Il Consiglio di Stato esamina il rapporto che intercorre tra l’avvocato dell’ente pubblico e l’ente pubblico datore di lavoro e gli elementi distintivi di detto rapporto e precisa quanto segue:

  • gli avvocati degli enti pubblici rivestono, rispetto agli avvocati del libero foro, una posizione peculiare nel sistema;
  • sul piano strutturale, gli avvocati del libero foro stipulano con i clienti un contratto di prestazione d’opera professionale che è retto interamente dalle regole di diritto privato, con conseguente responsabilità secondo i principi civilistici;
  • gli avvocati degli enti pubblici stipulano, da un lato, un contratto di lavoro con l’ente pubblico, in veste di datore di lavoro, che li inserisce, con qualifiche di funzionario o dirigente, nell’organizzazione dell’ente, dall’altro, un contratto di prestazione d’opera professionale con il medesimo ente pubblico, in veste di “cliente unico”, con il quale viene conferito, secondo modalità dipendenti dalla tipologia di Ente che viene in rilievo, incarico di svolgere una determinata attività difensiva;
  • sul piano funzionale, l’attività che gli avvocati pongono in essere risente della indicata duplicità di posizione strutturale, essendo necessario distinguere due ambiti; un primo ambito attiene allo svolgimento dell’attività professionale che deve essere eseguita in piena autonomia al fine di assicurare il rispetto delle regole che operano per tutti gli avvocati, con la conseguenza che non sono ammesse interferenze da parte dell’Ente “cliente” in grado di condizionare le scelte difensive da assumere, ferma la responsabilità dell’avvocato secondo le regole generali nei confronti del rappresentante legale dell’Ente medesimo; un secondo ambito attiene al contenuto “esterno” dell’attività e cioè al suo inserimento nell’ambito della complessiva organizzazione pubblica, in relazione alla quale l’Ente “datore di lavoro” conserva i suoi poteri privati e pubblici volti ad assicurare, mediante ad esempio la previsione di un orario di servizio, l’inserimento coordinato dell’attività svolta dall’avvocato nell’ambito della propria organizzazione, che rispetti sempre il proprium dei compiti assegnati;
  • l’Ente pubblico, nel regolare a livello organizzativo, in qualità di datore di lavoro, il rapporto di lavoro, gode di ampia discrezionalità, che, però, non può essere esercitata in una direzione tale da incidere sul piano funzionale afferente al contenuto proprio delle attività poste in essere; se tale discrezionalità non incontrasse i suddetti limiti sarebbe agevole per l’ente pubblico eludere le garanzie di autonomia professionale dell’avvocato mediante la previsione di regole organizzative in grado di vanificare sostanzialmente tale autonomia.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 5448 del 23 dicembre 2016 è consultabile sul sito di Giustizia Amministrativa.