Si allega il decreto del Presidente del TAR Lombardia, Milano, n. 16 del 30 agosto 2021 che disciplina le modalità di riapertura al pubblico degli Uffici del TAR Lombardia, Milano, e stabilisce le regole di svolgimento in presenza delle udienze, camerali e pubbliche.



Il TAR Brescia osserva che:
<<le pertinenze debbono presentare, per essere qualificate come tali, alcune caratteristiche oggettive fondamentali, quali la mancanza di autonomia rispetto alla costruzione considerata, il carattere necessariamente oggettivo della specifica destinazione, il rapporto di durevole subordinazione con la preesistente costruzione, la relazione di strumentalità e complementarietà funzionale, le dimensioni necessariamente contenute della pertinenza. Preliminarmente, peraltro, è “necessaria la presenza del requisito soggettivo dell'appartenenza di entrambi i beni al medesimo soggetto…” (T.A.R. Puglia Bari Sez. III Sent., 19/06/2008, n. 1524)>>.
TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 757 del 19 agosto 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano richiama l’orientamento giurisprudenziale che, attribuendo un rilievo sostanziale e non meramente formale alla partecipazione procedimentale, sottolinea come le osservazioni e in generale tutti gli apporti partecipativi presentati dai privati nei confronti di un piano urbanistico in itinere sono finalizzati a consentire che il punto di vista del soggetto potenzialmente leso assuma rilevanza e venga adeguatamente considerato, in modo che l’Amministrazione si determini correttamente e compiutamente in omaggio ai principi di imparzialità e di buon andamento (art. 97 Cost.) che devono presiedere all’esercizio dell’azione amministrativa. Ne deriva che il rigetto delle osservazioni, benché connotato da rilevante e ampia discrezionalità e pur non richiedendo particolari formalità, deve essere assistito da una motivazione che sia congrua rispetto agli elementi di fatto e di diritto posti alla base delle osservazioni stesse e che abbia tenuto presente il loro apporto critico e collaborativo in comparazione con gli interessi pubblici coinvolti in vista dell’adozione di soluzioni urbanistiche, oltre che legittime, anche opportune e razionali.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1918 del 11 agosto 2021.
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Il TAR Brescia, esaminando un ricorso avverso un provvedimento di rigetto dell’istanza ex art. 87 del d.lgs. 1 agosto 2003 n. 259 per la realizzazione di una stazione radio base, afferma che devono essere disapplicate le norme di regolamento che estendono i meccanismi della tutela paesistica al di fuori delle aree espressamente sottoposte al vincolo paesaggistico; nello specifico, si tratta dei parametri fissati dalla DGR 8 novembre 2002 n. 7/11045, che attua le linee-guida per l'esame paesistico dei progetti secondo quanto previsto dall'art. 30 delle NTA del Piano Territoriale Paesistico Regionale.
Secondo il TAR la finalità di assicurare il corretto inserimento paesistico di tutte le nuove costruzioni sull’intero territorio comunale è di per sé certamente legittima, ma non può alterare la gerarchia degli interessi pubblici codificata nell’art. 86 commi 3 e 4 del Dlgs. 259/2003; solo i vincoli paesistici, o paesistico-ambientali, sono dunque in grado di incidere sulla localizzazione degli impianti di telecomunicazione; dove i suddetti vincoli non siano presenti, il potere degli uffici comunali si concentra nella facoltà di imporre prescrizioni mitigative.
Aggiunge il TAR che un rilievo sovraordinato deve invece essere riconosciuto anche al vincolo idraulico ex art. 96 del RD 25 luglio 1904 n. 523, in quanto comportante inedificabilità assoluta; le stazioni radio base non sono nuove costruzioni in senso urbanistico, ma la loro consistenza materiale può alterare il regolare deflusso delle acque e originare criticità idrogeologiche; su questi problemi devono essere effettuate apposite valutazioni nel corso della procedura di autorizzazione, senza tuttavia attribuire carattere immediatamente preclusivo a tale circostanza, in quanto è necessario valutare preliminarmente se vi è un rischio di interferenza tra le strutture della stazione radio base e il reticolo idrico.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 768 del 23 agosto 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che il contributo di costruzione, commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione ed al costo di costruzione rientra tra le prestazioni patrimoniali imposte, di cui all’articolo 23 della Costituzione, quale corrispettivo di diritto pubblico di natura non tributaria, e consiste in una somma di denaro dovuta dal privato, a titolo di controprestazione non sinallagmatica, per l’insieme dei benefici economici ritraibili dal permesso di costruire, senza che insorga un vincolo di scopo in relazione alla imminente trasformazione edilizia della zona interessata e indipendentemente dalla concreta utilità conseguita dal rilascio del titolo edificatorio; il contributo di costruzione è dovuto a fronte del mero rilascio del titolo edificatorio, in ragione della compartecipazione alla spesa pubblica, di natura indivisibile, per la realizzazione del surplus delle opere di urbanizzazione che il nuovo intervento edificatorio comporta, a prescindere dall’entità della spesa necessaria per eseguirle; l’Amministrazione comunale è pertanto tenuta ad eseguire le opere di urbanizzazione e a dotare il comparto edificatorio degli standard urbanistici necessari, senza attendere il pagamento del contributo di costruzione da parte del privato, il quale è parimenti tenuto al pagamento dello stesso, senza poter pretendere la previa realizzazione delle opere di urbanizzazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1803 del 22 luglio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano, in tema di misure di self cleaning di cui all’art. 80, comma 7, del d.lgs. n. 50/2016, ai sensi del quale un operatore economico, o un subappaltatore, che si trovi in una delle situazioni di cui al comma 5, compresa quella relativa alla commissione di un grave errore professionale, “è ammesso a provare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall’illecito e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti”, osserva che:
<<laddove sussistano le condizioni per l’accertamento e la quantificazione del danno, l’operatore è tenuto a risarcirlo, mentre laddove tali condizioni non sussistano, perché il danno non è stato ancora quantificato o, addirittura, ne è incerta l’esistenza, non si potrà pretendere dall’operatore di provvedere ad un concreto risarcimento, essendo sufficiente, in base alle norme richiamate, l’assunzione dell’impegno a risarcire.
Non solo, nella valutazione della sussistenza di un adeguato self cleaning, la stazione appaltante è chiamata ad esercitare un potere discrezionale, che deve essere coerente con il principio di proporzionalità, sicché si deve valutare se in concreto le misure adottate sono sufficienti sulla base della fattispecie complessiva in cui si situano (cfr. di recente Tar Piemonte, sez. I, 15 aprile 2021 n. 400)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1936 del 17 agosto 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ricorda il divieto di utilizzare il potere di pianificazione con finalità espulsive (anche parziali), considerato che gli strumenti urbanistici sono essenzialmente rivolti a disciplinare la futura attività di trasformazione e di sviluppo del territorio, non potendo di regola incidere sulle opere già eseguite in conformità alla disciplina previgente, le quali conservano la loro originaria legittima destinazione, pur se difformi dalle nuove prescrizioni, e possono essere oggetto di interventi necessari per integrarne, mantenerne o ripristinarne la funzionalità.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1918 del 11 agosto 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ritiene che il difetto di previa comunicazione al Prefetto dell’ordinanza sindacale contingibile e urgente non vizia l’ordinanza, in quanto:
<<tale adempimento, previsto dall’ultimo periodo dell’art. 54, comma 4, del d.lgs n. 267 del 2000, secondo l’orientamento giurisprudenziale fatto proprio dal Collegio, non costituisce requisito di validità dell’atto, perché non attiene ai suoi elementi essenziali, né è condizione di efficacia dello stesso, poiché non è configurato dal legislatore in forma di controllo dell’attività amministrativa del Sindaco: si tratta, invece, di mero atto organizzativo previsto per consentire al Prefetto la predisposizione degli strumenti necessari all’attuazione dell’ordinanza e per fargli conoscere in anticipo il suo contenuto, allo scopo di evitare profili di responsabilità derivanti dall’aver concesso l’uso della forza pubblica per l’esecuzione di ordinanze illegittime (C.d.S., Sez. V, n. 5780/2020)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1879 del 3 agosto 2021.
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Il TAR Milano non ritiene che il ricorso collettivo possa qualificarsi come una vera e propria “deroga” al principio che imporrebbe al titolare dell’interesse di proporre una domanda separata.
Precisa al riguardo il TAR che:
<<Difettano previsioni in tal senso sia nell’ordito del codice di rito amministrativo che in quello civile a cui rinvia la previsione di cui all’articolo 39 c.p.a., “deponendo anzi in senso (tendenzialmente) contrario le norme in tema di connessione, presenti in ambedue i Codici (artt. 31-36, art. 40 c.p.c.; art. 70 Cpa)” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 5.10.2018, n. 5719). L’elemento che consente ad una pluralità di soggetti di assumere la qualità di attore o ricorrente è la identità di posizione giuridica sostanziale per la quale si richiede tutela. Situazione che “più che “derogatoria” di un principio generale, costituisce una ipotesi ordinaria di esercizio del potere di azione, proiezione in sede processuale di una situazione sostanziale identica, accomunante tutti gli attori o ricorrenti” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 5.10.2018, n. 5719). Del resto, non mancano in giurisprudenza esempi di situazioni nelle quali la proposizione di giudizi autonomi in caso di identità di posizioni sia persino ritenuta contraria al canone di buona fede e correttezza processuale (cfr., Cassazione civile, Sez. Un., 15.11.2007 n. 23726; Id., Sez. III, 22.12.2011 n. 28266; Consiglio di Stato, Sez. IV, 29.11.2016 n. 5019). Non sembra, quindi, predicabile il carattere derogatorio dell’azione collettiva proposta in ambito civile o amministrativo.
10.4. Affermazione che, tuttavia, non si traduce nel deflettere dal necessario accertamento dei presupposti tipici di simile modalità di esercizio dell’azione che, come spiegato, risiedono nella verifica della ricorrenza di “identità di situazioni sostanziali e processuali”. E’, quindi, necessario verificare: 
i) la “identità” della posizione giuridica sostanziale per la quale si richiede tutela in giudizio (intendendosi per “identità” non già la astratta appartenenza della posizione considerata ad una delle due species tutelate dal nostro ordinamento giuridico, quanto la riconducibilità di tutte le posizioni alla medesima tipologia posta dall’atto di esercizio del medesimo potere amministrativo); 
ii) la “identità” del tipo di pronuncia richiesto al Giudice; 
iii) la “identità” degli atti impugnati, nel senso che tutti gli atti oggetto di impugnazione siano “comuni” ai ricorrenti, cioè siano tutti (e ciascuno di essi) egualmente lesivi di “identiche” posizioni di interesse legittimo; 
iv) la identità dei motivi di censura rivolti avverso gli atti impugnati che rappresenta una evidente conseguenza della relazione intercorrente tra atto illegittimo e situazione giuridica posta dall’esercizio del potere e da questo, nel concreto esercizio, illegittimamente lesa (cfr., Consiglio di Stato, Sez. IV, 5.10.2018, n. 5719)>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1894 del 6 agosto 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Per il TAR Brescia non c’è dubbio che il Piano di zonizzazione acustica sia un vero e proprio Piano, avente efficacia precettiva e prevalente sulla strumentazione urbanistica comunale, in tutto e per tutto sussumibile in quegli “atti e provvedimenti di pianificazione e di programmazione comunque denominati (...) elaborati e/o adottati da un’autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un’autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, amministrativa o negoziale e (....) previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative”, per i quali il d.lgs. n. 152/2006 impone la VAS.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 754 del 12 agosto 2021.
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Il TAR Milano osserva che secondo la giurisprudenza della Sezione, lo scrutinio circa la doppia conformità delle opere richiesta dall'art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001 non può che essere complessivo nel caso in cui, come quello di specie, siano realizzate abusivamente più opere tutte funzionalmente collegate tra loro; del resto, l’art. 36 regola la sanatoria avuto riguardo all’intervento abusivo e non alla singola opera abusiva; sicché, presentandosi l'intervento, anche alla stregua delle tipologie di lavori definite dall'art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, il risultato edilizio di una singola opera o di plurime opere funzionalmente connesse, la sanatoria dell'intervento non può non avere ad oggetto il complesso delle opere in cui lo stesso si sostanzia (T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 26.2.2021, n. 528).
Aggiunge inoltre che secondo un condivisibile e consolidato orientamento giurisprudenziale “il rilascio di un permesso in sanatoria con prescrizioni, con le quali si subordina l’efficacia dell’accertamento alla realizzazione di lavori che consentano di rendere il manufatto conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda o al momento della decisione, contraddice, innanzitutto sul piano logico, la rigida direttiva normativa poiché la previsione di condizioni o prescrizioni smentisce qualsiasi asserzione circa la doppia conformità dell’opera, dimostrando che tale conformità non sussiste se non attraverso l’esecuzione di modifiche ulteriori e postume (rispetto alla stessa presentazione della domanda di accertamento in sanatoria)” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 13 gennaio 2021, n. 423; Id., 24 giugno 2020, n. 4058; Id., 14 gennaio 2019, n. 325; T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 29 aprile 2020, n. 713; Id, 9.3.2021, n. 619).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1749 del 19 luglio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ritiene illegittimo il provvedimento con il quale il dirigente comunale, dopo aver sottoscritto la determinazione di indizione di una gara per il servizio distrettuale integrato per la famiglia e i minori nonché il relativo bando, disciplinare e capitolato speciale, ha nominato la Commissione giudicatrice e si è autonominato Presidente della stessa, in quanto contravviene palesemente al principio di separazione tra la fase della predisposizione della lex specialis e quella della concreta attuazione della stessa, quale presidio di garanzia della neutralità del giudizio ed in coerenza con la ratio generalmente sottesa alle cause di incompatibilità dei componenti degli organi amministrativi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1919 del 11 agosto 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


In sede di esame di una domanda risarcitoria inserita in un ricorso contro una delibera di approvazione del progetto definitivo di un’opera pubblica, il TAR Milano osserva che nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini dell'esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l'ordinaria diligenza, assume senz’altro rilievo, sul versante prettamente causale, l'omessa impugnazione dei provvedimenti che hanno determinato l’apposizione e la permanenza del vincolo espropriativo sulla proprietà del ricorrente, atteso che i danni i lamentati sarebbero stati presumibilmente evitati in caso di rituale utilizzazione dello strumento di tutela specifica predisposto dall'ordinamento a protezione delle posizioni di interesse legittimo onde evitare la consolidazione di effetti dannosi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1915 del 9 agosto 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia, dopo aver premesso che gli articoli 167, comma 5, e 181, comma 1 quater, del d.lgs. n. 42 del 2004 prevedono che l’istanza accertamento postumo della compatibilità paesaggistica debba essere presentata dall’interessato all’autorità preposta alla gestione del vincolo, che deve acquisire poi il parere obbligatorio e vincolante della Soprintendenza e, successivamente, deve pronunciarsi sulla domanda proposta dall’autore dell’abuso, osserva che il parere della Soprintendenza ha carattere obbligatorio e natura sostanzialmente decisoria, sicché il provvedimento che si pronunci sull’istanza omettendo di coinvolgere l’organo competente alla sua espressione è assunto in violazione di legge e deve essere annullato.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 723 del 4 agosto 2021.
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Il TAR Milano esamina la disciplina dei termini per la proposizione dell’opposizione di terzo e perviene a queste conclusioni: 

<<9.5.2.1. In primo luogo, si deduce la regola generale secondo la quale le impugnazioni si propongono entro il termine di sessanta giorni decorrente dalla notificazione della sentenza. Regola valevole anche per l’opposizione di terzo ex art. 108, co. 1, c.p.a. non trovando per questa applicazione il successivo art. 92, co. 2, riferito alla sola opposizione di terzo ex art. 108, co. 2, c.p.a. Né sembra poter assumere rilievo la proposizione di apertura del comma 1 che fa salvo solo quanto diversamente previsto da speciali disposizioni di legge. Formula che evidentemente intende riferirsi a regole espresse contenenti termini diversi come nel caso, ad esempio, del rito abbreviato o del rito elettorale e non anche a singoli mezzi di impugnazione per i quali il legislatore non detti alcuna regola sul termine. Diversamente opinando, la portata generale della regola risulterebbe svuotata di contenuto dovendosi ammetterne l’operatività solo in caso di (inutile) replica della previsione per il singolo mezzo di impugnazione.
9.5.2.2. In difetto di notificazione della sentenza non potrà trovare applicazione la regola del comma 3 trattandosi di parte non costituita in giudizio e, come tale, non necessariamente in condizioni di conoscere la sentenza resa inter alios. Lo conferma la regola di cui all’art. 92, co. 4, che, nel prevedere la non operatività del termine per la parte che non abbia avuto conoscenza del giudizio per nullità del ricorso o della sua notificazione, vale a fortiori per il soggetto rimasto estraneo al giudizio per la mancata estensione del contraddittorio alla parte che potrebbe risultare lesa dalla pronuncia>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1894 del 6 agosto 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia ricorda che, secondo il consolidato e condivisibile orientamento giurisprudenziale, il Comune deve accertare che chi richiede il provvedimento ampliativo abbia titolo per disporre del bene e, qualora venga a conoscenza dell'esistenza di contestazioni sul diritto del richiedente il titolo abilitativo, debba compiere le necessarie indagini istruttorie per verificare la fondatezza delle contestazioni, senza però sostituirsi a valutazioni squisitamente civilistiche (che appartengono alla competenza dell'A.G.O.), arrestandosi dal procedere solo se il richiedente non sia in grado di fornire elementi prima facie attendibili.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 648 del 9 luglio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


La sottoposizione di un progetto, per il quale in precedenza sia già stata esclusa la necessità di sottoposizione a VIA vera e propria, a nuova verifica di assoggettabilità a Valutazione di Impatto Ambientale deve essere effettuata solo qualora tale progetto sia stato oggetto di modifiche sostanziali e cioè di modifiche che – ai sensi dell’art. 5, primo comma, lett. l-bis), del d.lgs. n. 152 del 2006 – abbiano determinato una variazione tale da incidere in maniera significativa e negativa sull'ambiente o sulla salute umana. A tal fine è dunque necessaria la sussistenza di modifiche che comportino la realizzazione di un'opera radicalmente diversa da quella già in precedenza esaminata, tale da indurre il peggioramento dell'impatto dell'opera stessa sull'ambiente.


TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1824 del 26 luglio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano osserva che la monetizzazione sostitutiva della cessione delle aree a standard riguarda il reperimento delle aree necessarie alla realizzazione delle dotazioni territoriali, destinate ai servizi pubblici e di uso pubblico, all’interno della specifica zona d’intervento; a differenza del contributo di costruzione, il quale opera sul piano del rapporto paritetico tra l’Amministrazione e il contribuente ed è dovuto per i costi generali del Comune, la monetizzazione degli standard urbanistici attiene alla disciplina del territorio e riguarda i costi specifici del singolo intervento, per cui è dovuta dal privato non in virtù del mero rilascio del titolo edilizio ma in considerazione del maggior carico urbanistico della zona che il mutamento di destinazione d’uso dell’immobile ha concretamente comportato; la monetizzazione delle aree a standard può dunque ritenersi legittima solo ove il mutamento di destinazione si sia realizzato e comporti un aggravio effettivo del carico urbanistico.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1803 del 22 luglio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano con riferimento agli oneri informativi ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c bis, del D.lgs. n. 50/2016 osserva:
<<10. Va innanzi tutto rilevato che, per quanto qui di interesse, ai sensi dell’art. 80 comma 5 lett. c bis del D.lgs. n. 50/2016, introdotto dal D.L. 35/2018, è onere del concorrente portare a conoscenza dell'amministrazione le informazioni relative alla propria attività, per consentire alla stazione appaltante una ponderata valutazione dell'integrità e dell'affidabilità di ogni partecipante alla gara (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, n. 6615/2020; idem sez. III n. 6530/2020; idem sez. VI, n. 6743/2020; TAR Lombardia, Brescia, sez. I, n. 806/2020 e TAR Lombardia, Milano, sez. I, n. 1881/2020).
10.1. L’omissione di informazioni dovute “ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione” costituisce una ipotesi di grave illecito professionale (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 3 settembre 2018, n. 5142; Consiglio di Stato, sez. III, 23 agosto 2018, n. 5040).
10.2. Va rammentato che l'operatore è tenuto a fornire una rappresentazione quanto più dettagliata possibile delle proprie pregresse vicende professionali in cui, per varie ragioni, gli è stata contestata una condotta contraria a norma o, comunque, si è verificata la rottura del rapporto di fiducia con altre stazioni appaltanti (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407; idem sez. V, 4 febbraio 2019, n. 827; idem 16 novembre 2018, n. 6461; idem 24 settembre 2018, n. 5500; idem 3 settembre 2018, n. 5142; idem 17 luglio 2017, n. 3493; idem 5 luglio 2017, n. 3288; idem 22 ottobre 2015, n. 4870).
10.3. La lett. c bis del comma 5 dell’art. 80 costituisce norma di chiusura che impone agli operatori economici di dichiarare tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione, la cui rilevanza deve essere apprezzata caso per caso dalla stazione appaltante.
10.4. L’obbligo dichiarativo attiene, in ultima analisi, ai principi di lealtà e affidabilità contrattuale e professionale che presiedono agli appalti e ai rapporti con l’Amministrazione affidante, “né si rilevano validi motivi per non effettuare tale dichiarazione, posto che spetta comunque all'amministrazione la valutazione dell'errore grave che può essere accertato con qualunque mezzo di prova” (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 26 febbraio 2016, n. 802; Consiglio di Stato, sez. V, 5 maggio 2014, n. 2289; Consiglio di Stato, sez. III, 7 giugno 2013, n. 3123; Consiglio di Stato, sez. V, 11 dicembre 2014, n. 6105).
10.5. Nella prospettiva della norma, l'operatore economico non può valutare autonomamente la rilevanza dei fatti o dei precedenti penali da comunicare alla stazione appaltante, poiché questa deve essere libera di ponderare discrezionalmente la sua idoneità come causa di esclusione, dovendosi ritenersi mendace e rilevante anche la dichiarazione omessa (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, n. 6529/2018).
10.6. Se è vero che l’omissione di informazioni non ha attitudine espulsiva automatica, come invece l’ipotesi di falso dichiarativo, ai sensi della lett. f bis (cfr. Ad. Plen. n. 16/2020), è altrettanto vero che l’omessa dichiarazione va valutata dalla stazione appaltante in sé, verificando se le informazioni non rese avrebbero potuto astrattamente incidere sulla ammissione del concorrente (cfr. TAR Firenze sez. I, 30 dicembre 2020, n.1755)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1870 del 2 agosto 2021.
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Il TAR Milano, premesso che non sussiste una definizione di “lotto libero” valida ad ogni effetto giuridico, osserva che con riferimento alla disciplina dell’art. 14, comma 1 bis, della L.R. n. 12/2005:
<<La norma non contiene alcuna qualificazione del concetto di “lotto libero”. Tuttavia, l’art. 10 della medesima legge regionale, alla lettera e-bis del comma 1, dispone che il Piano delle Regole “individua e quantifica, a mezzo di specifico elaborato denominato Carta del consumo di suolo, redatta in base ai criteri, indirizzi e linee tecniche di cui all'articolo 19, comma 2, lettera b bis), numero 5), la superficie agricola, ivi compreso il grado di utilizzo agricolo dei suoli e le loro peculiarità pedologiche, naturalistiche e paesaggistiche, le aree dismesse, contaminate, soggette a interventi di bonifica ambientale e bonificate, degradate, inutilizzate e sottoutilizzate, i lotti liberi, le superfici oggetto di progetti di recupero o di rigenerazione urbana; tale elaborato costituisce parte integrante di ogni variante del PGT che prevede consumo di suolo o anche un nuovo documento di piano. L'approvazione della Carta del consumo di suolo costituisce presupposto necessario e vincolante per la realizzazione di interventi edificatori, sia pubblici sia privati, sia residenziali, sia di servizi sia di attività produttive, comportanti, anche solo parzialmente, consumo di suolo”.
Dall’analisi sistematica dell’art. 10 e dell’art. 14 discende quindi che con la nozione di “lotto libero” il legislatore regionale non ha inteso fare riferimento a uno stato di fatto (coincidente con un’area nuda nel momento contingente), bensì a una situazione giuridica, corrispondente alla valutazione effettuata dal pianificatore comunale circa la condizione di quell’area, al fine di determinarne la possibilità di consumo di suolo.
In linea con quanto già ritenuto da questo T.A.R. sul tema (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 17 ottobre 2017, n. 1987), deve quindi ribadirsi che “la qualificazione di ‘lotto libero’ presuppone l'identificazione del lotto urbanistico (per una definizione della nozione urbanistica di lotto, cfr. Cass. civ., VI, 12 febbraio 2014, n. 3197), in relazione al quale, in presenza delle condizioni stabilite dalla norma di piano, possa essere riscontrata la qualità dell'essere libero da costruzioni; tale operazione è demandata, in linea di principio, agli strumenti urbanistici, generali o attuativi, o comunque subordinata alle regole da questi fissate (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 14 marzo 2017, n. 644)” (confermata da Consiglio di Stato, Sez. IV, 25 marzo 2020, n. 2077)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1875 del 2 agosto 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano, con riguardo all’ordine di trattazione del ricorso incidentale escludente e del ricorso principale, ricorda:
<<L’ordine di trattazione del ricorso incidentale escludente e del ricorso principale ha, a lungo, impegnato i giudici nazionali e la stessa Corte Europea di Giustizia, che si è da ultimo pronunciata con la sentenza del 5 settembre 2019 C- 333/18 del 9 settembre 2019 nella quale ha rilevato che “L'articolo 1, paragrafo 1, terzo comma, e paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2007, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un ricorso principale, proposto da un offerente che abbia interesse ad ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione del diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici o delle norme che traspongono quest'ultimo, ed inteso ad ottenere l'esclusione di un altro offerente, venga dichiarato irricevibile in applicazione delle norme o delle prassi giurisprudenziali procedurali nazionali disciplinanti il trattamento dei ricorsi intesi alla reciproca esclusione, quali che siano il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell'appalto e il numero di quelli che hanno presentato ricorsi”.
Ha osservato, infatti, la Corte che, quando a seguito di una procedura ad evidenza pubblica, due offerenti presentano ricorsi tesi alla reciproca esclusione, ciascuno di essi ha interesse ad ottenere l'aggiudicazione dell'appalto: da un lato, infatti, l'esclusione di un offerente può far sì che l'altro ottenga l'appalto direttamente nell'ambito della stessa procedura; d'altro lato, in caso di esclusione di tutti i concorrenti ed avvio di una nuova procedura ciascuno degli offerenti potrebbe parteciparvi e quindi ottenere indirettamente l'appalto.
Pertanto - prosegue la Corte - la regola “secondo cui gli interessi perseguiti nell'ambito di ricorsi intesi alla reciproca esclusione sono considerati in linea di principio equivalenti, si traduce, per i giudici investiti di tali ricorsi, nell'obbligo di non dichiarare irricevibile il ricorso per esclusione principale in applicazione delle norme procedurali nazionali che prevedono l'esame prioritario del ricorso incidentale proposto da un altro offerente” soggiungendo che “il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell'appalto pubblico di cui trattasi, come pure il numero di partecipanti che hanno presentato ricorsi nonché la divergenza dei motivi dai medesimi dedotti, non sono rilevanti”.
3.1. Posta dunque la necessità di esaminare sia il ricorso introduttivo sia il ricorso incidentale, ritiene il Collegio di esaminare per primo il ricorso principale. Ciò in quanto la sua eventuale infondatezza potrebbe determinare l’improcedibilità del ricorso incidentale, mentre l’eventuale fondatezza del ricorso incidentale non potrebbe in ogni caso comportare l’improcedibilità del ricorso principale (cfr. Cons. Stato sez. IV, 10 luglio 2020, n. 4431)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1870 del 2 agosto 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



- il decreto del Presidente del Consiglio di Stato 28 luglio 2021 che approva le nuove regole tecnico-operative del processo amministrativo telematico;

- il decreto del Presidente del Consiglio di Stato 28 luglio 2021 che adotta le linee guida per lo smaltimento dell'arretrato della Giustizia amministrativa.


Il TAR Milano, vista la sentenza della Corte Costituzionale 9.7.2021 n. 148, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 44, co. 4, c.p.a., limitatamente alle parole «se ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante», dichiara nulla ma nel contempo ordina il rinnovo della notificazione del ricorso introduttivo del giudizio eseguita presso la casella p.e.c. dell’Avvocatura Generale dello Stato e non presso la casella p.e.c. della competente Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano in violazione dell’art. 11, co. 1, del R.D. 1611/1933 che trova applicazione diretta anche in caso di notificazione a mezzo p.e.c.


TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1853 del 30 luglio 2021.
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Il TAR Milano osserva che l’art. 11 della l.r. 12/2005 prevede due distinti modelli di perequazione, la cui scelta è rimessa alla discrezionalità del Comune, che può decidere se ricorrere all’uno piuttosto che all’altro, oppure limitarsi ad adottare un sistema pianificatorio in cui non viene applicato alcun meccanismo perequativo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1812 del 23 luglio 2021.
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