Sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n.110 del 29 aprile 2020, Supplemento Ordinario n. 16, è pubblicata la legge 24 aprile 2020, n. 27 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19. Proroga dei termini per l'adozione di decreti legislativi” nonché il testo del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, coordinato con la legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27.



Il TAR Milano, con riferimento all’interesse alla rinnovazione della gara di appalto, richiama:
«il pacifico insegnamento per cui la verifica positiva della sussistenza dell’interesse all’impugnativa comporta che l’effettiva utilitas per il ricorrente, riveniente dall’invocato annullamento degli atti gravati, possa essere identificata non solo nel conseguimento dell’aggiudicazione dell’appalto pubblico, ma anche nella mera rinnovazione della gara; di talchè non sussiste in capo al ricorrente deducente l’onere di fornire alcuna prova di resistenza quando le censure proposte sono dirette ad ottenere l’annullamento dell’intera procedura; “ciò è tanto più vero nell’ipotesi in cui oggetto di censura sono le stesse regole fondamentali poste a fondamento della valutazione delle offerte, sulla cui base si è svolta la selezione, e le dette regole siano state il frutto di procedure errate e scarsamente intelligibili che abbiano minato l’intero esito del confronto competitivo. L’utilitas – che in ipotesi siffatte la parte ricorrente in giudizio può ritrarre – è quella della rinnovazione della gara, interesse strumentale che la Corte di Giustizia UE riconosce, nelle controversie relative all’aggiudicazione di appalti pubblici, come meritevole di tutela per esigenze di effettività (cfr. Cons. Stato, sez. III, 16 aprile 2018, n. 2258)” (CdS, III, 22 ottobre 2018, n. 6035).
2.11.3. Del resto si è riconosciuto sussistente l’interesse a ricorrere del soggetto che:
- originariamente escluso dall’Amministrazione, con provvedimento ritenuto legittimo dal Giudice escluso, faccia valere con motivi aggiunti la mancata esclusione della ditta aggiudicataria, al fine di ottenere la riedizione della gara (CGUE,10 maggio 2017, in causa C-131/16, Archus; Cass., SS.UU., 29 dicembre 2017, n.31226);
- esperendo ricorso principale avverso l’aggiudicazione al terzo, sia stato destinatario di un ricorso incidentale “escludente” positivamente scrutinato dal Giudice; in tal caso, e a prescindere dai concorrenti rimasti in gara e utilmente collocati in graduatoria, l’offerente “deve vedersi riconoscere un legittimo interesse all’esclusione dell’offerta dell’aggiudicatario” in quanto “non si può escludere che, anche se la sua offerta fosse giudicata irregolare, l’amministrazione aggiudicatrice sia indotta a constatare l’impossibilità di scegliere un’altra offerta regolare e proceda di conseguenza all’organizzazione di una nuova procedura di gara” (CGUE, 5 settembre 2019, in causa C-333/18, § 27).
2.11.4. Di talchè:
- se è stato reputato meritevole di tutela con la possibilità di accesso al Giudice (art. 47 Carta di Nizza) -all’uopo recedendo il pur fondamentale principio di autonomia processuale degli Stati membri - l’interesse alla riedizione della procedura, ancorchè soltanto potenziale ed eventuale; di qui l’obbligo di procedere alla disamina: i) dei motivi aggiunti esperiti dal partecipante escluso avverso l’aggiudicazione al terzo, anche in caso di reiezione del ricorso principale avverso l’esclusione; ii) dei ricorsi intesi alla reciproca esclusione “quali che siano i numeri dei partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto e il numero di quelli che hanno presentato ricorso”;
- a fortiori la idoneità di un tale interesse strumentale non mai può essere disconosciuta nella ipotesi –quale quella che ci occupa- ove la riedizione della procedura della gara, lungi dall’essere aleatoria e potenziale, si atteggia di contro quale conseguenza necessitata dell’invocato dictum giudiziale di annullamento».

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 685 del 24 aprile 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.




Il TAR Milano rigetta una eccezione di irritualità/tardività della costituzione dell’amministrazione, per non aver essa depositato l’atto impugnato e afferma che:
«A mente dell’art. 46 c.p.a. “1. Nel termine di sessanta giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notificazione del ricorso, le parti intimate possono costituirsi, presentare memorie, fare istanze, indicare i mezzi di prova di cui intendono valersi e produrre documenti. 2. L'amministrazione, nel termine di cui al comma 1, deve produrre l'eventuale provvedimento impugnato, nonché gli atti e i documenti in base ai quali l'atto è stato emanato, quelli in esso citati e quelli che l'amministrazione ritiene utili al giudizio”.
La giurisprudenza ha chiarito che, mentre le parti del processo sono libere di determinare le proprie strategie difensive (inclusa tra queste la scelta di non costituirsi, comma 1), l’Amministrazione è in ogni caso obbligata a depositare in giudizio le copie dei provvedimenti impugnati e gli altri documenti indicati dalla norma. In mancanza del deposito la sanzione processuale prevista dall’ordinamento non è l’invalidità della costituzione in giudizio dell’amministrazione, ma la possibilità per il giudice amministrativo di integrare, con metodo acquisitivo, il materiale istruttorio sulla base di quanto meramente dedotto dalla parte ricorrente (in tal senso T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 19/04/2019 n. 2220; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 5.11.2018, n. 6429).
Infatti, poiché il processo amministrativo ha per oggetto atti e documenti formati ovvero custoditi dall'Amministrazione, per i quali, non essendovi un immediato e generalizzato accesso da parte del privato, è più difficile l'assolvimento dell'onus probandi nei rigorosi termini di cui all'art. 2697 c.c., grava sull’amministrazione l’onere del deposito di tutti gli atti del procedimento in giudizio, in mancanza dei quali il giudice amministrativo può emanare, anche su richiesta di parte, ordini istruttori tesi a colmare la mancanza di ogni informazione al riguardo (v. in merito artt. 63, comma 2, e 64, comma 3, c.p.a.).
Deve invece escludersi che il mancato deposito degli atti impugnati comporti conseguenze sulla costituzione in giudizio dell’amministrazione, in quanto è lo stesso art. 46 c.p.a. a distinguere l’onere di deposito della documentazione dalla costituzione in giudizio, stabilendo che il deposito debba avvenire anche in mancanza della costituzione in giudizio. Da ciò consegue che l’inadempimento dell’uno non comporta conseguenze sull’altra».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 656 del 21 aprile 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Sulla Gazzetta Ufficiale, Settore Generale, n. 108 del 27 aprile 2020 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 aprile 2020 “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale”.



Il TAR Milano ha sospeso provvisoriamente l’ordinanza della Regione Lombardia n. 528 del 11 aprile 2020, limitatamente alla lettera H, nella parte in cui consente la consegna a domicilio da parte degli operatori commerciali al dettaglio anche per le categorie merceologiche non comprese nell’allegato 1 del D.P.C.M. del 10 aprile 2020, come integrato dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 25 marzo 2020.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, decreto n. 634 del 23 aprile 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri, a questo indirizzo.



Il TAR Milano, in ordine ai presupposti per definire il giudizio con sentenza in forma semplificata  nella vigenza della disciplina processuale introdotta a seguito dell'emergenza epidemiologica, osserva che:
«La regola generale appena richiamata condiziona, quindi, l’operatività dell’istituto all’audizione delle parti; va, tuttavia, considerato che le previsioni di cui all’articolo 84, comma 5, primo e secondo periodo, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, operanti ratione temporis, dispongono testualmente: “Successivamente al 15 aprile 2020 e fino al 30 giugno 2020, in deroga alle previsioni del codice del processo amministrativo, tutte le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, ferma restando la possibilità di definizione del giudizio ai sensi dell’articolo 60 del codice del processo amministrativo, omesso ogni avviso. Le parti hanno facoltà di presentare brevi note sino a due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione”. La previsione sopra indicata abilita, quindi, il Giudice a definire il giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’articolo 60 c.p.a. (laddove ricorrano, quindi, tutti i presupposti di operatività dell’istituto), derogandovi solo nella parte in cui impone che le parti costituite siano sentite. Deroga che, invero, non pare potersi ritenere di generale ed automatica applicazione dovendosi, comunque, valutare in relazione alla specifica vicenda processuale se la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata possa determinare una compromissione delle prerogative difensive delle parti. Come rammentato da una recente ordinanza della Sezione il contraddittorio costituisce, secondo l’incisiva definizione della Corte di Cassazione, “il pilastro del processo” (Cassazione civile, Sez. VI, 12 marzo 2020, n. 7055) e, in quanto tale, impone al Giudice di ricercare nella panoplia degli strumenti processuali i mezzi per la sua realizzazione anche laddove ciò non sia espressamente previsto ma sia, comunque, ritenuto opportuno in ragione della concreta vicenda processuale (T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, ordinanza 22 aprile 2020, n. 670; cfr., T.A.R. per le Marche, Sez. I, 16 aprile 2020, n. 136). Per converso, laddove secondo una valutazione effettuata “con la necessaria prudenza” (Consiglio di Stato, Sez. VI, ordinanza 21 aprile 2020, n. 2538) possa ritenersi non compromesso alcun diritto processuale delle parti non opererà quel limite intrinseco ed inespresso della regola di cui all’articolo 84, comma 5, primo periodo, del decreto-legge n. 18/2020, appena indicato. Del resto, come affermato in termini generali dalla Corte di Cassazione, il canone del contraddittorio non è formale, bensì elastico proprio “perché plasmato sulla vicenda processuale concreta” (cfr., ancora, Cassazione civile, Sez. VI, 12 marzo 2020, n. 7055)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 677 del 23 aprile 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Brescia precisa che “Il permesso di costruire relativo alle opere di urbanizzazione, per loro natura pubbliche e destinate a essere trasferite all’ente pubblico, anche nel caso in cui l’esecuzione delle stesse ricada nell’eccezione di cui all’art. 16, comma 2 bis del d. lgs. 50/2016, che le sottrae al rispetto del codice stesso per l’individuazione dell’esecutore, deve essere subordinato all’approvazione di un progetto che deve essere corredato del capitolato speciale d’appalto. Infatti, dovendosi qualificare le opere realizzande come opere pubbliche, è necessario, per il rispetto degli obblighi di verifica e controllo sulla regolarità dell’esecuzione delle stesse, la produzione del documento in questione, a prescindere dall’esonero al ricorso a una procedura di gara per l’individuazione del contraente cui demandare l’esecuzione dei lavori”.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 277 del 18 aprile 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano precisa che «Secondo la prevalente giurisprudenza, la formazione tacita dei provvedimenti amministrativi per silenzio assenso presuppone, quale sua condizione imprescindibile, non solo il decorso del tempo dalla presentazione della domanda senza che sia presa in esame e sia intervenuta risposta dall’Amministrazione, ma anche la contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti richiesti dalla legge, ossia degli elementi costitutivi della fattispecie di cui si deduce l’avvenuto perfezionamento, con la conseguenza che il silenzio assenso non si forma nel caso in cui la fattispecie rappresentata non sia conforme a quella normativamente prevista, e ciò in quanto esso costituisce uno strumento di semplificazione amministrativa e non di liberalizzazione, per cui non si perfeziona con il mero decorrere del tempo ma richiede che concorra tutto quanto prescritto dalla legge per l’attribuzione del bene della vita perseguito (v. Consiglio di Stato, Sez. IV, 7/01/2019 n. 113). In tal senso si è espressa anche questa Sezione (v., tra le altre, sent. n. 882 del 03/04/2018), affermando che “la formazione del silenzio assenso sulla domanda di permesso di costruire postula che l'istanza sia assistita da tutti i presupposti di accoglibilità, giacché in assenza della documentazione prescritta dalle norme o di uno dei presupposti per la realizzazione dell'intervento edilizio, alcun titolo tacito può formarsi, considerato che l'eventuale inerzia dell'Amministrazione non può far guadagnare agli interessati un risultato che gli stessi non potrebbero mai conseguire in virtù di un provvedimento espresso, trattandosi non di una deroga al regime autorizzatorio, ma di modalità semplificata di conseguimento dell'autorizzazione (T.A.R. Puglia, Bari, III, 12 maggio 2017, n. 492; 14 gennaio 2016, n. 37). Ciò appare in perfetta aderenza al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale il silenzio assenso non si forma in presenza di lacune documentali essenziali o incompletezze della pratica sottoposta all'esame dell'Amministrazione (ex multis, T.A.R. Lombardia, Milano, II, 8 marzo 2017, n. 556; 12 ottobre 2016, n. 1855)”».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 634 del 15 aprile 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il Consiglio di Stato ritiene che «l’art. 84, comma 5, del decreto legge n. 18 del 2020, va interpretato nel senso che: ciascuna delle parti ha facoltà di chiedere il differimento dell’udienza a data successiva al termine della fase emergenziale allo scopo di potere discutere oralmente la controversia, quando il Collegio ritenga che dal differimento richiesto da una parte non sia compromesso il diritto della controparte ad una ragionevole durata del processo e quando la causa non sia di tale semplicità da non richiedere alcuna discussione potendosi pur sempre, nel rito cartolare, con la necessaria prudenza, far prevalere esigenze manifeste di economia processuale (e ciò in particolare nella fase cautelare, mentre la pretermissione della discussione nel giudizio di merito va valutata anche alla luce di potenziali effetti irreversibili sul diritto di difesa che andrebbero per quanto possibile evitati, stante la necessaria temporaneità e proporzionalità delle misure processuali semplificate legate alla situazione pandemica “acuta” );».

Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2538 del 21 aprile 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano, in ordine alla funzione del sopralluogo in una gara d'appalto, precisa che:
«l’obbligo di espletamento del sopralluogo è teleologicamente e funzionalmente preordinato:
- a latere privatistico, a consentire agli aspiranti concorrenti di decidere plena causae cognitio se e come partecipare alla gara, ed in qual guisa concretamente calibrare e modulare la propria offerta al fine di raggiungere l’agognato risultato finale della vittoria nella instauranda procedura concorsuale;
- a latere pubblicistico, a favorire la composizione di un ventaglio di offerte economiche e tecniche, ad opra di una platea di avvertiti operatori professionali, di più elevato livello qualitativo e maggiormente aderenti alle concrete esigenze da soddisfare –oltre che più realistiche ed attendibili da un punto di vista economico- in guisa da soddisfare l’interesse metaindividuale di cui è istituzionalmente portatrice l’Amministrazione aggiudicatrice.
3.5.1. Così che, in uno con le risultanze della elaborazione giurisprudenziale euristicamente intervenuta sul punto, va rimarcato che:
- “l’obbligo di sopralluogo ha un ruolo sostanziale, e non meramente formale, per consentire ai concorrenti di formulare un’offerta consapevole e più aderente alle necessità dell’appalto” consentendo ai potenziali partecipanti di addivenire “a una completa ed esaustiva conoscenza dello stato dei luoghi” al fine della “miglior valutazione degli interventi da effettuare in modo da formulare, con maggiore precisione, la migliore offerta tecnica (CdS, V, 19 febbraio 2018 n. 1037)”;
- “tale verifica può, dunque, dirsi funzionale anche alla redazione dell’offerta, onde incombe sull’impresa l’onere di effettuare tale sopralluogo con la dovuta diligenza, in modo da poter modulare la propria offerta sulle concrete caratteristiche dei locali” (CdS, VI, 23 giugno 2016 n. 2800; CdS, V, 29 maggio 2019, n. 3581; CdS, IV, 19 ottobre 2015, n. 4778).
- proprio in relazione alla ridetta funzione assolta dal sopralluogo, in ossequio al canone giuspubblicistico della strumentalità delle forme e del “raggiungimento dello scopo”, può reputarsi assimilabile la partecipazione alla gara anche da parte dell’operatore economico che –nella sua specifica qualitas di gestore uscente del servizio, che “per la sua stessa peculiare condizione si trova già nelle condizioni soggettive ideali per conoscere in modo pieno le caratteristiche dei luoghi in cui svolgere la prestazione oggetto della procedura di gara” (CdS, V, 1497/18)- possa considerarsi avere assolto aliunde un tale adempimento».

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 631 del 15 aprile 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.




Precisa il TAR Brescia che: “Il termine di approvazione del PGT non ha carattere perentorio, ma ordinatorio, con la conseguenza che il suo superamento non determina la consumazione del potere in capo alla Amministrazione, né l’inefficacia del Piano tardivamente approvato. Coerentemente con i principi costituzionali di ragionevolezza, proporzionalità e buon andamento della Pubblica Amministrazione, e nel rispetto del limite alla potestà legislativa regionale rappresentato dai principi fondamentali desumibili dalla legislazione statale, deve ribadirsi che l’atto di adozione del piano urbanistico ha durata indeterminata, mentre a scadere sono le misure di salvaguardia ove il piano stesso non venga approvato entro un dato termine (cfr., T.A.R. Lombardia – Milano, Sez. II, sentenze n. 2761/2018 e n. 761/2017). Cosicché, la sanzione di inefficacia prevista dal comma 7 dell’articolo 13 della L.R. Lombardia n. 12/2005, va correttamente collegata alla violazione del termine per esaminare le osservazioni e apportare al PGT le conseguenti modifiche, e non anche alla tardiva approvazione del piano (cfr., ex plurimis, T.A.R. Lombardia – Milano, Sez. II, sentenza n. 1895/2019)”.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 253 del 30 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


La disciplina dell'emergenza in Regione Lombardia può spingersi sino a obbligare alla chiusura gli studi professionali degli avvocati amministrativisti che, a differenza dei civilisti e dei penalisti, non vedono sospeso il loro processo di riferimento? Ed è possibile imporre modalità di lavoro da remoto che ignorano sia le peculiarità della professione dell'avvocato amministrativista che il fatto che le modalità di accesso alla rete non sono uniformi su tutto il territorio regionale? E ancora, è corretto discriminare tra processo civile e penale da un lato e processo amministrativo dall'altro, come se chi si occupa del secondo fosse indenne dai rischi sanitari?

Di queste questioni si occupa il comunicato congiunto della Camera Amministrativa dell’Insubria, della Società Lombarda degli Avvocati Amministrativisti, della Camera Amministrativa Distretto Lombardia Orientale e della Camera Amministrativa di Monza e Brianza sulla funzione difensiva in Lombardia ai tempi dell’emergenza epidemiologica.





Il TAR Milano, a fronte di una disposizione di gara che prevedeva che il plico contenente l’offerta fosse “unico”,  “sigillato” e “controfirmato sui lembi di chiusura”, osserva che:
«Premesso che le buste A e B presentate dalla controinteressata non sono state inserite in un unico plico, come richiesto dall’art. 5 dell’avviso di gara, le stesse sono state chiuse mediante semplice incollatura, come desumibile dalle loro fotografie depositate in giudizio, ed inoltre, dal loro esame materiale, effettuato nel corso della camera di consiglio, in cui in particolare il Collegio ha preso atto che le stesse non risultano controfirmate sui lembi di chiusura, essendo le sottoscrizioni state apposte al di sotto degli stessi, né del resto le scritte dei timbri sono state apposte su detti lembi, quanto invece, in parte al di sopra, ed in parte al di sotto.
Come già evidenziato in sede cautelare, i predetti plichi non possono conseguentemente ritenersi “sigillati”, considerato che, malgrado il verbo sigillare, come utilizzato nel linguaggio comune, non imponga necessariamente l’apposizione di un sigillo, lo stesso richiede comunque una chiusura ermetica, tale da impedire ogni accesso, o rendere evidente ogni tentativo di apertura (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, 5.3.2018, n. 497).
In particolare, l’uso dei lembi preincollati dal fabbricante con la dicitura “plico verificabile per ispezione postale”, come ha avuto luogo nel caso di specie, costituisce elemento idoneo a far ritenere il mancato assolvimento all’onere di sigillatura della busta, in modo che ne sia garantita l’integrità, segretezza, identità, provenienza ed immodificabilità della documentazione (T.A.R. Lazio, Sez. II ter, 13.6.2016 n. 6745).
Se è pur vero che, in linea generale, la violazione delle modalità di confezionamento, benché prescritte dalla lex specialis a pena di esclusione, quando si traduca in una mera violazione di carattere formale, non comporti necessariamente l’automatica estromissione dalla gara, laddove invece abbia luogo un effettivo vulnus alle esigenze sostanziali alla cui tutela tali incombenti sono preordinati, la stazione appaltante non può che procedere all’esclusione (C.S., Sez. V, 19.11.2018, n. 6520).
Come detto, nel caso di specie, i plichi presentati dalla controinteressata non erano sigillati, potendo pertanto, in astratto, essere aperti, senza che di ciò restasse traccia, ciò che è palesemente incompatibile con la tutela dei principi di segretezza ed immodificabilità delle offerte».

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 554 del 24 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano ricorda, in materia di distanze, che «la giurisprudenza è concorde nel sostenere che, pur avendo il vano scala natura di volume tecnico, lo stesso non possa essere ritenuto irrilevante ai fini dell’applicazione della normativa dettata per le distanze dai confini: “rientrano nel concetto civilistico di costruzioni, le parti dell’edificio, quali scale, terrazze e corpi avanzati (c.d. aggettanti) che, se pur non corrispondono a volumi abitativi coperti, sono destinate ad estendere ed ampliare la consistenza del fabbricato” (Consiglio di Stato, IV, 17 maggio 2012, n. 2847). Difatti, se lo stesso ha natura permanente ed è connotato da stabilità, come nel caso oggetto della presente controversia, si pone in contrasto con le finalità perseguite dalla normativa contenuta nel D.M. n. 1444 del 1968, aventi lo scopo di assicurare le necessarie condizioni di salubrità dei fabbricati sotto il profilo igienico-sanitario, mediante l’eliminazione di intercapedini nocive tra gli stessi. Pertanto, in ragione del contenuto pubblicistico della richiamata disciplina e “del carattere inderogabile della stessa, deve ritenersi non tollerabile la presenza di una parte sia pure di modesta entità di un opus edilizio che va ad insistere in maniera permanente su uno spazio territoriale che deve essere libero da qualsiasi ingombro” (Consiglio di Stato, IV, 4 marzo 2014, n. 1000).
Di conseguenza, il vano scala posto a distanza inferiore ai dieci metri dall’edificio antistante non è legittimo, non assumendo alcun rilievo la circostanza che uno dei due manufatti sia privo di finestre (cfr. Cass. civ., II, ord. 4 giugno 2019, n. 15178)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 572 del 30 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano, con riferimento alla commistione fra criteri soggettivi di prequalificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell'offerta, precisa che:
In base a quanto previsto nell’art. 36 del Codice dei Contratti, l'affidamento e l'esecuzione di servizi di importo inferiore alle soglie comunitarie, deve infatti avvenire, tra l’altro, nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività, correttezza, libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, e di pubblicità, nel cui ambito, va ricompreso anche il divieto di commistione fra criteri soggettivi di prequalificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell'offerta (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 6.3.2017, n. 1293).
IV.2) Sul punto, il Collegio intende evidenziare come detto divieto non debba essere applicato in modo meccanicistico, dovendosi infatti temperarne la portata qualora determinati requisiti di partecipazione, pur se attinenti alle caratteristiche soggettive dell’offerente, siano tuttavia idonei ad essere apprezzati quale garanzia della prestazione del servizio, in quanto incidenti sulle modalità esecutive dello stesso, e quindi, come parametro idoneo ad esprimere talune caratteristiche oggettive dell'offerta (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 5.12.2011, n. 1842).
In particolare, il divieto di commistione fra i criteri soggettivi di pre-qualificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell'offerta, non risulta eluso o violato allorché gli aspetti soggettivi non siano destinati ad essere apprezzati in quanto tali, in modo avulso dal contesto dell'offerta, quanto invece, quale garanzia della prestazione del servizio, secondo le modalità prospettate, e quindi, come parametro afferente le sue caratteristiche oggettive (T.A.R. Campania, Napoli, n.1293/17 cit.)”.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 593 del 3 aprile 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Secondo il TAR Milano, la mancata impugnazione del parere della Soprintendenza – unitamente alla mancata notifica del ricorso alla Soprintendenza – rende inammissibile il ricorso avverso il diniego di accertamento di compatibilità paesaggistica e di permesso di costruire in sanatoria in zona sottoposta vincolo paesaggistico.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 543 del 23 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


 

Sul BURL, Supplemento Ordinario, n. 15 del 11 aprile 2020 è pubblicata l’ordinanza del Presidente Giunta regionale 11 aprile 2020, n. 528 “Ulteriori misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Ordinanza ai sensi dell’art. 32, comma 3, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 in materia di igiene e sanità pubblica e dell’art. 3 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19.



Sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 97 del 11 aprile 2020 è pubblicato il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 aprile 2020 “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale”.



Il TAR Milano in materia d sospensione del giudizio osserva che:
«2.1. E, invero, costituisce dato inveterato del diritto vivente quello in forza del quale il campo di applicazione dell’art. 295 c.p.c. è ristretto a quei non comuni casi in cui l’esistenza di una situazione sostanziale sia fatto costitutivo o comunque elemento della fattispecie di altra situazione sostanziale, di modo tale che la diversa decisione su quel fatto o elemento darebbe automaticamente luogo ad un conflitto (non teorico, che il sistema largamente ammette) ma pratico di giudicati. E ciò deve avvenire in un contesto – art. 2909 c.c. – nel quale gli accertamenti siano opponibili alle parti, ai loro eredi o agli aventi causa.
2.1.1. Non solo: atteso che l’applicazione dell’art. 295 c.p.c. si traduce in un temporaneo diniego di giurisdizione, la giurisprudenza ha fissato, anche alla luce della costituzionalizzazione del principio della durata ragionevole dei giudizi (art. 111, comma 2, Cost.) e della stessa effettività del diritto di difesa e del giusto processo (art. 24 Cost., art. 6 CEDU e art. 47 Carta di Nizza) criteri sempre più rigorosi, in virtù dei quali la sospensione può operare solo allorquando tra due giudizi “esista un nesso di pregiudizialità in senso tecnico-giuridico e non già in senso meramente logico”, altresì precisandosi che se la pregiudizialità tecnico-giuridica è determinata dalla relazione tra “rapporti giuridici sostanziali distinti ed autonomi” tale per cui “la decisione sul primo rapporto si riflette necessariamente, condizionandola, sulla decisione del secondo” (per tutte, Cass., SS.UU., 14060/04), la pregiudizialità logica è costituita dalla relazione tra frazioni di un medesimo rapporto giuridico; quando, cioè, si verta su questioni inerenti lo stesso diritto in relazione alle stesse parti.
2.1.2. La sospensione necessaria del giudizio, ex art. 295 c.p.c., ha lo scopo di evitare il conflitto di giudicati, sicché può trovare applicazione solo quando in altro giudizio debba essere decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale in senso tecnico-giuridico, non anche qualora oggetto dell'altra controversia sia una questione pregiudiziale soltanto in senso logico, soccorrendo in tal caso la previsione dell'art. 336, comma 2, c.p.c. sul c.d. effetto espansivo esterno della riforma o della cassazione di una sentenza sugli atti e i provvedimenti (comprese le sentenze) dipendenti dalla sentenza riformata o cassata (Cass., I, 15 maggio 2019, n. 12999).
2.1.3. I principi processualcivilistici sono, naturalmente, applicabili nel giudizio amministrativo, giusta la espressa e speciale –anche rispetto al generale rinvio contenuto all’art. 39 c.p.a.- disposizione foggiata all’art. 79 c.p.a., per cui “la sospensione del processo è disciplinata dal codice di procedura civile, dalle altre leggi e dal diritto dell’Unione europea”.
2.1.4. Di talchè, si è reiteratamente affermato che ai fini della sospensione del giudizio amministrativo è necessario che il rapporto giuridico della causa “pregiudicante” rappresenti un elemento costitutivo della situazione sostanziale dedotta nel giudizio “pregiudicato”, per cui l’accertamento effettuato nella prima si imporrà nei confronti di quest'ultima con efficacia di giudicato, al fine di assicurare uniformità di decisioni; la pregiudizialità necessaria si pone quindi fra rapporti giuridici diversi, collegati in modo tale che la situazione giuridica della causa pregiudiziale si pone come elemento costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo del distinto rapporto dedotto nella causa dipendente, la cui esistenza è dunque necessariamente presupposta dalla prima; di guisa che “il rapporto di pregiudizialità in senso tecnico è pertanto configurabile quando il petitum della domanda pregiudiziale costituisce al contempo la causa petendi o, per converso fatto paralizzante (impeditivo, modificativo, estintivo), della domanda dedotta nella causa dipendente medesimo titolo); in estrema sintesi, il nesso di pregiudizialità-dipendenza intercorre tra distinti rapporti giuridici quando l'esistenza di uno dipende dall'esistenza o inesistenza dell'altro ed in base a ciò il fondamentale principio di unità dell'ordinamento giuridico impone la conformità tra giudicati” (CdS, VI, 12 novembre 2019, n. 7773;  Id., id., 1 settembre 2017, n. 4156)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 546 del 24 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Brescia, con riferimento agli effetti della mancata esecuzione degli interventi privati in un piano attuativo, precisa che:
E’ noto che in caso rilascio di un singolo ordinario titolo edilizio, in cui gli oneri di urbanizzazione e di costruzione a carico del destinatario sono collegati alla specifica trasformazione del territorio oggetto del titolo, ove l’edificazione, in tutto o in parte, non abbia luogo, può venire in essere un pagamento indebito fonte di un obbligo restitutorio (ex multis, TAR Lombardia, Milano, sez. II, 13 marzo 2018, n. 718).
Diversamente, gli impegni assunti in sede convenzionale non vanno riguardati isolatamente, ma vanno rapportati alla complessiva remuneratività dell’operazione, che costituisce il reale parametro per valutare l’equilibrio del sinallagma contrattuale e, quindi, la sostanziale liceità degli impegni assunti (Consiglio di Stato, sez. IV, 1 ottobre 2019, n. 6561; id., 15 febbraio 2019, n. 1069). La causa della convenzione urbanistica, e cioè l’interesse che l’operazione contrattuale è diretta a soddisfare, quindi, va valutata non con riferimento ai singoli impegni assunti, ma con riguardo alla oggettiva funzione economico-sociale del negozio, in cui devono trovare equilibrata soddisfazione sia gli interessi del privato sia quelli della pubblica amministrazione (Consiglio di Stato, Sez. V, 26 novembre 2013, n. 5603).
Più nello specifico, è necessario distinguere il caso in cui le modalità di assolvimento delle obbligazioni assunte dal privato risultino direttamente finalizzate all’attuazione delle trasformazioni oggetto della convenzione, da quello in cui, invece, la convenzione si limiti a dettare le modalità di corresponsione del contributo di costruzione ovvero degli oneri di urbanizzazione, senza specifica correlazione delle obbligazioni del privato rispetto alla complessiva attuazione delle trasformazioni previste in convenzione: nel primo caso, le obbligazioni poste a carico del soggetto privato sono riconducibili, sotto il profilo causale, al complessivo assetto urbanistico previsto in convenzione e concorrono a costituirne la funzione economico-sociale, con la conseguenza che la mancata esecuzione degli interventi privati non farà venir meno la causa giustificativa delle obbligazioni attinenti alla realizzazione di opere pubbliche, essendo queste obbligazioni stabilite in funzione dell’attuazione del piano e non del singolo e specifico intervento edificatorio assentito con il titolo edilizio; nel secondo caso, l’obbligazione inerente al contributo di costruzione o agli oneri di urbanizzazione rimane correlata soltanto al carico urbanistico ascrivibile allo specifico intervento oggetto del titolo edilizio, con conseguente applicazione degli ordinari principi sopra ricordati (in tal senso, TAR Lombardia, Milano, sez. II, 13 marzo 2018, n. 718)

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 234 del 23 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 94 dell’8 aprile 2020 è pubblicato il decreto legge 8 aprile 2020, n. 23 “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali”.


Secondo il TAR Brescia, «Il principio di rotazione deve essere bilanciato con il principio di concorrenza. Pertanto, la rotazione può essere considerata necessaria solo quando i posti disponibili per l’invito alla gara siano limitati a causa di ragioni oggettive, o quando l’invito sia la conseguenza di una prequalificazione gestita dalla stazione appaltante secondo valutazioni discrezionali, ad esempio attraverso un’indagine di mercato orientata da criteri selettivi. In questi casi, l’esclusione dei precedenti aggiudicatari e dei soggetti economici già invitati è utile, in quanto impedisce la formazione di una rendita di posizione, e libera la stazione appaltante dai legami e dai condizionamenti derivanti dai rapporti pregressi, livellando il terreno della competizione.
40. Se non vi sono le esigenze sopra descritte, l’esclusione dei precedenti aggiudicatari e dei soggetti economici già invitati non aggiunge efficienza al mercato, ma sottrae opzioni alla stazione appaltante. Quando l’arrivo un concorrente marginale non comporta problemi di gestibilità della procedura, perché la partecipazione è aperta a tutti i soggetti in possesso di determinati requisiti, senza necessità di una preventiva selezione, i rapporti intrattenuti in passato da alcuni soggetti con la stazione appaltante risultano inevitabilmente diluiti, e in definitiva perdono ogni capacità di interferenza nella nuova gara».

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 209 del 9 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano rimarca che: “Secondo un costante orientamento giurisprudenziale le convenzioni urbanistiche rientrano nel novero degli accordi tra privati e amministrazione, ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 241 del 1990 (cfr., ex multis: Cassazione civile, sez. I, 28 gennaio 2015, n. 1615; Cassazione civile, sezioni unite, 9 marzo 2012, n. 3689; nella giurisprudenza di questa sezione, cfr.: T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, sez. II, 18 giugno 2018, n. 1525; Id., 20 febbraio 2020, n. 345). Pertanto, “inserendosi nell’alveo dell’esercizio di un potere”, le convenzioni “ne mutuano le caratteristiche e la natura, salva l’applicazione dei principi civilistici in materia di obbligazione e contratti per aspetti non incompatibili con la generale disciplina pubblicistica” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 giugno 2019, n. 4068). Di conseguenza, si tratta di un “esercizio consensuale di un potere pianificatorio che sfocia in un progetto ed in una serie di disposizioni urbanistiche generanti obbligazioni ed oneri, rese pubbliche attraverso la trascrizione, che s’impongono anche agli aventi causa dal lottizzante in forza della loro provenienza e funzione sostitutiva” (cfr., ancora, Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 giugno 2019, n. 4068: cfr., inoltre, Consiglio di Stato, Sez. IV, 8 luglio 2013, n. 3597; sui limiti di efficacia soggettiva delle convenzioni, cfr.: T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 16 dicembre 2019, n. 2675 e n. 2676). Ne consegue, inoltre, che “le convenzioni urbanistiche, in ragione della possibile sopravvenienza di interessi pubblici, vanno sempre considerate rebus sic stantibus, fermo restando che il potere di variazione dello strumento generale richiede una adeguata motivazione sulla necessità di sacrificare le eventuali legittime aspettative maturate in capo ai privati” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 giugno 2019, n. 4068). Va, quindi, affermata, sul piano generale, la possibilità del Comune di imprimere una diversa destinazione urbanistica alle aree acquisite in sede di convenzione; possibilità che vale, a fortiori, laddove decorra molto tempo dall’epoca di stipula della convenzione e il vincolo impresso perda di attualità ed interesse per la stessa Amministrazione comunale”.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 444 del 5 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano dichiara inammissibile un ricorso notificato alla Questura a indirizzo p.e.c. non corrispondente al domicilio legale presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano e precisa:
«Invero, la notificazione del ricorso alla Questura di Milano non è stata effettuata all’indirizzo pec corrispondente al domicilio legale presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano (ads.mi@mailcert.avvocaturastato.it), come prescritto dall’art. 11 del RD 30 ottobre 1933 n. 1611, ai sensi del quale tutti gli atti di chiamata in giudizio proposti nei confronti di Amministrazioni statali devono essere notificati alle Amministrazioni resistenti presso l'ufficio della Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorità giudiziaria adita (ex plurimis Consiglio di Stato, sez. VI, 12 dicembre 2011, n. 6502).
La cogenza della disposizione è stata confermata dal codice del processo amministrativo.
L'art. 39, comma 2 c.p.a. prevede che “le notificazioni degli atti del processo amministrativo sono comunque disciplinate dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile”, mentre l'art. 41, comma 3, conferma che “la notificazione dei ricorsi nei confronti delle Amministrazioni dello Stato è effettuata secondo le norme vigenti per la difesa in giudizio delle stesse”.
Va osservato che l’entrata in vigore del processo amministrativo telematico non ha inciso sulle disposizioni sopra richiamate. Dispone infatti l’art. 14 comma 2 dell’allegato A al DPCM n. 40/2016 (Regolamento recante le regole tecniche operative per l’attuazione del processo amministrativo telematico) che, anche in ordine alla domiciliazione delle pubbliche amministrazioni, resta fermo quanto previsto dal regio decreto n. 1611/1933 in materia di rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato».

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 393 del 28 febbraio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri. 


 

La Corte UE, con riferimento alla normativa italiana sul divieto alle amministrazioni pubbliche di assegnare incarichi di studio e consulenza a persone collocate in quiescenza, ha statuito che: 
La direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, e in particolare l’articolo 2, paragrafo 2, l’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 6, paragrafo 1, della stessa, dev’essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che vieta alle amministrazioni pubbliche di assegnare incarichi di studio e consulenza a persone collocate in quiescenza purché, da un lato, detta normativa persegua uno scopo legittimo di politica dell’occupazione e del mercato del lavoro e, dall’altro, i mezzi impiegati per conseguire tale obiettivo siano idonei e necessari. Spetta al giudice del rinvio verificare se ciò avvenga effettivamente nella fattispecie di cui al procedimento principale”.

Corte di Giustizia UE, Sez. VIII, del 2 aprile 2020 (causa C-670/18).
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte di Giustizia.



Sulla G.U. n. 89 del 3 aprile 2020 è pubblicato il decreto del Presidente della Corte dei conti del 1° aprile 2020 “Regole tecniche ed operative in materia di svolgimento delle udienze in videoconferenza e firma digitale dei provvedimenti del giudice nei giudizi dinanzi alla Corte dei conti”.


 

Sul BURL, Serie Ordinaria, n. 14 del 4 aprile 2020 è pubblicata l’ordinanza del Presidente della Giunta regionale 4 aprile 2020 n. 521 “Ulteriori misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Ordinanza ai sensi dell’art. 32, comma 3, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 in materia di igiene e sanità pubblica e dell’art. 3 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19".



Pubblichiamo le slides predisposte dal prof. avv. Emanuele Boscolo su "IL DIRITTO AMMINISTRATIVO DELL’EMERGENZA. La decretazione d’urgenza. La sospensione dei termini".


Sulla GUUE CI 108/1 del 1 aprile 2020 sono pubblicati gli “Orientamenti della Commissione europea sull’utilizzo del quadro in materia di appalti pubblici nella situazione di emergenza connessa alla crisi della Covid-19”



Sul BURL, Serie Ordinaria, n. 14 del 2 aprile 2020, è pubblicata l’ordinanza contingibile e urgente, ai sensi dell’art. 191 del d.lgs. 152/2006, del Presidente della Giunta regionale 1 aprile 2020 n. 520 “Disposizioni urgenti in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”.



Sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 88 del 2 aprile 2020 è pubblicato il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2020 “Disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale. 



Il TAR Milano in tema di recesso dal contratto da parte della stazione appaltante rimarca che:
«- in tema di appalti pubblici, lo ius poenitendi della stazione appaltante è espressamente contemplato e conformato dall’art. 109 del d.lgs. 50/16, che si inscrive nella previsione generale di cui all’art. 21-sexies l. 241/90, in forza della quale è possibile “il recesso unilaterale dai contratti della pubblica amministrazione… nei casi previsti dalla legge o dal contratto”, secondo una regola di tipicità delle ipotesi di recesso analoga a quella di cui agli articoli 1372 e 1373 c.c.;
- la facoltà di recedere in qualunque tempo dai contratti pubblici, per vero, già cristallizzata all’art. 134 del previgente d.lgs. 163/06, è da tempo immemorabile riconosciuta all’Amministrazione, tenuto conto già del disposto di cui all’art. 345 l. 1865, n. 2248, all. F, per cui “È facoltativo all'Amministrazione di risolvere in qualunque tempo il contratto, mediante il pagamento dei lavori eseguiti e del valore dei materiali utili esistenti in cantiere, oltre al decimo dell'importare delle opere non eseguite”;
- le richiamate previsioni normative, immancabilmente succedutesi negli anni –pur inscrivendosi fisiologicamente nelle ordinarie categorie civilistiche, integrando una ipotesi di diritto legale di recesso- riflettono all’evidenza la voluntas legis di assegnare rilevanza alle sopravvenute valutazioni di opportunità (Cass., 391/11) per definizione rientranti nella sfera di merito della azione amministrativa, attribuendo un potere di scioglimento unilaterale del rapporto previo “pagamento di un prezzo”; pretium costituito, in particolare, dal valore dei “lavori eseguiti o delle prestazioni relative ai servizi e alle forniture eseguite”, nonché dal valore “dei materiali utili esistenti in cantiere nel caso di lavoro o in magazzino nel caso di servizi o forniture, oltre al decimo dell’importo delle opere, dei servizi o delle forniture”, con una previsione che differisce leggermente dal disposto generale dell’art. 1671 c.c. in tema di appalto privato;
- benchè veicolato in forme privatistiche - in ossequio peraltro al principio generale ora codificato all’art. 1, comma 1-bis l. 241/90, per cui “La pubblica amministrazione nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente” – l’interesse pubblico di cui l’Amministrazione è indefettibilmente titolare permea anche tale forma di recesso, con il corollario –non vertendosi in tema di revoca ex art. 21-quinquies l. 241/90, ma di scioglimento di un vincolo negoziale per definizione paritetico- “di non dover assicurare il contraddittorio procedimentale né esternare compiutamente le motivazioni della scelta, essendo ciò bilanciato dal maggiore onere economico che ne consegue” (rispetto al “mero” indennizzo dovuto per il caso di revoca di atti amministrativi ex art. 21-quinquies: CdS, a.p., 20 giugno 2014, n. 14)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 545 del 24 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia applica i principi recentemente espressi dall’Adunanza Plenaria sulla trasmissibilità degli obblighi di bonifica in caso di fusione per incorporazione e afferma che la trasmissione della responsabilità per l’inquinamento dall’incorporata all’incorporante va riconosciuta anche con riferimento ai processi di fusione per incorporazione avvenuti prima della riforma del diritto societario operata con decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 192 del 2 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Sul BURL, Supplemento n. 14 del 31 marzo 2020, è pubblicata la legge regionale 31 marzo 2020 n. 4 “Differimento dei termini stabiliti da leggi e regolamenti regionali e disposizioni urgenti in materia contabile e di agriturismi, in considerazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19”.



Il TAR Milano precisa che il canone della buona fede rileva non solo sul piano sostanziale e/o procedimentale, ma anche su quello processuale, allorquando le tesi giudiziali collidano, all’evidenza, con il comportamento tenuto dalla parte nella fase precedente del rapporto e/o del contatto, sostanziale e/o processuale.
Al riguardo osserva che:
«2.6.5. Gli obblighi di buona fede e correttezza che devono sempre e comunque informare la condotta dei soggetti avvinti da un rapporto giuridico si dispiegano con continuità anche nella (eventuale) fase giurisdizionale, costituente il segmento finale del rapporto e del contatto inter partes, ovvero nelle fasi giurisdizionali successive alla prima.
2.6.6. Di talchè, le iniziative processuali, la meritevolezza e l’ammissibilità dell’interesse che le sostiene, vanno disvelate e poste in rilievo anche in forza dell’apprezzamento degli antecedenti comportamenti e/o manifestazioni di volontà posti in essere dalle parti, in sede sostanziale, procedimentale o giurisdizionale.
2.6.7. La giurisprudenza (CdS, V, 27/3/2015, n. 1605; CdS, V, 27 aprile 2015, n. 2064; Cass., 7 maggio 2013, n. 10568; TAR Lombardia, I, 19 novembre 2018, n. 2603; TAR Campania, III, 10 gennaio 2018, n. 154) da tempo riconosce la vigenza, nel sistema giuridico, di un principio generale di divieto di abuso del diritto, inteso come categoria diffusa nella quale rientra ogni ipotesi in cui un diritto cessa di ricevere tutela, poiché esercitato al di fuori dei limiti stabiliti dalla legge.
2.6.8. Il dovere di buona fede e correttezza, di cui agli artt. 1175, 1337, 1366 e 1375 del c.c., alla luce del parametro di solidarietà, sancito dall'art. 2 della Costituzione e dalla Carta di Nizza, si pone non più solo come criterio per valutare la condotta delle parti nell’ambito dei rapporti obbligatori, ma anche come canone per individuare un limite alle richieste e ai poteri dei titolari di diritti, anche sul piano della loro tutela processuale.
Espressione dell’abusivo esercizio di un potere, anche processuale, quale è quello di dedurre argomenti difensivi per formulare eccezioni di merito, è proprio la sua contraddittorietà con precedenti comportamenti tenuti dal medesimo soggetto, in violazione del divieto generale di venire contra factum proprium (TAR Lombardia, I, 28 agosto 2019, n. 1929; Id. id., 14 giugno 2019, n. 1376; Id., id. 2810/18)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 546 del 24 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.