Il TAR Milano precisa che la pronuncia sulle osservazioni allo strumento urbanistico adottato da parte dell’organo consiliare o l’accoglimento di pareri di enti sovraordinati non impone una nuova pubblicazione, salvo che vengano assunte modifiche tali da stravolgere il piano e da comportare, nella sostanza, una rielaborazione complessiva analoga a una nuova adozione; può parlarsi di stravolgimento o rielaborazione complessiva del piano quando fra la fase di adozione e quella di approvazione siano intervenuti mutamenti tali da determinare un cambiamento radicale delle caratteristiche essenziali del piano e dei criteri che presiedono alla sua impostazione.
Aggiunge poi il TAR che la ripubblicazione del piano è considerata non necessaria quando il Comune provvede al recepimento di prescrizioni obbligatorie di enti sovraordinati; al riguardo occorre distinguere tra modifiche “obbligatorie”, modifiche “facoltative” e modifiche “concordate”; mentre per le modifiche “facoltative” e “concordate”, ove superino il limite di rispetto dei canoni guida del piano adottato, sussiste l’obbligo della ripubblicazione da parte del Comune, diversamente, per le modifiche “obbligatorie” tale obbligo non sorge, poiché proprio il carattere dovuto dell’intervento regionale rende superfluo l’apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in sede regionale e comunale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1267 del 24 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano precisa che in una procedura diretta alla stipulazione di un contratto c.d. attivo, le prescrizioni comportanti significativi aggravi economici, in grado di pesare in maniera decisiva sulla sostenibilità dell'operazione, tali da non consentire la formulazione di un'offerta vantaggiosa, sono immediatamente lesive della situazione soggettiva dei concorrenti nella loro aspirazione ad ottenere utilità effettive dalla stipulazione del contratto, non dovendo questi attendere, ai fini della loro contestazione, la certa esclusione dalla procedura.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1573 del 28 giugno 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ritiene che il combinato disposto degli artt. 46 e 47 c.p.a. debba essere letto nel senso che l’eccezione relativa alla competenza funzionale della sezione staccata debba essere rimessa alla valutazione del Presidente del TAR solo ove la stessa venga sollevata dalla parte resistente nell’atto di costituzione o in separato atto, ma comunque nel termine perentorio di sessanta giorni dal perfezionamento della notifica nei confronti della parte stessa.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1546 del 24 gennaio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Pubblicata sul BURL, Supplemento n. 25 del 25 giugno 2021, la legge regionale lombarda 24 giugno 2021 n. 11, recante "Disposizioni relative al patrimonio edilizio dismesso con criticità. Modifiche all’articolo 40 bis della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio)".



Il TAR Milano osserva che sebbene la pronuncia di compatibilità ambientale (V.I.A.) e l’A.I.A., essendo atti preordinati ad accertamenti diversi ed autonomi, possano avere, ciascuno, un’autonoma efficacia lesiva e, per l’effetto, essere oggetto di separate impugnazioni, è pur vero che è soltanto con il rilascio dell’A.I.A., che esprime un giudizio definitivo sull’opera proposta, che acquisisce definitività la lesione recata dalla localizzazione dell’impianto, oggetto del giudizio di V.I.A.; ne consegue che, stante la facoltà dell’impugnazione separata, ben può essere impugnata unicamente l’A.I.A. (o la VIA contestualmente all’A.I.A.), posto che è senz’altro quest’ultimo l’atto certamente lesivo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1533 del 23 giugno 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Brescia osserva che gli articoli 51 e 52 della legge regionale della Lombardia n. 12 del 2005 hanno previsto un regime di sostanziale liberalizzazione delle destinazioni d’uso, per il quale il passaggio a un diverso tipo di utilizzazione deve ritenersi sempre ammissibile, in mancanza di espressi divieti contenuti nello strumento urbanistico; la liberalizzazione delle destinazioni d’uso non assicura peraltro che il passaggio dall’una all’altra avvenga a titolo gratuito; in base alla normativa regionale perché si possa avere un mutamento di destinazione d’uso senza costi per il privato sono necessarie tre condizioni: che il cambio sia senza opere, che la nuova destinazione d'uso non alteri il fabbisogno di standard, che siano decorsi almeno 10 anni dell'ultimazione dei lavori (T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 2 marzo 2021, n. 206; T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 17 giugno 2015, n. 855).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 578 del 21 giugno 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano richiama l’orientamento giurisprudenziale consolidato, dal quale non ravvisa ragioni per discostarsi, secondo cui l'incameramento della cauzione provvisoria e l'attivazione del procedimento di segnalazione all'ANAC sono conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, come tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti, nonché insensibile a eventuali valutazioni volte a evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che ha comportato l'esclusione (ex multis, Cons. Stato sez. V, 9 settembre 2020, n.5420; idem 21 gennaio 2020, n. 479; 24 giugno 2019, n. 4328; 10 settembre 2018, n. 5282; 11 dicembre 2017, n. 5806; 4 dicembre 2017, n. 5709; sez. VI, 15 settembre 2017, n. 4349; V, 28 agosto 2017, n. 4086; 15 marzo 2017, n. 1172; Adunanza plenaria, 29 febbraio 2016, n. 5).


TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1511 del 21 giugno 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano osserva che laddove sia stato rilevato un fenomeno di inquinamento, fermi restando gli obblighi di bonifica in capo al soggetto responsabile dello stesso, il proprietario o gestore dell’area, seppure incolpevole in ordine all’inquinamento della stessa, deve attuare (almeno) le misure di prevenzione, al fine di scongiurare rischi per la salute degli individui e minimizzare l’impatto negativo per l’ambiente; tale obbligo, finalizzato a evitare o limitare l’aggravarsi delle conseguenze dannose dell’inquinamento, prescinde dalla colpevolezza in ordine al fenomeno che lo ha causato e non determina il venir meno dell’obbligo di bonifica in capo all’obbligato; inoltre l’obbligo di adottare le necessarie misure di prevenzione sussiste anche in relazione alle contaminazioni storiche, giacché non rileva a tal fine la risalenza dello stesso, quanto le conseguenze che nell’immediato possono prodursi.
Sulla base di tale premesse il TAR Milano ritiene legittima l’imposizione in capo al proprietario del sito contaminato del compito di provvedere al monitoraggio dei siti di proprietà, al fine di verificare il possibile superamento dei livelli massimi previsti dalla legge per alcuni componenti nelle acque sotterranee e, in caso di accertamento, adottare le misure di emergenza.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1492 del 17 giugno 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano ricorda che la VAS, coerentemente con lo scopo ad essa assegnato, di valutare l'attività oggetto del piano anche sotto il profilo ambientale e non solo sotto quello, spesso in conflitto col primo, della immediata opportunità e convenienza, va compiuta "contestualmente" all'elaborazione del piano o programma, comprende fra l'altro una necessaria fase di "consultazioni", ovvero deve garantire la partecipazione degli interessati sulla specifica tematica e la loro informazione, ed è prevista a pena di illegittimità del piano o programma stesso (art. 11 del d. lgs. 152/2006) (in termini: Consiglio di Stato, IV, 26 giugno 2016, n. 2921).

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1487 del 17 giugno 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Secondo il TAR Brescia il divieto di accertamento paesaggistico ex post degli abusi commessi in zona vincolata che non siano riconducibili alle limitate e tassative ipotesi derogatorie indicate dall'art. 167 del d.lgs. n. 42/2004 prescinde da qualsiasi valutazione in concreto in ordine all’effettivo pregiudizio dagli stessi arrecato rispetto al bene paesaggistico tutelato; ciò è confermato dal fatto che il divieto di sanatoria si applica anche ai volumi interrati, a nulla rilevando il fatto che essi non rappresentino un ostacolo o una limitazione per le visuali panoramiche; infatti il chiaro e tassativo disposto normativo dell’articolo 167 del d.lgs. 42/2004 non può essere esteso in via interpretativa, in quanto costituente deroga alla regola generale della necessità di assenso preventivo codificata dall’articolo 146 del medesimo codice.


TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 559 del 16 giugno 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano, dopo aver premesso che
<<in base all’art. 2, co. 4, della legge regionale n. 12 del 2005, il Piano Territoriale Regionale e i Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale hanno efficacia di orientamento, indirizzo e coordinamento, fatte salve le previsioni che, ai sensi della stessa legge, abbiano efficacia prevalente e vincolante. Il modello delineato dalla legge regionale prevede che i piani collocati al livello superiore non sono gerarchicamente sovraordinati agli altri, ma dettano una disciplina di orientamento, indirizzo e coordinamento, che non può essere stravolta ma, in particolari casi, derogata dalla disciplina puntuale dettata dallo strumento di pianificazione contenente disposizioni di maggior dettaglio. Ciò naturalmente non può azzerare il potere pianificatorio dei Comuni, la cui partecipazione deve essere quindi assicurata e non può essere puramente nominale, essendo precluso a Regioni e Province trasformare i poteri comunali in ordine all’uso del territorio in funzioni meramente consultive prive di reale incidenza, o in funzioni di proposta o ancora in semplici attività esecutive>>;
precisa che:
<<Nel perseguimento degli obiettivi di tutela stabiliti dal P.T.R. e a protezione dei valori paesaggistici ivi indicati, questa Sezione ha ritenuto che il P.T.C.P. ben possa introdurre ulteriori disposizioni, destinate a prevalere immediatamente sugli strumenti comunali, riferite anche ad aree e a beni che non siano stati direttamente e specificamente individuati dal P.T.R. D’altra parte, il riconoscimento della possibilità per il P.T.C.P. di dettare siffatte previsioni appare del tutto rispondente alle finalità stesse dello strumento di pianificazione provinciale, cui l’articolo 15 della legge regionale n. 12 del 2005 attribuisce un ruolo di rilievo in tema di conservazione dei valori ambientali e paesaggistici>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1392 del 8 giugno 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ricorda che allorquando il sistema di selezione delle offerte sia basato sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le soluzioni migliorative, ammesse, si differenziano dalle varianti, vietate, perché le prime possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall’Amministrazione, mentre le seconde si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della Stazione appaltante; nello specifico, vanno ricomprese tra le proposte migliorative soltanto quelle soluzioni tecniche che, senza incidere sulla struttura, sulla funzione e sulla tipologia della prestazione a base di gara, investono singoli aspetti tecnici della stessa, lasciati aperti a diverse soluzioni, configurandosi come integrazioni, precisazioni e migliorie che rendono il progetto meglio corrispondente alle esigenze della Stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali di quanto richiesto.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1445 del 14 giugno 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ricorda, in materia di recupero dei sottotetti, che:
<<per giurisprudenza costante, nel consentire modificazioni delle altezze di colmo e di gronda e delle linee di pendenza delle falde “[...] unicamente al fine di assicurare i parametri di cui all’articolo 63, comma 6” (cioè l’altezza media ponderale di 2,40 m), l’art. 64, comma 1, della legge regionale n. 12 del 2005 ammette l’incremento delle altezze nei soli limiti strettamente funzionali ad assicurare le condizioni minime di salubrità agli spazi (resi) abitativi, sicché l’altezza media di 2,40 m deve ritenersi ad un tempo altezza minima (per l’abitabilità degli spazi) e altezza massima (se comporta l’innalzamento delle linee di colmo e di gronda del tetto) [cfr. Consiglio di Stato, IV, 24 febbraio 2021, n. 1613; II, 12 agosto 2019, n. 5664; T.A.R. Lombardia, Milano, I, 27 gennaio 2021, n. 242; I, 26 aprile 2018, n. 1124; II, 19 marzo 2014, n. 714; II, 5 luglio 2011, n. 1763; II, 2 aprile 2010, n. 970; II, 29 ottobre 2009, n. 4941].
L’altezza da considerare nella specie, in assenza di ulteriori specificazioni, è quella rilevante ai fini urbanistici e non quella “assoluta” (e percepibile) legata all’ingombro fisico dell’immobile, con la conseguenza che rendere abitabile un sottotetto di un immobile determina necessariamente un aumento dell’altezza urbanisticamente rilevante dello stesso, a prescindere da una sua avvenuta effettiva sopraelevazione fisica (nelle valutazioni di natura urbanistica si fa riferimento alla consistenza degli indici edificatori – che vengono in rilievo per alcune tipologie costruttive, ad esempio l’edificazione fuori terra, e non per altre, ad esempio la realizzazione di locali tecnici –, mentre non rileva ciò che si percepisce da un punto di vista materiale, riguardando soltanto l’aspetto paesaggistico: cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 9 luglio 2020, n. 1303; 24 giugno 2020, n. 1172; 11 giugno 2019, n. 1319; altresì, T.A.R. Campania, Napoli, VII, 1° febbraio 2018, n. 712); ciò risulta confermato dalla circostanza che “il recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti è classificato come ristrutturazione edilizia” (comma 2 dell’art. 64 della legge regionale n. 12 del 2005), che, a differenza della nuova costruzione, si può configurare soltanto quando le modifiche volumetriche e di sagoma siano di portata limitata e comunque riconducibili all’organismo preesistente (cfr. Consiglio di Stato, VI, 13 gennaio 2021, n. 423; II, 20 maggio 2019, n. 3208; IV, 19 gennaio 2016, n. 328; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 26 gennaio 2021, n. 239).
Pertanto, laddove si ammettesse la derogabilità dell’altezza massima – contemporaneamente anche minima – si darebbe vita alla realizzazione di un nuovo piano dell’edificio che snaturerebbe l’attività di recupero del sottotetto e darebbe vita ad un’attività di nuova costruzione e non più di ristrutturazione (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, I, 26 aprile 2018, n. 1124; II, 2 aprile 2010, n. 970). Tale intervento si porrebbe poi in contrasto anche con la normativa statale, in precedenza citata (art. 1 del D.M. Sanità 5 luglio 1975), che stabilisce un’altezza minima per i locali abitabili di 2,70 m, potendosi realizzare vani con altezze anche inferiori (che vanno da 2.41 a 2,69 m) in carenza di un supporto normativo in tal senso: difatti, la previsione dell’art. 63, comma 6, della legge regionale n. 12 del 2005 rappresenta una deroga alla regola generale delle altezze minime e, in quanto tale, non può essere oggetto di interpretazione estensiva>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1351 del 31 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia, in sede di sindacato di legittimità di un’ordinanza contingibile e urgente, richiama il principio giurisprudenziale secondo cui ai fini dell'adozione di un'ordinanza contingibile e urgente non rileva l'eventuale imputabilità soggettiva delle cause che abbiano ingenerato la situazione di pericolo che il provvedimento è rivolto a rimuovere, in quanto l'atto è diretto ad assicurare l'immediata tutela del bene pubblico dell'incolumità delle persone; ciò che rileva è esclusivamente la dimostrazione dell'attualità del pericolo e della idoneità del provvedimento a porvi rimedio, per il che quest'ultimo viene correttamente indirizzato a tutti i soggetti i quali, avendo la disponibilità, a vario titolo, delle aree interessate dal descritto fenomeno, si trovavano in rapporto tale con la fonte di pericolo da consentire loro di prevenire i conseguenti rischi.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 486 del 26 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano richiama e fa proprio l’orientamento della Sezione secondo cui l’art. 9 del D. M. n. 1444 del 1968, in materia di distanze tra edifici, fa espresso ed esclusivo riferimento alle pareti finestrate, per tali dovendosi intendere unicamente le pareti munite di finestre qualificabili come vedute, senza ricomprendere quelle sulle quali si aprono semplici luci (Consiglio di Stato, sez. IV, 5 ottobre 2015, n. 4628; cfr., nella giurisprudenza civile, Cassazione civile, sez. II, 20 dicembre 2016, n. 26383). L’operatività della previsione è, quindi, condizionata dalla natura delle aperture (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 26 giugno 2019, n. 1484; 23 maggio 2019, n. 1168; 30 novembre 2018, n. 2706; anche Consiglio di Stato, IV, 4 febbraio 2020, n. 907; II, 14 gennaio 2020, n. 347; T.A.R. Liguria, I, 1° febbraio 2021, n. 76; in senso contrario, Consiglio di Stato, V, 11 settembre 2019, n. 6136).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II n. 1406 del 9 giugno 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.





Il TAR Brescia precisa che l’indicazione di principio contenuta nell’art. 216 del RD 1265/1934, secondo cui le lavorazioni insalubri di prima classe, tra cui gli allevamenti, devono essere isolate nelle campagne, non implica che le zone agricole, o comunque inedificabili, attorno agli allevamenti debbano rimanere tali. La pianificazione urbanistica può sempre espandere l’abitato verso le aree libere. Sono poi le singole costruzioni a subire le limitazioni causate dagli allevamenti preesistenti, con esiti che richiedono una valutazione caso per caso.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II n. 403 del 3 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano osserva che, secondo la giurisprudenza maggioritaria, condivisa dal Collegio, rientra nel concetto di "modifica sostanziale della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza", e quindi di variazione essenziale assoggettabile a sanzione demolitoria in virtù del combinato disposto degli artt. 31 e 32, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001, non solo lo spostamento del manufatto su un'area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista, ma anche ogni “significativa traslazione dell'edificio in relazione alla localizzazione contenuta nelle tavole progettuali”, in quanto capace di incidere sul rispetto delle prescrizioni normative in tema di distanze minime dalle strade o dai confini nonché sulla destinazione urbanistica dei suoli.


TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1380 del 4 giugno 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Brescia premette che sia la normativa statale sia quella regionale sanciscono l’obbligo per gli enti del servizio sanitario regionale di approvvigionarsi utilizzando, in via prioritaria, le convenzioni e gli accordi quadro stipulati dalle centrali regionali di riferimento, e quindi a formulare le proprie richieste di fornitura agli appaltatori aggiudicatari delle procedure centralizzate svolte in sede regionale e ai prezzi convenzionati; peraltro, in mancanza di convenzioni regionali attive e capienti nello specifico settore di interesse, gli enti del servizio sanitario sono tenuti ad approvvigionarsi utilizzando, ove disponibili, le convenzioni e gli accordi quadro stipulati dalla centrale di committenza statale Consip s.p.a.
Ciò premesso, il TAR aggiunge che in giurisprudenza si è andato affermando e consolidando, negli ultimi anni, il principio della prevalenza dei sistemi di acquisizione regionali rispetto a quello nazionale e del ruolo meramente suppletivo (e cedevole) dell’intervento sostitutivo di Consip; ciò nel senso che, in via tendenziale, le gare per gli approvvigionamenti di interesse degli enti del SSN devono essere svolte dalle centrali di committenza regionali.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 517 del 7 giugno 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che la sagoma si individua nella conformazione planovolumetrica della costruzione e nel suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale, ovvero il contorno che viene ad assumere l’edificio, ivi comprese le strutture perimetrali con gli aggetti e gli sporti, mentre l’area di sedime identifica la porzione di territorio ove l’immobile viene ubicato.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1242 del 20 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Si ricorda che il 10 giugno 2021 si terrà l'incontro formativo “Conformazione del territorio e dei suoli tra rigenerazione urbana e limitazione del consumo di suolo” (relatore prof. Emanuele Boscolo, con la partecipazione di rappresentanti dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Sondrio e dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Sondrio).

L'evento si terrà dalle ore 15:00 alle ore 18:00 on line sulla piattaforma Zoom, con accesso dei partecipanti a partire dalle ore 14:40.

Per gli avvocati l'iscrizione avviene tramite il portale Sfera, Sezione Ordine degli Avvocati di Sondrio.

Locandina



Il TAR Milano, con riferimento previsione di cui all’articolo 21-octies della legge n. 241 del 1990, precisa che:

<<le due previsioni racchiuse all’interno dell’articolo 21-octies, comma 2, della l. 241/1990 presentano elementi strutturali distinti che ne consentono la contestuale operatività ove si consideri che: a) la disposizione del secondo periodo contiene un elemento aggiuntivo rispetto a quella del primo periodo (consistente nella ricomprensione nella propria area operativa dei provvedimenti a natura non vincolata) e un elemento specializzante (consistente nel riferimento alla sola violazione della regola sulla comunicazione di avvio del procedimento); b) sussiste, pertanto, una specialità unilaterale per aggiunta e per specificazione della disposizione del secondo periodo rispetto a quella contenuta nel primo periodo; c) le due fattispecie affidano, però, la declaratoria di non annullabilità a meccanismi distinti che le connotano in termini di specialità reciproca per aggiunta consistenti, nel primo caso, nell’evidenza della inidoneità dell'intervento dei soggetti ai quali è riconosciuto un interesse ad interferire sul contenuto del provvedimento, e, nel secondo caso, nella prova da parte dell'Amministrazione che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso anche in caso di intervento di detti interessati (cfr., Cassazione civile, Sezioni unite, 5 aprile 2012, n. 5445); d) la reciproca eterogeneità del meccanismo di non invalidazione del provvedimento comporta l’interferenza delle due previsioni rispetto ad un’unica fattispecie potendosi, quindi, non invalidare un provvedimento di natura discrezionale nel caso in cui l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato anche in caso di violazione delle norme sulla partecipazione al procedimento>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1240 del 20 maggio 2021.

La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano, in ordine alla conformità dei requisiti dei prodotti offerti alle specifiche tecniche, sottolinea come:
<< in materia di appalti di forniture trovi generale applicazione il principio, di matrice comunitaria, dell’equivalenza, diretto a tutelare la libera concorrenza e la par condicio tra i partecipanti alle gare. In base a tale principio, l’offerente può fornire con qualsiasi mezzo appropriato la prova che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche, fermo restando che la Stazione appaltante deve essere messa nelle condizioni di svolgere una verifica effettiva e proficua della dichiarata equivalenza; ciò risponde al principio del favor partecipationis e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione. I concorrenti non sono peraltro onerati di una apposita formale dichiarazione circa l’equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato; la Commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis (Consiglio di Stato, III, 25 novembre 2020, n. 7404). Negli appalti di forniture, la produzione in sede di offerta delle schede tecniche dei prodotti è quindi generalmente ritenuta idonea a consentire alla Stazione appaltante lo svolgimento del giudizio di idoneità tecnica dell’offerta e di equivalenza dei requisiti del prodotto offerto alle specifiche tecniche (Consiglio di Stato, V, 25 marzo 2020, n. 2093). Pertanto, una volta che l’Amministrazione, anche implicitamente, abbia proceduto in tal senso, la scelta tecnico - discrezionale può essere inficiata soltanto qualora se ne dimostri l’erroneità (così, da ultimo, Consiglio di Stato, IV, 4 marzo 2021, n. 1863)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1269 del 24 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa, in tema di proroga del termine di inizio dei lavori, che:
<<la proroga di un termine postula logicamente e giuridicamente la non scadenza dello stesso al momento della presentazione dell’istanza non potendosi prorogare un termine già spirato al momento della presentazione della nuova istanza. Il principio è applicabile in relazione ad ogni vicenda che sia sottoposta ad un termine finale di efficacia atteso che, un conto è disporre la prosecuzione dell’efficacia nel tempo di un originario provvedimento, altra cosa è consentire nuovamente lo svolgimento di una attività in precedenza preclusa per sopravvenuta inefficacia dell’atto abilitativo, occorrendo, in questo secondo caso, una nuova e più approfondita valutazione che tenga conto della situazione di fatto e delle regole giuridiche sopravvenute>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1271 del 25 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.