Il TAR Milano ricorda che, secondo costante giurisprudenza, il divieto di costruzione di opere dagli argini dei corsi d’acqua ha carattere legale, assoluto e inderogabile, essendo finalizzato ad assicurare non solo la possibilità di sfruttamento delle acque demaniali, ma anche il libero deflusso delle stesse, garantendo le operazioni di ripulitura e manutenzione ed impedendo le esondazioni delle acque; il divieto si applica poi anche ai casi in cui il corpo idrico sia stato coperto, poiché tale circostanza non fa venir meno le ragioni di tutela che presiedono al vincolo di inedificabilità assoluta operante nella fascia di rispetto di legge; la giurisprudenza ha infatti chiarito che i vincoli previsti dal R.D. n. 523 del 1904 sussistono anche per i corsi d’acqua tombinati, atteso che, a parte il caso che possano o meno essere riportati in qualsiasi momento allo stato precedente, anche per tali corsi d’acqua occorre consentire uno spazio di manovra, nel caso di necessarie attività di manutenzione e ripulitura delle condutture.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 510 del 26 febbraio 2024


Il TAR Milano aderisce al recente orientamento giurisprudenziale secondo cui la conformità dell’intervento alla normativa urbanistica non costituisce condizione necessaria ai fini della formazione del silenzio-assenso sulla domanda di permesso di costruire. Sostiene questa giurisprudenza che la conformità dell’intervento alla normativa urbanistico edilizia costituisce requisito di validità del titolo tacito formatosi con il silenzio-assenso e non requisito di perfezionamento della fattispecie: il titolo edilizio si forma quindi per il solo decorso del tempo salva la possibilità per l’amministrazione, qualora accerti che l’intervento non sia conforme, di intervenire esercitando il potere di autotutela.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 518 del 27 febbraio 2024


Secondo il TAR Milano è illegittima la disposizione del Piano Territoriale di Coordinamento di un Parco Regionale che ha stabilito che nel territorio di sua competenza, assoggettato perciò a vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 142, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 42 del 2004, le stazioni radio base possono essere collocate solo in specifiche aree individuate da apposito regolamento; tale disposizione introduce un evidente divieto generalizzato che esime il Parco dal dovere di compiere valutazioni concrete finalizzate a stabilire volta per volta se l’impianto oggetto della specifica istanza sia o meno compatibile con l’interesse sotteso al vincolo che esso è chiamato a tutelare.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 497 del 23 febbraio 2024


Secondo il TAR Milano, in base all’art. 36, primo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001, l’accertamento di conformità può essere ottenuto fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, e 34, comma 1, dello stesso d.P.R. e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative; questa norma indica termini di natura perentoria che ostano all’accoglimento delle istanze presentate tardivamente; da ciò consegue che, in caso di interventi di ristrutturazione edilizia eseguiti in assenza di titolo, l’accertamento di conformità non può essere ottenuto dopo che sia decorso il termine assegnato per il ripristino ai sensi del citato art. 33, primo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 498 del 23 febbraio 2024


Il TAR Milano precisa che non sussiste un obbligo di ripubblicazione del piano urbanistico, se non a fronte di modifiche che comportano una rielaborazione complessiva dello strumento di pianificazione territoriale, ovvero laddove si apportino mutamenti così rilevanti da determinare un cambiamento radicale delle caratteristiche essenziali del Piano e dei criteri che presiedono alla sua impostazione. Ciò è confermato dalla possibilità di introdurre modifiche d’ufficio in sede di approvazione del Piano che si distinguono in modifiche “obbligatorie” (in quanto indispensabili per assicurare il rispetto delle previsioni del Piano territoriale di coordinamento, la razionale sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici, l’adozione di standard urbanistici minimi), in modifiche “facoltative” (consistenti in innovazioni non sostanziali) e modifiche “concordate” (conseguenti all’accoglimento di osservazioni presentate al Piano e accettate dal Comune).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 492 del 22 febbraio 2024


Il TAR Milano ricorda che l’esatta qualificazione di un provvedimento amministrativo va effettuata tenendo conto del suo effettivo contenuto e della sua causa, anche a prescindere dal nomen iuris formalmente attribuito dall’Amministrazione, con la conseguenza che l’apparenza derivante da una terminologia eventualmente imprecisa o impropria, utilizzata nella formulazione testuale dell’atto stesso, non è vincolante, né può prevalere sulla sostanza e neppure determina di per sé un vizio di legittimità dell’atto, purché ovviamente sussistano i presupposti formali e sostanziali corrispondenti al potere effettivamente esercitato.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 481 del 20 febbraio 2024


La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83 della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, limitatamente alle parole «e, comunque, in misura non inferiore all’ottanta per cento del costo teorico di realizzazione delle opere e/o lavori abusivi desumibile dal relativo computo metrico estimativo e dai prezzi unitari risultanti dai listini della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura della provincia, in ogni caso, con la sanzione minima di cinquecento euro».
Osserva la Corte che la quantificazione della sanzione, in caso di assenza di danno ambientale, nella misura non inferiore all’ottanta per cento del costo teorico di costruzione «delle opere e/o lavori abusivi», con il minimo inderogabile di cinquecento euro, non è prevista dalla disciplina adottata dallo Stato nell’esercizio della sua competenza legislativa esclusiva; in particolare, non è prevista dall’art. 167 cod. beni culturali.

Corte costituzionale n. 19 del 19 febbraio 2024



Il TAR Milano ricorda l’orientamento secondo il quale l’urbanistica e il correlativo esercizio del potere di pianificazione vanno intesi in funzione dello sviluppo complessivo e armonico del territorio; sviluppo che deve tenere conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli in relazione alle effettive esigenze di abitazione della comunità e alle concrete vocazioni dei luoghi, sia di valori ambientali e paesaggistici, sia di esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti, sia delle esigenze economico - sociali della comunità radicata sul territorio, sia, in definitiva, del modello di sviluppo che si intende imprimere ai luoghi stessi, in considerazione della loro storia, tradizione, ubicazione e di una riflessione “de futuro” sulla propria stessa essenza, svolta dalla comunità medesima e, prima ancora, attraverso la partecipazione dei cittadini al procedimento pianificatorio, sino al punto di ritenere legittima la scelta pianificatoria della c.d. “opzione zero”, a seguito della quale lo strumento urbanistico non consente più, de futuro, l’ulteriore consumo di suolo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 19 febbraio 2024 n. 423


Si allegano le slide illustrate dal prof. Emanuele Boscolo nel convegno tenutosi il 16 febbraio 2024 a Verona, presso l'Accademia di agricoltura, scienze e lettere, dal titolo: "La valutazione ambientale strategica in Lombardia e Veneto: esperienze a confronto".



Il TAR Milano ricorda che nello spettro morfologico delle clausole escludenti enucleate dalla giurisprudenza dell’Adunanza plenaria, con conseguente onere di impugnazione immediata del bando di gara, sono figurate a pieno titolo, inter alia, clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale, regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile, disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta e condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 376 del 15 febbraio 2024


Il TAR Milano osserva che la legittimità della revoca del rapporto concessorio debba essere apprezzata nei termini imposti, in prospettiva revisionale dei rapporti di durata, dall’art. 21 quinquies della l. n. 241/1990 (integrato dal principio di leale cooperazione: cfr. art. 1, comma 2 bis), il quale aggancia il rilievo (potenzialmente ostativo o preclusivo) dell’affidamento del concessionario alla alternativa circostanza: a) che, sotto il profilo assiologico, non emergano né si evidenzino, a sostegno della revoca, motivi sopravvenuti in grado di sintetizzare e valorizzare il pubblico interesse alla immutazione degli assetti; b) che, sotto il profilo fattuale, il mutamento della situazione, assunto a fondamento della determinazione rimotiva, non appaia già prevedibile al momento della iniziale instaurazione del rapporto; c) che la decisione sopravvenuta non appaia, come tale, imprevedibile nel quadro della concreta dinamica evolutiva dei rapporti tra le parti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 385 del 15 febbraio 2024


Il TAR Milano ricorda come la giurisprudenza, con riferimento all’ipotesi in cui sia stato superato il limite massimo di pagine per la redazione della relazione tecnica, ha collegato l’esclusione dalla gara alla puntuale prova dell’effettiva rilevanza a fini valutativi degli elementi contestati, cioè del vantaggio conseguito da un concorrente in danno degli altri per effetto dell’eccedenza dimensionale dell’offerta, nella specie per effetto dell’inserimento di collegamenti multimediali inseriti in corpo testo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 322 del 9 febbraio 2024




Il TAR Milano osserva che la verificazione (e/o la consulenza tecnica d’ufficio) non può sopperire alle carenze probatorie riferibili alle parti del processo, ma ha l’esclusiva finalità di chiarire eventuali dubbi discendenti da elementi ritualmente introdotti in giudizio e non del tutto incontroversi nella loro portata. Essa, infatti, costituisce non già un mezzo di prova, ma al più di ricerca della prova, avente la funzione di fornire al giudice i necessari elementi di valutazione quando la complessità sul piano tecnico-specialistico dei fatti di causa impedisca una compiuta comprensione, ma non già la funzione di esonerare la parte dagli oneri probatori sulla stessa gravanti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 343 del 12 febbraio 2024


Il TAR Milano annulla una prescrizione delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Particolareggiato di Attuazione di un Parco che stabilisce che, in caso sia proposta istanza di installazione di una stazione radio base da localizzarsi al di fuori del perimetro del bosco ovvero che non comporti la trasformazione del bosco stesso, l’operatore richiedente è tenuto ad attuare un piano di miglioria forestale da eseguire su una superficie di raggio pari ad una volta e mezza l’altezza dell’impianto; ovvero, in caso di indisponibilità dell’area necessaria, ad erogare una somma corrispondente alla triplicazione del Valore Agricolo Medio, oltre al costo di miglioria forestale e alla sua manutenzione per il quinquennio successivo. Al riguardo il TAR osserva che, non solo nessuna norma di rango primario consente ai comuni di imporre le sopra descritte prestazioni agli operatori che propongono istanza di autorizzazione per la realizzazione di stazioni radio base, ma addirittura l’art. 54, primo comma, del d.lgs. n. 259 del 2003 vieta espressamente la possibilità di imporre ai suddetti operatori qualsiasi onere diverso da quelli previsti dallo stesso decreto ovvero da quelli eventualmente dovuti per l’occupazione di aree pubbliche.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 325 del 9 febbraio 2024


Il Consiglio di Stato, in riforma alla sentenza del TAR Milano, sez. III, n. 1679 del 2021, osserva che, in via generale, il sindacato giurisdizionale in ambito di discrezionalità tecnica si estende al controllo intrinseco degli apprezzamenti tecnici e specialistici dell'amministrazione, sulla attendibilità, coerenza e correttezza degli esiti, rispetto ai fatti accertati ed alle norme di riferimento attributive di potere. Applicando tali coordinate alla materia dei beni culturali e al caso di specie, il Consiglio di Stato ha annullato il decreto di dichiarazione di interesse culturale imposto dalla Soprintendenza su un bene immobile e, in particolare, ha accolto i motivi di difetto di istruttoria e conseguente carenza di motivazione, per la mancata ricognizione dei luoghi e la mancata valutazione delle obiezioni dell'interessato circa la possibilità di conservazione e valorizzazione dell’immobile (in stato di abbandono e fatiscente), tenuto conto altresì dell’inidoneità della relazione storico-artistica - contenente affermazioni “stereotipate” - a descrivere la singolarità del bene e l’insufficienza della mera valenza documentaria.

Consiglio di Stato, Sez. VI, 1° febbraio 2024, n. 1245





Il TAR Milano ricorda che, secondo pacifico principio giurisprudenziale, la piena conoscenza, ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione di un titolo edilizio, deve essere individuata con riguardo alla data di inizio dei lavori, nel caso in cui si sostenga l'insussistenza dei presupposti per avviare l'attività edilizia sull'area interessata; si ha, invece, riguardo alla data di completamento degli stessi ovvero a quella in cui si renda comunque palese, in relazione al grado di avanzamento degli stessi, l'esatta dimensione, la consistenza e la finalità del manufatto in costruzione, nel caso in cui si contestino le modalità di esercizio dell'attività edilizia.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 314 del 7 febbraio 2024


Il TAR Milano ritiene che il principio secondo il quale le infrastrutture per impianti radiotelefonici, essendo equiparate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria, sono compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica non possa valere per i vincoli urbanistici impressi su specifiche aree. Mentre la destinazione urbanistica della zona omogena, data la vastità della medesima, non viene compromessa dall’insediamento in essa di alcune infrastrutture per impianti radiotelefonici, può invece risultare compromessa, in caso di insediamento di tali opere, la funzione assegnata alla singola area dal vincolo urbanistico: si pensi al caso di infrastruttura per impianti radiotelefonici costruita su area assoggettata a vicolo espropriativo che renda impossibile la realizzazione dell’opera pubblica programmata. Non è, quindi, possibile ritenere che l’art. 86, comma 3, del d.lgs. n. 259 del 2003 consenta di insediare infrastrutture per impianti radiotelefonici in aree interessate da uno specifico vincolo quando tale insediamento abbia l’effetto di rendere impossibile l’assolvimento della funzione con esso assegnata.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 310 del 6 febbraio 2024


Il TAR Brescia, esaminando una censura tesa a far valere una asserita insufficienza dei corsi di recupero organizzati dalla scuola per consentire allo studente l’effettivo recupero delle materie insufficienti, richiama i principi affermati dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui l'incompleta, carente od omessa attivazione dei corsi di recupero da parte della scuola, in violazione dell'art. 11, comma 2, d.lgs. n. 59 del 2004, non incidono sulla legittimità e sull'autonomia del giudizio finale di non ammissione di un alunno che si basa sull'insufficiente rendimento scolastico e, quindi, sulla non adeguata preparazione e maturazione per accedere alla successiva fase degli studi.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 850 del 21 novembre 2023


Il TAR Milano, esaminando una censura con la quale un soggetto non sono operatore del settore dei lavori pubblici deduce la violazione del codice dei contratti pubblici in riferimento alla realizzazione delle opere di urbanizzazione non direttamente funzionali ad un piano attuativo, ritiene la doglianza inammissibile per carenza di legittimazione, in quanto l’asserita violazione della normativa in materia di evidenza pubblica, per omesso svolgimento della procedura di gara per individuare gli esecutori delle opere di urbanizzazione, non può essere fatta valere da soggetti che non sono operatori del settore e che, soli, possono essere lesi nella loro posizione giuridica, scaturendo nei confronti degli altri consociati un pregiudizio di mero fatto.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 290 del 5 febbraio 2024


Il TAR Milano condivide il principio giurisprudenziale secondo cui al fine di scongiurare l’esclusione dalla gara d’appalto, il partecipante che intenda avvalersi della clausola di equivalenza ha l’onere di dimostrare già nella propria offerta l’equivalenza tra i servizi o tra i prodotti, non potendo pretendere che tale accertamento sia compiuto d’ufficio dalla stazione appaltante o, addirittura, che sia demandato alla sede giudiziaria una volta impugnato l’esito della gara.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 276 del 2 febbraio 2024


A seguito di una richiesta di una associazione religiosa di poter adibire a luogo di culto la propria sede con destinazione terziario-direzionale, rigettata dal Comune in ragione delle norme del PGT che escludono nelle zone produttive e commerciali le attrezzature religiose, il TAR Brescia osserva che il mutamento di destinazione d’uso potrà essere esclusivamente subordinato a tre condizioni: (a) il rilascio di un permesso di costruire (v. art. 52, comma 3-bis, della LR 12/2005); (b) la stipula con il Comune di una convenzione a fini urbanistici (v. art. 70, comma 2-ter, della LR 12/2005); (c) l’accertamento della compatibilità urbanistica (v. art. 9, comma 15, della LR 12/2005). Il rilascio del permesso di costruire non presuppone più una previsione nel PGT che localizzi le singole strutture religiose. Sarà necessaria una valutazione di compatibilità urbanistica allo scopo di accertare l’equivalenza tra il luogo di culto e le destinazioni di zona esplicitamente ammesse o equivalenti.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 837 del 14 novembre 2023


Il TAR Milano precisa che il secondo comma dell’art. 18 della legge n. 157 del 1992 autorizza le regioni ad approvare un calendario venatorio regionale che può modificare i periodi di caccia previsti dal primo comma della stessa norma, previa acquisizione di un parere di ISPRA, dal quale ci si può discostare con adeguata motivazione. ISPRA opera, dunque, come organo di consulenza tecnico-scientifica delle regioni chiamato a verificare la compatibilità tra le previsioni del calendario e le esigenze di tutela della fauna selvatica. Considerata la natura tecnico-scientifica del parere emanato, le regioni, per potersi discostare da esso, debbono opporre a loro volta dati scientifici, riguardanti la ricognizione delle popolazioni faunistiche, in grado di dimostrare l’inattendibilità delle conclusioni di ISPRA. Non è invece possibile giungere a conclusioni diverse formulando contestazioni generiche dei dati utilizzati dalla stessa ISPRA oppure scaturenti da una loro diversa interpretazione, potendosi al più ipotizzare in questo caso una eventuale interlocuzione della Regione con l’Istituto al fine di ottenere correttivi del parere.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 3176 del 21 dicembre 2023