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2652 del 11 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa le due previsioni racchiuse all’interno dell’articolo 21-octies, comma 2, della l. 241/1990 presentano elementi strutturali distinti che ne consentano la contestuale operatività ove si consideri che: a) la disposizione del secondo periodo contiene un elemento aggiuntivo rispetto a quella del primo periodo (consistente nella ricomprensione nella propria area operativa dei provvedimenti a natura non vincolata) e un elemento specializzante (consistente nel riferimento alla sola violazione delle regola sulla comunicazione di avvio del procedimento); b) sussiste, pertanto, una specialità unilaterale per aggiunta e per specificazione della disposizione del secondo periodo rispetto a quella contenuta nel primo periodo; c) le due fattispecie affidano, però, la declaratoria di non annullabilità a meccanismi distinti che le connotano in termini di specialità reciproca per aggiunta consistenti, nel primo caso, nell’evidenza della inidoneità dell'intervento dei soggetti ai quali è riconosciuto un interesse ad interferire sul contenuto del provvedimento e, nel secondo caso, alla prova da parte dell'Amministrazione che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso anche in caso di intervento di detti interessati; d) la reciproca eterogeneità del meccanismo di non invalidazione del provvedimento comporta l’interferenza delle due previsioni rispetto ad un’unica fattispecie potendosi, quindi, non invalidare un provvedimento di natura discrezionale nel caso in cui l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato anche in caso di violazione delle norme sulla partecipazione al procedimento.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2566 del 3 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano chiarisce che ciò che viene sanzionato in via pecuniaria dall'art. 31, comma 4-bis, del D.P.R. n. 380 del 2001 e ss.mm.ii. non è la realizzazione dell'abuso edilizio in sé considerato, bensì la mancata spontanea ottemperanza all'ordine di demolizione legittimamente impartito dalla P.A. per opere abusivamente realizzate: il disvalore (ex se rilevante) colpito è l'inottemperanza all'ingiunzione di ripristino; ne consegue che è irrilevante il fatto che l’abuso fosse stato realizzato prima dell’entrata in vigore della norma, giacché la mancata esecuzione dell’ordinanza di demolizione, proseguita dopo l’entrata in vigore della menzionato comma 4-bis, impone l’applicazione della sanzione da quest’ultimo prevista, senza che ciò implichi violazione del principio di irretroattività delle norme che introducono misure sanzionatorie.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2588 del 4 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano precisa che con riferimento ai piani urbanistici dei Comuni si esclude che si possa parlare di rielaborazione complessiva di uno strumento urbanistico (che comporta la necessità della sua ripubblicazione) quando, in sede di approvazione, vengano introdotte modifiche che riguardano la disciplina di singole aree o singoli gruppi di aree e quando tali modifiche discendono dall’accoglimento di osservazioni formulate dalle parti intervenute che non incidano in modo intenso sulla destinazione impressa in fase di adozione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2500 del 26 novembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano precisa, in tema di avvalimento, che la mera appartenenza al medesimo gruppo imprenditoriale non può certo esonerare l’ausiliaria dall’obbligo di porre a disposizione dell’ausiliata le specifiche risorse necessarie per l’esecuzione dell’appalto; ricorda il TAR che nel caso di avvalimento “infragruppo” la giurisprudenza amministrativa afferma che l’onere di prova documentale del rapporto tra concorrente e ausiliaria é semplificato, nel senso che per esso non è richiesta la stipula di un contratto, essendo sufficiente una dichiarazione unilaterale attestante tale l’avvalimento; per contro, questa modalità semplificata di prova del fatto costitutivo su cui si fonda il rapporto tra concorrente e ausiliario non si riverbera sul piano sostanziale dei contenuti dell’avvalimento; essa in particolare non semplifica gli obblighi di indicare in modo quanto meno determinabile gli obblighi assunti dall’ausiliario.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2598 del 5 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


La Corte Costituzionale afferma che nel regolare, in sede di disciplina del governo del territorio, l’edilizia di culto, le regioni possono perseguire esclusivamente finalità urbanistiche, nell’ambito delle quali deve essere ricondotta anche la necessaria specifica considerazione delle esigenze di allocazione delle attrezzature religiose; in ragione del peculiare rango costituzionale della libertà di culto, inoltre, la stessa disciplina urbanistico-edilizia deve far fronte, con riferimento alle attrezzature religiose, all’ulteriore esigenza della necessaria previsione di luoghi per il loro insediamento, con la conseguenza che essa non può comportare l’esclusione o l’eccessiva compressione della possibilità di realizzare strutture di questo tipo. In questo quadro, la previsione – ad opera della legislazione regionale in materia di governo del territorio – di uno speciale piano dedicato alle attrezzature religiose, riconducibile al modello della pianificazione urbanistica di settore, non è di per sé illegittima. Non lo è, tuttavia, alla duplice condizione che essa persegua lo scopo del corretto insediamento nel territorio comunale delle attrezzature religiose aventi impatto urbanistico, e che, in questo orizzonte, tenga adeguatamente conto della necessità di favorire l’apertura di luoghi di culto destinati alle diverse comunità religiose (corrispondendo così anche agli standard urbanistici, cioè alla dotazione minima di spazi pubblici). A tali condizioni, secondo la Corte, non risponde l’art. 72, comma 2, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, che subordina l’installazione di qualsiasi attrezzatura religiosa all’esistenza del PAR (piano delle attrezzature religiose) e che per un verso non consente un equilibrato e armonico sviluppo del territorio e per altro verso finisce con l’ostacolare l’apertura di nuovi luoghi di culto.
Aggiunge la Corte che la contestualità di approvazione del PAR e del nuovo PGT (o di una sua variante generale), imposta dall’art. 72, comma 5, secondo periodo, fa sì che le istanze di insediamento di attrezzature religiose siano destinate a essere decise in tempi del tutto incerti e aleatori, in considerazione del fatto che il potere del comune di procedere alla formazione del PGT o di una sua variante generale, condizione necessaria per poter adottare il PAR (a sua volta condizione perché la struttura possa essere autorizzata), ha per sua natura carattere assolutamente discrezionale per quanto riguarda l’an e il quando dell’intervento. La norma censurata, ostacolando la programmazione delle attrezzature religiose da parte dei comuni (a loro volta condizionati nell’esercizio della loro autonomia amministrativa in materia urbanistica, su cui, da ultimo, sentenza n. 179 del 2019), determina una forte compressione della libertà religiosa (che può addirittura spingersi fino a negare la libertà di culto), senza che a ciò corrisponda alcun reale interesse di buon governo del territorio.
Ciò posto la Corte Costituzionale ha dichiarato:
- l’illegittimità costituzionale dell’art. 72, comma 2, della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), come modificato dall’art. 1, comma 1, lettera c), della legge della Regione Lombardia 3 febbraio 2015, n. 2, recante «Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) - Principi per la pianificazione delle attrezzature per servizi religiosi»; 
- l’illegittimità costituzionale dell’art. 72, comma 5, secondo periodo, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, come modificato dall’art. 1, comma 1, lettera c), della legge reg. Lombardia n. 2 del 2015.

Corte Costituzionale n. 254 del 5 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte Costituzionale.



Il TAR di Milano, con riferimento alla problematica concernente gli inquinamenti provocati prima dell’entrata in vigore dell’art. 17 del d.lgs. n. 22 del 1997 (norma che per la prima volta ha introdotto l’obbligo di bonifica o messa in sicurezza dei siti inquinati) aderisce al prevalente orientamento secondo cui la normativa contenuta nell’art. 17 del d.lgs. n. 22 del 1997 e negli artt. 239 e seguenti del decreto legislativo n. 152 del 2006 non ha in realtà introdotto una nuova figura di illecito, ma si è limitata a regolare diversamente le conseguenze dell’illecito ambientale, figura che rientra in quella più ampia dell’illecito civile disciplinata dagli artt. 2043 e segg. cod. civ., la quale peraltro aveva già trovato speciale disciplina con l’art. 18, comma 8, della legge n. 349 del 1986; in particolare, la nuova normativa, considerata la rilevanza dell’interesse leso in caso di danno ambientale, ha inteso dare prevalenza al rimedio del risarcimento in forma specifica (bonifica e messa in sicurezza) rispetto al risarcimento per equivalente.
Tale assunto porta ad affermare, secondo il TAR, che i danni ambientali provocati prima dell’entrata in vigore del citato art. 17 del d.lgs. n. 22 del 1997 hanno comunque determinato, in virtù della normativa generale contenuta negli artt. 2043 e segg. cod. civ., la nascita dell’obbligo di porvi rimedio, obbligo che oggi è definito nella sua struttura dagli artt. 239 e segg. del d.lgs. n. 152 del 2006, applicabili anche con riferimento alle condotte poste in essere prima della loro entrata in vigore stante il carattere permanente dell’illecito di cui si discute.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2562 del 2 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Abbiamo creato questo blog nel gennaio 2012, ancora sotto la denominazione di Camera Amministrativa di Como.

Il primo post è stato del 30 giugno 2012 a firma di Virgina Manzi e riguardava gli obblighi di astensione e di allontanamento del consigliere comunale.

Da allora abbiamo pubblicato 1.591 post, concentrandoci sulla produzione del T.A.R. Lombardia.

In quanti ci leggono? Per dare un'idea, nell'ultimo anno (30.11.2018/30.11.2019) abbiamo avuto 16.712 visualizzazioni di pagina con 14.938 visitatori unici (se visitate due volte la stessa pagina dalla stessa macchina, il sistema calcola una sola visita), con un tempo medio di visita di 02:24 minuti.

Per dare un'idea, nell'ultima settimana abbiamo totalizzato 324 pagine visualizzate con 307 pagine uniche.

Qui sotto vedete visualizzato il dato giornaliero annuo con le statistiche delle prime 10 pagine più visitate.



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Il TAR Milano condivide l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale non può affermarsi, in via generale, che un parere vincolante, una volta espresso, possa (anzi debba) essere oggetto di immediata e autonoma impugnazione entro il termine decadenziale previsto per il ricorso giurisdizionale; affermare il contrario significherebbe, in primo luogo, negare la distinzione tra funzione di amministrazione attiva e funzione consultiva, pur mantenuta dalla norma; in secondo luogo, determinerebbe un "trasferimento" di potestà provvedimentale che, per un verso, annullerebbe la categoria stessa dei pareri vincolanti (rendendo questi atti sostanziale espressione di amministrazione attiva); per altro verso, svuoterebbe programmaticamente di contenuto il potere provvedimentale, di fatto trasferendolo in capo ad organi diversi da quelli individuati dalla legge, in evidente contraddizione con il principio di legalità in senso formale (fattispecie in tema di parere della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio reso in un procedimento di richiesta di compatibilità paesaggistica).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2545 del 28 novembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



La Corte di Giustizia UE con riferimento all’articolo 118 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 statuisce che:
La direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, dev’essere interpretata nel senso che:
–  essa osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che limita al 30% la quota parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi;
– essa osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che limita la possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate di oltre il 20% rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione".

Corte di Giustizia UE, Sez. V, del 27 novembre 2019 (causa C-402/18).
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte di Giustizia.


Il TAR Milano precisa che la struttura unitaria di vendita, ovvero il centro commerciale, richiede la sussistenza di due convergenti e contestuali requisiti: uno materiale (la ricorrenza di un legame fisico) e uno funzionale (la comunanza della gestione ovvero dell’uso delle infrastrutture e dei servizi); è dunque necessario che gli utenti possano agevolmente transitare da una struttura di vendita all’altra, disponendo di appositi percorsi pedonali (gallerie, scale mobili) ovvero di altri mezzi (ascensori) appositamente studiati per consentire detto transito, all’uopo facilitando la “capacità di spesa” dei consumatori, che in tal guisa è idonea ad estrinsecarsi “indifferentemente” nelle due strutture (salve, ovviamente, le preferenze nascenti dalle diverse tipologie merceologiche dell’esercizio commerciale) anche attraverso la possibilità di trasportare in una struttura, a mezzo di carrelli od altri strumenti, gli acquisti precedentemente operati nella struttura “collegata”; tali percorsi possono essere indifferentemente al chiuso o all’aperto ma, in tale ultimo caso, devono differire dalla semplice transitabilità pubblica ordinariamente assicurata all’indistinta collettività a mezzo di marciapiedi od altre vie di transito pedonale: la considerazione giuridica unitaria di più strutture, invero, può darsi solo in presenza di elementi fattuali che ne differenzino e qualifichino la conformazione in maniera precisa, trovandosi altrimenti di fronte alla mera contiguità di strutture distinte.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2539 del 28 novembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Sul BURL, Supplemento Ordinario, n. 48 del 29 novembre 2019 è pubblicata la legge regionale lombarda 26 novembre 2019, n. 18 “Misure di semplificazione e incentivazione per la rigenerazione urbana e territoriale, nonché per il recupero del patrimonio edilizio esistente. Modifiche e integrazioni alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) e ad altre leggi regionali”.


Il Consiglio di Stato precisa che il provvedimento amministrativo adottato dall’amministrazione in applicazione di una norma nazionale contrastante con il diritto eurounitario non va considerato nullo, ai sensi dell’art. 21-septies l. 241/1990 per difetto assoluto di attribuzione di potere in capo all’amministrazione procedente, sebbene alla medesima amministrazione è fatto carico dell’obbligo di non applicare la norma nazionale contrastante con il diritto eurounitario, in particolar modo quando tale contrasto sia stato sancito in una sentenza della Corte di giustizia UE; ne consegue che la violazione del diritto eurounitario implica solo un vizio di illegittimità non diverso da quello che discende dal contrasto dell'atto amministrativo con il diritto interno, sussistendo di conseguenza l'onere di impugnare il provvedimento contrastante con il diritto europeo dinanzi al giudice amministrativo entro il termine di decadenza, pena l'inoppugnabilità del provvedimento medesimo (fattispecie in tema di proroga di concessioni demaniali).

Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 7874 del 18 novembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano respinge un’eccezione di inammissibilità formulata dall’Amministrazione comunale con la quale si eccepisce che il ricorso avvero il PGT non sia stato notificato né alla Regione né alla Provincia, atteso che il ricorso non investe, in alcun modo, atti o singole prescrizioni dettate da tali Amministrazioni ma, esclusivamente, la legittimità dell’operato comunale; né tali Amministrazioni assumono la qualifica di controinteressate non essendo predicabile in capo alle stesse un interesse speculare a quello fatto valere in giudizio dalla parte ricorrente e non essendo, comunque, ravvisabile la sussistenza di controinteressati in relazione ad un atto di pianificazione generale del territorio.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2458 del 21 novembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano precisa che la valutazione di impatto ambientale ha ad oggetto un progetto o un’attività puntuale e non attività pianificatorie o programmatorie che invece vanno sottoposte a valutazione ambientale strategica; pertanto, in relazione ad atti di pianificazione che richiedono una successiva attività di esecuzione, attraverso dei progetti specifici, non è obbligatoria l’effettuazione della VIA, dovendo la stessa essere eseguita in sede di realizzazione del singolo intervento; la normativa, d’altro canto, si limita a prevedere la facoltà e non già l’obbligo di svolgere nell’ambito del procedimento di VAS la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA (cfr. art. 10, comma 4, del D. Lgs. n. 152 del 2006 e art. 4, comma 10, della legge regionale n. 5 del 2010); aggiunge poi il TAR che, quanto al rischio di futura parcellizzazione della VIA, legata alla realizzazione di singoli progetti, va richiamato l’obbligo di procedere all’effettuazione contestuale e cumulativa della valutazione nel caso si tratti di progetti collegati e incidenti nello stesso ambito.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2500 del 26 novembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che il giudice amministrativo può considerare le prove acquisite dal giudice sfornito di giurisdizione con propria libera valutazione, potendo giungere a fondare su di esse il proprio convincimento qualora le stesse si inseriscano in un più ampio contesto valutativo e che ciò vale senz'altro per la relazione prodotta dal consulente tecnico, rispetto alla quale il giudice chiamato a decidere della causa a seguito della translatio iudicii può direttamente valutare l'affidabilità scientifica del consulente incaricato nonché apprezzare la coerenza e logicità delle valutazioni effettuate dallo stesso, anche alla luce delle controdeduzioni delle parti; va, tuttavia, considerato che ciò vale con riferimento ad un’ipotesi di accertamento tecnico eseguito nel contraddittorio delle stesse parti dinanzi al Giudice civile; nel caso in cui, al contrario, l’accertamento peritale è svolto in assenza di una delle parti, le risultanze di tale accertamento non sono utilizzabili nei confronti delle parti che non abbiano partecipato alle indagini peritali.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2495 del 25 novembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Si segnala che l'Associazione Giudici Amministrativi Tedeschi Italiani Francesi – AGATIF, insieme a ANCE di Milano, Lodi e Monza e Brianza, ha organizzato per il 4 dicembre 2019 a Milano, presso Assimpredil Ance, via San Maurilio 21, il convegno con titolo “IL SUBAPPALTO DOPO LA SENTENZA DEL 26 SETTEMBRE 2019 DELLA CORTE DI GIUSTIZIA: QUALI SCENARI?”

Il convegno è gratuito e le modalità di iscrizione sono contenute nella locandina.



Il TAR Brescia precisa che la facile amovibilità nonché la mancanza di impianto di riscaldamento non costituiscono elementi idonei a conferire a un dehors le caratteristiche di un'opera precaria, ove tale struttura non abbia un utilizzo contingente e limitato nel tempo, ma sia destinata a soddisfare bisogni duraturi e non provvisori attraverso la permanenza nel tempo della sua funzione; aggiunge il TAR che va esclusa, inoltre, l’asserita valenza puramente pertinenziale del manufatto, in relazione al suo stretto collegamento con l’edificio principale, atteso che, per il suo impatto volumetrico, la veranda attrezzata nella fattispecie esaminata incide significativamente e in modo permanente sull'assetto edilizio dell’enoteca a cui è asservita, del quale amplia la superficie e la volumetria utile, così creando un autonomo organismo edilizio di rilevanti dimensioni, stabilmente destinato ad estensione, in ogni periodo dell’anno, del locale interno, e pertanto, per consistenza e funzione, deve essere qualificato come nuova opera, comportando una rilevante trasformazione edilizia del territorio.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 990 del 18 novembre 2019.

La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che l’art. 10 bis della legge n. 241/1990 esprime un principio di carattere generale, applicabile a tutti i procedimenti ad istanza di parte, avendo l'istituto del c.d. preavviso di rigetto lo scopo di far conoscere alle Amministrazioni le ragioni fattuali e giuridiche dell'interessato che ben potrebbero contribuire a far assumere agli organi competenti una diversa determinazione finale; si tratta, quindi, di istituto applicabile alla generalità dei procedimenti ad istanza di parte, salvo espressa eccezione, e non rileva affatto, ai fini dell’esclusione della previa comunicazione dei motivi ostativi, il carattere vincolante del provvedimento da assumere (nella fattispecie parere idraulico in una procedura di sdemanializzazione).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2475 del 22 novembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato affronta le caratteristiche e gli effetti della fusione per incorporazione, nel regime antecedente alla riforma del diritto societario di cui al d.lgs. n. 6 del 2003, onde verificare se questa operazione straordinaria determini una cesura nel fenomeno successorio proprio del carattere permanente dell’illecito ambientale e afferma il seguente principio di diritto: “la bonifica del sito inquinato può essere ordinata anche a carico di una società non responsabile dell’inquinamento, ma che sia ad essa subentrata per effetto di fusione per incorporazione, nel regime previgente alla riforma del diritto societario, e per condotte antecedenti a quando la bonifica è stata introdotta nell’ordinamento giuridico, i cui effetti dannosi permangano al momento dell’adozione del provvedimento”.

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 10 del 22 ottobre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che la regola generale della pubblicità della gara, segnatamente con riguardo al momento dell’apertura delle buste contenenti le offerte (economiche), implica l’obbligo di portare preventivamente a conoscenza dei concorrenti il giorno, l’ora e il luogo della seduta della commissione di gara, in modo da garantire loro l’effettiva possibilità di presenziare allo svolgimento delle operazioni di apertura dei plichi pervenuti alla stazione appaltante.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2450 del 20 novembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano, in relazione all’ipotesi in cui l’amministrazione abbia rilasciato il titolo edilizio dopo anni dalla maturata scadenza del termine di durata del piano di lottizzazione e della relativa convenzione, chiarisce che: a) una volta scaduto il termine di efficacia della convenzione, il Comune non può in ogni caso ritenersi vincolato a riconoscere agli esborsi sostenuti dallo stesso lottizzante per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione carattere integralmente sostitutivo rispetto al contributo concessorio; b) deve tenersi presente che le opere previste dalla convenzione di lottizzazione siano strettamente correlate alle esigenze di urbanizzazione dell'area, come stimate al tempo della stipula della convenzione, e in relazione al quadro complessivo della disciplina urbanistica a quel tempo vigente, sicché decorso il termine decennale di efficacia della lottizzazione convenzionata, si impone unicamente, secondo i principi, e in assenza di una diversa disciplina di dettaglio, il rispetto degli allineamenti e delle prescrizioni di zona stabilite dal piano di lottizzazione, in applicazione dell'articolo 17 della legge n. 1150 del 1942; c) non può ritenersi pregiudicata la potestà dell'Amministrazione, una volta scaduta la convenzione urbanistica, di riconsiderare il fabbisogno di opere di urbanizzazione e di dare applicazione agli eventuali nuovi importi stabiliti per la quantificazione del contributo concessorio; d) l'eventuale impegno del Comune a riconoscere alle opere di urbanizzazione eseguite a spese del lottizzante carattere integralmente satisfattivo dell'obbligazione relativa al contributo concessorio non può vincolare l'Ente oltre il termine di durata della convenzione urbanistica.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2392 del 12 novembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il Consiglio di Stato, in sede consultiva, ribadito che in ossequio al principio dell’alternatività il ricorso straordinario e il ricorso al giudice amministrativo non possono essere proposti contro il medesimo atto, esclude che del medesimo rapporto possano occuparsi contemporaneamente il giudice amministrativo e il Consiglio di Stato in sede di ricorso straordinario; da tanto consegue che nell’ipotesi in cui l’atto presupposto (a monte) venga impugnato con ricorso straordinario e il successivo atto presupponente (a valle) con ricorso giurisdizionale dinnanzi al giudice amministrativo o viceversa, occorrerà – in applicazione del principio di alternatività – dichiarare inammissibile il giudizio introdotto per ultimo.
Tale conclusione, aggiunge il Consiglio di Stato, deve reputarsi valida sia nel caso di stretta presupposizione, ossia quando vi è la necessaria derivazione del secondo dal primo come sua inevitabile e ineluttabile conseguenza e senza necessità di nuove e ulteriori valutazioni di interessi, sia nel caso di mera derivazione cui conseguirebbe solo un effetto meramente viziante per l’atto a valle.

Consiglio di Stato, Sez. I, n. 2861 del 13 novembre 2019.
Il parere è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.




Il TAR Milano chiarisce che l’espletamento a porte chiuse della prova si pone in aperto in contrasto con la regola generale, immanente a qualunque procedura concorsuale, della pubblicità della prova orale e, quindi, con i principi di trasparenza e imparzialità, di cui all’art. 97 Cost.; aggiunge il TAR che affinché un'aula o sala sia aperta al pubblico, occorre che durante le prove orali del concorso sia assicurato il libero ingresso al locale ove esse si tengono a chiunque voglia assistervi e, quindi, anche ai candidati che abbiano già sostenuto il colloquio o che non vi siano stati ancora sottoposti, atteso che ogni candidato è titolare di un interesse qualificato a presenziare alle prove degli altri, onde verificare di persona il corretto operare della Commissione esaminatrice.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2272 del 29 ottobre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano precisa che è vero che la natura non veritiera o falsa di una dichiarazione può realizzarsi anche attraverso la omissione o la incompletezza (reticenza) delle informazioni fornite, quando la informazione omessa o resa in modo parziale o incompleto attribuisce al tenore della dichiarazione un senso diverso, così che l’enunciato descrittivo venga ad assumere nel suo complesso un significato contrario al vero o negativo dell’esistenza di fatti rilevanti; tuttavia, già in base alle generali categorie penalistiche che non possono non venire in rilievo anche in subiecta materia, la non veridicità delle dichiarazioni fornite dalla impresa alla stazione appaltante presuppone la esistenza:
- a latere oggettivo, di un obbligo di informazione e di dichiarazione, sufficientemente specifico e determinato, e relativo a fatti (e non già a giudizi o “qualificazioni”);
- a latere soggettivo, nella coscienza e volontà di rendere una dichiarazione falsa e, dunque, il dolo generico dell’agente e non già il dolo specifico, irrilevanti essendo le concrete intenzioni dell’agente, non essendo richiesto l’animus nocendi o decipiendi; di guisa che non potrà parlarsi di contegno mendace in caso di mera negligenza, leggerezza o disattenzione, essendo sconosciuta al nostro ordinamento la figura del falso documentale colposo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2421 del 15 novembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il Consiglio di Stato precisa che possibilità prevista dall’art. 60 c.p.a. di definire il merito della causa con sentenza in forma semplificata, all’esito dell’udienza cautelare, postula la completezza non solo dell’istruttoria, ma anche del contraddittorio tra le parti in causa, il quale ultimo, per essere effettivo e in linea con la garanzia costituzionale del diritto di difesa, richiede che il relativo avviso sia dato non indistintamente ai presenti nell’aula, ma con riferimento alla singola causa, all’atto della sua chiamata; conseguentemente, il Consiglio di Stato ritiene che non concreti gli estremi dell’avviso, diretto a un contraddittorio specifico ai fini dell’immediata decisione nel merito, l’avviso effettuato indistintamente durante l’udienza pubblica di discussione, facendo riferimento a uno svariato numero di cause chiamate per la fase cautelare alla camera di consiglio del medesimo giorno.

Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 6949 del 14 ottobre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ribadisce che la destinazione a dotazioni standard di un'area privata incide fortemente sugli interessi del proprietario; è, pertanto, necessario che l'ente indichi sempre con precisione quali attrezzature debbano essere ivi realizzate, in modo da consentire l'apprezzamento, da un lato, della serietà della decisione e, da altro lato, della consistenza degli interessi pubblici che si intendono soddisfare a scapito dell'interesse privato; la motivazione rafforzata deve investire il complesso delle previsioni urbanistiche di sovradimensionamento e deve, quindi, chiarire perché il Comune abbia inteso superare i limiti minimi previsti dalla legge.

TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2380 del 12 novembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che il curatore fallimentare è sì un pubblico ufficiale, ai sensi dell’art. 30 del R.D. 16/03/1942, n. 267, ma ciò non fa di lui un soggetto privato esercente una funzione di pubblico interesse assimilabile ad una pubblica amministrazione e non soggiace pertanto alla disciplina prevista dagli artt. 22 e seguenti della legge n. 241/1990 in materia di accesso agli atti, trattandosi piuttosto di un ausiliario del giudice, nominato con la sentenza di fallimento o con decreto del Tribunale, che amministra il patrimonio del fallito nell’ambito di una procedura concorsuale disciplinata dalla legge, sotto la vigilanza del giudice delegato; la stessa legge fallimentare, del resto, disciplina specificatamente l’accesso da parte dei terzi, agli atti e ai documenti per i quali sussiste un loro specifico e attuale interesse, prevedendo all’uopo la previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il curatore.

TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 2374 del 11 novembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il Consiglio di Stato precisa che dall’atto con cui il Comune dichiara di adottare il nuovo progetto di variante urbanistica senza, tuttavia, né rispettare le previsioni della legge da un punto di vista sia procedimentale sia contenutistico, né in alcun modo manifestare espressamente l’intenzione di revocare precedenti decisioni, non può trarsi l’implicita volontà di privare di efficacia pregresse deliberazioni formalmente assunte.
Invero, la revoca della deliberazione di adozione della variante generale consegue, per il Consiglio di Stato, esclusivamente:
- o alla legittima adozione di una nuova variante generale, giacché la disciplina della stessa materia (la pianificazione del territorio comunale) non può che trovare un’unica sedes materiae;
- o all’espressa e formale manifestazione della volontà consiliare, esternata con una apposita deliberazione di voler privare di efficacia la precedente deliberazione di adozione della variante generale.
Osserva, in proposito, il Consiglio di Stato che mentre con la prima evenienza il Comune sostanzialmente determina l’inizio di un nuovo procedimento pianificatorio, nella seconda, al contrario, il Comune chiude il procedimento a suo tempo iniziato con la deliberazione revocata.

Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 7051 del 17 ottobre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


La Corte di Giustizia Ue con riguardo alle modalità di partecipazione del pubblico al processo decisionale relative a un progetto al livello della sede dell’autorità amministrativa regionale competente e non al livello dell’unità municipale da cui dipende il luogo di ubicazione di tale progetto così statuisce:
«1) L’articolo 6 della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro conduca le operazioni di partecipazione del pubblico al processo decisionale relative a un progetto a livello della sede dell’autorità amministrativa regionale competente, e non al livello dell’unità municipale da cui dipende il luogo di ubicazione di tale progetto, qualora le modalità concrete seguite non garantiscano il rispetto effettivo dei diritti del pubblico interessato, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare.
2) Gli articoli 9 e 11 della direttiva 2011/92 devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che comporta che a taluni membri del pubblico interessato sia opposto un termine per presentare un ricorso che inizia a decorrere dall’annuncio di un’autorizzazione di un progetto su Internet, qualora tali membri del pubblico interessato non abbiano avuto previamente la possibilità adeguata di informarsi sulla procedura di autorizzazione conformemente all’articolo 6, paragrafo 2, di tale direttiva».

Corte di Giustizia UE, Prima Sezione, del 7 novembre 2019 (causa C-280/18).
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte di Giustizia.


Il Consiglio di Stato precisa che perché un intervento possa essere qualificato di ristrutturazione edilizia occorre che sussista la possibilità di procedere, con sufficiente grado di certezza, alla ricognizione degli elementi strutturali dell'edificio, in modo tale che, seppur in parte diruto, ovvero non “abitato” o “abitabile”, esso possa essere comunque individuato nei suoi connotati essenziali, come identità strutturale in relazione anche alla sua destinazione; ne consegue che un fabbricato, seppur in precarie condizioni, identificabile nella sua struttura originaria e nel suo volume, essendo presenti le mura su tre lati e parte della volta di copertura non può considerarsi un rudere privo di sostanziale identità, con conseguente possibilità di procedere ad un intervento di ristrutturazione.

Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 7046 del 16 ottobre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Si ricorda che venerdì 15 novembre 2019, dalle ore 15:00 alle ore 18:00, presso il Tribunale Ordinario di Como, Aula Magna, si terrà l’incontro formativo su “Valutazioni di competenza della Soprintendenza per gli interventi su beni paesaggistici – Accertamento di compatibilità postuma”, (relatori dott. arch. Maria Mimmo e avv. Gianni Mantegazza).

La partecipazione è gratuita e le iscrizioni possono essere effettuate tramite il portale Sfera.



Secondo il TAR Milano, appare rispondente ad un’appropriata gestione delle modalità di scelta del contraente privato pretendere che un bene abbia già in sede di offerta tutte le caratteristiche essenziali per il suo utilizzo (nella fattispecie il requisito della registrazione nel «Repertorio dei dispositivi medici» di determinate protesi), posto che, da un lato, i principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa e di libertà di iniziativa economica e di concorrenza impongono la parità di trattamento fra i concorrenti in gara, e quindi la necessità che tutti i prodotti offerti siano contestualmente valutati secondo le caratteristiche e i requisiti posseduti e attestati dall’offerente al medesimo momento di presentazione dell’offerta, e che, dall’altro lato, è financo legittimo dubitare che l’immissione in commercio di un prodotto coincida con la sottoscrizione del contratto per la fornitura dello stesso, per potersi invece ragionevolmente sostenere che l’offerta di un prodotto in una pubblica gara costituisca un’ipotesi di commercializzazione, intesa come presentazione al mercato di un bene avente tutte le caratteristiche essenziali per il suo utilizzo.

TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2191 del 18 ottobre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ricorda che secondo una consolidata giurisprudenza, condivisa dal Collegio, il certificato di destinazione urbanistica, di cui all’art. 30, commi 2 e ss., del D.P.R. n. 380 del 2001, si configura come una certificazione redatta da un pubblico ufficiale, avente carattere meramente dichiarativo e non costitutivo degli effetti giuridici che dallo stesso risultano, visto che la situazione giuridica attestata nel predetto certificato è la conseguenza di altri precedenti provvedimenti che hanno provveduto a determinarla; pertanto, il certificato, in quanto privo di efficacia provvedimentale, non ha alcuna concreta lesività, il che rende impossibile la sua autonoma impugnazione; gli eventuali errori in esso contenuti potranno essere corretti dalla stessa Amministrazione, su istanza del privato, oppure quest’ultimo potrà impugnare davanti al giudice amministrativo gli eventuali successivi provvedimenti concretamente lesivi, adottati sulla base dell’erroneo certificato di destinazione urbanistica.
Aggiunge il TAR che eventuali danni discendenti dall’erroneo contenuto del certificato possono essere risarciti adendo il giudice ordinario, munito di giurisdizione sulla materia.

TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2296 del 4 novembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia precisa che in presenza di un vincolo paesaggistico, ove per l’intervento edilizio non sia stata ottenuta alcuna autorizzazione paesistica, l’ordine demolizione costituisce atto vincolato, a prescindere da quale sia il titolo edilizio necessario per l’intervento e quindi anche ove si tratti di opere “minori”; in ragione della funzione di tutela preventiva e cautelare dei valori anche di rilievo costituzionale che rappresentano la ragion d’essere del vincolo paesaggistico - ambientale, è sufficiente la sua apposizione perché trovi applicazione la relativa tutela, senza che possa essere indagata l’effettiva e concreta idoneità dell’opera contestata a incidere sull’assetto paesaggistico circostante.

TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 865 del 7 ottobre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che la proposizione di censure non riferibili in maniera omogenea a tutti i lotti impugnati, ma riguardanti, sotto diversi profili, soltanto alcuni di essi è inammissibile, in quanto si pone in contrasto con quanto statuito all’art. 120, comma 11-bis, c.p.a., a tenore del quale “Nel caso di presentazione di offerte per più lotti l'impugnazione si propone con ricorso cumulativo solo se vengono dedotti identici motivi di ricorso avverso lo stesso atto”; né può ritenersi che, nella fattispecie, la norma in parola non possa trovare applicazione per il fatto che la ricorrente ha impugnato la lex specialis senza presentare alcuna offerta, perché una simile interpretazione condurrebbe a conclusioni irragionevoli, determinando una ingiustificata disparità di trattamento tra ricorrenti che hanno presentato l’offerta e ricorrenti che – nei casi in cui ciò è ritenuto ammissibile dalla giurisprudenza – non l’hanno presentata.

TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2279 del 31 ottobre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano ribadisce che l’urbanizzazione di un’area di per sé non è sufficiente a superare la prescrizione della preventiva approvazione del piano attuativo, giacché nel caso in cui l’edificazione della zona sia avvenuta in modo disomogeneo è comunque necessario un intervento che consenta di restituire efficienza allo sviluppo urbanistico, riordinando e recuperando le aree interessate.

TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2176 del 16 ottobre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.




Il TAR Milano, richiamato il principio secondo cui ai fini dell’accesso da parte di terzi al fascicolo processuale è necessario rappresentare il proprio interesse all’ostensione e a preannunciare la propria intenzione di intervenire volontariamente nella causa, rigetta l’istanza di accesso al fascicolo informatico relativo a un giudizio relativo a una gara di appalto avente per oggetto una pubblica fornitura, considerato che la società istante omette di esplicitare puntualmente il proprio interesse all’intervento in giudizio limitandosi ad evidenziare di operare nel medesimo settore della società ricorrente e di avere interesse a conoscere gli atti al fine di un eventuale intervento.

TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2282 del 31 ottobre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il giorno 29 novembre 2019, dalle ore 8:45, presso il Salone Valente (Fondazione Forense, via Freguglia 14, 20122 Milano), si terrà il VI CONVEGNO ANNUALE organizzato dalla Società Lombarda degli Avvocati Amministrativisti, dal titolo: "Società a partecipazione pubblica e affidamenti in house – il difficile connubio tra l’attività amministrativa e il mercato concorrenziale"

Programma

Ore 8:45 Registrazione dei partecipanti e welcome coffee

Ore 9:30 Saluti
Avv. Joseph F. Brigandi - Presidenza SOLOM
dott. Antonio De Vita - TAR Lombardia - Milano
Avv. Vinicio Nardo - Presidente Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano

Ore 9:50-10:30
Prof. Avv. Elisabetta Codazzi – Università della Insubria
Il fenomeno delle società in house: genesi, tendenze, ed ultimi approdi normativi e giurisprudenziali

Ore 10:30-11:00
Prof. Avv. Amedeo Valzer - Università Cattolica del Sacro Cuore
Controllo analogo e governance nelle società di providing in house

Ore 11:20-11:50
Avv. Maurizio Boifava - Consiglio Direttivo SOLOM
Focus: le società pubbliche nel settore della gestione dei rifiuti

Ore 11:50-12:20
Prof. Avv. Francesco Goisis - Università degli Studi di Milano
Il t.u. della partecipate e la relativa delega legislativa: contributo al tema della natura delle società in mano pubblica ed in house; ambito di applicazione, rapporti con le discipline di settore, principi e linee direttive

Ore 12:20 Sintesi dei lavori

Ore 13:00 Chiusura


Modera: Avv. Fabio Andrea Bifulco – Consiglio Direttivo SOLOM


La partecipazione è gratuita, previa iscrizione mediante il sito www.solom.it

L’evento è accreditato presso l’Ordine degli Avvocati di Milano (n. 3 crediti formativi)



Il TAR Milano, a fronte di un ricorso rivolto avverso il bando per l’assegnazione in concessione d’uso di una unità commerciale ubicata in Milano, nella Galleria Vittorio Emanuele II, con cui si lamenta che, rispetto alle linee di indirizzo stabilite dalla Giunta comunale, sarebbe illogica la scelta, cristallizzata nella lex specialis, di privilegiare con appena dieci punti l’opzione in favore della vendita di prodotti italiani (punti venti) rispetto alla vendita di prodotti stranieri (punti dieci), perché il vantaggio attribuito alla scelta del bene italiano pesa solo per 1/6 del totale del punteggio tecnico e dunque non esprimerebbe alcun reale vantaggio, così si pronuncia:
- ritiene legittima la suddetta previsione che - coerentemente con le previsioni di una delibera di Giunta comunale che precisa che “Gli elementi di valutazione dell’offerta tecnica devono tener conto della specifica ubicazione del negozio: infatti si tratta di uno spazio posto nel luogo più rappresentativo della città dove l’interesse dell’amministrazione comunale è innanzitutto che gli spazi commerciali siano altamente qualificati ed in secondo luogo che tale sito possa anche essere una vetrina dell’eccellenza italiana” - prevede l’attribuzione nella suddetta misura di un maggior punteggio per l’offerta di marchi italiani rispetto a quello previsto per l’offerta di marchi non italiani, così valorizzando la specificità dei primi rispetto ai secondi;
- precisa che il criterio del favor per i marchi italiani, come declinato nella lex specialis, non può ritenersi irragionevole, tenuto conto che la valorizzazione dei prodotti nazionali deve essere contemperata con l’esigenza di salvaguardare le regole della concorrenza di derivazione eurounitaria.

TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2213 del 23 ottobre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


La  Corte UE, con riferimento ad un subappalto non autorizzato e che ha dato luogo alla risoluzione del contratto di appalto e alla possibilità che tale circostanza giustifichi l’esclusione di tale operatore economico dalla partecipazione ad una successiva procedura di aggiudicazione di appalto pubblico, così statuisce:
L’articolo 57, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che il subappalto, effettuato da un operatore economico, di una parte dei lavori nel quadro di un precedente contratto di appalto pubblico, deciso senza il consenso dell’amministrazione aggiudicatrice e che abbia dato luogo alla risoluzione di tale contratto di appalto, costituisce una significativa o persistente carenza accertata nell’ambito dell’esecuzione di una prescrizione sostanziale relativa al suddetto appalto pubblico, ai sensi della disposizione di cui sopra, ed è dunque idoneo a giustificare l’esclusione di tale operatore economico dalla partecipazione ad una successiva procedura di aggiudicazione di appalto pubblico, nel caso in cui, dopo aver proceduto alla propria valutazione dell’integrità e dell’affidabilità dell’operatore economico interessato dalla risoluzione del precedente contratto di appalto pubblico, l’amministrazione aggiudicatrice che organizza tale successiva procedura di aggiudicazione di appalto ritenga che un subappalto siffatto determini la rottura del rapporto di fiducia con l’operatore economico in parola. Prima di pronunciare tale esclusione, l’amministrazione aggiudicatrice deve però, in conformità dell’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva sopra citata, letto in combinato disposto con il considerando 102 di quest’ultima, lasciare la possibilità a detto operatore economico di presentare le misure correttive da esso adottate a seguito della risoluzione del precedente contratto di appalto pubblico”.

Corte di Giustizia UE, Quinta Sezione, del 3 ottobre 2019 (causa C-267/18).
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte di Giustizia.


La Corte di Cassazione civile precisa che il principio affermato dal Consiglio di Stato, secondo il quale la distanza fra pareti di edifici antistanti, prevista dall'art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, va calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non solo alle parti che si fronteggiano e tutte le pareti finestrate, prescindendo anche dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela, vuole dire che la distanza deve computarsi con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non solo alle parti che si fronteggiano e a tutte le pareti finestrate e non solo a quelle principali e prescindendo dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela; ma tale principio, così come gli analoghi principi della giurisprudenza di legittimità, implica pur sempre che sussista almeno un segmento di esse tale che l'avanzamento di una o di entrambe le facciate porti al loro incontro, sia pure per quel limitato segmento.

Corte di Cassazione, Sezioni Seconda, n. 24471 del 1 ottobre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte di Cassazione, sezione SentenzeWeb.


Secondo il Consiglio di Stato, la PEC da utilizzare per la rituale notificazione del ricorso alle Amministrazioni pubbliche è quella tratta dall’elenco tenuto dal Ministero della Giustizia, di cui all’art. 16, comma 12, del D.L. n. 179 del 2012; nemmeno l’indirizzo PEC risultante dal registro IPA, di cui all’art. 16, comma 8, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, conv. in L. n. 2 del 2009 e non più espressamente menzionato tra i pubblici elenchi dai quali estrarre gli indirizzi PEC ai fini della notifica degli atti giudiziari, può ritenersi valido ai fini della notifica degli atti giudiziari alle P.A.; stessa conclusione di inidoneità va replicata, per le medesime ragioni suesposte, per gli indirizzi internet indicati nei siti dell’amministrazione, che non trovano autonoma legittimazione normativa ai fini delle notifiche degli atti giudiziari.
Ciò nondimeno, aggiunge il Consiglio di Stato, nemmeno può essere obliterato come l’esegesi della suddetta disciplina abbia avuto approdi non sempre univoci in giurisprudenza, rinvenendosi anche indirizzi inclini a riconoscere validità della notifica a mezzo posta elettronica certificata del ricorso effettuata all'amministrazione all'indirizzo tratto dall'elenco presso l'Indice PA vieppiù se l'amministrazione pubblica destinataria della notificazione telematica sia rimasta inadempiente all'obbligo di comunicare altro e diverso indirizzo PEC da inserire nell'elenco pubblico tenuto dal Ministero della Giustizia; in siffatte evenienze, contraddistinte dalla evidenziata oscillazione giurisprudenziale, non può che accordarsi il beneficio della rimessione in termini ex articolo 37 del c.p.a., registrandosi, in definitiva, pur nel rigore valutativo qui esigibile, oggettive ragioni di incertezza sulla questione di diritto suesposta.

Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 7170 del 22 ottobre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano condivide l’orientamento della giurisprudenza secondo il quale il divieto di commistione tra requisiti soggettivi di partecipazione e requisiti oggettivi di valutazione delle offerte deve essere applicato secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza, non potendo negarsi la legittimità di criteri di valutazione che possano premiare le caratteristiche organizzative dell’impresa sotto il profilo ambientale, così come sotto i profili della tutela dei lavoratori e delle popolazioni interessate e della non discriminazione, al fine di valorizzare la compatibilità e sostenibilità ambientale della filiera produttiva e distributiva dei prodotti che costituiscono, comunque, l’oggetto dell’appalto.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2214 del 23 ottobre 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Secondo il TAR Milano la produzione di documenti nel corpo della memoria di replica può (in determinati casi) considerarsi ammissibile in quanto conforme al paradigma di cui all’articolo 73, comma 1, c.p.a. (come modificato dalla previsione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera q), del D.Lgs. 15 novembre 2011, n. 195) che consente alle parti di presentare repliche “ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista dell'udienza, fino a venti giorni liberi”; regola espressione del generale principio che ritiene ammissibili i nova derivanti dallo svolgimento dialettico del processo e, come tale, idonea ad offrire copertura ad una produzione documentale effettuata al fine di dimostrare l’infondatezza dell’eccezione formulata dal comune in memoria conclusiva e volta a contestare l’omessa prova da parte ricorrente della sua legittimazione e del suo interesse ad agire (nella fattispecie i documenti consistevano in certificati di residenza per replicare ad una eccezione formulata in memoria conclusiva di difetto di legittimazione e di interesse ad agire a proporre ricorso avverso un’autorizzazione alla modifica di un impianto di distribuzione di carburanti).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2212 del 22 ottobre 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano rammenta che la “dicatio ad patriam” rappresenta un modo di costituzione di una servitù di uso pubblico, consistente nel comportamento del proprietario che, seppure non intenzionalmente diretto a dar vita al diritto di uso pubblico, mette volontariamente, con carattere di continuità (non di precarietà e tolleranza), un proprio bene a disposizione della collettività, assoggettandolo al correlativo uso, al fine di soddisfare un’esigenza comune ai membri di tale collettività “uti cives”, indipendentemente dai motivi per i quali detto comportamento venga tenuto, dalla sua spontaneità e dallo spirito che lo anima.
Aggiunge il TAR che i presupposti per l’integrazione della dicatio ad patriam consistono, quindi:
(i) nell’uso esercitato “iuris servitutis publicae” da una collettività di persone;
(ii) nella concreta idoneità dell’area a soddisfare esigenze d’interesse generale;
(iii) in un titolo valido a costituire il diritto ovvero in un comportamento univoco del proprietario che, seppure non intenzionalmente diretto a dar vita al diritto di uso pubblico, risulti idoneo a manifestare l’intenzione di porre il bene a disposizione della collettività.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 2145 del 14 ottobre 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano ritiene tardivo il deposito della memoria da parte della ricorrente, effettuato il giorno di scadenza oltre il termine perentorio delle ore 12:00.
Precisa il TAR che l’art. 4, comma 4, dell’Allegato 2 al c.p.a., infatti, prevede che “È assicurata la possibilità di depositare con modalità telematica gli atti in scadenza fino alle ore 24:00 dell’ultimo giorno consentito. Il deposito è tempestivo se entro le ore 24:00 del giorno di scadenza è generata la ricevuta di avvenuta accettazione, ove il deposito risulti, anche successivamente, andato a buon fine. Agli effetti dei termini a difesa e della fissazione delle udienze camerali e pubbliche il deposito degli atti e dei documenti in scadenza effettuato oltre le ore 12:00 dell’ultimo giorno consentito si considera effettuato il giorno successivo”.
Tale norma va interpretata, per il TAR, nel senso che il deposito con il processo amministrativo telematico (Pat) è possibile fino alle ore 24:00, ma se effettuato l’ultimo giorno utile rispetto ai termini previsti dal comma 1 dell’art. 73 c.p.a., ove avvenga oltre le ore 12:00 (id est, l’orario previsto per i depositi prima dell’entrata in vigore del Pat), si considera effettuato – limitatamente ai fini della garanzia dei termini a difesa e della fissazione delle udienze camerali e pubbliche – il giorno successivo, ed è dunque tardivo; in altre parole, il termine ultimo di deposito alle ore 12:00 permane, anche all’indomani dell’entrata in vigore del Pat, come termine di garanzia del contraddittorio tra le parti e della corretta organizzazione del lavoro del Collegio giudicante.
Concretizzando tale principio nella pratica per il TAR: a) se è depositata alle ore 13:00 dell’ultimo giorno utile, ai sensi del comma 1 dell’art. 73 c.p.a., una memoria, la stessa non può essere tenuta in considerazione perché non sono rispettati i termini a difesa, salva la possibilità per la parte autrice del deposito tardivo di chiedere un rinvio della trattazione della questione e sempre che il Collegio ritenga ne sussistano i presupposti (analogo discorso vale per il deposito di documenti); b) se è depositato oltre le ore 12:00 un ricorso con richiesta di cautelare collegiale, ai fini del computo del termine per la fissazione della relativa camera di consiglio occorre considerare che il deposito è avvenuto il giorno successivo; c) se è depositato un ricorso o un appello alle ore 15:00 dell’ultimo giorno utile per il deposito, questo si considera avvenuto tempestivamente.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2193 del 21 ottobre 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano specifica che la presentazione di una (ennesima) istanza di sanatoria non impone al Comune di riadottare l’ordine di rimessione in pristino all’esito della delibazione (negativa) della predetta istanza, come invece ritenuto di regola dalla giurisprudenza dello stesso TAR, giacché un tale onere non sussiste a fronte della ripetuta reiterazione di identiche istanze del privato, volte nella sostanza a paralizzare per un tempo indeterminato la potestà sanzionatoria dell’Amministrazione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2188 del 17 ottobre 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.