Sono disponibili, nella sezione dedicata al Processo Amministrativo Telematico del sito di Giustizia Amministrativa,  i nuovi moduli  di deposito e le nuove istruzioni a uso degli avvocati difensori.


La Commissione europea ha ravvisato un aiuto di Stato, in violazione dell'articolo 108, paragrafo 3, del trattato, in una convenzione urbanistica stipulata in via transattiva tra il Comune di Madrid e la squadra di calcio del Real Madrid a conclusione di una complessa vertenza che concerneva la ristrutturazione dello stadio Santiago Bernabéu.

La decisione 2016/2393 della Commissione europea del 4 luglio 2016 è pubblicata sulla GUUE L 358/3 del 29 dicembre 2016.


La Corte Costituzionale, scrutinando una disposizione legislativa della Provincia autonoma di Bolzano che disciplina le modalità di esternazione della volontà dell’ente pubblico di alienare i suoi fondi agricoli e il connesso termine di decadenza per l’esercizio del diritto di prelazione agraria, precisa che la giurisprudenza costituzionale ammette, in limiti ristretti, norme regionali di diritto privato. 
Chiarisce la Corte che l’incidenza sulla competenza regionale del limite del diritto privato non opera in modo assoluto, in quanto anche la disciplina dei rapporti privatistici può subire un qualche adattamento, ove questo risulti in stretta connessione con la materia di competenza regionale e risponda al criterio di ragionevolezza, che vale a soddisfare il rispetto del richiamato principio di eguaglianza; condizioni imprescindibili, per giustificare l’intervento regionale sono, dunque: 1) la sua marginalità, 2) la connessione con una materia di competenza regionale e 3) il rispetto del principio di ragionevolezza. 
Nel caso esaminato dalla Corte a difettare è proprio la marginalità dell’intervento, perché le norme scrutinate non prevedono adattamenti, integrazioni o specificazioni della disciplina statale, ma a essa derogano in relazione a un profilo fondamentale dell’ordinamento civile, che è quello della libertà negoziale; esse, infatti, incidono sulla scelta del contraente nella compravendita dei fondi agricoli provinciali, e quindi sulla autonomia negoziale sia dei soggetti che si determinano al loro acquisto, titolari o meno del diritto di prelazione, sia della pubblica amministrazione che agisce iure privatorum per la dismissione di beni patrimoniali disponibili.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 283 del 21 dicembre 2016 è consultabile sul sito della Corte Costituzionale.


Pubblicato sul sito di Giustizia Amministrativa il Decreto del 23 dicembre 2016 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa sui limiti di dimensione del singolo file allegato al modulo di deposito effettuato mediante PEC o upload.


Il Consiglio di Stato esamina il rapporto che intercorre tra l’avvocato dell’ente pubblico e l’ente pubblico datore di lavoro e gli elementi distintivi di detto rapporto e precisa quanto segue:

  • gli avvocati degli enti pubblici rivestono, rispetto agli avvocati del libero foro, una posizione peculiare nel sistema;
  • sul piano strutturale, gli avvocati del libero foro stipulano con i clienti un contratto di prestazione d’opera professionale che è retto interamente dalle regole di diritto privato, con conseguente responsabilità secondo i principi civilistici;
  • gli avvocati degli enti pubblici stipulano, da un lato, un contratto di lavoro con l’ente pubblico, in veste di datore di lavoro, che li inserisce, con qualifiche di funzionario o dirigente, nell’organizzazione dell’ente, dall’altro, un contratto di prestazione d’opera professionale con il medesimo ente pubblico, in veste di “cliente unico”, con il quale viene conferito, secondo modalità dipendenti dalla tipologia di Ente che viene in rilievo, incarico di svolgere una determinata attività difensiva;
  • sul piano funzionale, l’attività che gli avvocati pongono in essere risente della indicata duplicità di posizione strutturale, essendo necessario distinguere due ambiti; un primo ambito attiene allo svolgimento dell’attività professionale che deve essere eseguita in piena autonomia al fine di assicurare il rispetto delle regole che operano per tutti gli avvocati, con la conseguenza che non sono ammesse interferenze da parte dell’Ente “cliente” in grado di condizionare le scelte difensive da assumere, ferma la responsabilità dell’avvocato secondo le regole generali nei confronti del rappresentante legale dell’Ente medesimo; un secondo ambito attiene al contenuto “esterno” dell’attività e cioè al suo inserimento nell’ambito della complessiva organizzazione pubblica, in relazione alla quale l’Ente “datore di lavoro” conserva i suoi poteri privati e pubblici volti ad assicurare, mediante ad esempio la previsione di un orario di servizio, l’inserimento coordinato dell’attività svolta dall’avvocato nell’ambito della propria organizzazione, che rispetti sempre il proprium dei compiti assegnati;
  • l’Ente pubblico, nel regolare a livello organizzativo, in qualità di datore di lavoro, il rapporto di lavoro, gode di ampia discrezionalità, che, però, non può essere esercitata in una direzione tale da incidere sul piano funzionale afferente al contenuto proprio delle attività poste in essere; se tale discrezionalità non incontrasse i suddetti limiti sarebbe agevole per l’ente pubblico eludere le garanzie di autonomia professionale dell’avvocato mediante la previsione di regole organizzative in grado di vanificare sostanzialmente tale autonomia.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 5448 del 23 dicembre 2016 è consultabile sul sito di Giustizia Amministrativa.


Pubblicato sul sito di Giustizia Amministrativa il seguente comunicato del 22 dicembre 2016:
"Il Presidente del Consiglio di Stato ha emanato un decreto, come previsto dal recente decreto-legge n. 168/2016, con cui si intende dare attuazione ai principi di sinteticità e chiarezza stabiliti dal Codice del processo amministrativo. Principi che ora riguardano, in modo generalizzato, tutti i riti e non solo quello degli appalti.
In particolare, si danno indicazioni sui criteri di redazione degli atti di parte, al fine di renderli chiari e comprensibili in tutte le loro articolazioni e si prevedono limiti dimensionali differenziati in relazione ai diversi riti. Il parametro fondamentale di riferimento diventa il numero massimo di caratteri piuttosto che il numero delle pagine. A tale limite, vengono previste alcune ipotesi di deroga (come per esempio nel caso i cui la controversia presenti questioni tecniche, giuridiche o di fatto particolarmente complesse) e il relativo procedimento autorizzativo.
Il decreto troverà applicazione alle controversie il cui termine di proposizione del ricorso di primo grado o di impugnazione inizi a decorrere trascorsi trenta giorni dalla pubblicazione del decreto medesimo sulla Gazzetta Ufficiale.
Il Presidente del Consiglio di Stato, contestualmente all’emanazione del decreto, ha inviato una nota a tutti i magistrati amministrativi invitandoli ad uniformare la redazione dei provvedimenti ai principi di chiarezza e sinteticità".




La Corte Costituzionale, nel definire i limiti della legislazione regionale in materia di interventi edilizi eseguibili senza necessità di titolo abilitativo, precisa che:

  • la definizione delle categorie di interventi edilizi a cui si collega il regime dei titoli abilitativi costituisce principio fondamentale della materia di competenza legislativa concorrente fra Stato e regioni del «governo del territorio», vincolando così la legislazione regionale di dettaglio;
  • l’art. 6, comma 6, del TUE prevede che le regioni a statuto ordinario possono estendere la disciplina dell’edilizia libera a «interventi edilizi ulteriori» (lettera a), nonché disciplinare «le modalità di effettuazione dei controlli» (lettera b); è però escluso che la disposizione appena citata permetta al legislatore regionale di sovvertire le definizioni di nuova costruzione recate dall’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001;
  • l’attività demandata alla regione si inserisce pur sempre nell’ambito derogatorio definito dall’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001, attraverso la enucleazione di interventi tipici da sottrarre a permesso di costruire e SCIA (segnalazione certificata di inizio attività);
  • non è perciò pensabile che il legislatore statale abbia reso cedevole l’intera disciplina dei titoli edilizi, spogliandosi del compito, proprio del legislatore dei principi fondamentali della materia, di determinare quali trasformazioni del territorio siano così significative, da soggiacere comunque a permesso di costruire;
  • lo spazio attribuito alla legge regionale si deve quindi sviluppare secondo scelte coerenti con le ragioni giustificatrici che sorreggono, secondo le previsioni dell’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001, le specifiche ipotesi di sottrazione al titolo abilitativo;
  • il limite assegnato al legislatore regionale dall’art. 6, comma 6, lettera a), del d.P.R. n. 380 del 2001 sta, dunque, nella possibilità di estendere i casi di attività edilizia libera ad ipotesi non integralmente nuove, ma “ulteriori”, ovvero coerenti e logicamente assimilabili agli interventi di cui ai commi 1 e 2 del medesimo art. 6. 

Su queste basi, la Corte Costituzionale verifica con la sentenza segnalata se, in relazione a ciascuna delle categorie di opere incluse ‒ dalle censurate disposizioni della legge regionale delle Marche n. 17 del 2015 ‒ tra gli interventi edilizi eseguibili senza necessità di titolo abilitativo, il legislatore regionale si sia mantenuto nei limiti di quanto gli è consentito.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 282 del 12 dicembre 2016 è consultabile sul sito della Corte Costituzionale.


La Corte di Giustizia dell'Unione Europea esaminando il caso di un consorzio intercomunale ha così statuito:
"L’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che non costituisce un appalto pubblico un accordo concluso tra due enti territoriali, quale quello di cui trattasi nel procedimento principale, sulla base del quale questi ultimi adottano uno statuto che istituisce un consorzio intercomunale, persona giuridica di diritto pubblico, e trasferisce a tale nuovo ente pubblico talune competenze di cui tali enti erano investiti fino ad allora e che sono ormai proprie di tale consorzio intercomunale.
Tuttavia, un tale trasferimento di competenze riguardante l’espletamento di compiti pubblici può sussistere soltanto se riguarda sia le responsabilità connesse alla competenza trasferita sia i poteri che sono il corollario di quest’ultima, in modo che la nuova autorità pubblica competente disponga di un’autonomia decisionale e finanziaria, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare".

La sentenza della Corte di Giustizia UE, Terza Sezione, del 21 dicembre 2016 (causa C-51/15) è consultabile sul sito della Corte di Giustizia.


Il TAR Milano precisa che i termini di cui all’art. 73 c.p.a. per la produzione di documenti e memorie sono perentori e, in quanto tali, non possono essere superati, neanche in presenza di un accordo delle parti, essendo il deposito tardivo di memorie e documenti ammesso in via del tutto eccezionale nei soli casi di dimostrazione dell'estrema difficoltà di produrre l'atto nei termini di legge, come previsto dall'art. 54, comma 1, c.p.a.; in assenza della suesposta situazione di eccezionalità, il giudice non può tenere conto di documenti tardivamente prodotti, in violazione del termine di legge.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2392 del 19 dicembre 2016 è consultabile sul sito di Giustizia Amministrativa.


Il TAR Veneto aderisce all’orientamento secondo il quale l'approvazione di un piano attuativo di iniziativa privata non è un atto dovuto, ancorché il medesimo risulti conforme al piano regolatore generale, perché, sussistendo un rapporto di necessaria compatibilità ma non di formale coincidenza tra quest'ultimo e i suoi strumenti attuativi ed essendovi una pluralità di modi con i quali dare attuazione alle previsioni dello strumento urbanistico generale, è ineliminabile la sussistenza di un potere discrezionale nella valutazione delle soluzioni proposte, atteso che il Comune non si limita a svolgere un semplice riscontro della conformità del piano allo strumento generale, ma esercita pur sempre poteri di pianificazione del territorio comunale e pertanto può negare l’approvazione del piano attuativo facendo riferimento a ragioni interne al medesimo, quali possono essere i temi dell’organizzazione urbanistica, viabilistica o architettonica dell’intervento.

La sentenza del TAR Veneto, Sezione Seconda, n. 1375 del 14 dicembre 2016 è consultabile sul sito di Giustizia Amministrativa.


Il TAR Toscana precisa che il tenore complessivo dell’art. 216 del d.lgs. n. 50 del 2016 esclude la possibilità di applicare singole disposizioni del nuovo codice degli appalti (come quelle ad esempio in materia di soccorso istruttorio di cui all’art. 83, comma 9) seguendo il principio “tempus regit actum” e ciò anche considerando che laddove il Legislatore ha inteso introdurre un regime transitorio differente da quello previsto dal comma 1, e per quanto concerne specifiche disposizioni, ne ha fatto menzione espressamente nei rimanenti commi dello stesso art. 216; il TAR condivide i principi fatti propri dal Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, Sez. III, 25 novembre 2016, n. 4994), nella parte in cui ha evidenziato che quanto contenuto nell’art. 216 impedisce ogni esegesi di questioni ermeneutiche di diritto intertemporale che si fondi sulla regola tempus regit actum, che si rivela, evidentemente, recessiva rispetto a una disposizione normativa che regola la successione nel tempo delle leggi, e vincola, al contrario, l'interprete ad attenersi alla stretta applicazione della disciplina transitoria.

La sentenza del TAR Toscana, Sezione Terza, n. 1756 del 12 dicembre 2016 è consultabile sul sito di Giustizia Amministrativa.


Il TAR Veneto aderisce all'orientamento secondo il quale, in base alla disciplina transitoria di cui all’art. 216 del D.Lgs. n. 50/2016, le disposizioni introdotte da tale testo normativo - ivi comprese quelle inserite con esso nel codice del processo amministrativo - si applicano solo alle procedure bandite dopo la data dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici e, quindi, dopo il 19 aprile 2016.
Conseguentemente, è da ritenersi inammissibile il ricorso  proposto ai sensi dell'art. 120, comma 2 bis, del codice del processo amministrativo, introdotto dall'art. 204 del D.Lgs. n. 50/2016, avverso l'ammissione a una procedura di gara bandita prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici, per carenza di immediata lesività dell’atto impugnato.

La sentenza del TAR Veneto, Sezione Prima, n. 1365 del 14 dicembre 2016 è consultabile sul sito di Giustizia Amministrativa.


La Corte di Giustizia dell’Unione Europea  - chiamata a verificare la compatibilità con l’articolo 101 TFUE di una normativa spagnola che stabilisce gli onorari dei procuratori legali assoggettando la loro retribuzione a minimi tariffari, i quali possono essere aumentati o diminuiti unicamente di una determinata percentuale del 12% - ha così statuito: “L’articolo 101 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, dev’essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che assoggetta gli onorari dei procuratori legali a una tariffa che può essere aumentata o diminuita solamente del 12%, e della quale i giudici nazionali si limitano a verificare la rigorosa applicazione, senza essere in grado, in circostanze eccezionali, di derogare ai limiti fissati da tale tariffa”.
Come si legge nella sentenza della Corte di Giustizia, nel diritto spagnolo “La funzione dei procuratori legali è principalmente disciplinata dalla Ley Orgánica 6/1985 del Poder Judicial (legge organica 6/1985 sul potere giudiziario), del 1° luglio 1985 (BOE n. 157, del 2 luglio 1985), e il loro intervento nei procedimenti è regolato dalla Ley 1/2000 de Enjuiciamiento Civil (legge 1/2000 recante il codice di procedura civile), del 7 gennaio 2000 (BOE n. 7, dell’8 gennaio 2000; …). La funzione del procuratore legale è essenzialmente quella di rappresentare le parti nel procedimento e di cooperare efficacemente con gli organi giurisdizionali per agevolare il corretto svolgimento del procedimento. Tali funzioni sono distinte e incompatibili con quelle degli avvocati”.

La sentenza della Corte di Giustizia UE, Prima Sezione, in data 8 dicembre 2016 (cause riunite C 532/15 e C 538/15) è consultabile sul sito della Corte di Giustizia UE 



L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha affermato il seguente principio in materia di sanzioni per ritardato ovvero omesso pagamento del contributo di costruzione:
 “Un’amministrazione comunale ha il pieno potere di applicare, nei confronti dell’intestatario di un titolo edilizio, la sanzione pecuniaria prescritta dalla legge per il caso di ritardo ovvero di omesso pagamento degli oneri relativi al contributo di costruzione anche ove, in caso di pagamento dilazionato di detto contributo, abbia omesso di escutere la garanzia fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei singoli ratei di pagamento ovvero abbia comunque omesso di svolgere attività sollecitatoria del pagamento presso il debitore principale”.

La sentenza n. 24 del 7 dicembre 2016 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.    


Il TAR Milano, con riferimento a un’ordinanza di demolizione adottata dopo circa cinquant’anni dalla realizzazione dei manufatti abusivi, aderisce all’indirizzo giurisprudenziale (Cons. Stato, sez. IV, 8 aprile 2016, n. 1393) secondo il quale: “L'ingiunzione di demolizione, in quanto atto dovuto in presenza della constatata realizzazione dell'opera edilizia senza titolo abilitativo o in totale difformità da esso, è in linea di principio sufficientemente motivata con l'affermazione dell'accertata abusività dell'opera; ma deve intendersi fatta salva l´ipotesi in cui, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell'abuso ed il protrarsi dell'inerzia dell'Amministrazione preposta alla vigilanza, si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato; ipotesi questa in relazione alla quale si ravvisa un onere di congrua motivazione che indichi, avuto riguardo anche all'entità ed alla tipologia dell'abuso, il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato. Pertanto, qualora le difformità rilevate siano di limitata entità e sia trascorso un notevole lasso di tempo dal supposto abuso, è illegittimo un ordine di demolizione di un edificio laddove non fornisca alcuna adeguata motivazione sull'esigenza della demolizione nonostante il tempo trascorso e il conseguente affidamento ingeneratosi in capo al privato”.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, I sezione, n. 2307 del 6 dicembre 2016 è consultabile sul sito di Giustizia Amministrativa.