Il TAR Milano chiarisce che la nozione di paesaggio delineata dall'art. 1 della Convenzione europea del 2000, entrata in vigore sul piano internazionale il 1° settembre 2006 e la cui ratifica ed esecuzione è effettua in Italia con L. n. 14 del 2006, definisce il paesaggio come “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”; nozione che testimonia la peculiare polisemia del concetto in esame al cui interno sono ricompresi sia sostrati naturalistici (il territorio è, infatti, inteso come res extensa), sia elementi prettamente culturali; lo conferma la disamina delle considerazioni inserite nel Preambolo della Convenzione ove si afferma che: a) il “paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale e costituisce una risorsa favorevole all'attività economica e che salvaguardato, gestito e pianificato in modo adeguato, può contribuire alla creazione di posti di lavoro”; b) “il paesaggio concorre all'elaborazione delle culture locali e rappresenta una componente fondamentale del patrimonio culturale e naturale dell'Europa, contribuendo così al benessere e alla soddisfazione degli esseri umani e al consolidamento dell'identità europea”.
Secondo il TAR, la Convenzione europea adotta, pertanto, una nozione ampia di paesaggio che è inteso come “elemento importante della qualità della vita delle popolazioni nelle area urbane e nelle campagne, nei territori degradati, come in quelli di grande qualità, nelle zone considerate eccezionali, come in quelle della vita quotidiana”; tale concetto non ricomprende, soltanto, le c.d. bellezze naturali, o il solo patrimonio storico, archeologico e artistico, o ancora i c.d. beni ambientali: al contrario, si tratta di nozione che supera le sovrapposizioni spesso presenti nella legislazione interna tra ambiente, paesaggio e beni culturali, e che reclama un’autonomia del paesaggio riconoscendo, al contempo, la necessità di una visione integrale e olistica del concetto in esame; in sostanza, il paesaggio descrive un patrimonio di risorse identitarie non riducibili alle sole bellezze naturali in sé o alle testimonianze storico-artistiche di eccezionale valenza, ma assume rilievo ogni qual volta sussistano elementi morfologici a cui sia attribuibile una valenza estetica; a questo contesto non è certamente estranea la materia del Governo del territorio che, al contrario, costituisce uno degli strumenti attraverso il quale la Repubblica realizza la tutela del bene in esame (fattispecie relativa alla rilevanza paesaggistica di un intervento di recupero del sottotetto all’interno di una corte).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda n. 932 del 26 aprile 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il Consiglio di Stato ritiene legittima l'ordinanza di demolizione adottata in assenza dell'avviso di inizio procedimento in quanto, essendo la repressione dell'abuso un atto dovuto, il provvedimento adottato dall'Amministrazione non avrebbe potuto in ogni caso essere diverso; secondo il Coniglio di Stato, l'ordinanza di demolizione, costituendo un atto doveroso e vincolato emesso all’esito di un mero accertamento tecnico della consistenza delle opere realizzate e del carattere abusivo delle medesime, non deve quindi essere preceduta dall'avviso di avvio del relativo procedimento, considerando anche la sua conseguente intangibilità ai sensi dell'art. 21 octies della legge n. 241/1990.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 2086 del 29 marzo 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, anche in una gara per l’affidamento in concessione di beni e non di servizi o di lavori – in relazione alla quale non vi è applicazione diretta del D.Lgs. 50/2016 – parimenti devono necessariamente trovare applicazione i principi di pubblicità e di trasparenza dell’azione amministrativa (cfr. l’art. 1 della legge 241/1990), nel rispetto della norma costituzionale (art. 97 della Costituzione) sul buon andamento e sull’imparzialità dell’amministrazione e dell’art. 41 della Carta di Nizza dei diritti fondamentali dell’Unione europea, sul diritto del cittadino “ad una buona amministrazione”; tali esigenze di trasparenza non possono limitarsi alla pubblicazione del bando di gara e degli atti di conclusione della gara stessa, ma impongono lo svolgimento trasparente della procedura e quindi l’apertura in seduta pubblica dei plichi contenenti la documentazione necessaria per l’attribuzione del punteggio tecnico/qualitativo ai partecipanti alla gara.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 840 del 15 aprile 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano chiarisce che l’art. 167 D.lgs. n. 42/2004 (già art. 15 l. n. 1497/1939, divenuto poi art. 164 D.lgs. n. 490/1999) va interpretato nel senso che l’indennità prevista per abusi edilizi in zone soggette a vincoli paesaggistici costituisce vera e propria sanzione amministrativa, e non una forma di risarcimento del danno; la natura sanzionatoria (e non di oblazione o di contributo) dell’obbligazione in parola comporta, quindi, che il suo adempimento non configuri una condizione di assentibilità dell’accertamento di compatibilità paesaggistica.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 603 del 21 marzo 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Brescia precisa che nel regime della doppia tutela in materia edilizia e urbanistica è possibile che la legittimità dell’edificazione venga riconosciuta dal giudice amministrativo, ma non dal giudice ordinario, in quanto quest’ultimo si riserva di disapplicare i titoli edilizi confrontandoli direttamente con il codice civile e con le norme integrative di natura civilistica; la regola vale anche nell’altra direzione, e dunque le qualificazioni formulate dal giudice ordinario non sono vincolanti nell’indagine sulla legittimità dei titoli edilizi svolta dal giudice amministrativo; peraltro, nella giurisdizione amministrativa i rapporti privatistici tra i confinanti vengono presi in esame solo quando siano per sé evidenti, o quando gli interessati abbiano di loro iniziativa rappresentato agli uffici comunali eventuali contese in grado di incidere sulla legittimazione a chiedere il titolo edilizio; non è quindi utile trasferire materiali processuali da un giudizio civile a uno amministrativo per profili che nel secondo non sono normalmente utilizzabili ai fini della decisione.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 276 del 26 marzo 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano chiarisce che la revisione dei prezzi si applica solo alle proroghe contrattuali e non anche agli atti successivi al contratto originario con cui, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, siano stati costituiti tra le parti nuovi e autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 764 dell’8 aprile 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, la proposizione dell’istanza di sanatoria successivamente all’ingiunzione di demolizione delle opere abusive produce l’effetto di rendere definitivamente inefficace il provvedimento sanzionatorio, essendo comunque tenuta l’Amministrazione all’adozione di un nuovo provvedimento, che sia di accoglimento o di rigetto della domanda di sanatoria, e in questo secondo caso all’emanazione di un’ulteriore misura sanzionatoria, con l’assegnazione di un nuovo termine per adempiere; conseguentemente, la presentazione della domanda di accertamento di conformità anteriormente alla proposizione del ricorso avvero l’ordine di demolizione rende lo stesso inammissibile, non essendovi alcun interesse a ricorrere avverso l'atto già divenuto inefficace e quindi non più idoneo a ledere l’interesse della parte ricorrente.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 665 del 27 marzo 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

Per un orientamento difforme vedi il precedente post


Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 92 del 18 aprile 2019 il decreto legge 18 aprile 2019, n. 32 recante “Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici”.
Tra le varie disposizioni si segnalano numerose modifiche al codice dei contratti pubblici (art. 1, comma 1), l'abrogazione dei commi 2 bis e 6 bis dell’art. 120 c.p.a. in tema di rito super accelerato per le impugnazioni delle ammissioni ed esclusioni dalle gare d’appalto (art. 1, comma 4) e le nuove norme in materia di rigenerazione urbana (art. 5).

Sito della Gazzetta Ufficiale



Il TAR Brescia, con riferimento alla realizzazione di un cappotto isolante con tinteggiatura della facciata, precisa che gli interventi diretti a migliorare l’efficienza energetica degli edifici sono sempre assistiti dal favore del legislatore; questo favore si riflette anche sul profilo paesistico, perché le innovazioni che migliorano l’efficienza energetica si devono considerare normalmente compatibili con il contesto vincolato; il vincolo paesistico non determina per sé l’immodificabilità delle costruzioni esistenti, né l’obbligo di conservazione dei materiali tradizionali o dei singoli dettagli costruttivi; nel confronto tra l’efficientamento energetico, che richiede l’adozione di nuovi materiali, e la conservazione dello scenario tradizionale, l’interesse pubblico prevalente è il primo, a condizione che non vengano introdotti elementi architettonici gravemente dissonanti; una volta evitato questo rischio, il risultato della modifica può ricevere un maggiore o minore grado di approvazione da parte dei soggetti che abitano nelle vicinanze, ma si tratta soltanto di un problema di preferenze personali, che non retroagisce sui diritti edificatori, e non dà diritto a compensazioni; sarebbe infatti contraddittorio se l’ordinamento incentivasse, da un lato, gli interventi di efficientamento energetico e, dall’altro, esponesse i proprietari che li eseguono all’obbligo di garantire, oltre a un esito paesisticamente compatibile, l’invariabilità del valore venale degli immobili vicini.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 276 del 26 marzo 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Brescia chiarisce che, nell'ambito del sub procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta, l’impresa aggiudicataria può rimodulare le quantificazioni dei costi e dell’utile, purché non ne risulti una modifica degli elementi compositivi tale da pervenire ad un aliud pro alio rispetto a quanto inizialmente offerto; nell’ambito del contraddittorio, a fronte dell’immodificabilità dell’offerta sono tuttavia modificabili le relative giustificazioni e in particolare sono consentite giustificazioni sopravvenute e compensazioni tra sottostime e sovrastime, purché l'offerta risulti nel suo complesso affidabile al momento dell'aggiudicazione e a tale momento dia garanzia di una seria esecuzione del contratto.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 212 del 4 marzo 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano chiarisce che la connessione tra pianificazione commerciale e territoriale è ormai un dato acquisito al sistema, essendo le due materie preordinate a finalità diverse (tutela della concorrenza e corretto uso del territorio) ma tra loro interferenti; ne consegue che va rimarcata la  rilevanza dell’aspetto urbanistico nella disciplina relativa alla localizzazione degli esercizi commerciali anche a seguito della direttiva comunitaria n. 123/2006/CEE, meglio nota come direttiva "Bolkestein", volta a ridurre i vincoli procedimentali e sostanziali gravanti sui servizi privati, nel cui ambito rientra il commercio, al fine di favorire la creazione nei vari Stati membri di un regime comune mirato a dare concreta attuazione ai principi di libertà di stabilimento e libera prestazione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 743 del 3 aprile 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano chiarisce che Il ricorso incidentale è lo strumento con il quale il ricorrente incidentale agisce a tutela del bene della vita minacciato dal ricorso principale; conseguentemente è inammissibile il ricorso incidentale proposto dalla seconda classificata in una gara per l'affidamento di un appalto pubblico che agisce - in un giudizio instaurato dalla terza classificata - non per mantenere la seconda posizione in graduatoria, ma per conseguire l’aggiudicazione dell’appalto, ovverosia un bene ulteriore; ne consegue, per il TAR, che la ricorrente incidentale avrebbe dovuto veicolare la propria pretesa con lo strumento del ricorso autonomo notificato nel termine decadenziale decorrente dalla comunicazione di avvenuta aggiudicazione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 803 del 10 aprile 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Reggio Calabria ha dichiarato inammissibile un ricorso notificato via p.e.c. con messaggio privo, non solo della dicitura “notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994”, ma pure della c.d. relata; si è quindi osservato che la mancanza della relata di notifica si risolve nell’inesistenza della prova dello stesso rapporto processuale, atteso che la relazione è un documento autonomo, con uno specifico e pregnante contenuto ed è, quindi, elemento imprescindibile affinché sia percepibile dal destinatario la funzione cui l’invio dell’atto assolve, contenendo i dati che consentono di individuarne la collocazione processuale e la conformità all’originale, nonché la legittimazione del mittente; mancando la relata, manca altresì l’indicazione, da parte del difensore, dell'elenco da cui l’indirizzo p.e.c. del destinatario è stato estratto, indicazione prevista dalla lett. f) del comma 5 dell’art. 3 bis della legge 53 del 1994 e conseguentemente non è dato conoscere neppure se l’indirizzo p.e.c. utilizzato sia stato tratto da un pubblico elenco.

La sentenza del TAR Calabria, Reggio Calabria, n. 224 dell'11 aprile 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ritiene applicabile, in un giudizio contenente una domanda risarcitoria autonoma volta ad ottenere la condanna del comune al risarcimento dei danni patiti in relazione al comportamento tenuto dall’Amministrazione comunale in relazione ad alcune pratiche edilizie, la previsione di cui all’articolo 1227, comma 1, c.c. che esclude la risarcibilità dei danni che il creditore avrebbe potuto evitare con l’ordinaria diligenza; osserva al riguardo il TAR che il pregiudizio asserito dai ricorrenti sarebbe stato evitabile mediante la proposizione di un ricorso giurisdizionale volto a censurare l’operato dell’Amministrazione, assistito, inoltre, da apposita domanda cautelare diretta ad evitare un possibile danno per il trascorrere del tempo; ricorso che, tuttavia, non è stato proposto dai ricorrenti con conseguenza impossibilità di ristorare un danno che la parte avrebbe potuto evitare.


La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 739 del 3 aprile 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, deve ritenersi un inammissibile cambio della destinazione agricola la realizzazione di spazi commerciali volti alla vendita di prodotti che non presentano alcun reale e diretto collegamento con l’attività agricola; nella fattispecie si trattava di prodotti per la cura della persona, candele, profumatori, deodoranti per ambienti, oggettistica e complementi d’arredo per la casa e gli spazi esterni, mobili per gli esterni (sedute, tavoli, ombrelloni ecc.), articoli per il campeggio e per il mare, cappelli, ciabatte, tovaglie e tappeti, ombrelloni e gazebi; prodotti questi che, secondo il TAR, non soltanto non sono prodotti agricoli (né, ovviamente, derivanti dall’attività agricola), ma neppure di prodotti che derivano dall’attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici, finalizzata al completo sfruttamento del ciclo produttivo dell'impresa o, comunque, strumentale a quest’ultima. Aggiunge poi il TAR che nella specifica controversia ciò che viene in rilievo non è l’autorizzazione alla vendita di singoli prodotti, ma il vincolo derivante dalla destinazione impressa (oggetto, tra l’altro, di specifici atti di impegno) e che deve ricondursi all’attività agricola e non può, quindi, estendersi ad attività commerciali ultronee.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 595 del 19 marzo 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 16-septies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del paese), convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2012, n. 221, inserito dall’art. 45-bis, comma 2, lettera b), del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, nella legge 11 agosto 2014, n. 114, nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 75 del 9 aprile 2019 è consultabile sul sito della Corte Costituzionale.


La Corte di Giustizia UE, in materia di cause di esclusione da una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico di operatore che sia in stato di concordato preventivo statuisce che:
L’articolo 45, paragrafo 2, primo comma, lettera b), della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che consente di escludere da una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico un operatore economico che, alla data della decisione di esclusione, ha presentato un ricorso al fine di essere ammesso al concordato preventivo, riservandosi di presentare un piano che prevede la prosecuzione dell’attività”.

La sentenza della Decima Sezione del 28 marzo 2019 (causa C-101/18) della Corte di Giustizia UE è consultabile sul sito della Corte di Giustizia al seguente indirizzo.



Secondo il TAR Milano la previsione di un PGT che limita l’utilizzo di un’area alla funzione sportiva esistente (nella fattispecie il golf) costituisce una forma di limitazione dell’attività economica del tutto sproporzionata e ingiustificata da un punto di vista urbanistico che finisce per impedire l’esercizio dell’attività economica privata superando i limiti stabiliti dall’art. 41, co. 3, della Costituzione che preserva la libertà economica privata nel suo nucleo essenziale, impedendo che il necessario coordinamento con gli interessi pubblici finisca per svuotarne il contenuto.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 504 dell'8 marzo 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano nella materia del c.d. project financing, il Comune gode di ampia discrezionalità nella cernita del progetto, da successivamente porre a fondamento della procedura di evidenza pubblica, in quanto reputato maggiormente confacente al pubblico interesse; il primo segmento procedimentale del c.d. project financing si connota non già in termini di concorsualità, id est di gara comparativa finalizzata alla individuazione di un vincitore; in questa fase ciò che rileva è esclusivamente l’interesse della Amministrazione ad includere le opere e i servizi proposti dal privato negli strumenti di programmazione, all’uopo nominando “promotore” il soggetto imprenditoriale il cui progetto sia risultato maggiormente aderente ai desiderata e agli interessi dell’Ente; gli interessi privati rimangono, per così dire, sullo sfondo, non essendosi ancora entrati nella fase della procedura pubblica di selezione finalizzata a consentire alle imprese interessate il conseguimento del sostanziale bene della vita, costituito dalla aggiudicazione di una pubblica commessa.
Aggiunge il TAR Milano che rispetto ai tipici moduli contrattuali pubblicistici, la complessiva disciplina dell’istituto del project financing si contraddistingue proprio perché la fase di iniziativa non è assunta dall’Amministrazione stessa – con valutazioni prodromiche alla decisione di indire gare pubbliche che, normalmente, rimangono nella “sfera di signoria” di essa Amministrazione, non incidendo in sfere soggettive “terze”- bensì dal privato, i cui progetti e le cui proposte necessitano, dunque, di essere “introitate” e fatte proprie dalla Amministrazione, in quanto reputate coerenti e confacenti con gli indirizzi programmatici e le esigenze pubbliche di cui sono istituzionalmente portatrici; trattasi di valutazione per sua stessa natura connotata da ampi margini di discrezionalità, ciò che ha indotto la giurisprudenza, ad esempio, ad escludere che, anche una volta dichiarata di pubblico interesse la proposta del privato e individuato il promotore, l'Amministrazione sia tenuta a dare corso alla procedura di gara per l'affidamento della relativa concessione, posto che, da un lato, tale scelta costituisce una tipica e prevalente manifestazione di discrezionalità amministrativa nella quale sono implicate ampie valutazioni in ordine all'effettiva esistenza di un interesse pubblico alla realizzazione dell'opera, dall'altro, la posizione di vantaggio acquisita per effetto della dichiarazione di pubblico interesse si esplica solo all'interno della gara, una volta che la decisione di affidare la concessione sia stata assunta; di talché, e a fortiori, tali ampi margini di discrezionalità connotano la fase “preventiva” della individuazione del progetto e della sua collocazione nell’alveo dei pubblici interessi.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 691 del 28 marzo 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Secondo il TAR Milano, l’interesse all’ordinato sviluppo edilizio del territorio, in considerazione delle diverse tipologie di edificazione distinte per finalità e zone, ben può essere soddisfatto anche includendo in un ambito di trasformazione – in funzione della successiva pianificazione attuativa – aree non contigue tra loro, se specifiche esigenze locali, ad esempio per la riqualificazione di aree degradate, inducano l’Amministrazione comunale ad operare scelte urbanistiche che privilegino una disciplina di unitaria definizione del loro assetto.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 425 del 27 febbraio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato, con riferimento all’art. 104, comma 2, c.p.a. – ai sensi del quale, nel giudizio amministrativo di appello non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa, ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile – precisa che il requisito della indispensabilità ai fini della decisione della causa impone di ammettere in appello tutti quei documenti che non sono semplicemente “rilevanti” ai fini del decidere, bensì appaiono dotati di quella speciale efficacia dimostrativa che si traduce nella capacità di fornire un contributo decisivo all’accertamento della verità materiale, conducendo ad un esito, per così dire, “necessario” della controversia, per cui siffatta nozione di indispensabilità è in armonia con l’orientamento del giudice civile, secondo cui nel giudizio di appello, costituisce prova nuova indispensabile quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 1897 del 21 marzo 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato, in riforma di una sentenza del TAR Emilia Romagna, ribadisce che il ricorso redatto in formato cartaceo, sottoscritto con firma autografa del difensore e parimenti notificato alla controparte è da ritenersi meramente irregolare e non inesistente o nullo, giacché - pur non essendo conforme alle regole di redazione dell’art. 136, comma 2-bis, Cod. proc. amm. e dall’art. 9, comma 1, d.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40 - non incorre in espressa comminatoria legale di nullità (art. 156, primo comma 1, Cod. proc. civ.) e ha comunque raggiunto il suo scopo tipico (art. 156, terzo comma 3, Cod. proc. civ), essendone certa la paternità e piana l’intelligibilità quale strumento finalizzato alla chiamata in giustizia e all’articolazione delle altrui relative difese: dal che consegue la sola oggettiva esigenza della regolarizzazione, benché sia avvenuta la costituzione in giudizio della parte cui l’atto era indirizzato.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 2126 del 1 aprile 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Si informa che l’evento formativo su “Valutazioni di competenza della Soprintendenza per gli interventi su beni paesaggistici – Accertamento di compatibilità postuma” (relatori: dott. arch. Maria Mimmo e avv. Gianni Mantegazza) previsto per venerdì 5 aprile 2019, dalle ore 15:00 alle ore 18:00, presso il Tribunale Ordinario di Como, è stato rinviato a data da destinarsi.


Il Consiglio di Stato, con riferimento ai criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile  dispone il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, formulando il seguente quesito: “Se il diritto dell’Unione europea osti a una normativa nazionale (come quella di cui all’articolo 8 comma 6 legge 22 febbraio 2001. n. 36) intesa ed applicata nel senso di consentire alle singole amministrazioni locali criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile, anche espressi sotto forma di divieto, quali il divieto di collocare antenne in determinate aree ovvero ad una determinata distanza da edifici appartenenti ad una data tipologia”.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sesta Sezione, n. 2023 del 27 marzo 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Secondo il Consiglio di Stato, l’unificazione procedimentale e provvedimentale della VIA per due progetti (di ampliamento di una discarica e di una bonifica di un’altra area) distinti e autonomi è illegittima (la fattispecie scrutinata dal Consiglio di Stato è relativa a un’unica procedura di VIA relativa a due interventi tipologicamente distinti - un ampliamento di impianto di smaltimento per rifiuti da un lato, la bonifica di un sito inquinato dall’altro - solo parzialmente collegati dal punto di vista tecnico funzionale nonché distanti tra loro 14 Km in linea d’aria).

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 1423 del 1 marzo 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.