Il TAR Milano precisa, in sede di ottemperanza, che:
<<in applicazione del principio del c.d. one shot temperato, vigente nel nostro ordinamento, l’Amministrazione, a seguito di un annullamento di un proprio atto, anche a mezzo di pronuncia di natura cautelare (cfr. T.A.R. Veneto, 8 aprile 2021, n. 450), è tenuta a riesaminare l’affare nella sua interezza, con definitiva preclusione per l’avvenire di decisioni sfavorevoli per il privato, ancorché riguardanti aspetti o profili della questione non valutati in precedenza (Consiglio di Stato, IV, 15 maggio 2020, n. 3095), come ribadito anche in sede positiva, con la modifica dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, da parte dell’art. 12 del decreto legge n. 76 del 2020, convertito in legge n. 120 del 2020 (“in caso di annullamento in giudizio del provvedimento così adottato, nell’esercitare nuovamente il suo potere l’amministrazione non può addurre per la prima volta motivi ostativi già emergenti dall’istruttoria del provvedimento annullato”) [da ultimo, Consiglio di Stato, III, 2 febbraio 2021, n. 946; T.A.R. Sicilia, Catania, IV, 8 marzo 2021, n. 713]>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1322 del 28 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia, con riferimento al problema di stabilire se nelle procedure di gara che adottano il modello della inversione procedimentale le eventuali esclusioni, disposte all’esito verifica dei requisiti di partecipazione dei concorrenti, debbano o meno comportare il ricalcolo della soglia di anomalia afferma il seguente principio di diritto:
<<nelle procedure di gara da aggiudicarsi secondo il criterio del minor prezzo e che si svolgono secondo il modulo dell’inversione procedimentale di cui all’art. 133 comma 8 d. lgs. 50/2016 - previsto per gli appalti nei settori speciali, ma esteso in via sperimentale e provvisoria, fino al 31 dicembre 2021, anche ai settori ordinari – la soglia di anomalia deve essere calcolata, una sola volta, subito dopo l’apertura delle offerte; qualora, in esito alla fase conclusiva della verifica dei requisiti di partecipazione, si ravvisino i presupposti per disporre l’esclusione di uno o più concorrenti, la stazione appaltante procede allo scorrimento della graduatoria e alla verifica della documentazione amministrativa del secondo classificato, mantenendo ferma la soglia di anomalia>>.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 476 del 21 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Per il TAR Milano, l’irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al comma 4 bis dell’art. 31 del DPR n. 380/2001 è legata non alla mera acquisizione dell’opera, ma alla inottemperanza all’ordine di demolizione; va, quindi, respinta – ancorché seguita da un certo orientamento giurisprudenziale – la tesi secondo cui la “ratio” della sanzione pecuniaria in argomento sarebbe quella di tenere indenne l’Amministrazione comunale dalle spese di ripristino, atteso che, ad avviso del TAR, la sanzione di cui al comma 4-bis ha natura esclusivamente afflittiva, con l’unico scopo della retribuzione giuridica del responsabile, nonché della prevenzione generale e speciale e non costituisce affatto un’anticipazione a titolo risarcitorio delle spese necessarie al ripristino dello stato dei luoghi, a nulla rilevando la destinazione dei proventi delle sanzioni irrogate e riscosse.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1257 del 21 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.





Il TAR Milano, con riguardo alla compatibilità urbanistica delle infrastrutture di telefonia mobile, precisa che:
«la normativa vigente attribuisce carattere prioritario all’esigenza di assicurare la realizzazione di infrastrutture di telefonia mobile, tanto che, ai sensi del d.lgs. n. 259 del 2003, le stesse sono considerate opere di “pubblica utilità” e “sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria” (artt. 86, comma 3, e 90, comma 1), potendo essere collocate in qualsivoglia zona del territorio comunale e a prescindere dalla destinazione funzionale delle stesse, in modo che sia realizzato un servizio capillare (Consiglio di Stato, VI, 21 maggio 2019, n. 3679; 3 settembre 2018, n. 5168; T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 28 gennaio 2021, n. 41; T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 15 febbraio 2018, n. 188; T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 6 giugno 2016, n. 1331)».
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1157 del 10 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano, in materia di svolgimento delle sedute della commissione di gara, ricorda:
<<per giurisprudenza costante, se è vero che le sedute di una commissione di gara devono inspirarsi al principio di concentrazione, e che conseguentemente, la valutazione delle offerte tecniche ed economiche deve avvenire senza soluzione di continuità, al fine di scongiurare possibili influenze esterne ed assicurare l’assoluta indipendenza di giudizio dell'organo incaricato della valutazione stessa, è anche vero che tale principio va coniugato con altri concorrenti principi che informano l'azione amministrativa nelle gare di appalto, ed è derogabile in presenza di ragioni oggettive, quali la complessità delle operazioni di valutazione delle offerte, il loro numero, l’indisponibilità dei membri della commissione, la correlata necessità di nominare sostituti che giustificano il ritardo anche in relazione al preminente interesse alla effettuazione di scelte ponderate.
In particolare, è anche necessario che la ricorrente offra almeno la prova che l'asserita dilatazione dei tempi di gara abbia alterato i risultati o comportato una manipolazione delle buste contenenti le offerte, anche alla luce del principio generale posto dall'art. 21-octies, L. n. 241/90, per il quale il vizio formale, che non abbia avuto effetti sostanziali sul contenuto dell'atto, non ne può comportare l'annullamento (C.S., Sez. III, 24.10.2017 n. 4903)>>

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1198 del 14 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia precisa che la necessità e l’urgenza di provvedere per porre rimedio a una situazione di emergenza non prevedibile non costituiscono presupposti per l’adozione del provvedimento di sgombero di un bene demaniale occupato abusivamente che è un atto di esercizio del potere di autotutela esecutiva, finalizzato al recupero della disponibilità del bene demaniale da parte della pubblica Autorità nei confronti di colui che lo occupa senza titolo.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 385 del 29 aprile 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano richiama il principio giurisprudenziale secondo il quale gli impegni assunti in sede convenzionale non vanno valutati isolatamente, ma vanno rapportati alla complessiva remuneratività dell’operazione, che costituisce il reale parametro per valutare l’equilibrio del sinallagma contrattuale e, quindi, la sostanziale liceità degli impegni stessi; in altri termini, la causa della convenzione urbanistica e cioè l’interesse che l’operazione contrattuale è diretta a soddisfare, va valutata non con riferimento ai singoli impegni assunti, ma con riguardo alla oggettiva funzione economico-sociale del negozio, in cui devono trovare equilibrata soddisfazione sia gli interessi del privato sia quelli della pubblica amministrazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1226 del 19 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano, per quanto attiene alle caratteristiche dei documenti informatici che i concorrenti inviano alla stazione appaltante ai fini di partecipare ad una gara, richiama la giurisprudenza che ha affermato che è compito dei concorrenti, prima di effettuare la trasmissione della propria offerta, accertarne - secondo le regole dell'ordinaria diligenza - l'integrità e la leggibilità, proprio in considerazione del possibile verificarsi di inconvenienti legati al deterioramento dei documenti digitali trasmessi, con la conseguenza che l’illeggibilità dei file è ascrivibile alla responsabilità del partecipante.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1147 del 7 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia, in materia di monetizzazione precisa che:
<<La ratio della disciplina in materia di monetizzazione, come sottolineato dal Consiglio di Stato proprio con riferimento alla legislazione della Regione Lombardia, è infatti che “la regola è costituita dalla cessione gratuita delle aree, che consente di reperire le aree a standard in loco e quindi di assicurare uno sviluppo urbanistico equilibrato, costituendo la c.d. monetizzazione una eccezione e non risolvendosi la medesima in "...una vicenda di carattere unicamente patrimoniale e rilevante solo sul piano dei rapporti tra l’ente pubblico e il privato che realizzerà l’opera...", poiché non può ammettersi separazione tra "...i commoda (sotto forma di entrata patrimoniale per il Comune) dagli incommoda (il peggioramento della qualità di vita (dei residenti della zona)...", ciò che fonda il riconoscimento della legittimazione processuale di questi ultimi a dolersi della violazione della misura degli standard (in tal senso, tra le più recenti vedi Cons. Stato, Sez. IV, 4 febbraio 2013, n. 644)”. Pertanto la monetizzazione non può essere automaticamente imposta al privato che invece preferisca cedere le aree a standard, senza alcun limite, “posto che l'art. 46 precisa in modo del tutto chiaro i suoi presupposti, dovendo essa trovare giustificazione obiettiva, ovvero dovendo l'Amministrazione dar conto delle sue ragioni (nel senso che essa non risulti possibile -ad esempio per penuria degli spazi fisici- o non sia ritenuta opportuna dal comune in relazione alla loro estensione, conformazione o localizzazione, ovvero in relazione ai programmi comunali di intervento), a cospetto delle quali l'interessato potrà tutelarsi in sede giurisdizionale, contestandole.” (Cons. Stato, Sez. IV, 14 aprile 2014, n. 1820)>>.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 430 del 11 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia precisa che l’articolo 15, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001 rappresenta una deroga alla disciplina generale dei termini di avvio e di conclusione dei lavori autorizzati di cui all’art. 15 D.P.R. n. 380/2001, finalizzata (la disciplina generale) ad evitare che una edificazione autorizzata nel vigore di un determinato regime urbanistico venga realizzata quando il mutato regime non lo consente più.
Per tale motivo, aggiunge il TAR, la deroga prevista dal comma 2 dell’art. 15 va interpretata in senso restrittivo in modo da limitare la proroga a casi che oggettivamente non dipendono dalla volontà del titolare del permesso di costruire, da accordare con un atto dal contenuto prettamente discrezionale, il che impedisce di ipotizzare un suo perfezionamento per silenzio-assenso.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 285 del 23 marzo 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia, dopo aver ricordato che l’abusività dell’opera legittima il provvedimento di rimozione dell’abuso che è di regola atto dovuto che prescinde dall’attuale possesso del bene e dalla coincidenza del proprietario con il realizzatore dell’abuso medesimo, aderisce all'orientamento secondo il quale la trasposizione di tali principi alle fattispecie nelle quali tra la commissione dell’abuso e l’irrogazione delle misure sanzionatorie e repressive sia stato dichiarato fallito il proprietario dell’immobile abusivo, comporta che l’ordine di demolizione possa essere legittimamente rivolto anche alla curatela fallimentare che è nelle condizioni di eseguirla, in quanto, anche se non ha realizzato l’abuso, è tuttavia la detentrice dell’immobile di cui ha la materiale disponibilità ed è nelle condizioni di poter restaurare il corretto assetto urbanistico del territorio.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 422 del 10 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ritiene pienamente ammissibile una costituzione in giudizio avvenuta in prossimità dell’udienza di merito (nella fattispecie quattro giorni prima) e quanto alle difese di merito contenute nell’atto di costituzione precisa che le stesse, certamente tardive, essendo state ribadite oralmente in sede di udienza, non hanno determinato alcuna lesione del contraddittorio (considerato peraltro che nessuna contestazione sul punto era stata sollevata dai difensori delle controparti).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1171 in data 11 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che, in assenza di una indicazione negli atti gara di un'attività principale e una secondaria, e non essendo quindi possibile concorrere alla gara in RTI verticale ma esclusivamente in RTI orizzontale, tutte le componenti del RTI devono dichiarare di svolgere le medesime attività oggetto della commessa.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1111 del 4 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano afferma che il sovradimensionamento degli standard minimi, se sufficientemente contenuto, non necessita di una apposita giustificazione urbanistica, rientrando nell'ambito della discrezionalità della Amministrazione la possibilità di scostamento dagli stessi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1103 del 3 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Brescia con riferimento alle ipotesi in cui è possibile avviare una procedura negoziata senza pubblicazione di un bando di gara, precisa:

<<5. L’articolo 63 individua una procedura derogatoria rispetto alle ordinarie procedure ad evidenza pubblica per l'affidamento di appalti pubblici, che costituiscono presidio dei principi comunitari di massima trasparenza e concorrenzialità, e pertanto risulta legittima solo nei casi e alle condizioni specifiche espressamente previste da tale disposizione, che costituisce norma di stretta applicazione. (Cons. Stato sez. V, 7/06/2016, n. 2424; Cons. Stato sez. V, 18/07/2017, n. 3553; T.A.R. Liguria, sez. II, 9/05/2017, n. 411).
6. Determinando tale modalità di selezione del contraente una restrizione della concorrenza, nelle Linee guida n. 8 (Ricorso a procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando nel caso di forniture e servizi ritenuti infungibili) ANAC ha sottolineato come il presupposto delle procedure de qua sia l’infungibilità della fornitura o del servizio, che deve essere “debitamente accertata e motivata nella delibera o determina a contrarre dell’amministrazione”. Spetta quindi alla stazione appaltante la verifica rigorosa dell’impossibilità di ricorrere a fornitori o a soluzioni alternative sul mercato, perché “neppure un presunto più alto livello qualitativo del servizio ovvero la sua rispondenza a parametri di maggior efficienza può considerarsi sufficiente a giustificare l’infungibilità”. Le stazioni appaltanti devono inoltre adottare tutte le misure necessarie per prevenire il rischio di “lock in” ovvero per evitare che siano le stesse decisioni di acquisto assunte in un certo momento a vincolare le decisioni future, rendendo difficile la scelta di un diverso fornitore alla scadenza del periodo contrattuale e determinando quindi l’infungibilità delle prestazioni.
7. Costituendo l’istituto della procedura negoziata senza pubblicazione del bando un’eccezione ai principi generali, la stessa giurisprudenza comunitaria ha sottolineato che “l'onere di dimostrare che sussistono effettivamente le circostanze eccezionali che giustificano una deroga grava su colui che intenda avvalersene" (C. Giust. UE 8 aprile 2008, causa C-337/05; C. Giust. UE Sez. I, 04/06/2009, n. 250/07)>>.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 372 del 22 aprile 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che:
  • il mutamento di destinazione d’uso senza opere, o funzionale, non risulta un’attività neutra da un punto di vista urbanistico ed edilizio poiché modifica i parametri edilizi dell’immobile, comportando una modifica (nel caso di specie, un aggravio) del carico urbanistico, con la necessità del previo ottenimento di un idoneo titolo abilitativo;
  • tale conclusione non è messa in discussione dal disposto di cui all’artt. 53, comma 2, della legge regionale n. 12 del 2005 che, a fronte di un mutamento di destinazione d’uso senza opere, sembrerebbe stabilire l’applicazione di sanzioni esclusivamente pecuniarie, in luogo di sanzioni reali;
  • l’ultimo comma dell’art. 23-ter del D.P.R. n. 380 del 2001 prevede che «le regioni adeguano la propria legislazione ai princìpi di cui al presente articolo entro novanta giorni dalla data della sua entrata in vigore; decorso tale termine, trovano applicazione diretta le disposizioni del presente articolo»;
  • tuttavia, le norme regionali devono essere interpretate alla luce dei principi contenuti nella legge statale e, in particolare, in quelli contenuti nell’art. 32 e nell’art. 23-ter del citato D.P.R. n. 380 del 2001, i quali configurano come “variazioni essenziali” i mutamenti che determinano il passaggio a una diversa categoria funzionale e li rendono, dunque, sanzionabili ai sensi del precedente art. 31; così coordinata la disciplina regionale con quella statale (di diretta applicazione), si deve dunque ritenere che un cambio di destinazione d’uso dalla funzione produttiva a quella residenziale senza opere in contrasto con lo strumento urbanistico vigente non sia punibile con la mera sanzione pecuniaria, bensì con quella ripristinatoria;
  • residua dunque uno spazio di applicazione dell’art. 53, comma 2, della legge regionale n. 12 del 2005 per quelle fattispecie in cui il mutamento di destinazione d’uso, pur difforme dalle previsioni urbanistiche comunali, avvenga all’interno della medesima categoria funzionale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1040 del 26 aprile 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano, con riferimento alla nozione di grave illecito professionale, precisa:
<<che la ratio dell’art. 80, comma 5 lett. c), cit. risiede “nell'esigenza di assicurare l'affidabilità di chi si propone quale contraente, requisito che si ritiene effettivamente garantito solo se si allarga il panorama delle informazioni, comprendendo anche le evenienze patologiche contestate da altri committenti...” (così già: Consiglio di Stato, Sez. V, 11 aprile 2016, n. 1412).
La norma tende a consentire alla stazione appaltante un’adeguata e ponderata valutazione sull’affidabilità e sull’integrità dell’operatore economico, tanto che sono posti a carico di quest’ultimo i c.d. obblighi informativi: l’operatore è tenuto a fornire una rappresentazione quanto più dettagliata possibile delle proprie pregresse vicende professionali in cui, per varie ragioni, “gli è stata contestata una condotta contraria a norma” o, comunque, si è verificata la rottura del rapporto di fiducia con altre stazioni appaltanti (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407; Consiglio di Stato, sez. V, 4 febbraio 2019, n. 827; Id., 16 novembre 2018, n. 6461; Id., 24 settembre 2018, n. 5500; Id., 3 settembre 2018, n. 5142; Id., 17 luglio 2017, n. 3493; Id., 5 luglio 2017, n. 3288; Id., 22 ottobre 2015, n. 4870).
L’ampiezza della formulazione, sia della norma nazionale, sia dell’art. 57, comma 4 lett. c), della direttiva 2014/24, conduce a ricomprendere nella nozione di “grave illecito professionale” - ferma restando la necessaria valutazione discrezionale della stazione appaltante - ogni condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica sia essa di natura civile, penale o amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 24 gennaio 2019, n. 591; Consiglio di Stato, sez. III, n. 4192/17 e Id. n. 7231/2018).
La norma non reca una tassativa elencazione di ipotesi di grave errore professionale, sicché la stazione appaltante può addivenire all’esclusione dell’operatore economico, al di fuori di ogni tipizzazione normativa, ogni qual volta evidenzi, in esercizio della discrezionalità di cui dispone nella materia in esame, la riferibilità all’operatore di situazioni contrarie ad un obbligo giuridico di carattere civile, penale ed amministrativo, ritenute tali da rendere dubbia l’integrità o l’affidabilità del concorrente (cfr. in argomento Consiglio di Stato, sez. V, 24 gennaio 2019, n. 591; Consiglio di Stato, sez. III, 27 dicembre 2018, n. 7231 e Id., sez. V, 3 settembre 2018, n. 5136).
Insomma, le citate disposizioni non contemplano un numero chiuso di “gravi illeciti professionali”, ma una serie aperta, cui deve essere data concretezza, di volta in volta, dalla stazione appaltante in esercizio della discrezionalità di cui dispone>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1069 del 29 aprile 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano ribadisce l’orientamento secondo il quale non sono ammesse le note d’udienza entro il giorno precedente, in assenza di una richiesta di discussione della causa (art. 4, comma 1, del decreto legge n. 28 del 2020, convertito dalla legge n. 70 del 2020, richiamato dall’art. 25 del decreto legge n. 137 del 2020, convertito in legge n. 176 del 2020: “In alternativa alla discussione possono essere depositate note di udienza fino alle ore 12 del giorno antecedente a quello dell'udienza stessa o richiesta di passaggio in decisione e il difensore che deposita tali note o tale richiesta è considerato presente a ogni effetto in udienza”).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1127 del 5 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano, con riferimento al procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica per la realizzazione e gestione di un impianto di stoccaggio/messa in riserva di rifiuti non pericolosi, precisa che:
<< l’autorizzazione ex art. 208 del d.lgs. n. 152 del 2006 è idonea a produrre effetti innovativi sulla pianificazione territoriale, costituendo variante, anche in contrasto con il parere del Comune, ente competente in via ordinaria in materia pianificatoria. Pertanto, non solo l’incompatibilità urbanistica non è di ostacolo all’accoglimento della domanda, ma anche la volontà dell’Amministrazione comunale in senso contrario può essere superata, perché il provvedimento autorizzatorio prevale sulla pianificazione generale, divenendo esso stesso strumento di pianificazione particolare.>>.

Aggiunge il TAR che:
<<L’Amministrazione procedente può superare il dissenso del Comune imperniato su ragioni di pianificazione urbanistica e quindi l’autorizzazione ex art. 208 del d.lgs. n. 152 del 2006 può costituire variante dello strumento urbanistico, ma a condizione che sia articolato un iter logico-argomentativo in grado di esplicare, puntualmente e in modo esauriente, le motivazioni a fondamento di scelte in contrasto con il parere comunale, da cui emergano cioè le ragioni giustificatrici che, a seguito di un bilanciamento degli opposti interessi, hanno portato a far prevalere le esigenze legate all’insediamento dell’impianto>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1031 del 22 aprile 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano, con riferimento al c.d. principio di invarianza di cui all’art. 95, comma 15, del codice dei contratti pubblici, in forza del quale: «Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte», precisa che:
<<La norma, che ricalca analoga previsione dell’abrogato art. 38-bis del D.Lgs. n. 163/2006, ha dato luogo ad un ampio dibattito in giurisprudenza, anche se allo stato è possibile pervenire alle seguenti conclusioni.
La “variazione” cui si riferisce il comma 15 può consistere anche in un provvedimento amministrativo di autotutela e non solo in una decisione giurisdizionale, come risulta dall’uso della locuzione “anche”.
Il principio di invarianza trova applicazione non solo a fronte dell’avvenuta individuazione della soglia di anomalia delle offerte, ma anche in tutti i differenti casi di “calcolo di medie nella procedura”. A tale soluzione si perviene in primo luogo dal dato letterale del comma 15, che distingue il “calcolo di medie” dalla “soglia di anomalia”, impiegando la locuzione “né”>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1080 del 30 aprile 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.






Il TAR Milano afferma che:

<<L’applicazione della disciplina dell’equo compenso, in quanto eccezione al principio pro-concorrenziale della libera pattuizione del compenso spettante al professionista, di cui all’articolo 13, comma 3, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, soggiace a precisi limiti soggettivi, ovvero l’appartenenza del cliente alle categorie delle imprese bancarie, assicurative o di grandi dimensioni o la sua qualificazione come pubblica amministrazione, ed oggettivi, quali la predisposizione unilaterale delle clausole convenzionali da parte del cliente forte, senza che al professionista sia rimessa la possibilità di incidere sul loro contenuto (Consiglio di Stato, Sezione VI, 29 gennaio 2021, n. 874).
La disciplina dell’equo compenso non trova pertanto applicazione ove la clausola contrattuale relativa al compenso per la prestazione professionale sia oggetto di trattativa tra le parti o, nelle fattispecie di formazione della volontà dell’amministrazione secondo i principi dell’evidenza pubblica, ove l’amministrazione non imponga al professionista il compenso per la prestazione dei servizi legali da affidare>>.
Aggiunge il TAR Milano che:
<<La disciplina dell’equo compenso è rivolta a tutelare la posizione del professionista debole e non l’indipendenza, la dignità e il decoro della categoria professionale, la quale si realizza attraverso il rispetto dei precetti contenuti nel codice deontologico, che impongono al professionista di non offrire la propria prestazione in cambio di compensi lesivi della dignità e del decoro professionale, nel rispetto dei principi della corretta e leale concorrenza (articolo 9, comma 1, del Codice deontologico forense) e dei doveri di lealtà e correttezza verso i colleghi e le Istituzioni forensi (articolo 19 del codice deontologico forense)>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1071 del 29 aprile 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.