Il TAR Milano ricorda, in materia di distanze, che «la giurisprudenza è concorde nel sostenere che, pur avendo il vano scala natura di volume tecnico, lo stesso non possa essere ritenuto irrilevante ai fini dell’applicazione della normativa dettata per le distanze dai confini: “rientrano nel concetto civilistico di costruzioni, le parti dell’edificio, quali scale, terrazze e corpi avanzati (c.d. aggettanti) che, se pur non corrispondono a volumi abitativi coperti, sono destinate ad estendere ed ampliare la consistenza del fabbricato” (Consiglio di Stato, IV, 17 maggio 2012, n. 2847). Difatti, se lo stesso ha natura permanente ed è connotato da stabilità, come nel caso oggetto della presente controversia, si pone in contrasto con le finalità perseguite dalla normativa contenuta nel D.M. n. 1444 del 1968, aventi lo scopo di assicurare le necessarie condizioni di salubrità dei fabbricati sotto il profilo igienico-sanitario, mediante l’eliminazione di intercapedini nocive tra gli stessi. Pertanto, in ragione del contenuto pubblicistico della richiamata disciplina e “del carattere inderogabile della stessa, deve ritenersi non tollerabile la presenza di una parte sia pure di modesta entità di un opus edilizio che va ad insistere in maniera permanente su uno spazio territoriale che deve essere libero da qualsiasi ingombro” (Consiglio di Stato, IV, 4 marzo 2014, n. 1000).
Di conseguenza, il vano scala posto a distanza inferiore ai dieci metri dall’edificio antistante non è legittimo, non assumendo alcun rilievo la circostanza che uno dei due manufatti sia privo di finestre (cfr. Cass. civ., II, ord. 4 giugno 2019, n. 15178)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 572 del 30 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.