Il TAR Milano osserva che, pur in presenza di un giudizio relativo a una gara con tre partecipanti in cui è stato proposto un ricorso incidentale contenente una censura di natura potenzialmente escludente, deve procedersi comunque al prioritario esame del ricorso principale, poiché l’accoglimento del gravame incidentale non determina ex se l’improcedibilità di quello principale, continuando ad esistere, in capo al ricorrente principale, la titolarità dell’interesse legittimo strumentale all’eventuale rinnovazione della gara, anche nel caso in cui alla stessa abbiano partecipato altre imprese, sia pure estranee al processo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1976 del 28 luglio 2023.


Il TAR Brescia ricorda che, in forza dell'art. 31, comma 2, d.P.R. n. 380/2001, l'ordine di demolizione ha come destinatari sia il proprietario dell'immobile dove sono state realizzate le opere abusive, sia l'autore dell'abuso. L'equiparazione del proprietario all'autore dell'abuso rivela che la misura ripristinatoria ha carattere oggettivo, essendo diretta a reintegrare immediatamente l'ordine urbanistico. Il proprietario non può, quindi, liberarsi dall'obbligo di rimessione in pristino eccependo l'estraneità all'abuso, o la buona fede circa il comportamento degli esecutori materiali dei lavori; tali elementi diventano, infatti, rilevanti solo quando è necessario valutare in che modo l'ordine di demolizione possa essere ottemperato. È nella fase dell'ottemperanza, dunque, che il proprietario può distinguere la sua posizione da quella dell'autore dell'abuso, evitando la responsabilità solidale con quest'ultimo e la perdita dell'immobile (T.A.R. Brescia, sez. II, 15/07/2022, n.702; T.A.R. Napoli, sez. VIII, 07/01/2022, n.110; Consiglio Stato, Sez. II, 28.09.2020, n. 5700).
Invero, nell'ambito delle costruzioni abusive, il proprietario incolpevole, non è automaticamente esposto alla sanzione della perdita della proprietà dell'immobile o alla sanzione pecuniaria; le altre misure, ad esclusione del ripristino che ha carattere oggettivo, hanno natura punitiva e afflittiva, e non possono essere applicate senza una verifica della responsabilità personale (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, 17 gennaio 2022 n. 43).
Svolte queste premesse, il TAR Brescia precisa che, essendo distinti il termine di ottemperanza stabilito nell'ordine di demolizione, che riguarda il soggetto nel possesso degli immobili, e i termini entro cui il proprietario deve rispettivamente avviare e concludere le iniziative legali finalizzate al recupero della disponibilità dei beni, per il proprietario che si affermi incolpevole dell’abuso l’amministrazione ha il potere di valutare se quest’ultimo stia facendo tutto quello che è nelle sue possibilità per recuperare gli immobili e ripristinare una situazione conforme alla disciplina urbanistica.
Viene inoltre ribadito il principio secondo cui, ove l’abuso sia commesso soggetto diverso dal proprietario, perché quest'ultimo possa andare esente dalla misura consistente nell'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'area di sedime sulla quale insiste il bene, occorre che risulti, in modo inequivocabile, la sua completa estraneità al compimento dell'opera abusiva o che, essendone lo stesso venuto a conoscenza, si sia poi adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall'ordinamento (Consiglio Stato sez. VI, 26/02/2021, n. 1648).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 601 del 17 luglio 2023



Il TAR Milano ricorda che, in base a un consolidato orientamento giurisprudenziale, che la sola classificazione di una determinata area nell’ambito della programmata zonizzazione non determina un vincolo espropriativo ma soltanto la conformazione di quella zona alle esigenze generali di cui all’art. 42 Cost. (cfr. Consiglio di Stato, IV, 19 settembre 2019, n. 2641); i vincoli espropriativi, che sono soggetti alla scadenza quinquennale, concernono difatti beni determinati, in funzione della localizzazione puntuale di un’opera pubblica, la cui realizzazione non può quindi coesistere con la proprietà privata (C.G.A.R.S., 9 marzo 2022, n. 298); questi si presentano «come vincoli particolari, incidenti su beni determinati, in funzione non già di una generale destinazione di zona, ma della localizzazione puntuale (con indicazione empiricamente, per ciò, detta ‘lenticolare’) di un’opera pubblica, ‘la cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata ma ne esige la traslazione in favore dell’ente pubblico’» (Consiglio di Stato, II, 24 novembre 2020, n. 7354; anche, VI, 28 dicembre 2020, n. 8384; IV, 18 febbraio 2020, n. 1236).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1698 del 3 luglio 2023.


La Corte costituzionale osserva che nel disegno del legislatore statale contenuto nel codice dell’ambiente si riserva alla regione la funzione amministrativa nella materia della bonifica dei siti inquinati (artt. 198 e 242 del d.lgs. n. 152 del 2006), materia per costante, risalente giurisprudenza costituzionale ricompresa in quella dell’ambiente e quindi riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Aggiunge che l’art. 198, comma 4, cod. ambiente attribuisce ai comuni il potere di «esprimere il proprio parere in ordine all’approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati rilasciata dalle regioni» definendo in chiave ancillare la competenza propria di detti enti, di cui resta escluso ogni concorrente potere di esercizio sulla funzione amministrativa, secondo previsione di legge.
La potestà legislativa esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. esprime, secondo la Corte, ineludibili esigenze di protezione di un bene, quale l’ambiente, unitario e di valore primario, che sarebbero vanificate ove si attribuisse alla regione la facoltà di rimetterne indiscriminatamente la cura a un ente territoriale di dimensioni minori, in deroga alla valutazione di adeguatezza compiuta dal legislatore statale con l’individuazione del livello regionale; ad una siffatta iniziativa si accompagnerebbe una modifica, attraverso un atto legislativo regionale, dell’assetto di competenze inderogabilmente stabilito dalla legge nazionale all’esito di una ragionevole valutazione di congruità del livello regionale come il più adeguato alla cura della materia.
Per tali ragioni, la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 L.R. Lombardia n. 30 del 2006 nella parte in cui attribuisce alle amministrazioni comunali le funzioni amministrative in materia di bonifica, di messa in sicurezza e le misure di riparazione e di ripristino ambientale dei siti inquinati che ricadono interamente nell’ambito del territorio di un solo comune.

Corte costituzionale n. 160 del 24 luglio 2023.


Il TAR Milano ricorda che per giurisprudenza costante l’emanazione di un'ordinanza contingibile e urgente, ai sensi degli artt. 50 o 54 del T.U.E.L., presuppone l'esistenza di una situazione eccezionale e imprevedibile: tale presupposto, tuttavia, va interpretato nel senso che rileva non la circostanza (estrinseca) che il pericolo sia correlato ad una situazione preesistente ovvero ad un evento nuovo e imprevedibile, ma la sussistenza (intrinseca) della necessità e dell'urgenza attuale di intervenire a difesa degli interessi pubblici da tutelare, a prescindere sia dalla prevedibilità sia, soprattutto, dall'imputabilità se del caso perfino all'amministrazione stessa della situazione di pericolo che il provvedimento è rivolto a rimuovere; in definitiva, il decorso del tempo non consuma il potere di ordinanza, perché ciò che rileva è esclusivamente la dimostrazione dell'attualità del pericolo e della idoneità del provvedimento a porvi rimedio, sicché l'immediatezza dell'intervento urgente del Sindaco va rapportata all'effettiva esistenza di una situazione di pericolo al momento di adozione dell'ordinanza (cfr. TAR Campania, Sez. V, 3 febbraio 2015, n. 678; Cons. Stato, Sez. V, 12 ottobre 2010, n. 7411; id., 28 settembre 2009, n. 5807; Cons. Stato, Sez. II, 22 luglio 2019 n. 5150).

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1589 del 26 giugno 2023.


Il TAR Brescia ricorda anzitutto che nell’accesso civico generalizzato (e ancor meno nell’accesso disciplinato dall’art. 24 l. n. 241/1990) non sono ipotizzabili provvedimenti di silenzio rigetto. Dinanzi al silenzio serbato dall'amministrazione l'interessato può attivare la speciale tutela amministrativa davanti al responsabile prevenzione, corruzione e trasparenza (proprio al fine di ottenere un provvedimento espresso), ovvero dare corso alla speciale procedura giurisdizionale di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a. onde far accertare l'illegittimità del silenzio e dunque per ottenere una condanna al rilascio di un provvedimento espresso (T.A.R. Toscana, Sez. II, 24 ottobre 2019, n. 1421).
Manca, infatti, nella disciplina dell'accesso civico, la previsione dell'ipotesi di silenzio rigetto di cui all'art. 25 comma 4, l. n. 241/1990, che consente all'interessato di poter impugnare tale provvedimento tacito negativo dinanzi al Tribunale amministrativo in base al rito sull'accesso di cui all'art. 116 c.p.a., proponibile "contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi, nonché per la tutela del diritto di accesso civico connessa all'inadempimento degli obblighi di trasparenza...entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio...", dove il "silenzio" cui si riferisce la norma è solo quello significativo di cui all'art. 25 comma 4 L 241/1990.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 603 del 18 luglio 2023


In materia di accesso agli atti, il TAR Brescia ricorda anzitutto che la condizione dell'azione per ciò che attiene all'interesse al ricorso trova fondamento nell'art. 100 c.p.c., applicabile al processo amministrativo in virtù del rinvio esterno di cui all'art. 39 c.p.a., e si sostanzia nel vantaggio che il ricorrente può conseguire per effetto dell'accoglimento del ricorso in corrispondenza di una lesione diretta e attuale dell'interesse protetto (cfr. tra le tante: Cons. Stato, Sez. VII, 13 dicembre 2022, n. 10922; Sez. III, 30 maggio 2022, n. 4295).
Viene quindi precisato che il principio della vicinitas posto dalla ricorrente a sostegno della sua richiesta non è di per sé sufficiente a legittimare la richiesta di ostensione della documentazione afferente a titoli edilizi rilasciati a soggetti terzi.
Ciò in conformità alla giurisprudenza ormai consolidata in base alla quale la vicinitas non rappresenta un dato decisivo per fondare l'interesse ad impugnare, nel senso che di per sé non è sufficiente, dovendosi dimostrare che l'intervento contestato abbia capacità di propagarsi sino a incidere negativamente sul fondo del ricorrente (cfr. tra le tante: Cons. Stato, Ad. plen. n. 22/2021; Sez. IV, 17 giugno 2021, n. 4668).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 612 del 19 luglio 2023


Il TAR Milano evidenzia che in linea generale la determinazione del contenuto del bando di gara costituisce espressione del potere discrezionale in base al quale l’amministrazione può effettuare scelte riguardanti gli strumenti e le misure più adeguati, opportuni, congrui, efficienti ed efficaci ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell’interesse pubblico concreto, oggetto dell’appalto da affidare; le scelte così operate, ampiamente discrezionali, impingono nel merito dell’azione amministrativa e si sottraggono, pertanto, al sindacato del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi manifestamente irragionevoli, irrazionali, arbitrarie o sproporzionate, specie avuto riguardo alla specificità dell’oggetto e all’esigenza di non restringere la platea dei potenziali concorrenti e di non precostituire situazioni di privilegi. La rilevanza della tutela della salute, che può eventualmente essere sottesa alla previsione di livelli di competenza tecnica e standard qualitativi elevati contenuti nella lex specialis di gara, può giustificare l’introduzione di un requisito proporzionato alla prestazione che si intende acquisire, nonché al perseguimento dell’interesse pubblico ad essa sotteso. A tale scopo, all’amministrazione è garantita un’ampia discrezionalità nell’individuazione dei requisiti tecnici, ancorché più severi rispetto a quelli normativamente stabiliti, purché la loro previsione sia correlata a circostanze giustificate e risulti funzionale rispetto all’interesse pubblico perseguito (fattispecie relativa a “fornitura di sistemi diagnostici per microbiologia”).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1897 del 19 luglio 2023.



Il TAR Milano precisa che l'assunzione volontaria dell'obbligo di bonifica da parte del proprietario dell'area non esclude il potere/dovere dell'amministrazione di individuare il responsabile dell'inquinamento ai sensi dell'art. 244, co. 2, d.lgs. 152/2006 né elide il dovere di quest'ultimo di porre rimedio all'inquinamento stesso (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 1 aprile 2020, n. 2195; Id., Sez. VI, 4 agosto 2021, n. 5742; nel medesimo senso si sono espressi anche: T.A.R. Milano, Sez. IV, 15 aprile 2015, n. 940; Id., 2 luglio 2015, n. 1529; T.A.R. Brescia, Sez. I, 21 ottobre 2022, n. 984).

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1879 del 18 luglio 2023


Il TAR Brescia, dopo aver constatato che la procura alle liti, rilasciata dal ricorrente, era stata prodotta in copia informatica di originale cartaceo, priva dell’asseverazione di conformità all’originale analogico, prevista dall’articolo 136, comma 2-ter c.p.a. e dalle regole tecnico-operative per l’attuazione del processo amministrativo telematico (da ultimo d.P.C.S. 28 luglio 2021); considerato che tale irregolarità è sanabile ai sensi dell’articolo 44, comma 2, codice di rito, ha ritenuto di assegnare al ricorrente un termine perentorio (nella specie di 15 giorni), per provvedere alla regolarizzazione della rilevata irregolarità (peraltro rinviando la trattazione dell’istanza cautelare).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, Ordinanza n. 271 del 13 luglio 2023


Il TAR Milano precisa che il comma 1 dell’art. 17 del D.P.R. n. 31 del 2017, laddove dispone che “l’autorità preposta alla gestione del vincolo e il Soprintendente, nell’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 167, comma 4, del Codice [del Beni culturali], dispongono la rimessione in pristino solo quando non sia in alcun modo possibile dettare prescrizioni che consentano la compatibilità paesaggistica dell’intervento e delle opere”, deve essere interpretato nel senso di ammettere la sanatoria di opere che possano essere rese compatibili con il contesto circostante, tali essendo soltanto quelle che rientrano nell’ambito del perimetro delle violazioni di scarso rilievo paesaggistico di cui ai precedenti artt. 2, 3 e 4 del citato Decreto. Ciò appare altresì confermato dalla Circolare n. 42 del 21 luglio 2017, prot. n. 21322, del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, per la quale gli interventi cui “è applicabile il regolamento in esame devono essere di lieve entità e tale deve essere il principio guida che deve orientare la valutazione dell’applicabilità del regolamento stesso, rimanendo esclusi tutti gli altri interventi di impatto paesaggistico significativo, per i quali è da applicare la procedura ordinaria” (pagg. 23-24; cfr. anche pagg. 22-23).

TAR Lombardia, Milano, IV, n. 1788 del 12 luglio 2023


Il TAR Milano osserva che nelle procedure concorsuali va garantito il rispetto del principio del favor partecipationis che impedisce limitazioni artificiose alla concorrenza e laddove non ci si trovi al cospetto di clausole di portata chiara e inequivoca, si deve sempre procedere a una interpretazione che favorisca la massima partecipazione alle gare pubbliche a tutela del principio di concorrenza (cfr. Consiglio di Stato, III, 13 dicembre 2021, n. 8315; 7 agosto 2020, n. 4977; V, 24 gennaio 2020, n. 607; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 24 maggio 2021, n. 1269; 11 maggio 2021, n. 1171; T.A.R. Veneto, III, 5 maggio 2021, n. 602; T.A.R. Lazio, Roma, I bis, 4 gennaio 2021, n. 12). Più nello specifico, non può essere disposto il “rinnovo” di un servizio in favore di un operatore in base a una disposizione di non univoca interpretazione, visto che, a fronte di più possibili interpretazioni di una clausola della lex specialis, di cui una avente quale effetto di precludere l’effettuazione di un confronto competitivo e l’altra invece di realizzarlo, non può legittimamente aderirsi all’opzione che renderebbe recessivo l’esperimento di una procedura concorsuale (cfr. per il principio, T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 28 marzo 2023, n. 770; IV, 27 maggio 2022, n. 1227; II, 24 maggio 2021, n. 1269).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1475 del 13 giugno 2023.


Il TAR Milano ricorda che la domanda di fissazione dell'udienza di discussione va proposta con atto separato dal ricorso, ed è inidonea allo scopo la domanda formulata in calce al ricorso introduttivo, che non impedisce quindi la perenzione del giudizio (C.d.S., Sez. IV, 6.6.2017, n. 2714), come anche desumibile dallo stesso tenore letterale dell’art. 71 c. 1 cit., secondo cui la fissazione dell'udienza di discussione deve essere chiesta da una delle parti con apposita istanza, non revocabile, da presentare entro il termine massimo di un anno dal deposito del ricorso.

TAR Lombardia, Milano, I, n. 1712 del 4 luglio 2023


Il TAR Brescia ricorda che per le opere abusive che presentino la doppia conformità è sempre possibile la sanatoria tramite fiscalizzazione dell’abuso, indipendentemente dal titolo mancante (a seconda dei casi, v. art. 6-bis comma 5, art. 36, e art. 37 comma 4 del DPR 380/2001), mentre per le opere in contrasto con la pianificazione urbanistica non è possibile alcuna sanatoria (ad eccezione dell’ipotesi di difformità parziale ex art. 34 comma 2 del DPR 380/2001).
Questo vale anche per gli interventi che ricadono nell’attività edilizia libera ex art. 6 del DPR 380/2001, sia per ragioni sistematiche (la parziale liberalizzazione dell’attività edilizia è uno strumento di semplificazione, ma non attribuisce diritti edificatori in contrasto con la pianificazione urbanistica), sia perché la predetta norma esordisce con un’apposita clausola di salvaguardia (“Fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali”).
Inoltre, il TAR precisa che se non possono essere sanate, le opere abusive devono essere demolite. Se la demolizione non viene eseguita dall’interessato, deve subentrare una risposta dell’amministrazione che garantisca l’interesse pubblico all’effettivo ripristino dello stato dei luoghi. Il meccanismo stabilito dall’art. 31 commi 3, 4 e 4-bis del DPR 380/2001 a tutela del permesso di costruire trova quindi necessaria applicazione con riguardo a tutte le opere prive di conformità urbanistica, sulla base del comune denominatore costituito dall’esigenza di ripristinare la situazione anteriore all’abuso. Un’interpretazione diversa, che per il caso di omessa demolizione limitasse la perdita della proprietà e la sanzione pecuniaria ai soli interventi realizzabili con permesso di costruire, avrebbe quale conseguenza irragionevole la legittimazione di fatto di tutti i microabusi, ossia l’inefficacia delle prescrizioni della pianificazione urbanistica che vietano o limitano le edificazioni minori in alcune zone del territorio comunale. Sotto questo profilo, la demolizione d’ufficio non è evidentemente un rimedio altrettanto efficace, né applicabile su ampia scala.

TAR Lombardia, Brescia, n. 546 del 26 giugno 2023


Il TAR Milano, con riferimento a un intervento di frazionamento di unità abitative, osserva che:
<<A seguito delle modifiche del 2014 n. 133, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 novembre 2014 n. 164, l’art. 3, comma 1, lett. b) D.P.R. n. 380/2001 include negli "interventi di manutenzione straordinaria", le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d'uso implicanti incremento del carico urbanistico. Nell'ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l'originaria destinazione di uso”.
Pertanto dopo la novella del 2014 il frazionamento delle unità abitative non può più essere considerata ristrutturazione pesante, ma va annoverata, al pari della mera redistribuzione degli spazi interni, negli interventi di manutenzione straordinaria.
Se prima della novella del 2014 il frazionamento in due unità abitative senza aumento di superficie era considerato dalla normativa edilizia quale ristrutturazione pesante, che necessitava del permesso di costruire e si differenziava dalla mera redistribuzione degli spazi interni (annoverata negli interventi di c.d. ristrutturazione leggera, ai sensi dell'art. 3 comma 1, lett. d ), D.P.R. n. 380 del 2001), oggi è da considerarsi intervento di manutenzione straordinaria, anche se implica variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l'originaria destinazione di uso (in tal senso una prima interpretazione della novella è stata offerta dal T.A.R. Salerno, - sez. II, 03/11/2021, n.2318, che precisato “Vanno ricondotti alla manutenzione straordinaria anche gli interventi che consistono nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l'originaria destinazione di uso”).
2.3 Nel caso in esame il ricorrente ha chiesto di sanare opere interne, certamente “quantitativamente rilevanti”: come ha osservato la difesa del Comune rispetto al progetto assentito non viene mantenuta una parete nello stesso posto; tuttavia non vi è stato alcun aumento di volume.
Pertanto, alla luce della novella del 2014, le opere possono essere qualificate come interventi di manutenzione straordinaria.>>

TAR Lombardia, Milano, II, n.1629 del 28 giugno 2023


Il TAR Brescia, constatato che la copia digitale della procura alle liti (della parte resistente) era stata depositata in giudizio priva dell’attestazione di conformità all’originale analogico (necessaria ai sensi dell’art. 136, comma 2-ter, c.p.a.), ha ritenuto possibile (arg. da C.d.S., a.p., 21 aprile 2022, n. 6 sulla mera irregolarità del ricorso privo di firma digitale) procedere alla regolarizzazione della procura ex art. 44, comma 2, c.p.a., assegnando a tale proposito un termine perentorio (di 90 giorni).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, ordinanza n. 556 del 28 giugno 2023


Il TAR Brescia ricorda che la nozione di superficie e volume utile è diversa ai fini urbanistici e ai fini paesistici. Infatti, mentre nelle valutazioni di natura urbanistica attraverso il volume utile viene misurata la consistenza dei diritti edificatori (che sono consumati da alcune tipologie costruttive, ad esempio l’edificazione fuori terra, e non da altre, ad esempio la realizzazione di locali tecnici), nei giudizi paesistici è utile solo il volume percepibile come ingombro alla visuale o come innovazione non diluibile nell’insieme paesistico (v. TAR Brescia Sez. I 23 febbraio 2016 n. 281; TAR Brescia Sez. I 8 gennaio 2015 n. 14; TAR Brescia Sez. I 15 ottobre 2014 n. 1057)”.
Pertanto, “un volume o una superficie irrilevanti ai fini urbanistici potrebbero creare un ingombro o un impatto intollerabile per il paesaggio, e dunque sarebbe utile in base ai parametri estetici attraverso cui viene data protezione al vincolo paesistico”.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 567 del 30 giugno 2023


Il TAR Milano ricorda che l’art. 68, comma 8, del codice dei contratti pubblici prevede che l’offerente dimostri, con qualsiasi mezzo appropriato, che la propria fornitura ottempera ai requisiti funzionali chiesti dall’Amministrazione e la giurisprudenza amministrativa ammette che la stazione appaltante possa procedere ad accertare l’equivalenza purché ciò risulti dai documenti di gara, pur in mancanza di una formale dichiarazione del partecipante. Ove l’Amministrazione proceda in tale senso, la determinazione di equivalenza può essere censurata solo se palesemente illogica o erronea sul piano tecnico (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza n. 1863/2021, punto 17.1, con la giurisprudenza ivi richiamata).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1682 del 30 giugno 2023.


Il TAR Milano osserva che la valutazione ambientale strategica (VAS), introdotta dal d.lgs n. 152/2006 è una valutazione di compatibilità ambientale relativa ai piani e ai programmi, così come stabilito dall'art. 5 comma 1 lett.a), e non già ai singoli progetti, per i quali il legislatore ha predisposto il diverso strumento del procedimento di valutazione impatto ambientale (VIA); lo scopo della VAS è, quindi, quello di evidenziare gli effetti complessivi sul territorio attribuibili all'insieme delle previsioni di piano, e non già a singoli progetti di intervento, poiché proprio in ciò risiede la differenza rispetto alla diversa procedura di VIA (Cons. Stato, Sez. IV., 6 maggio 2013, n. 2446; Tar Lombardia, Milano, sent. n. 648/2016).
Ciò premesso, il TAR Milano dà atto che nel caso in esame, si è al cospetto di una singola opera e non di un piano e a prescindere dall’utilizzo della procedura semplificata prevista all’art. 9, c. 15, l.reg. n. 12/2005 - che consente il ricorso alla sola approvazione del Consiglio Comunale in luogo della procedura di variante - quand’anche l’opera importi variante al piano dei servizi, trattandosi di una variante avente ad oggetto la localizzazione di una singola opera, deve escludersi la necessità della valutazione ambientale strategica (ferma invece la necessità della valutazione di impatto ambientale).
Invero, in forza di quanto previsto all’art. 6, comma 12, del d.lgs. n. 152/2006 "per le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli conseguenti a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l'effetto di variante ai suddetti piani e programmi, ferma restando l'applicazione della disciplina in materia di VIA, la valutazione ambientale strategica non è necessaria per la localizzazione delle singole opere" (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 settembre 2015, n. 4194; 6 maggio 2013 n. 2446; Tar Piemonte, Torino, sez. II, sent. n. 269/2022; Tar Puglia, Lecce, sent. n. 879/2018).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1699 del 3 luglio 2023.


Il TAR Brescia ricorda anzitutto che, secondo l’art. 45, I comma, c.p.a. “Il ricorso e gli altri atti processuali soggetti a preventiva notificazione sono depositati nella segreteria del giudice nel termine perentorio di trenta giorni, decorrente dal momento in cui l'ultima notificazione dell'atto stesso si è perfezionata anche per il destinatario. I termini di cui al presente comma sono aumentati nei casi e nella misura di cui all'articolo 41, comma 5”; tuttavia, il seguente art. 87, III comma, stabilisce che, per determinati procedimenti trattati in camera di consiglio, tra cui “il giudizio in materia di accesso ai documenti amministrativi e di violazione degli obblighi di trasparenza amministrativa”, tutti i termini processuali “sono dimezzati rispetto a quelli del processo ordinario, tranne, nei giudizi di primo grado, quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti”.
Ebbene, per costante giurisprudenza nel rito speciale in materia di accesso, di cui all’art. 116 c.p.a., la predetta dimidiazione concerne anche il termine per il deposito del ricorso, che resta dunque fissato, nell'ottica acceleratoria del processo, in 15 giorni dall'avvenuta notifica, ossia nella metà del termine di 30 giorni previsto dall'art. 45, che espressamente qualifica il termine stesso come perentorio (in applicazione di tale principio il TAR ha dichiarato irricevibile il ricorso).

TAR Lombardia, Brescia, n. 532 del 19 giugno 2023


Il TAR Milano, a fronte di un rigetto di una proposta del piano attuativo conforme alla strumentazione urbanistica vigente, da parte della Giunta, che ha richiamato le ragioni di opportunità espresse dal Consiglio Comunale e le ragioni tecniche, indicate dal Responsabile Servizio Territorio e Ambiente, osserva che:
<<4.1 La giurisprudenza ha riconosciuto nell’ambito del procedimento di formazione di un piano attuativo una ampia discrezionalità sul quando e sul quomodo.
Non è tuttavia consentito all’Amministrazione effettuare valutazioni che contrastino con quelle già formalizzate con il piano regolatore, in quanto il piano attuativo rientra nel secondo livello della pianificazione urbanistica e quindi presuppone l'esistenza di un vigente piano regolatore generale, in tal modo assumendo una natura meramente attuativa dello stesso; ne consegue che l'amministrazione rispetto all’approvazione di un piano attuativo conserva una certa discrezionalità esclusivamente nelle modalità attuative dell'edificazione, non nell' an di essa, in quanto tale ultimo apprezzamento rimane vincolato alla scelta operata ab origine dal piano regolatore di ricorrere ad un piano attuativo per una determinata area (ex multis e da ultimo Consiglio di Stato sez. IV, 28/06/2021, n.4908).
4.2 Nel caso in esame la ricorrente ha presentato un piano conforme alla destinazione dell’area, rispetto al quale il Consiglio Comunale è intervenuto non nell'esercizio di un potere di indirizzo politico ma con una direttiva inequivoca per precludere alla Giunta la prosecuzione dell'iter di approvazione del piano attuativo conforme alla strumentazione urbanistica vigente.
La Giunta, recependo l’indicazione del Consiglio ha affermato di non dover “adottare il Piano Attuativo, in quanto azione dovuta e preordinata alla successiva futura approvazione, ma, anche qualora la proposta di Piano risultasse conforme al PGT, deve considerare l’Adozione, come espressione di un potere discrezionale dell'organo deputato a valutare l'opportunità di dare attuazione alle previsioni dello strumento urbanistico generale e, comunque, a definire le modalità con le quali tali previsioni debbano attuarsi; ciò in quanto tra il PGT ed i suoi strumenti attuativi sussiste un rapporto di necessaria compatibilità ma non di formale coincidenza”.
Dopo quindi questa affermazione di principio, non ha approvato il Piano, senza tuttavia indicare la ragione per cui la realizzazione dell'intervento si porrebbe ipoteticamente in contrasto con la destinazione del PGT e la disciplina della scheda d’ambito.
Anche se, come richiamato nel punto precedente, in materia di strumenti attuativi l'amministrazione dispone di ampia discrezionalità, questa deve essere comunque esercitata nel rispetto della vigente strumentazione urbanistica, oltre che dei canoni, di coerenza, logicità e proporzionalità, cosa che nella specie non è avvenuta (come si vedrà anche nel punto successivo rispetto alle ragioni tecniche di rigetto).
Nel recepire la decisione del Consiglio Comunale la Giunta ha posto alla base del provvedimento una motivazione di mera opportunità, frutto di evidente sviamento dalla funzione tipica cui doveva essere preordinata l'attività di valutazione ed esame della proposta.>>
TAR Lombardia, Milano, II, n.1627 del 28 giugno 2023