Il TAR Milano, con riferimento ai principi, di origine civilistica, di correttezza e buona fede nei rapporti tra cittadino e PA, osserva che:
«In sintesi, il rapporto giuridico amministrativo deve essere riguardato in modo unitario, e cioè esso non si risolve nel provvedimento e nel conseguente rispetto delle regole di validità dell’atto, ma va sempre valutato nella prospettiva delle regole di comportamento secondo buona fede, la cui violazione importa responsabilità.
Sul piano del diritto positivo, la surriferita impostazione ha trovato un riscontro nella novellazione dell’art. 1, comma 2 bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, disposta dall’art. 12, comma 1, d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito in legge 11 settembre 2020, n. 120, che espressamente ha disposto che: “I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai principi della collaborazione e della buona fede.”.
Secondo autorevole dottrina, la citata norma ha codificato la buona fede pubblicistica, quale precipitato logico giuridico del principio di imparzialità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97, comma 2, Costituzione.
Si osserva ancora come il principio di leale collaborazione e di buona fede sono declinati dalla norma in esame in forma biunivoca, e cioè essi trovano applicazione con riferimento ad entrambe le parti, pubblica e privata, che compongono il rapporto giuridico amministrativo; si realizza, dunque, per effetto della disposizione in esame, l’implementazione di un “nuovo” modello relazionale tra soggetti pubblici e privati, che investe tutti gli aspetti del rapporto che tra detti soggetti si instaurano.
Anche il privato è tenuto a comportarsi lealmente e secondo buona fede nel momento in cui entra in contatto con la pubblica amministrazione, e per esso vale, in detta ottica, anche il principio di autoresponsabilità.
9.4 Nella descritta prospettiva è oramai ius receptum l’affermazione che riconosce una responsabilità dell’amministrazione per lesione del legittimo affidamento riposto dal privato nella correttezza dell’agere pubblico, attraverso la valorizzazione della predetta dicotomia tra regole di validità e regole di responsabilità.
9.5 Il legittimo affidamento si traduce in una particolare accezione di buona fede soggettiva, e cioè come la situazione di incolpevole ignoranza in cui versi un soggetto di fronte ad un comportamento affidante di altro soggetto (contrario ai canoni comportamentali riconducibili invece ad un concetto di buona fede oggettiva), che abbia generato una aspettativa giuridicamente rilevante andata delusa.
9.6 Come è noto, da ultimo l’Adunanza plenaria, con un gruppo di pronunce (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenze del 29 novembre 2021, nn. 19, 20 e 21), ha posto le coordinate ermeneutiche relative alla responsabilità dell’amministrazione per lesione del legittimo affidamento riposto dal privato.
In particolare, l’Adunanza plenaria ha enunciato il seguente principio di diritto: “la responsabilità dell’amministrazione per lesione dell’affidamento ingenerato nel destinatario di un suo provvedimento favorevole, poi annullato in sede giurisdizionale, postula che sulla sua legittimità sia sorto un ragionevole convincimento, il quale è escluso in caso di illegittimità evidente o quando il medesimo destinatario abbia conoscenza dell’impugnazione contro lo stesso provvedimento».” (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza n. 19/2021 citata).».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2847 del 29 novembre 2023


Precisa il TAR Milano che l’interesse ad agire che sorregge il gravame si caratterizza per la contestuale ricorrenza dei requisiti della lesione diretta e attuale derivante dal provvedimento impugnato (artt. 100 c.p.c. e 39 c.p.a). La lesione è diretta se la lesione alla posizione giuridica soggettiva del ricorrente deriva direttamente dal provvedimento impugnato e non già da un atto diverso dotato di autonomia lesiva e non legato a quello impugnato da un nesso di presupposizione necessaria (poiché altrimenti l’annullamento del primo comporterebbe la caducazione automatica del secondo). Non è detto che la lesione diretta alla posizione giuridica soggettiva sia anche contestualmente attuale. La categoria dell’attualità della lesione è ben diversa da quella della lesione diretta, le due espressioni (diretta e attuale) non sono un’endiadi. Spesso i due eventi si realizzano contestualmente con l’adozione dell’atto o del provvedimento amministrativo, sovente però ciò non accade poiché nel momento in cui si verifica la lesione diretta la stessa non è ancora attuale. La lesione è attuale se la lesione inferta dall’atto è in essere nel momento in cui si propone ricorso ossia laddove gli effetti che reca l’atto impugnato incidono, pregiudicandola, sulla posizione giuridica soggettiva del ricorrente, di modo che la lesione subita possa essere eliminata soltanto tramite l’intermediazione del provvedimento giurisdizionale richiesto al giudice. A volte la lesione non è attuale e ciò avviene ad esempio in presenza di un provvedimento condizionato ossia di un provvedimento la cui portata lesiva è in potenza in quanto il contenuto dell’atto non è ancora concretamente definito dipendendo da una circostanza sopravvenuta (sospensiva o risolutiva) futura e incerta. In questo caso, la lesione inferta dall’atto diventa attuale unicamente al verificarsi della circostanza assunta dall’amministrazione come condizione nel provvedimento che, una volta verificatosi, consente a quest’ultimo di esplicare hic et nunc la propria carica lesiva rimasta prima di allora in potenza.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2337 del 16 ottobre 2023


Il TAR Brescia osserva che i procedimenti di verifica di assoggettabilità a VIA e quello finalizzato al rilascio dell’AIA sono distinti e assolvono a funzioni diverse: la prima si occupa dell’impatto di un’opera o impianto, attraverso l’esame del progetto; la seconda dell’impatto di una determinata attività. Occorre inoltre distinguere tra impianti che già esistono e impianti che devono essere ancora realizzati; per gli impianti esistenti, già sottoposti a VIA, la sovrapposizione può sussistere, ma si tratta di un problema interno all’AIA, quale procedimento autonomo nel quale potranno essere acquisiti i dati prodotti nel procedimento di VIA; per quanto riguarda invece i nuovi impianti da realizzare, si presenta un problema di coordinamento tra due valutazioni aventi in sostanza il medesimo oggetto, seppur considerato sotto diversi profili: il progetto dell’impianto. L'ambito specifico della VIA è, quindi, l'inquadramento generale della localizzazione dell'impianto, e il suo rilascio integra, in sostanza, una condizione di procedibilità dell'AIA. Infatti, ai sensi dell’art. 10, comma 1, del D. Lgs. 152/2006, l’AIA può essere rilasciata solo dopo che, ad esito della procedura di verifica, l’autorità competente abbia valutato di non assoggettare i progetti a VIA.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I n. 730 del 9 ottobre 2023


Il TAR Milano precisa che, in difetto di una previsione – come quella di cui all'art. 25, co. 4, l. 241/1990 sull'accesso documentale – che qualifichi il contegno inerte dell'amministrazione come diniego dell'istanza, il silenzio sulla domanda di accesso civico generalizzato non ha valore provvedimentale, sicché l'interessato non può esperire l'azione di cui all'art. 116 cod. proc. amm., prevista per contestare il diniego di accesso, bensì deve attivare la speciale procedura giurisdizionale di cui agli artt. 31 e 117 cod. proc. amm. onde far accertare l'illegittimità del silenzio e ottenere una condanna al rilascio di un provvedimento espresso. Tuttavia, anche in ossequio al principio di effettività della tutela giurisdizionale, l'azione, ancorché formalmente presentata ai sensi dell'art. 116 cod. proc. amm., può essere riqualificata, in base al suo carattere sostanziale di condanna, come azione avverso il silenzio inadempimento ex artt. 31 e 117 cod. proc. amm., in modo da ordinare all'amministrazione di provvedere sull'istanza di accesso civico generalizzato, fermo restando che è precluso al giudice direttamente pronunciarsi sulla spettanza della pretesa ostensiva, a ciò ostando, ai sensi dell'art. 31, co. 3, cod. proc. amm., il margine valutativo sui limiti dell'accesso civico di cui agli artt. 5, co. 2, e 5 bis d.lgs. 33/2013.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 2746 del 21 novembre 2023


Secondo il TAR Milano, la decisione dell’amministrazione di avviare un approfondimento istruttorio circa la correttezza degli accertamenti catastali a suo tempo svolti e posti a fondamento di un provvedimento di diniego dell'istanza di certificazione di assenza di danno ambientale e di un provvedimento di diniego del permesso di costruire in sanatoria, conferma la fondatezza della censura di difetto di istruttoria formulata dalla parte ricorrente e comporta l’accoglimento del ricorso

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2370 del 18 ottobre 2023


Il TAR Brescia, in merito ad una segnalazione di deposito incontrollato di rifiuti rivolta ad un Comune, osserva che il ricevimento di un esposto relativo all’abbandono di rifiuti vincola il Comune a procedere a verifiche sulla natura del materiale abbandonato e ad attivare la procedura di rimozione ex art. 192, comma 3, del Dlgs. 3 aprile 2006 n. 152. Analogo obbligo di verifica e controllo sussiste quando vengano segnalati manufatti o depositi all’interno della fascia di rispetto stradale, perché occorre sempre stabilire se le innovazioni introdotte in prossimità della strada possano creare ostacoli o insidie alla circolazione. Tuttavia, l’autore della segnalazione non ha un’aspettativa qualificata a essere parte dei suddetti procedimenti di verifica, in quanto la sua posizione non è differenziabile da quella del resto della collettività.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 848 del 20 novembre 2023


Il TAR Brescia, in relazione ad una istanza di accesso agli atti diretta all’ostensione di tutta la documentazione afferente ad un procedimento amministrativo avviato nei confronti dell’istante sulla base di un esposto proveniente da terzi (esposto che ha dato impulso ad attività d’ispezione e controllo), ha ricordato il principio secondo cui il privato che subisce un procedimento di controllo vanta un interesse qualificato a conoscere tutti i documenti utilizzati per l'esercizio del potere — inclusi, di regola, gli esposti, le diffide e le denunce che abbiano determinato l'attivazione di un potere di controllo, ispettivo o di vigilanza dell'autorità — suscettibili per il loro particolare contenuto probatorio di concorrere all'accertamento di fatti. L'esposto, inoltre, una volta pervenuto nella sfera di conoscenza dell'Amministrazione, costituisce un documento che assume rilievo procedimentale come presupposto di un'attività ispettiva o di ulteriori interventi dell'Amministrazione, pertanto, diviene un elemento del procedimento amministrativo, come tale nella disponibilità dell'Amministrazione (cfr. Tar Napoli Sez. VI 01/06/2022 n. 3722).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 838 del 14 novembre 2023



Il TAR Milano precisa che il principio di alternatività tra il ricorso straordinario al Capo dello Stato e il ricorso giurisdizionale, di cui all' art. 8, secondo comma, del d.P.R. n. 1199 del 1971, non opera quando i due tipi di gravame siano proposti da soggetti diversi, cointeressati tra loro.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2371 del 18 ottobre 2023


Il TAR Milano osserva che l'esercizio del particolare potere di ordinanza contingibile e urgente, delineato dall'art. 9 della L. 26 ottobre 1995, n. 447, deve ritenersi consentito allorquando gli appositi accertamenti tecnici effettuati dalle competenti Agenzie Regionali di Protezione Ambientale rivelino la presenza di un fenomeno di inquinamento acustico. Si tratta, infatti, di un fenomeno che rappresenta - ontologicamente (per esplicita previsione dell'art. 2 della L. n. 447 del 1995) - una minaccia per la salute pubblica, per contrastare il quale la legge quadro sull'inquinamento acustico non configura alcun potere di intervento "ordinario" che consenta di ottenere il risultato dell'immediato abbattimento delle emissioni sonore inquinanti. In siffatto contesto normativo, l'accertata presenza di un fenomeno di inquinamento acustico (pur se non coinvolgente l'intera collettività) appare sufficiente a concretare l'eccezionale e urgente necessità di intervenire a tutela della salute pubblica con lo strumento previsto soltanto dall'art. 9, comma 1, della citata L. n. 447 del 1995. Detto strumento non va, quindi, riduttivamente ricondotto al generale potere di ordinanza contingibile e urgente in materia di sanità e igiene pubblica, dovendo piuttosto essere qualificato quale ordinario rimedio in tema di inquinamento acustico; ciò perché, in assenza di altri strumenti a disposizione delle amministrazioni comunali, la presenza di una accertata situazione di inquinamento acustico rappresenta di per sé una minaccia per la salute pubblica.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2421 del 23 ottobre 2023



Si segnala che sul BURL, Supplemento n. 46 del 17 novembre 2023, è pubblicata la legge regionale 14 novembre 2023 - n. 4 “Legge di revisione normativa ordinamentale 2023”, il cui art. 22 reca “Abrogazione di previsioni normative disapplicate, disposizioni in materia di piani attuativi, nonché per la pianificazione dei comuni di nuova istituzione o la cui circoscrizione risulta ampliata. Modifiche agli articoli 8, 13, 14, 25 e 25 quater della l.r. 12/2005 e abrogazione dell’articolo 25 bis della l.r. 12/2005, modifiche all’articolo 5 della l.r. 31/2014 e all’articolo 12 della l.r. 29/2006”.


Il TAR Milano ricorda che l’utilizzo di un titolo inidoneo rende abusivo l’intervento e impone al Comune di intervenire attraverso i suoi poteri generali di vigilanza in ambito edilizio di cui all’art. 27, comma 1, del D.P.R. n. 380 del 2001. Pur in presenza di sempre maggiori spazi di semplificazione procedimentale anche in ambito edilizio, esistono tuttavia dei limiti insormontabili che non consentono di derubricare gli interventi “maggiori” al titolo “minore”. Se, pertanto, il privato ha sempre la possibilità di optare per il permesso di costruire, anche nel caso in cui gli sarebbe possibile agire tramite semplice d.i.a. (oggi s.c.i.a.), non vale il reciproco, per cui nei casi in cui è ritenuto necessario l’avallo esplicito dell’intervento, l’utilizzo di qualsivoglia altra forma di comunicazione, ivi comprese quelle nuove introdotte nel tempo (si pensi alla c.d. comunicazione inizio lavori - C.I.L. - o comunicazione inizio lavori asseverata - C.I.L.A.) appare sostanzialmente inutile. Esso, cioè, si palesa tamquam non esset ai fini della legittimazione dell’intervento, che resta abusivo. L’utilizzo, infatti, di un titolo edilizio completamente inadeguato a “coprire” l’intervento realizzato non elide la natura illecita dello stesso, sì da poter comunque scongiurare l’intervento sanzionatorio del Comune nell’ambito del proprio generico potere di vigilanza di cui all’art. 27 del T.U.E.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2659 del 15 novembre 2023


Il TAR Milano osserva che la Regione è perfettamente legittimata a introdurre il c.d. Fattore di Pressione (e cioè il criterio in base al quale al superamento di un quantitativo massimo di rifiuti già conferiti in discarica in un determinato territorio, non è più possibile autorizzare nuove discariche o ampliamenti di discariche esistenti) non solo perché esso coinvolge anche la materia della tutela della salute (che appartiene alla competenza concorrente ex art. 117, comma 3, Cost.), ma anche perché, non avendo il legislatore nazionale ancora attuato l’art. 195, comma 1, lett. p), del d.lgs. n. 152/2006, la disciplina regionale censurata non può di certo prevedere un livello di tutela inferiore rispetto a quello nazionale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2567 del 6 novembre 2023


Il TAR Milano precisa che la figura sintomatica dell’eccesso di potere per sviamento deve essere sorretta da elementi istruttori idonei a provare un’effettiva divaricazione tra il fine assegnato alla PA dalla norma e quello concretamente perseguito; anche la giurisprudenza ha invero, sul punto, costantemente precisato che lo sviamento di potere ricorre allorché il pubblico potere viene esercitato per finalità diverse da quelle enunciate dal legislatore con la norma attributiva dello stesso, ovvero quando l'atto posto in essere sia stato determinato da un interesse diverso da quello pubblico; la censura deve essere supportata da precisi e concordanti elementi di prova, idonei a dare conto delle divergenze dell'atto dalla sua tipica funzione istituzionale, non bastando allegazioni che non raggiungono neppure il livello di supposizione o indizio.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2619 del 13 novembre 2023


Il TAR Milano osserva che, in presenza di un meccanismo perequativo, le previsioni che impongono la realizzazione di servizi pubblici non configurano vincoli espropriativi, bensì conformativi della proprietà, finalizzati al pubblico interesse.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2620 del 13 novembre 2023


Il TAR Milano osserva che la c.d. sanatoria di cui all’art. 36 del TUE esclude la possibilità per l’autore dell’abuso di eseguire ulteriori opere per conformare l’abuso alla legge; di conseguenza, se l’autore di un abuso accertato non può eseguire opere successive per conformare lo stesso alla legge, parimenti il provvedimento demolitorio non può imporre l’esecuzione di nuovi e gravosi interventi edilizi, ma solo la rimozione dell’esistente.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2374 del 18 ottobre 2023



Il TAR Milano ricorda che, secondo la giurisprudenza, l'inizio dei lavori atto ad impedire la decadenza del permesso di costruire si ha quando le opere intraprese siano tali da evidenziare l'effettiva volontà di realizzare il manufatto; l'effettivo inizio dei lavori non può essere considerato in via generale e astratta, bensì con specifico e puntuale riferimento all'entità e alle dimensioni dell'intervento edilizio così come programmato e autorizzato, e ciò al ben evidente scopo di evitare che il termine per l'avvio dell'edificazione possa essere eluso con ricorso a lavori fittizi e simbolici, e quindi non oggettivamente significativi di un effettivo intendimento del titolare della concessione stessa di procedere alla costruzione; l'inizio dei lavori rilevante al fine di impedire la decadenza dal titolo edificatorio deve dunque essere comprovato dall'effettuazione di trasformazioni che superino la soglia delle mere attività preparatorie, dovendo esse essere di entità significativa; la valutazione a tali fini delle stesse non può prescindere dalla considerazione dell'opera da eseguire, onde non vanno trascurate le peculiarità che presenta l'intervento in progetto; in particolare, i lavori edilizi devono ritenersi "iniziati" quando consistano nel concentramento di mezzi e di uomini, cioè nell'impianto del cantiere, nell'innalzamento di elementi portanti, nella elevazione di muri e nella esecuzione di scavi coordinati al gettito delle fondazioni del costruendo edificio, per evitare che il termine di decadenza del permesso possa essere eluso con ricorso ad interventi fittizi e simbolici; la mera esecuzione di lavori di sbancamento è, di per sé, inidonea per ritenere soddisfatto il presupposto dell'effettivo "inizio dei lavori" entro il termine di un anno dal rilascio del permesso di costruire a pena di decadenza del titolo abilitativo, essendo necessario che lo sbancamento sia accompagnato dalla compiuta organizzazione del cantiere e da altri indizi idonei a confermare l'effettivo intendimento del titolare del permesso di costruire di realizzare l'opera assentita.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2507 del 26 ottobre 2023


Il TAR Milano ricorda che si è affermato che la procedura di project financing enuclea due serie procedimentali strutturalmente autonome ma biunivocamente interdipendenti sotto il profilo funzionale, la prima di selezione del progetto di pubblico interesse e la seconda di gara di evidenza pubblica sulla base del progetto dichiarato di pubblica utilità. La seconda serie, più precisamente, è distinta nelle subfasi di individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa e di eventuale esercizio da parte del promotore del diritto di prelazione. La fase preliminare di individuazione del promotore, ancorché procedimentalizzata, è connotata da amplissima discrezionalità amministrativa, in quanto intesa non già alla scelta della migliore tra una pluralità di offerte sulla base di criteri tecnici ed economici preordinati, ma alla valutazione di un interesse pubblico che giustifichi, alla stregua della programmazione delle opere pubbliche, l’accoglimento della proposta formulata dall’aspirante promotore. La scelta del promotore di una procedura di finanza di progetto non è un modulo di confronto concorrenziale sottoposto al principio delle procedure di evidenza pubblica, quanto piuttosto uno strumento tramite il quale l’amministrazione definisce di concerto con il privato un obiettivo di interesse pubblico da realizzare; ciò appare tanto più vero ove si consideri che l’amministrazione, anche una volta dichiarata di pubblico interesse la proposta del privato e individuato il promotore, non è tenuta a dare corso alla procedura di gara per l’affidamento della concessione, non creandosi alcun vincolo per l’amministrazione e, corrispondentemente, enucleandosi una mera aspettativa (non giuridicamente tutelata) in capo al privato, condizionata dalle valutazioni di esclusiva pertinenza dell’amministrazione in ordine alla opportunità di contrattare sulla base della proposta (Cons. Stato, V, 4 febbraio 2019, n. 820). Ne discende che alla fase di scelta del proponente male si attaglia la predeterminazione dei criteri di valutazione, presupponente quanto meno la esatta definizione dell’oggetto del procedimento e dunque della proposta.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2418 del 23 ottobre 2023


Il TAR Brescia, in materia di interruzione del processo, ha precisato che, quando la parte ricorrente viene meno per morte o per altra causa, la facoltà di presentare una nuova istanza di fissazione di udienza ex art. 80 comma 2 cpa spetta ai successori a titolo universale. Se l’amministrazione convenuta intende svolgere il ruolo di parte più diligente ai sensi dell’art. 80, comma 3, cpa, può effettuare direttamente la riassunzione nei confronti dei successori della parte ricorrente, nel termine perentorio di novanta giorni dalla conoscenza legale dell'evento interruttivo. Se viceversa l’amministrazione convenuta non ha interesse a riassumere il processo, ma vuole ottenere una dichiarazione di estinzione del giudizio per rendere definitivi i provvedimenti impugnati, non può contare sul fatto che la parte ricorrente fosse rappresentata in giudizio, ma deve mettere i successori della parte ricorrente nella condizione di costituirsi a loro volta e di presentare istanza di fissazione di udienza. A tale scopo, è necessaria la notifica di un apposito invito a proseguire il processo interrotto, con fissazione di un termine tassativo. In caso di inerzia dei successori della parte ricorrente, l’amministrazione resistente potrà chiedere la dichiarazione di estinzione del giudizio ex art. 305 cpc.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 817 del 3 novembre 2023


Il TAR Milano, con riguardo a un motivo di ricorso che censura la parziale novità delle ragioni poste a base di un provvedimento di revoca dell’autorizzazione alla posa di impianto pubblicitario, condivide la prospettazione della difesa comunale secondo la quale al cospetto dell’avvio di un procedimento in cui è stato coinvolto anche l’Ente Parco non poteva non tenersi conto nell’adozione del provvedimento finale anche delle eventuali osservazioni e documenti prodotti da quest’ultimo, con la conseguenza che risulta giustificato il disallineamento tra il contenuto dell’atto di avvio del procedimento e l’atto conclusivo, essendo onere della parte privata controdedurre in ordine al complesso degli elementi, ivi compresi quelli sopravvenuti rispetto all’atto di avvio; quindi, sulla scorta delle riferite circostanze, non si può applicare alla fattispecie oggetto di scrutinio la disciplina relativa al preavviso di rigetto nella parte in cui si esclude la possibilità di fondare il diniego definitivo su ragioni del tutto nuove, non enucleabili dalla motivazione dell’atto endoprocedimentale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2209 del 6 ottobre 2023


Il TAR Milano ricorda che, secondo la giurisprudenza, in materia di abusi edilizi commessi da persona diversa dal proprietario, perché quest'ultimo possa andare esente dalla misura consistente nell'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'area di sedime sulla quale insiste il bene, occorre che risulti, in modo inequivocabile, la sua completa estraneità al compimento dell'opera abusiva o che, essendone lo stesso venuto a conoscenza, si sia poi adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall'ordinamento; sebbene l'ordine di demolizione debba sempre essere rivolto anche nei confronti del proprietario, questi non può subire la perdita di proprietà dell'area di sedime quando dimostri: a) di non essere l'autore dell'abuso e di non aver compartecipato alla sua realizzazione; b) di essersi seriamente attivato nei confronti dell'autore che abbia la disponibilità del bene, mediante diffide o altre iniziative di carattere ultimativo, per costringerlo ad eseguire la demolizione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2391 del 19 ottobre 2023


Secondo il TAR Milano la parziale ottemperanza all’ordine di demolizione equivale a completa inottemperanza, e ciò in quanto la lesione dell’assetto del territorio permane fino alla riduzione in pristino stato con conseguente piena applicazione delle corrispondenti sanzioni.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2444 del 24 ottobre 2023


Il TAR Milano osserva che la giurisprudenza ha rilevato che dal tenore dell’art. 211 d.lgs. n. 50/2016 emerge che, in sede di precontenzioso, l’Anac può esprimere pareri vincolanti e pareri non vincolanti. Il parere vincolante, obbligando le parti ad attenervisi, è atto immediatamente lesivo, condizione questa che ne consente - giusta anche quanto espressamente previsto dalla norma – l’autonoma impugnabilità. Il parere non vincolante, invece, avendo carattere di manifestazione di giudizio, non presenta aspetti di autonoma lesività e non è, dunque, autonomamente impugnabile, ma “assume connotazione lesiva tutte le volte in cui, riferendosi ad una fattispecie concreta, sia fatto proprio dalla stazione appaltante, la quale, sulla base di esso, abbia assunto la relativa determinazione provvedimentale. Ne consegue che l’impugnazione del parere facoltativo è consentita unitamente al provvedimento conclusivo della Stazione appaltante che ne abbia fatto applicazione. Ad avviso del Collegio, il parere assume carattere vincolante, per la parte che abbia acconsentito ad attenersi a quanto in esso stabilito, anche nel caso in cui le altre parti non abbiano manifestato il proprio assenso. Quanto disposto dall’art. 4 del regolamento Anac, il quale, “in materia di pareri di precontenzioso di cui all'art. 211 del d.lgs. n. 50/2016”, prevede che “quando l'istanza è presentata singolarmente dalla stazione appaltante o da una parte interessata, il parere reso è da intendersi non vincolante”, si pone in contrasto con la lettera dell’art. 211, che non subordina il carattere vincolante del parere ad una concorde iniziativa di tutte le parti. Laddove l’impegno sia stato assunto dalla sola stazione appaltante, questa sarà, quindi, obbligata, nelle proprie determinazioni, ad attenersi al parere. Il TAR ritiene che l’obbligo assunto dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 211, d.lgs. n. 50/2016 renda il parere dell’Anac immediatamente lesivo anche per l’operatore che non si sia obbligato ad attenersi a quanto in esso stabilito. Tale atto è invero destinato ad essere recepito dall’amministrazione nelle proprie determinazioni e deve essere, pertanto, oggetto di tempestiva impugnazione, proprio in forza della previsione dettata all’art. 211 che ne prevede l’immediata impugnabilità. Il parere dell’Anac va, invero, a incidere su posizioni di interesse legittimo di cui l’operatore è titolare, non solo quando quest’ultimo si sia previamente obbligato alla sua osservanza, ma anche allorché la stazione appaltante si sia obbligata ad attenersi a quanto in esso stabilito.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2548 del 31 ottobre 2023











Il TAR Milano osserva che, ai fini della configurabilità di un "controllo analogo", non è necessaria la ricorrenza, in capo ad un socio pubblico, di un potere di controllo individuale del singolo socio affidante sulla società-organo assimilabile a quello, individuale, delineato dai primi due commi dell'art. 2359 c.c. o dall’art. 2383 c.c. con riferimento alla nomina degli amministratori; ciò che è imprescindibile è solo che il controllo della mano pubblica sull'ente affidatario sia effettivo, ancorché esercitato congiuntamente e, deliberando a maggioranza, dai singoli enti pubblici associati, anche se ottenuto tramite strumenti diversi. Pertanto, nel caso di società partecipata da più enti pubblici è consentito nell’ambito e ai fini dell’in house istituire organi speciali, come un comitato unitario per l’esercizio del controllo analogo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2540 del 30 ottobre 2023