Il TAR Milano ricorda che: a) gli impegni assunti in sede convenzionale - al contrario di quanto si verifica in caso di rilascio del singolo titolo edilizio, in cui gli oneri di urbanizzazione e di costruzione a carico del destinatario sono collegati alla specifica trasformazione del territorio oggetto del titolo, con la conseguenza che ove, in tutto o in parte, l'edificazione non ha luogo, può venire in essere un pagamento indebito fonte di un obbligo restitutorio - non vanno riguardati isolatamente, ma vanno rapportati alla complessiva remuneratività dell'operazione, che costituisce il reale parametro per valutare l'equilibrio del sinallagma a base dell'accordo e, quindi, la sostanziale liceità degli impegni assunti; b) la causa della convenzione urbanistica, e cioè l'interesse che l'operazione contrattuale è diretta a soddisfare, in particolare, va valutata non con riferimento ai singoli impegni assunti, ma con riguardo alla oggettiva funzione economico-sociale della convenzione, in cui devono trovare equilibrata soddisfazione sia gli interessi del privato sia quelli della pubblica amministrazione; c) non è affatto escluso dal sistema che un operatore, nella convenzione urbanistica, possa assumere oneri anche maggiori di quelli astrattamente previsti dalla legge, trattandosi di una libera scelta imprenditoriale (o, anche, di una libera scelta volta al benessere della collettività locale), rientrante nella ordinaria autonomia privata, non contrastante di per sé con norme imperative.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1442 del 14 maggio 2024


Il TAR Milano precisa che la mancata impugnazione del diniego di autotutela in relazione ad un provvedimento di aggiudicazione non impedisce di impugnare in modo autonomo il provvedimento di aggiudicazione e, per converso, la mancata impugnazione di tale diniego non comporta una possibile causa di inammissibilità e/o improcedibilità del ricorso già proposto avverso l'aggiudicazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1297 del 29 aprile 2024


Il TAR Milano osserva che l’art. 10, comma 3, lettera d), del d.lgs. n. 42/2004 si occupa dei c.d. beni culturali per riferimento o di interesse storico indiretto, per i quali l’accento è posto più che sul loro intrinseco pregio artistico, archeologico o etnoantropologico, sulla loro colleganza col contesto storico o sul ricordo di civiltà che essi riaccendono nella memoria della collettività. Resta inteso che il dato storico al quale connettere il rilievo culturale del bene ben può consistere non solo in un evento o in un fatto isolato di particolare importanza nella sua unicità, ma anche in un fenomeno sociale di vasta portata, del quale il bene sia l’epifania. Tuttavia, man mano che tale bene si allontana dall’ancoraggio offerto dai peculiari accadimenti della storia e dei suoi protagonisti, per avvicinarsi, piuttosto, alle grandi linee di tendenza dell’evoluzione sociale, tanto più la motivazione offerta a sostegno del vincolo deve divenire stringente, al fine di dimostrare la necessità di cogliere nell’oggetto del vincolo stesso un riflesso immediato e pregnante di quella tendenza. E, sotto tale profilo, un provvedimento di vincolo pronunciato ai sensi del comma 3, lett. d), dell’art. 10 si espone alla censura di un esercizio sviato del potere, ogni qual volta gli atti impugnati rivelino che la decisione dell’amministrazione di imporre il vincolo sia tratteggiata, anche e particolarmente, con riguardo alle qualità artistiche intrinseche di esso. In tali casi, l’assegnazione di alto rilievo ponderale a fattori in linea di principio estranei alla configurazione astratta del potere equivale a confessare che si è inteso ricorrere alla lett. d), in carenza dei requisiti temporali che avrebbero permesso di applicare il vincolo previsto ad altri fini, quali, in particolare, il valore artistico dell’opera.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1430 del 13 maggio 2024


Il TAR Milano ricorda che, ai sensi dell’art. 167 comma 5 D. Lgs. 42/2004, il procedimento per l’accertamento della compatibilità dei lavori eseguiti in difformità dall’autorizzazione paesaggistica si snoda in tre momenti fondamentali: l’istanza che deve essere presentata dall’interessato; il parere vincolante della Soprintendenza, da rendersi entro il termine perentorio di 90 giorni; il provvedimento conclusivo dell'autorità competente (Comune nel caso di specie), che deve essere emesso nel termine perentorio di 180 giorni; aggiunge quindi che il superamento del termine di 90 giorni per il pronunciamento consultivo della Soprintendenza non rende illegittimo il parere tardivo, ma ne determina esclusivamente la dequotazione a parere non vincolante, con conseguente possibilità, per il Comune, di discostarsene.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1319 del 2 maggio 2024


Il TAR Milano osserva che, dal combinato disposto dei commi terzo e sesto dell’art. 20 del D.P.R. n. 380/2001, si ricava che il termine per la conclusione del procedimento instaurato a seguito di presentazione di domanda di rilascio di permesso di costruire è pari a 90 giorni, di cui sessanta assegnati al responsabile del procedimento per la formulazione della sua proposta e 30 assegnati all’organo competente per l’adozione dell’atto finale, aumentati a 40 giorni nel caso in cui sia stato emanato il preavviso di rigetto. In base ai commi 4 e 5 dello stesso art. 20, il termine assegnato al responsabile del procedimento può essere sospeso, ove questi inviti formalmente l’istante ad apportare modifiche al progetto, oppure interrotto per una sola volta per la motivata richiesta di integrazioni a completamento della documentazione presentata. Il termine di 60 giorni, dunque, è riferibile soltanto alla fase dell’istruttoria e della correlata formulazione della proposta di provvedimento, cui fa seguito l’ulteriore termine previsto per la fase decisoria in capo all’organo competente, nell’ottica, tuttavia, di un procedimento unitario seppure bifasico che ha durata massima di 90 giorni, aumentabili a 100 nel caso in cui intervenga il preavviso di rigetto. Il decorso del primo termine, pertanto, non determina la formazione per silentium del titolo, avendo ancora l’amministrazione un ulteriore periodo di tempo per la valutazione dell’accoglibilità o meno della proposta formulata in fase istruttoria.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1291 del 29 aprile 2024


Si informa che l’evento formativo della Camera Amministrativa dell’Insubria del 24 maggio 2024 “Crisi ambientale e climatica: il diritto amministrativo di fronte alla transizione” (relatore: prof. Emanuele Boscolo) è differito al 18 ottobre 2024, con gli stessi orari e stessa modalità (Webinar).


Il TAR Milano osserva che la formazione del titolo per silentium (nella fattispecie condono edilizio) non può certo avvenire in presenza di un vincolo di inedificabilità che riguarda la zona di interesse, e ciò sulla base del principio per cui non può ottenersi per via tacita ciò che non potrebbe conseguirsi mediante l’ordinario svolgersi del procedimento amministrativo; con la conseguenza che il titolo tacito potrà formarsi solo ove la relativa istanza abbia tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi per poter essere accolta in via ordinaria.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1344 del 3 maggio 2024


Il TAR Brescia, in materia di danno ambientale, ribadisce i principi giurisprudenziali secondo cui la responsabilità per i danni all'ambiente rientra nel paradigma della responsabilità extracontrattuale soggettiva (c.d. responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c.), con esclusione di una qualsivoglia forma di responsabilità oggettiva. Nello specifico, il D.Lgs. n. 152 del 2006 riconosce alla P.A. il potere di ordinare al privato di eseguire la bonifica attraverso l'emanazione dell'ordinanza ex art. 244, comma 2, che, tuttavia, può essere emanata solo nei confronti del responsabile della contaminazione; pertanto, ai sensi dell'art. 242 D. Lgs. n. 152 del 2006, gravano sul solo responsabile dell'inquinamento gli obblighi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale a seguito della constatazione di uno stato di contaminazione, non essendo configurabile una responsabilità in via automatica, in maniera oggettiva, per posizione o per fatto altrui, e, quindi, l'obbligo di bonificare per il solo fatto di rivestire una data qualità, ove non si dimostri l'apporto causale colpevole del soggetto al danno ambientale riscontrato.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 354 del 29 aprile 2024


Il TAR Milano ricorda che l’art. 95, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016 stabilisce che, qualora la stazione appaltante decida di far ricorso al criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la stessa deve indicare nella lex specialis di gara <<…i criteri di valutazione e la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi [...]. Per ciascun criterio di valutazione prescelto possono essere previsti, ove necessario, sub-criteri e sub-pesi o sub-punteggi>>. Questa norma ha l’evidente finalità di assicurare il rispetto del principio di trasparenza mediante l’imposizione, in capo alla stazione appaltante, dell’obbligo di predisposizione preventiva di una griglia di valutazione che dovrà essere applicata dalla commissione di gara ai fini dell’attribuzione del punteggio tecnico alle singole offerte. La griglia di valutazione deve, come visto, indicare gli elementi ponderali che dovranno essere valutati al fine di stabilire quale sia il pregio tecnico dell’offerta e, per ogni elemento ponderale, deve essere stabilito il punteggio ad esso attribuibile. La disposizione precisa peraltro che, qualora ritenuto necessario, la stazione appaltante può procedere alla disaggregazione di ciascun criterio, individuando sub-criteri ai quali deve essere collegato il relativo punteggio. A questo proposito, la scelta operata dall’amministrazione appaltante di procedere alla disaggregazione eventuale del singolo criterio valutativo in sub-criteri è espressione dell’ampia discrezionalità attribuitale dalla legge per meglio perseguire l'interesse pubblico; come tale è sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità solo allorché sia macroscopicamente illogica, irragionevole e irrazionale ed i criteri non siano trasparenti ed intellegibili.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1353 del 6 maggio 2024


Il TAR Brescia precisa che la base normativa della monetizzazione è contenuta nell’art. 46 comma 1-a della LR 12/2005 che consente all’amministrazione di sostituire la cessione delle aree con “una somma commisurata all'utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione e comunque non inferiore al costo dell'acquisizione di altre aree”. L’art. 51 comma 5 della LR 12/2005 precisa che la quantificazione dell’utilità economica può avvenire in via astratta e generale nel Piano dei Servizi, al quale è demandato il compito di stabilire “i criteri e le modalità” della monetizzazione. Risulta, quindi, legittima la previsione di importi unitari omogenei per ciascuna tipologia di destinazione d’uso, indipendentemente dalle caratteristiche dei luoghi dove si collocano le nuove edificazioni o dove si trovano le aree che dovrebbero essere cedute. Chiarito che la monetizzazione è una scelta discrezionale dell’amministrazione, la fissazione in via preventiva di parametri svincolati dal caso concreto assicura la certezza del diritto per i privati a cui viene chiesta la prestazione patrimoniale. Allo stesso tempo, viene tutelata l’amministrazione, la quale potrà effettuare una valutazione comparativa, preferendo la cessione qualora la somma ricavabile dalla monetizzazione non fosse più in linea con i valori di mercato.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 349 del 26 aprile 2024



Il TAR Milano ricorda che, ai sensi dell’art. 106, comma 3, c.p.a., contro le pronunce di primo grado la revocazione è proponibile solo se i motivi non possono essere dedotti con l'appello. Quindi vi è un rapporto meramente suppletivo della revocazione rispetto all'appello. Infatti, dato che i termini della revocazione ordinaria (art. 395, n. 4. c.p.c.) sono identici ai termini dell'appello, i vizi di revocazione ordinaria delle pronunce dei T.A.R. si convertono in motivi di appello e si fanno valere con il rimedio dell'appello. Dunque la possibilità di appello delle statuizioni di primo grado non meramente interlocutorie esclude la possibilità di reclamo/revoca al medesimo organo giurisdizionale che ha emesso la pronuncia. In quest’ottica la possibilità di revoca delle ordinanze cautelari, sancita dall’art. 58 c.p.a., è da considerarsi eccezionale e non espressione di un principio applicabile in via analogica a ogni decisione incidentale assunta nell’ambito del giudizio.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1299 del 29 aprile 2024


Il TAR Milano ricorda che, secondo la giurisprudenza, sul piano generale, deve essere disattesa la prospettazione volta ad escludere dall’accesso dei terzi gli atti dei procedimenti sanzionatori, atteso che non esiste alcuna previsione normativa che ponga un divieto generale all’accesso di terzi ai documenti acquisiti nell’ambito di procedimenti amministrativi sanzionatori e che anche in relazione a tale tipologia di procedimenti, occorre aver riguardo non già alla relazione dell’istante con il procedimento nel cui ambito la res exhibenda sia stata acquisita dalla pubblica amministrazione, bensì alla relazione esistente tra documento amministrativo e necessità dell’istante di curare o difendere un proprio interesse giuridico; aggiunge il TAR che gli atti di accertamento, contestazione e la stessa ordinanza-ingiunzione disciplinati dalla legge n. 689/81 (artt. 13, 14 e 18) non si sottraggono alla nozione di "documento amministrativo" di cui alla successiva L. n. 241/90.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 1262 del 26 aprile 2024