Il TAR Milano in tema di recesso dal contratto da parte della stazione appaltante rimarca che:
«- in tema di appalti pubblici, lo ius poenitendi della stazione appaltante è espressamente contemplato e conformato dall’art. 109 del d.lgs. 50/16, che si inscrive nella previsione generale di cui all’art. 21-sexies l. 241/90, in forza della quale è possibile “il recesso unilaterale dai contratti della pubblica amministrazione… nei casi previsti dalla legge o dal contratto”, secondo una regola di tipicità delle ipotesi di recesso analoga a quella di cui agli articoli 1372 e 1373 c.c.;
- la facoltà di recedere in qualunque tempo dai contratti pubblici, per vero, già cristallizzata all’art. 134 del previgente d.lgs. 163/06, è da tempo immemorabile riconosciuta all’Amministrazione, tenuto conto già del disposto di cui all’art. 345 l. 1865, n. 2248, all. F, per cui “È facoltativo all'Amministrazione di risolvere in qualunque tempo il contratto, mediante il pagamento dei lavori eseguiti e del valore dei materiali utili esistenti in cantiere, oltre al decimo dell'importare delle opere non eseguite”;
- le richiamate previsioni normative, immancabilmente succedutesi negli anni –pur inscrivendosi fisiologicamente nelle ordinarie categorie civilistiche, integrando una ipotesi di diritto legale di recesso- riflettono all’evidenza la voluntas legis di assegnare rilevanza alle sopravvenute valutazioni di opportunità (Cass., 391/11) per definizione rientranti nella sfera di merito della azione amministrativa, attribuendo un potere di scioglimento unilaterale del rapporto previo “pagamento di un prezzo”; pretium costituito, in particolare, dal valore dei “lavori eseguiti o delle prestazioni relative ai servizi e alle forniture eseguite”, nonché dal valore “dei materiali utili esistenti in cantiere nel caso di lavoro o in magazzino nel caso di servizi o forniture, oltre al decimo dell’importo delle opere, dei servizi o delle forniture”, con una previsione che differisce leggermente dal disposto generale dell’art. 1671 c.c. in tema di appalto privato;
- benchè veicolato in forme privatistiche - in ossequio peraltro al principio generale ora codificato all’art. 1, comma 1-bis l. 241/90, per cui “La pubblica amministrazione nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente” – l’interesse pubblico di cui l’Amministrazione è indefettibilmente titolare permea anche tale forma di recesso, con il corollario –non vertendosi in tema di revoca ex art. 21-quinquies l. 241/90, ma di scioglimento di un vincolo negoziale per definizione paritetico- “di non dover assicurare il contraddittorio procedimentale né esternare compiutamente le motivazioni della scelta, essendo ciò bilanciato dal maggiore onere economico che ne consegue” (rispetto al “mero” indennizzo dovuto per il caso di revoca di atti amministrativi ex art. 21-quinquies: CdS, a.p., 20 giugno 2014, n. 14)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 545 del 24 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.