Il TAR Milano fa il punto sull’oggetto della valutazione di anomalia e sui limiti entro i quali, nel corso del relativo procedimento, il concorrente sottoposto a valutazione può incidere sull’offerta già presentata e precisa quanto segue:

  • in sede di apprezzamento dell’offerta anomala, così come in sede di giudizio di congruità dell’offerta in sé non eccedente la soglia di anomalia, il concorrente sottoposto a valutazione non può fornire giustificazioni tali da integrare un’operazione di “finanza creativa”, modificando, in aumento o in diminuzione, le voci di costo e mantenendo fermo l’importo finale; nondimeno, ciò non esclude che l’offerta possa essere modificata in taluni suoi elementi, compresi, in particolare, quelli relativi all’utile atteso, che può essere ridotto;
  • resta fermo il principio per cui in un appalto l’offerta, una volta presentata, non è suscettibile di modificazione, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti, ma ciò non toglie che, avendo la verifica di anomalia la finalità di stabilire se l’offerta sia, nel suo complesso e nel suo importo originario, affidabile o meno, il giudizio di anomalia deve essere complessivo e deve tenere conto di tutti gli elementi, sia di quelli che militano a favore, sia di quelli che militano contro l’attendibilità dell’offerta nel suo insieme; 
  • di conseguenza, si ritiene ammissibile che, a fronte di determinate voci di prezzo giudicate eccessivamente basse e dunque inattendibili, l’impresa dimostri che, per converso, altre voci sono state inizialmente sopravvalutate e che in relazione alle stesse è in grado di conseguire un concreto, effettivo, documentato e credibile risparmio, che compensa il maggior costo di altre voci;
  • è coerente con lo scopo del giudizio di anomalia e con il rispetto dei principi di parità di trattamento e divieto di discriminazione una modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo (rispetto alle giustificazioni eventualmente già fornite), lasciando, però, le voci di costo invariate, ovvero un aggiustamento di singole voci di costo, che trovi il suo fondamento in sopravvenienze di fatto o normative, che comportino una riduzione dei costi, o in originari e comprovati errori di calcolo, o in altre ragioni plausibili;
  • è anche ammesso che l’impresa possa intervenire riducendo l’utile esposto, a condizione che tale voce non risulti del tutto azzerata, perché ciò che importa è che l’offerta rimanga nel complesso seria;
  • resta fermo che la valutazione di anomalia non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando piuttosto ad accertare che l’offerta sia attendibile e affidabile nel suo complesso. 

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1362 del 19 giugno 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che allorché nelle more del giudizio di impugnazione di una prescrizione urbanistica (nella fattispecie variante generale del PRG) intervenga altro strumento (nella fattispecie il PGT), completamente sostitutivo del precedente, più nessun interesse a discutere sul precedente strumento urbanistico può residuare, e ciò anche quando il nuovo abbia riprodotto la prescrizione impugnata, palesandosi altrimenti un'eventuale pronuncia sul primo atto "inutiliter data".

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1435 del 26 giugno 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano, dopo aver richiamato il principio secondo il quale l’onere della prova sul possesso del titolo edilizio richiesto e, più in generale, circa l’epoca di realizzazione delle opere della cui demolizione si tratta e sulla legittimità degli interventi effettuati grava sul privato e non sulla P. A, ritiene che, con riferimento alle opere realizzate prima del 1967, l’applicazione di quest’ultimo principio comporti, ai fini del riparto dell’onere della prova, che spetta all’interessato dimostrare che l’edificio sia stato realizzato prima dell’entrata in vigore della novella che ha generalizzato l’obbligo di munirsi del titolo edilizio e che, tuttavia, una volta che la parte abbia dato questa prova, sia onere del Comune dimostrare che, nonostante l’epoca di realizzazione, l’edificazione richiedesse comunque il rilascio del titolo edilizio; ciò, sia in quanto l’esistenza di una delle condizioni comportanti comunque la necessità della licenza costituisce un fatto impeditivo del dispiegarsi della situazione soggettiva allegata dal privato, sia per ragioni di prossimità della prova, atteso che, a distanza di molti anni, può risultare estremamente difficile per l’interessato acquisire la documentazione necessaria a dimostrare – in negativo – che la costruzione, all’epoca della sua realizzazione, non ricadesse in alcuna delle situazioni che avrebbero richiesto il previo rilascio del titolo edilizio.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1354 del 14 giugno 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano applica l’art. 85 c.p.c. e introita un ricorso nonostante nessun difensore risulti nominato dopo la rinuncia al mandato defensionale dell’avvocato che aveva sottoscritto il ricorso.
Precisa, al riguardo, il TAR che nonostante nessun difensore risulti nominato dopo la rinuncia al mandato defensionale dell’avvocato che ha sottoscritto il ricorso, e nonostante il rinvio già concesso della data di trattazione del giudizio, è comunque possibile procedere alla decisione, atteso che ai sensi dell’art. 85 c.p.c., applicabile al processo amministrativo per effetto del rinvio operato dall’art. 39 c.p.a., la rinuncia al mandato defensionale non ha effetto nei confronti dell’altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione; pertanto, tale rinuncia, senza che sia intervenuta la sostituzione con il nuovo difensore, non ha alcun effetto sullo svolgimento del processo e non è preclusiva della decisione.


La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1416 del 23 giugno 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ritiene inammissibile un ricorso proposto per ottenere da una Amministrazione dello Stato l’ottemperanza a una sentenza del Tribunale civile contenente la condanna al pagamento di somme per mancata notifica all’Amministrazione della sentenza nel suo domicilio reale, notifica dalla quale decorre il termine dilatorio, previsto dall'art. 14 del d.l. n. 669/1996 convertito dalla l. n. 30/1997, di 120 giorni per il pagamento, allo spirare del quale può essere ritualmente proposto il giudizio di ottemperanza.

Precisa al riguardo il TAR:
  • ai sensi dell’art. 14 del d.l. n. 669/1996 le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici completano le procedure per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l'obbligo di pagamento di somme di danaro entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo; prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto;
  • la disposizione richiamata, che ha la finalità di concedere alle Amministrazioni un adeguato intervallo, tra la richiesta di pagamento mediante la notificazione di un titolo e l'avvio della relativa procedura coattiva, pur riferendosi espressamente alla "esecuzione forzata", è applicabile anche al giudizio di ottemperanza, attesa la sostanziale identità di ratio con l'esecuzione forzata regolata dal c.p.c., trattandosi di istituti che, ancorché per vie e con risultati diversi, hanno ambedue ad oggetto l'adempimento di obbligazione pecuniaria derivante dall'ordine del giudice;
  • la notificazione del titolo esecutivo, prodromica alla successiva esecuzione, deve essere effettuata nel domicilio reale dell'Amministrazione debitrice e non presso la sede dell'Avvocatura dello Stato; solo dalla notifica effettuata presso la sede dell'ente intimato decorre il termine dilatorio di 120 giorni per il pagamento, di cui all'art. 14 del d.l. 31 dicembre 1996 n. 669, convertito dalla l. 28 febbraio 1997 n. 30, allo spirare del quale può essere ritualmente proposto il giudizio di ottemperanza;
  • la notifica del titolo, per essere utile ed effettiva, deve connettersi alla conoscenza della pretesa esecutiva da parte dell'amministrazione, non altrimenti sostituibile dalla notifica all'organo incaricato ex lege del patrocinio nel giudizio esecutivo che eventualmente il creditore insoddisfatto intenda intentare nel prosieguo.


La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1417 del 23 giugno 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ritiene che in caso in cui la copia del ricorso per la notifica venga consegnata al portiere o ad un vicino, il termine per il deposito del ricorso decorre dalla data di consegna dell’atto e non da quello di spedizione della raccomandata da parte dell’ufficiale giudiziario, con la quale, ai sensi dell’art. 139, comma 4, c.p.c., si dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1410 del 22 giugno 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che la contestazione diretta ad evidenziare che la mancanza di sicuri riferimenti in ordine alla durata del contratto rende oltremodo difficoltosa la formulazione di un’offerta sottende un profilo di immediata lesività della disciplina di gara, la quale, pertanto, deve essere impugnata direttamente e immediatamente, entro il termine di decadenza stabilito dalla legge e non in sede di contestazione del provvedimento di aggiudicazione.
Aggiunge il TAR Milano che il bando deve essere immediatamente impugnato, perché direttamente lesivo, non solo quando prevede requisiti soggettivi di partecipazione, che prescindono dallo svolgimento della gara, tali da precludere ex se la proficua partecipazione di un operatore del settore, ma anche in presenza di clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale, ovvero di regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile; allo stesso modo, sono immediatamente lesive e, pertanto, da impugnare direttamente le disposizioni della lex specialis abnormi o irragionevoli, che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta oppure condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente, ovvero, introducano l’imposizione di obblighi contra ius e la stessa situazione si verifica in presenza di gravi carenze della lex specialis nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell'offerta, ovvero laddove la disciplina di gara preveda l’impiego di formule matematiche del tutto errate.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, 1362 del 19 giugno 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che la possibilità di procedere ad interventi ricadenti nell’ambito della c.d. attività edilizia libera non opera in modo incondizionato, ma resta pur sempre subordinata al rispetto delle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e comunque al rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia; la conformità urbanistica costituisce dunque un presupposto per l’esecuzione degli interventi di attività edilizia libera e non una conseguenza della mera astratta riconducibilità dell’opera, in base alle sue caratteristiche tipologiche, nell’elencazione contenuta all’articolo 6 del d.P.R. n. 380 del 2001.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1351 del 14 giugno 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato, rilevata l’abnormità di un ricorso in appello di 124 pagine, esamina la sola parte del ricorso che rientra nei limiti dimensionali normativamente previsti e ritiene applicabile alla fattispecie il disposto dell’art. 26 c.p.a., comma secondo, che dispone che “Il giudice condanna d’ufficio la parte soccombente al pagamento di una sanzione pecuniaria, in misura non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio, quando la parte soccombente ha agito o resistito temerariamente in giudizio. Al gettito delle sanzioni previste dal presente comma si applica l’articolo 15 delle norme di attuazione”.


La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 2852 del 12 giugno 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa la seguente indirizzo.