Il TAR Lazio, pur rilevando l’assenza della sottoscrizione digitale in formato PAdES al momento della notifica dell’atto e dell’iniziale deposito e che la copia notificata ai fini dell’instaurazione del giudizio risulta sottoscritta con firma digitale CAdES, ritiene ammissibile il ricorso e non ravvisa alcuna necessità di procedere a una regolarizzazione, ancorché l’amministrazione non si sia costituita in giudizio.

La sentenza del TAR Lazio, Roma, Sezione Prima bis, n. 5912 del 25 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ribadisce che il vincolo disposto dall’art. 96, lett. f), del regio decreto n. 523 del 1904 implica l'inedificabilità assoluta delle aree poste a distanza minore di metri 10 dal piede degli argini e richiama la giurisprudenza, secondo la quale:
- detto vincolo comporta inderogabile inedificabilità ex art. 33 della legge n. 47 del 1985, tale da precludere il rilascio di concessione in sanatoria;
- il vincolo in questione è efficace e cogente sia nel caso in cui il corso d'acqua sia stato coperto da una strada pubblica sia nel caso in cui l'acqua demaniale non sia suscettibile di utilizzazione a fini pubblici o collettivi

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1288 del 17 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Ricordiamo che venerdì 1 giugno 2018, presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano, Largo A. Gemelli, 1, Aula G.127 Pio XI, si terrà il Convegno: «La “tirannia” dei moduli: semplificazione o limite al procedimento e al processo?».

L’iscrizione è gratuita e può essere effettuata tramite il sito di SOLOM, secondo le modalità indicate nello stesso sito e comunque sino all'esaurimento dei posti disponibili.

Locandina


Il TAR Milano ribadisce che è improcedibile l’impugnazione del provvedimento di esclusione ove il ricorrente abbia omesso di contestare il successivo provvedimento di aggiudicazione, sicché l’eventuale accoglimento del ricorso avverso l’esclusione non gli consentirebbe di conseguire il bene della vita preteso, perché, per effetto del provvedimento di aggiudicazione non contestato, il bene stesso risulta affidato definitivamente all’aggiudicatario.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1165 del 2 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa è pubblicata la proroga della procedura per l’individuazione di n. 8 neolaureati in giurisprudenza per lo svolgimento di un periodo di formazione teorico-pratica presso il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione di Milano, per la durata di 18 mesi, ai sensi dell’art. 73, d.l. n. 69/2013.
Il termine ultimo per la presentazione delle domande sarà, pertanto, lunedì 25 giugno 2018
Sul sito  istituzionale della Giustizia Amministrativa è pubblicato anche il modello di domanda.




Il TAR Milano precisa che il principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare pubbliche riguarda i casi di aggiunta o sostituzione delle imprese partecipanti e non anche quelli di semplice recesso di una delle imprese del raggruppamento, laddove l'Amministrazione abbia già provveduto a verificare i requisiti di capacità e di moralità dell'impresa, o delle altre imprese componenti il raggruppamento; pertanto, va ammesso alla stipula del contratto un raggruppamento temporaneo di imprese che abbia espulso dallo stesso una delle mandanti, a causa della dichiarazione di fallimento, senza darsi luogo alla sua sostituzione, ma solo alla sua esclusione, non incidendo detta modifica sul possesso dei requisiti soggettivi in capo al raggruppamento stesso.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1224 del 7 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 120 del 25 maggio 2018, è pubblicata la delibera dell’Autorità Nazionale Anticorruzione 2 maggio 2018, con oggetto: Linee Guida n. 2, di attuazione del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recanti «Offerta economicamente più vantaggiosa».

La Gazzetta Ufficiale n. 120 del 25 maggio 2018 è consultabile sul sito della Gazzetta Ufficiale. 


La Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, con deliberazione n. 154/2018 depositata il 14 maggio 2018, discostandosi da un precedente parere, aderisce all’orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa che ammette la scomputabilità indistinta degli oneri di urbanizzazione indipendentemente dalla natura delle opere di urbanizzazione (primaria o secondaria) realizzate dall’operatore economico. 
La Corte, dopo aver passato in rassegna la normativa relativa alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria e la funzione che le stesse assolvono, si sofferma in particolare sul contributo dovuto da chi deve costruire, evidenziando che il legislatore non ha mai operato nessuna distinzione in merito.
Infatti, la Corte ricorda che:
- «La distinzione tra le opere di urbanizzazione primaria e secondaria (e dei connessi oneri), che i comuni ogni cinque anni aggiornano, secondo quanto dispone il comma 5 dell'articolo 16 del TU, sulla base dei "riscontri e prevedibili costi delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale", assume sia nella legislazione risalente, sia nelle più recenti innovazioni, una connotazione che non presenta distinzioni sotto il profilo del trattamento finanziario. In altre parole, la struttura dell'opera da realizzare implica interventi di urbanizzazione di diversa natura, cui è associato un onere a carico dell'operatore, periodicamente rivisto dai comuni in base al loro costo»;
- «L'uniformità sotto il profilo finanziario degli oneri di urbanizzazione condurrebbe il ragionamento sistematico a propendere per l'ammissibilità dello scomputo in maniera indistinta degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, qualora il titolare del permesso di costruire abbia realizzato direttamente opere di urbanizzazioni primarie d'importo maggiore rispetto a quanto dovuto in base ai parametri tabellari».
Una volta introitati gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, il Comune può, infatti, realizzare indifferentemente opere sia di urbanizzazione primaria che secondaria, senza che sia vincolato a destinare in maniera distinta le somme ad opere di diversa natura in ragione del titolo di riscossione degli oneri.
La Corte prende le mosse da una prospettiva di ordine finanziario per approdare ad una proposizione di scomputabilità indifferenziata degli oneri, dal momento che la norma non prevede nessuna distinzione e richiama nel parere (forse) l’ultima decisione della giurisprudenza amministrativa sull’argomento del TAR Campania, sez. Salerno, n. 179 del 31 gennaio 2017, secondo cui: «Ebbene, va evidenziato, come dedotto in ricorso, che secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale non vi è ragione di discostarsi in questa sede, "può ammettersi anche la scomputabilità del valore corrispondente alle opere di urbanizzazione primaria dall'importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria, attesa la comune natura giuridica degli oneri di cui trattasi,non ravvisandosi ragioni ostative alla compensazione tra obbligazioni intercorrenti tra i medesimi soggetti e nascenti dal medesimo rapporto convenzionale: difatti lo scomputo, totale o parziale, della quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione deve essere effettuato senza distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria,atteso che la mancata distinzione nella sede legislativa specifica (art. 11 1. 28 gennaio 1977 n. 10) delle due categorie di opere vieta all'interprete di introdurre una siffatta distinzione"( cfr. T.A.R. Toscana Firenze, sez. III, 11 agosto 2004, n. 3181; Consiglio di Stato, sez. IV, 28 luglio 2005, n. 4015; T.A.R. Sicilia Catania, sez. I 02 febbraio 2012 n. 279».
Anche la più recente sentenza del Consiglio di Stato sull’argomento replica l’orientamento più volte espresso, in forza del quale la legge «non consente alcuna distinzione tra opere di urbanizzarne primaria e secondaria, di guisa che il concessionario ha diritto a che le eccedenze delle opere realizzate per un tipo di urbanizzazione rispetto all’importo del contributo dovuto per quel tipo di opere siano portate in detrazione anche dall’ammontare del contributo dovuto per le opere dell’altro tipo» (Cons. Stato, sez. V, n. 5800 del 21 dicembre 2015).
La distinzione prevista, invece, dalla L.R. n. 12/2005 che impediva la scomputabilità indifferenziata degli oneri, in quanto l’art. 46 sanciva che lo scomputo avvenisse “distintamente” per le opere di urbanizzazione realizzate dall’operatore, è stata soppressa dalla L.R. n. 7/2010.
Con la soppressione dell’avverbio “distintamente” non vi è, pertanto, più nessuna ragione per non consentire lo scomputo indifferenziato degli oneri, in quanto appare evidente che la ratiodella modifica legislativa regionale è stata quella di rendere scomputabile l’importo sostenuto dall’operatore per la realizzazione di qualsiasi tipologia di opere di urbanizzazione e rendere così la disposizione regionale sul punto conforme a quella statale.
Virginia Manzi

La deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, n. 154 resa nell’adunanza del 8 maggio 2018 e depositata il 14 maggio 2018, è consultabile sul sito istituzionale della Corte dei conti al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato ritiene illegittimo un ordine di rimessione in pristino per assenza nel caso scrutinato di un pregiudizio effettivo per l’interesse pubblico alla base dell’esercizio del potere amministrativo e del controllo urbanistico del territorio.
Nella fattispecie si trattava di una sopraelevazione, realizzata 54 anni prima dell’accertamento, pari a 53 cm. che ha condotto ad un aumento di un edificio condominiale, da mt. 16,50 (originariamente assentiti) a mt. 17,03 (effettivamente realizzati), e che ha dato luogo a incrementi nei singoli appartamenti che però risultavano essere stati sanati dai proprietari delle unità immobiliari mediante il pagamento della sanzione prevista dall’articolo 34 del T.U. Edilizia.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 2836 del 12 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa sono reperibili i nuovi moduli aggiornati al 25 maggio 2018 con le nuove istruzioni per il deposito degli atti e documenti.

Si ricorda che il TAR Milano ha dichiarato tardivo il deposito telematico avvenuto fuori termine di una memoria pur in presenza di una certificazione depositata dalla quale risulta che l’atto difensivo non è stato accettato dal sistema informatico nel termine predetto in quanto il modulo di deposito utilizzato non era più valido, atteso che l’errore nel deposito non può essere imputato né al Tribunale né ad una causa di forza maggiore, quanto a una negligenza della parte: si veda il precedente post del 7 aprile 2018.


La Corte di Giustizia UE, in materia di concorrenti collegati che hanno presentato offerte separate per il medesimo appalto, statuisce che:
«L’articolo 2 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che:
– in assenza di esplicita previsione normativa o di condizione specifica nel bando di gara o nel capitolato d’oneri che disciplina le condizioni di aggiudicazione di un appalto pubblico, offerenti collegati, che presentano offerte separate in una medesima procedura di gara, non sono tenuti a dichiarare, di loro propria iniziativa, i loro collegamenti all’amministrazione aggiudicatrice;
– l’amministrazione aggiudicatrice, quando dispone di elementi che mettono in dubbio l’autonomia e l’indipendenza di offerte presentate da taluni offerenti, è tenuta a verificare, eventualmente richiedendo informazioni supplementari dai suddetti offerenti, se le loro offerte siano effettivamente autonome e indipendenti. Se risulta che le offerte in discussione non sono autonome e indipendenti, l’articolo 2 della direttiva 2004/18 osta all’attribuzione dell’appalto agli offerenti che abbiano presentato offerte di tal genere».

La sentenza della Quarta Sezione del 17 maggio 2018 (causa C-531/16) della Corte di Giustizia UE è consultabile sul sito della Corte di Giustizia al seguente indirizzo.


Il TAR Milano, dopo aver ricordato che la Corte di Giustizia UE ha chiarito che gli Stati membri sono obbligati ad eliminare le conseguenze illecite derivanti dall’omessa effettuazione della valutazione ambientale e che, proprio per questa ragione, il diritto dell’Unione non osta a che tale valutazione sia effettuata ex post, purché le norme nazionali che consentono la regolarizzazione non forniscano agli interessati l’occasione di eludere le norme di diritto comunitario o di esimersi dall’applicarle e purché la valutazione postuma tenga conto anche dell’impatto ambientale già intervenuto (Corte di Giustizia UE 26 luglio 2017, cause riunite C-196/16 e C-197/16), ritiene che queste conclusioni, raggiunte in materia di VIA, possono essere estese alla VAS posto che, anche in materia di VIA, il diritto dell’Unione impone l’effettuazione preventiva della procedura di valutazione ambientale (art. 2, paragrafo 1, della direttiva 2011/92/UE) e che, anche per la VIA così come per la VAS, tale soluzione è giustificata dalla necessità che, a livello di processo decisionale, l’autorità tenga conto il prima possibile delle ripercussioni sull’ambiente di tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1319 del 21 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano richiama l’orientamento della giurisprudenza sull’ordinanza contingibile e urgente, secondo cui:
- è espressione di una potestà residuale, extra ordinem, il cui esercizio può essere giustificato solo allorquando ricorrano circostanze eccezionali e imprevedibili, tali da integrare un attuale e concreto pericolo per gli interessi pubblici normativamente contemplati e insuscettibili di tutela con gli ordinari strumenti apprestati dall’ordinamento;
- è ontologicamente connotata dai caratteri della provvisorietà e temporaneità, quanto alla efficacia, nonché da quello della proporzionalità, relativamente al quid e al quomodo.
Precisa quindi il TAR Milano che nella fattispecie scrutinata (ordinanza che ha disposto, per ragioni di inquinamento acustico, l’anticipazione alle ore 22:00, invece delle ore 2:00, dell’orario di chiusura del locale in cui la società ricorrente svolgeva l’attività di somministrazione di alimenti e bevande), la mancanza di un dies ad quem entro cui concludere il termine di efficacia dell’ordinanza impugnata vizia ex se l’azione amministrativa, conducendo all’annullamento del provvedimento impugnato.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1295 del 17 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano ritiene illegittima l’esclusione disposta dalla stazione appaltante sulla base del mero riscontro formale della mancata esplicitazione nell’offerta della ricorrente del costo della manodopera.
Secondo il TAR Milano, l’amministrazione, a fronte di tale riscontro, deve chiedere chiarimenti alla concorrente in esercizio del dovere di soccorso istruttorio, al fine di consentirle di sopperire alla lacuna presente nella formulazione dell’offerta e ciò non contrasta con i limiti che l’art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50/2016 pone all’esercizio del soccorso istruttorio, poiché nello stadio in cui si trova la procedura non è ancora possibile stabilire se l’omissione sottenda una carenza essenziale dell’offerta o una mera irregolarità formale.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1223 del 7 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato afferma che:
- se è vero che, normalmente, il ricorso incidentale escludente deve essere esaminato prima del ricorso principale, è altresì vero che una regola del genere non può valere per la (diversa) questione della corretta notificazione del ricorso principale; dalla soluzione di tale problema dipende, infatti, la corretta costituzione del rapporto giuridico processuale, ed è palese che, in mancanza di essa, non può nemmeno passarsi all'esame del ricorso incidentale, che, appunto, suppone la regolare instaurazione del giudizio
- ai sensi dell’art. 41 comma 2, c.p.a., in caso di impugnazione di una gara di appalto svolta in forma aggregata da un soggetto per conto e nell’interesse anche di altri enti, il ricorso deve essere notificato esclusivamente alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato.

La sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 8 del 18 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano esclude la possibilità che l’opera abusivamente realizzata possa essere sanata sulla base del solo riscontro della conformità agli strumenti urbanistici vigenti. 
Per il TAR Milano la c.d. “doppia conformità”, richiesta dall’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 per il rilascio dell’accertamento di conformità, costituisce un requisito dal quale non può prescindersi ai fini del rilascio della sanatoria di opere edilizie, mentre la c.d. “sanatoria giurisprudenziale” – consistente nel rilascio del titolo edilizio sulla base della sola conformità dell’opera abusiva rispetto alla pianificazione urbanistica vigente – finirebbe per dare luogo a un atto atipico con effetti provvedimentali che si colloca al di fuori di qualsiasi previsione normativa e che pertanto non può ritenersi ammesso nel nostro ordinamento, contrassegnato dal principio di legalità dell’azione amministrativa e dal carattere tipico dei poteri esercitati dall’Amministrazione, alla stregua del principio di nominatività, poteri che non possono essere surrogati dal giudice, pena la violazione del principio di separazione dei poteri e l’invasione di sfere di attribuzioni riservate all’Amministrazione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1297 del 17 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Si segnala che venerdì 1 giugno 2018, presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano, Largo A. Gemelli, 1, Aula G.127 Pio XI, si terrà il Convegno nazionale organizzato dalla Società Lombarda degli Avvocati Amministrativisti - SOLOM: «La “tirannia” dei moduli: semplificazione o limite al procedimento e al processo?».

Il convegno è in corso di accreditamento.

L’iscrizione è gratuita e può essere effettuata tramite il sito di SOLOM, secondo le modalità indicate nello stesso sito e comunque sino all'esaurimento dei posti disponibili.


La Corte di Cassazione ribadisce che l'assenza di un danno biologico documentato non osta al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a immissioni illecite nella fattispecie (rumori fastidiosi e odori sgradevoli provenienti da un depuratore), allorché siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione e il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quali diritti costituzionalmente garantiti (con riferimento, in particolare, all'art. 42, comma 2, Cost., che tutela la proprietà privata e detta i limiti per la compressione del relativo diritto), nonché tutelati dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, norma alla quale il giudice interno è tenuto a uniformarsi.

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Seconda Civile, 10861 del 7 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Corte di cassazione, Sezione SentenzeWeb.


Osserva il TAR Milano che la qualificazione giuridica dell’intervento non sempre è decisiva per stabilire quando si imponga il rispetto delle norme sulle distanze, in quanto ciò che appare rilevante è piuttosto il grado di innovatività della nuova opera rispetto alla precedente, dovendo ammettersi una deroga allorquando si tratti di interventi che comportino il recupero di un bene esistente già collocato a distanza inferiore a quella legale; soltanto se l’intervento, in ragione dell’entità delle modifiche apportate al fabbricato, renda l’opera realizzata nel suo complesso oggettivamente diversa da quella preesistente, è necessario il rispetto delle distanze di cui all’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968, trattandosi di prescrizioni volte alla salvaguardia di imprescindibili esigenze igienico-sanitarie, che potrebbero venire irrimediabilmente compromesse dalla creazione di malsane intercapedini.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1243 del 10 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

In argomento, il Consiglio di Stato ha recentemente osservato che la disposizione dell’articolo 9, n. 2, del D.M. n. 1444 del 1968 riguarda “nuovi edifici”, intendendosi per tali gli edifici (o parti e/o sopraelevazioni di essi) costruiti per la prima volta e non gli edifici preesistenti, per i quali, in sede di ricostruzione, non avrebbe senso prescrivere distanze diverse.
Secondo il Consiglio di Stato, a sostegno di tale affermazione va considerato che:
- la disposizione di cui all’articolo 41 quinquies della legge n. 1150 del 1942 impone il rispetto dei c.d. “standard urbanistici” ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, così significandosi che essi sono previsti dalla norma primaria per la nuova pianificazione urbanistica e non per intervenire sull’esistente;
- il discrimen in tema di distanze (con l’introduzione del limite inderogabile di 10 mt.), nella ratio dell’articolo 9, non è dato dalla differenza tra zona A e altre zone, quanto tra costruzione del tutto nuova (ordinariamente non ipotizzabile in zona A) e ricostruzione di un immobile preesistente; d’altra parte, a voler applicare il limite inderogabile di distanza ad un immobile prodotto dalla ricostruzione di un altro preesistente, si otterrebbe che, da un lato, l’immobile de quo non potrebbe essere demolito e ricostruito se non arretrando rispetto all’allineamento preesistente (con conseguente possibile perdita di volume e realizzandosi, quindi, un improprio effetto espropriativo del d.m. n. 1444/1968) e, dall’altro, che esso non potrebbe in ogni caso beneficiare della deroga di cui all’ultimo comma del citato articolo 9, allorquando la demolizione e ricostruzione (ancorchè per un solo fabbricato) non fosse prevista nell’ambito di uno strumento urbanistico attuativo con dettaglio planovolumetrico.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 2448 del 23 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.




Precisa il TAR Miano che la legittimazione ad agire non può sopperire alla mancanza dell'altra (e distinta) condizione dell'azione, ovvero l'interesse ad agire: una cosa, infatti, è la speciale posizione qualificata del soggetto che lo distingue dal quisque de populo, altra è l'interesse ad agire; nell'ambito del processo amministrativo l'interesse a ricorrere deve intendersi caratterizzato dalla presenza dei medesimi requisiti sostanziali che qualificano l'interesse ad agire di cui all'art. 100 c.p.c. ovvero dalla prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente e dall'effettiva utilità che potrebbe derivare a quest'ultimo dall'eventuale annullamento dell'atto impugnato.
Aggiunge il TAR Milano che sarebbe del tutto inutile eliminare un provvedimento o modificarlo nel senso richiesto dal ricorrente, se questi non possa trarne alcun beneficio concreto in relazione alla sua posizione legittimante; in mancanza di deduzioni specifiche in ordine all'interesse ad agire, ovvero circa l’immediata lesione prodotta dal provvedimento impugnato, la domanda giudiziaria proposta innanzi al giudice amministrativo si traduce in una mera e inammissibile richiesta di ripristino della legalità asseritamente violata.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1240 del 10 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che l’ipotetica illegittimità della lex specialis di gara non ha efficacia automaticamente caducante e, dunque, non determina l’automatica illegittimità del provvedimento applicativo conclusivo della stessa, come l’esclusione dalla procedura, ma ha mera efficacia viziante per illegittimità derivata; ne consegue che l’atto applicativo, per perdere efficacia, deve essere autonomamente impugnato, appunto deducendo l’illegittimità derivante da quella della lex specialis di gara, restando, altrimenti, pienamente efficace.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1257 in data 11 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Si segnala che il 30 maggio 2018, dalle ore 15:30 alle ore 17:30, al TAR Lombardia, Milano, si terrà un incontro di presentazione del progetto argentino Prometea, sistema di intelligenza artificiale per la soluzione di casi giudiziari a struttura semplice e ripetitiva, di cui alla locandina allegata.

  


Il TAR Milano richiama e fa proprio l’orientamento secondo cui non è ravvisabile alcun obbligo per l'Amministrazione di pronunciarsi su un'istanza volta ad ottenere un provvedimento in via di autotutela, non essendo coercibile ab extra l'attivazione del procedimento di riesame della legittimità di atti amministrativi mediante l'istituto del silenzio-rifiuto, costituendo l'esercizio del potere di autotutela facoltà ampiamente discrezionale dell'Amministrazione che non ha alcun dovere giuridico di esercitarla; conseguentemente la P.A. non ha alcun obbligo di provvedere su istanze che sollecitino l'esercizio del potere di autotutela e sulle stesse non si forma il silenzio e la relativa azione, volta a dichiararne l'illegittimità, è da ritenersi inammissibile.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1251 del 10 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano osserva che l’istituto previsto dall’art. 696 bis c.p.c. (“Consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite") trova applicazione nel processo amministrativo, in virtù del rinvio esterno operato all’art. 39, comma 1, c.p.a., ai sensi del quale “per quanto non disciplinato nel presente codice si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali”.
Secondo il TAR Milano, la disciplina dettata dal codice di procedura civile con riferimento alla consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite di cui all’art. 696 bis c.p.c. si applica, pertanto, al processo amministrativo “compatibilmente” con quanto previsto dal codice del processo amministrativo in materia di consulenza tecnica; al riguardo, l’art. 63, comma 4, c.p.a. dispone che “qualora reputi necessario l'accertamento di fatti o l'acquisizione di valutazioni che richiedono particolari competenze tecniche, il giudice può ordinare l'esecuzione di una verificazione ovvero, se indispensabile, può disporre una consulenza tecnica”; ne consegue che il ricorso alla consulenza tecnica - anche quella preventiva ai fini della composizione della lite di cui all’art. 696 bis c.p.c. - è consentito unicamente se “indispensabile”.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1269 del 14 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

Si veda in argomento anche il decreto presidenziale del TAR Puglia, Lecce, Sezione Prima, n. 30 del 4 maggio 2018, consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo, che ritiene che l’istanza (o latu sensu il “ricorso” ) di cui all’art. 696 c.p.c. vada comunque notificata.  


Precisa il TAR Milano che non può determinare l’annullamento dell’ordine di demolizione la mancata indicazione dell’area da acquisire in caso di inottemperanza allo stesso ordine; l’indicazione dell’area costituisce presupposto accertativo ai fini dell’acquisizione, che costituisce distinta misura sanzionatoria rispetto a quella di natura ripristinatoria; persiste, infatti, la netta distinzione tra ordinanza di demolizione e atto di acquisizione, preceduto, quest’ultimo, dall’accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1190 del 2 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano aderisce alla giurisprudenza (C.g.a. 12 aprile 2018, n. 216) secondo la quale nel caso in cui l’Amministrazione non abbia inserito un indirizzo PEC nell’elenco tenuto dal Ministero della giustizia, deve essere riconosciuto l’errore scusabile ex art. 37 c.p.a. se la notifica del ricorso - proposto dopo l’entrata in vigore del processo amministrativo telematico – è stata effettuata a un’Amministrazione all’indirizzo PEC tratto dall’elenco pubblico IPA e non con le tradizionali modalità cartacee.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1251 del 10 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato precisa che il limite dell’apertura delle offerte assume nelle gare pubbliche una latitudine molto ampia, preclusiva della fissazione di inediti criteri di giudizio ovvero di modalità di valutazione delle offerte che non siano mera esplicitazione di regole procedurali già fissate: l’ampia portata del divieto è volta ad intercettare l’altrettanto esteso rischio che la regolarità del procedimento valutativo e l'oggettiva imparzialità del risultato possano essere compromessi dalla sola possibilità di conoscenza delle offerte e dalla conformazione delle modalità di valutazione ai caratteri specifici delle offerte conosciute; la ratio della cesura temporale coincidente con l’apertura delle buste contenente le offerte tecniche è dunque quella di evitare che l’acquisita conoscenza delle offerte possa costituire elemento potenzialmente deviante dei giudizi e dell’operato della Commissione, consentendole di plasmare criteri o parametri specificativi adattandoli ai caratteri peculiari delle offerte, conosciute o conoscibili, sì da sortire un effetto potenzialmente premiante nei confronti di una o più imprese.
Aggiunge il Consiglio di Stato che una alterazione di tale tipo non può escludersi che possa realizzarsi anche attraverso una capziosa selezione delle tipologie di prodotti da valutare, poiché anche in tal caso viene in gioco una “modalità” di valutazione, ovvero una scelta che implica il restringimento o la focalizzazione del giudizio su un più selezionato ambito di elementi in gara.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 2258 del 16 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Si informa che la partecipazione alle sessioni di studio della 2° Rassegna di diritto pubblico dell’economia, organizzata dall’Unione Provinciale Enti Locali – UPEL, che si terrà il 24, 25 e 26 maggio 2018 a Varese, al Centro Congressi Ville Ponti, Piazza Litta 2, è gratuita, con accesso limitato in base al numero dei posti disponibili.

Le modalità per l'iscrizione sono contenute nel sito di UPEL.


L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha formulato il seguente quesito interpretativo alla Corte di Giustizia UE con riferimento all’ordine di esame del ricorso principale e di quello incidentale:

se l’articolo 1, paragrafi 1, terzo comma, e 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2007, possa essere interpretato nel senso che esso consente che allorché alla gara abbiano partecipato più imprese e le stesse non siano state evocate in giudizio (e comunque avverso le offerte di talune di queste non sia stata proposta impugnazione) sia rimessa al Giudice, in virtù dell’autonomia processuale riconosciuta agli Stati membri, la valutazione della concretezza dell’interesse dedotto con il ricorso principale da parte del concorrente destinatario di un ricorso incidentale escludente reputato fondato, utilizzando gli strumenti processuali posti a disposizione dell’ordinamento, e rendendo così armonica la tutela di detta posizione soggettiva rispetto ai consolidati principi nazionali in punto di domanda di parte (art. 112 c.p.c.), prova dell’interesse affermato (art. 2697 cc), limiti soggettivi del giudicato che si forma soltanto tra le parti processuali e non può riguardare la posizione dei soggetti estranei alla lite (art. 2909 cc)”.

La sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 6 dell’11 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


A seguito dell’incontro formativo svoltosi l'11 maggio 2018 a Como, dal titolo: “Diritto di accesso ai documenti amministrativi e diritto di accesso civico”, pubblichiamo le slide utilizzate dall'avv. Lorenzo Spallino durante tale incontro.


Slide


Secondo il TAR Milano, la misura del contributo di costruzione può essere successivamente rideterminata nel caso di errore di calcolo rispetto al contributo dovuto in base alla situazione di fatto e alla disciplina vigente al tempo del rilascio del titolo, purché entro l’ordinario termine di prescrizione decennale del credito; la prescrizione decorre dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 cod. civ.) e il relativo dies a quo è da individuare nella data di rilascio della concessione edilizia o del permesso di costruire ovvero dalla presentazione della denuncia di inizio attività, in quanto da quel momento sono noti tutti gli elementi utili alla determinazione dell’entità del contributo.
Aggiunge il TAR Milano che tali considerazioni devono reputarsi estensibili anche alla c.d. monetizzazione di standard, in quanto – nonostante la diversa natura di tale pretesa rispetto a quella concernente il contributo di costruzione – deve ritenersi che il relativo credito sia comunque soggetto al termine di prescrizione decennale dal rilascio del titolo.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1197 del 3 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato osserva che nel confronto a coppie la motivazione può ritenersi insita nei punteggi, purché il bando contenga a monte criteri di valutazione sufficientemente dettagliati che consentano di risalire con immediatezza dalla ponderazione numerica alla valutazione ad essa sottesa; l'espressione, da parte della commissione, del giudizio tecnico mediante la mera indicazione numerica per il singolo prodotto, senza nulla specificare quanto ai sottoelementi – in mancanza di una compiuta individuazione, in termini di rispettivo peso, di tutti criteri valutativi specificati - da un lato non consente di giustificare l'attribuzione dei punteggi in forma soltanto numerica e, dall'altro, impedisce una effettiva ricostruzione dell'iter logico seguito nella verifica delle offerte dal punto di vista tecnico; in tal modo, risulta violata la logica comparativa che sovraintende la modalità del confronto a coppie, il quale in questo caso si è risolve nell’affermare apoditticamente la superiorità di un prodotto sull’altro, senza alcuna intellegibile specificazione delle ragioni e delle caratteristiche tecniche che hanno determinato tale giudizio di preferenza.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 2258 del 16 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano - investito di un diniego di sanatoria edilizia ex art. 36 D.P.R. 380/2001 per mancato rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione dell’abuso con riferimento al calcolo della cd. ^superficie libera^ - ritiene errata la motivazione del provvedimento che si fondi sulla impossibilità di cessione/compensazione di indici relativi alla superficie libera. Come nel caso della cessione di volumetria tra fondi finitimi, infatti, lo strumento del convenzionamento contiene in sé, in uno con la riduzione della capacità edificatoria del fondo asservito, il conseguente aumento delle aree verdi ivi presenti, come avvenuto nel caso di specie, in cui è stata costituita una servitù di non edificazione, risultando del tutto neutra l'ubicazione degli edifici.

La sentenza 26 aprile 2018 n. 1125 del TAR Lombardia, Milano, sez. I, è disponibile sul sito della Giustizia Amministrativa a questo indirizzo.



Il TAR Milano evidenzia che, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, il concorrente sottoposto a valutazione di anomalia non può fornire giustificazioni tali da integrare un’operazione di “finanza creativa”, modificando, in aumento o in diminuzione, le voci di costo, pur mantenendo fermo l’importo finale; l’offerta può subire limitati aggiustamenti in taluni dei suoi elementi, ma resta fermo il principio per cui, una volta presentata, l’offerta non è suscettibile di una radicale modificazione, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti; in altre parole, è possibile una modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo (rispetto alle giustificazioni eventualmente già fornite), lasciando, però, le voci di costo stesse invariate nella loro consistenza, ovvero un aggiustamento di singole voci di costo, che trovi il suo fondamento in sopravvenienze di fatto o normative, che comportino una riduzione dei costi, o in originari e comprovati errori di calcolo, o in altre ragioni plausibili voci.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1140 del 27 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che i provvedimenti con i quali si disciplina la circolazione sulla viabilità comunale, la modalità di accesso alla stessa ed i relativi orari, l'eventuale divieto per talune categorie di veicoli, i controlli e le sanzioni, ai sensi degli artt. 6 e 7 del Codice della Strada, assumono natura tipicamente gestoria ed esecutiva e quindi appartengono alla competenza dei dirigenti e non del Sindaco; la natura propria di tali provvedimenti non giustifica quindi alcuna deroga al riparto di competenza tra organi politici e apparato dirigenziale; sotto altro ma concorrente profilo si potrebbe ritenere la sussistenza della competenza del Sindaco solo ove l'intervento rivestisse carattere di necessità e urgenza, ai sensi degli artt. 50 e 54 dello stesso TUEELL (fattispecie relativa al divieto di transito lungo una strada di accesso ad una cava).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1012 del 13 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Secondo il Consiglio di Stato, non risulta rilevante che l’avviso di perenzione quinquennale, correttamente spedito dalla segreteria alla p.e.c. del difensore del ricorrente e risultato ricevuto dalla predetta casella, sia pervenuto nella casella SPAM del difensore di parte ricorrente, poiché tale casella rientra comunque nella sfera di vigilanza del ricevente; e non sussistono nemmeno i presupposti della eccezionalità della situazione e della non imputabilità assoluta e oggettiva del fatto impeditivo al ricorrente per la concessione dell’errore scusabile ai fini della rimessione in termini, quest’ultimo essendo un istituto con carattere eccezionale che si risolve in una deroga al principio fondamentale di perentorietà dei termini processuali (ivi incluso quello entro il quale è necessario, per evitare la perenzione, presentare domanda di fissazione di udienza per i ricorsi ultraquinquennali), con la conseguenza che la disposizione che lo ha codificato (art. 37 c.p.a.) deve ritenersi di stretta interpretazione anche per non inficiare il principio, quantomeno di pari dignità rispetto all'esigenza di assicurare l'effettività della tutela giurisdizionale, della parità delle parti relativamente all'osservanza dei termini processuali perentori.

L'ordinanza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 2683 del 7 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano aderisce all’orientamento secondo il quale l’art. 192, comma 3, del D.Lgs. n. 152/2006, che sancisce la competenza sindacale in luogo di quella dirigenziale per l’adozione delle ordinanze di avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti abbandonati, va considerata quale norma speciale rispetto all’art. 107 del T.U. n. 267/2000 che affida ai dirigenti i compiti relativi alla gestione delle attribuzioni amministrative dell’ente locale; in quanto norma speciale, l’art. 192, comma 3, del D.Lgs. n. 152/2006 deroga al disposto di quella generale (art. 107 TU Enti Locali) in tema di riparto di competenze interne all’Ente.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1011 del 13 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, per stabilire se un edificio possa essere considerato unifamiliare - e fruire dell’esenzione dal pagamento del contributo di costruzione ex art. 17, comma 2, lettera b), del D.P.R. n. 380/2001 in caso di ampliamento non superiore al 20% - occorre aver riguardo alle sue caratteristiche strutturali e funzionali verificando se esso sia nel concreto destinato ad ospitare uno o più nuclei familiari e non alle disposizioni normative funzionali alla determinazione teorica della popolazione complessivamente insediata od insediabile nell’ambito del territorio comunale; determinazione a sua volta finalizzata alla quantificazione, in sede di elaborazione dei piani urbanistici, della superficie complessiva da destinare a servizi pubblici. 

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1000 del 13 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Si ricorda che venerdì 11 maggio 2018, dalle 15:00 alle ore 18:00, a Como, Palazzo di Giustizia, Aula Magna, si terrà l’evento formativo “Diritto di accesso ai documenti amministrativi e diritto di accesso civico”, con relatori gli avvocati Lidia Consonni e Lorenzo Spallino.

Le iscrizioni possono essere effettuate tramite il portale Sfera, accedendo alla sezione degli eventi formativi dell'Ordine degli Avvocati di Como.

La partecipazione è gratuita e dà diritto al riconoscimento di n. 3 crediti formativi.


L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato enuncia i seguenti principi di diritto in punto di responsabilità precontrattuale nella fase di scelta del contraente:

“1. Anche nello svolgimento dell’attività autoritativa, l’amministrazione è tenuta a rispettare oltre alle norme di diritto pubblico (la cui violazione implica, di regola, l’invalidità del provvedimento e l’eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell’interesse legittimo), anche le norme generali dell’ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto, che incide non sull’interesse legittimo, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illecite frutto dell’altrui scorrettezza.

2. Nell’ambito del procedimento di evidenza pubblica, i doveri di correttezza e buona fede sussistono, anche prima e a prescindere dell’aggiudicazione, nell’ambito in tutte le fasi della procedura ad evidenza pubblica, con conseguente possibilità di configurare una responsabilità precontrattuale da comportamento scorretto nonostante la legittimità dei singoli provvedimenti che scandiscono il procedimento.

3. La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione può derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all’esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai doveri di correttezza e buona fede.

4. Affinché nasca la responsabilità dell’amministrazione non è sufficiente che il privato dimostri la propria buona fede soggettiva (ovvero che egli abbia maturato un affidamento incolpevole circa l’esistenza di un presupposto su cui ha fondato la scelta di compiere conseguenti attività economicamente onerose), ma occorrono gli ulteriori seguenti presupposti: a) che l’affidamento incolpevole risulti leso da una condotta che, valutata nel suo complesso, e a prescindere dall’indagine sulla legittimità dei singoli provvedimenti, risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà; b) che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo; c) che il privato provi sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia i relativi rapporti di causalità fra tali danni e la condotta scorretta che si imputa all’amministrazione”.

La sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 4 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano, preso atto che la tutela paesaggistica ha ad oggetto la “forma” del territorio, nei suoi profili di pregio estetico e testimoniale, poiché – secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale – il concetto di paesaggio indica, innanzitutto, la morfologia del territorio, riguarda cioè l’ambiente nel suo aspetto visivo, precisa che il dato da prendere in considerazione al fine di stabilire l’idoneità potenziale dell’intervento eseguito in assenza o in difformità dal titolo a causare un pregiudizio nei confronti del valore tutelato consiste nella percepibilità visiva delle opere; ne consegue che la conservazione delle strutture murarie originarie, testimonianti lo stile costruttivo caratteristico dei luoghi, costituisce un aspetto propriamente valutabile sotto il profilo paesaggistico solo laddove tali strutture siano riconoscibili esteriormente come tali; al contrario, la mera conservazione delle murature quale elemento identitario, indipendentemente dalla percepibilità esteriore, potrebbe essere valutata in presenza di un vincolo di tipo culturale, ossia imposto ai sensi della Parte Seconda del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1067 del 23 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano, nell’esaminare l’art. 34, comma 3, c.p.a., ai sensi del quale, qualora nel corso del giudizio l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori, ribadisce che per la conversione dell’azione di annullamento in mero accertamento occorre una esplicita istanza di parte; il TAR interpreta quindi l’art. 34, comma 3, c.p.a. nel senso che occorra una espressa “manifestazione” di interesse del ricorrente a fini risarcitori (e non l’oggettivo riscontro di esso da parte del giudice).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1044 del 19 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato ha reso il parere sul quesito, richiesto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per il coordinamento amministrativo, Ufficio per la concertazione amministrativa ed il monitoraggio, sulle modalità di applicazione dell'articolo 14-ter, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, così come sostituito dall'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127, in merito al rappresentante unico delle amministrazioni statali in seno alla conferenza di servizi simultanea.

Il parere n. 1127 del 27 aprile 2018 della Commissione Speciale del Consiglio di Stato è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ribadisce che la disposizione dell’articolo 13, comma 14-bis, della legge regionale 11 marzo 2005 n. 12 è chiara nell’attribuire al Consiglio comunale la competenza ad approvare atti di correzione degli errori materiali contenuti nel PGT; laddove venga presentata, da un soggetto interessato, un’istanza diretta effettivamente a ottenere la correzione di un mero errore materiale, la questione deve essere perciò rimessa necessariamente all’Organo consiliare, mentre deve reputarsi affetta da incompetenza una determinazione di segno negativo sul merito dell’istanza assunta dal Responsabile dell’ufficio comunale preposto al settore della pianificazione urbanistica.
Aggiunge il TAR Milano che ciò non esclude la possibilità per gli uffici comunali di svolgere una funzione di “filtro” nei confronti delle istanze manifestamente inammissibili, ossia non effettivamente dirette alla correzione di errori materiali, ma palesemente volte a ottenere una variante dello strumento urbanistico; laddove, infatti, nonostante la qualificazione formale, la richiesta sia diretta a provocare la modificazione della pianificazione esistente, non gradita al richiedente, essa non può certamente seguire l’iter semplificato previsto dal richiamato articolo 13, comma 14-bis, della legge regionale n. 12 del 2005; in questi casi è, perciò, coerente con la stessa previsione normativa sopra richiamata che l’inammissibilità dell’istanza venga dichiarata dagli stessi uffici comunali, senza necessità di un pronunciamento dell’Organo consiliare; il predetto “filtro” degli uffici deve, tuttavia, arrestarsi alla qualificazione formale dell’istanza dell’interessato, ossia deve accertare unicamente che quanto allegato sia qualificabile propriamente come un errore materiale in cui sia incorso l’Organo consiliare, ovvero come un errore occorso nella trasposizione della volontà dell’Organo negli elaborati di piano; non spetta, invece, agli uffici comunali – a fronte dell’allegazione di dati idonei a far emergere un potenziale profilo di errore materiale – pronunciarsi nel merito della richiesta di correzione, essendo la relativa competenza rimessa al Consiglio comunale.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 884 del 3 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano, con riferimento a un ricorso di una associazione di professionisti con il quale è stato impugnato l’avviso esplorativo con cui una stazione appaltante ha sollecitato manifestazioni di interesse per il conferimento dell’incarico professionale, precisa che il ricorso deve indicare quale sia il pregiudizio che i vizi di legittimità rilevati comporta alla categoria di riferimento, trasformandosi altrimenti l’azione proposta in una sorta di azione a tutela dell’interesse generale alla legittimità degli atti amministrativi che è ammissibile soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge, o ponendosi addirittura tale azione in potenziale conflitto con l’interesse dei singoli soggetti che teoricamente ne dovrebbero ricevere beneficio.


La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 970 del 12 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ribadisce che l’attività di noleggio ai fini del diporto non rientra tra le attività di servizio pubblico non di linea e, pertanto, non è sottoposta a contingentamento e non necessita del rilascio di apposita autorizzazione ai sensi della legge 21 del 15 gennaio 1992.
Precisa il TAR Milano che le Autorità Demaniali lacuali, in presenza di una istanza di parte diretta ad ottenere un’area demaniale in concessione, devono osservare la procedura dettata dal Regolamento Regionale della Lombardia n. 9 del 27 ottobre 2015 che impone, tra l’altro, la pubblicazione dell’istanza all’albo pretorio del Comune sul cui territorio insiste l’area demaniale oggetto della richiesta, garantendo in tal modo adeguata pubblicità e possibilità per gli eventuali interessati di manifestare interesse per la medesima area.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, sez. IV, n. 1113 del 26 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano osserva che, come prevede ora l'art. 45 della l.r. n. 12/2005 (e l'art. 16 del d.p.r. n. 380/01), lo scomputo del valore delle opere di urbanizzazione non configura un diritto dell'operatore, ma una mera possibilità, per la quale occorre sempre il consenso e l'autorizzazione dell'amministrazione; l’ammissione allo scomputo costituisce, infatti, l’oggetto di una valutazione ampiamente discrezionale da parte dell'Amministrazione che può optare per un diverso assetto di rapporti da essa reputato maggiormente servente l'interesse pubblico e la collettività di riferimento.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 954 del 10 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.