Il TAR Milano non ritiene che il ricorso collettivo possa qualificarsi come una vera e propria “deroga” al principio che imporrebbe al titolare dell’interesse di proporre una domanda separata.
Precisa al riguardo il TAR che:
<<Difettano previsioni in tal senso sia nell’ordito del codice di rito amministrativo che in quello civile a cui rinvia la previsione di cui all’articolo 39 c.p.a., “deponendo anzi in senso (tendenzialmente) contrario le norme in tema di connessione, presenti in ambedue i Codici (artt. 31-36, art. 40 c.p.c.; art. 70 Cpa)” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 5.10.2018, n. 5719). L’elemento che consente ad una pluralità di soggetti di assumere la qualità di attore o ricorrente è la identità di posizione giuridica sostanziale per la quale si richiede tutela. Situazione che “più che “derogatoria” di un principio generale, costituisce una ipotesi ordinaria di esercizio del potere di azione, proiezione in sede processuale di una situazione sostanziale identica, accomunante tutti gli attori o ricorrenti” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 5.10.2018, n. 5719). Del resto, non mancano in giurisprudenza esempi di situazioni nelle quali la proposizione di giudizi autonomi in caso di identità di posizioni sia persino ritenuta contraria al canone di buona fede e correttezza processuale (cfr., Cassazione civile, Sez. Un., 15.11.2007 n. 23726; Id., Sez. III, 22.12.2011 n. 28266; Consiglio di Stato, Sez. IV, 29.11.2016 n. 5019). Non sembra, quindi, predicabile il carattere derogatorio dell’azione collettiva proposta in ambito civile o amministrativo.
10.4. Affermazione che, tuttavia, non si traduce nel deflettere dal necessario accertamento dei presupposti tipici di simile modalità di esercizio dell’azione che, come spiegato, risiedono nella verifica della ricorrenza di “identità di situazioni sostanziali e processuali”. E’, quindi, necessario verificare: 
i) la “identità” della posizione giuridica sostanziale per la quale si richiede tutela in giudizio (intendendosi per “identità” non già la astratta appartenenza della posizione considerata ad una delle due species tutelate dal nostro ordinamento giuridico, quanto la riconducibilità di tutte le posizioni alla medesima tipologia posta dall’atto di esercizio del medesimo potere amministrativo); 
ii) la “identità” del tipo di pronuncia richiesto al Giudice; 
iii) la “identità” degli atti impugnati, nel senso che tutti gli atti oggetto di impugnazione siano “comuni” ai ricorrenti, cioè siano tutti (e ciascuno di essi) egualmente lesivi di “identiche” posizioni di interesse legittimo; 
iv) la identità dei motivi di censura rivolti avverso gli atti impugnati che rappresenta una evidente conseguenza della relazione intercorrente tra atto illegittimo e situazione giuridica posta dall’esercizio del potere e da questo, nel concreto esercizio, illegittimamente lesa (cfr., Consiglio di Stato, Sez. IV, 5.10.2018, n. 5719)>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1894 del 6 agosto 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.