Secondo il TAR Milano, è illegittimo l’assoggettamento al canone non ricognitorio, previsto dall’art. 27 del codice della strada, nelle ipotesi di utilizzo del sottosuolo della sede stradale che - come nel caso di condutture elettriche - non impediscano o limitino in alcun modo la fruizione pubblica della sede viaria, ferma restando la legittima imposizione del canone per il tratto di tempo durante il quale le lavorazioni di posa e realizzazione dell’infrastruttura a rete impediscono la piena fruizione della sede stradale; il codice della strada ha assoggettato a canone unicamente le occupazioni idonee a sottrarre il bene all’uso pubblico (id est: peso imposto al bene pubblico) ciò che non accade nell’ipotesi di occupazioni che si sostanzino nell’interramento di condutture finalizzate all’esercizio di pubblici servizi.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2030 del 27 agosto 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Precisa il TAR Milano che la “sagoma” dell’edificio si individua (cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1564 del 15 marzo 2013; Cass., sez. III, 23 aprile 2004, n. 19034) nella conformazione planovolumetrica della costruzione e nel suo perimetro considerato in senso verticale ed orizzontale, ovvero il contorno che viene ad assumere l’edificio, ivi comprese le strutture perimetrali con gli aggetti e gli sporti.
Aggiunge poi il TAR Milano che l'impatto dell'intervento edilizio si misura prendendo in considerazione, non solo l'aggravio del fabbisogno di infrastrutture e servizi che esso induce, ma anche l'alterazione del paesaggio urbano che esso comporta sul piano morfologico-architettonico, per il che la linea di demarcazione tra nuova edificazione e ristrutturazione, in relazione alla quale assume rilievo il rispetto o meno della sagoma, afferisce proprio alla tutela del paesaggio, che è valore costituzionale, per il quale s’impone una disciplina uniforme in ambito nazionale (ex art. 9 Cost.).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1989 del 16 agosto 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il Consiglio di Stato, l’allegazione della copia fotostatica del documento del sottoscrittore della dichiarazione sostitutiva, prescritta dal comma 3 dell'art. 38 d.P.R. n. 445 del 2000, è adempimento inderogabile, atto a conferire legale autenticità alla sottoscrizione apposta in calce alla dichiarazione e giuridica esistenza ed efficacia all'autocertificazione; pertanto, in una gara d’appalto l'assenza della copia fotostatica del documento di identità non determina una mera incompletezza del documento, idonea a far scattare il potere di soccorso della stazione appaltante tramite la richiesta di integrazioni o chiarimenti sul suo contenuto, bensì la sua giuridica inesistenza, con la conseguenza che, in ossequio al principio della par condicio e della parità di trattamento tra le imprese partecipanti, l'impresa deve essere esclusa per mancanza della prescritta dichiarazione.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 4959 del 20 agosto 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano, quanto alla legittimità dell’asfaltatura di una strada vicinale eseguita in assenza di titolo edilizio, evidenzia che ogni attività di trasformazione del territorio assume rilevanza se risulta idonea a modificarlo in modo permanente e significativo; difatti, vanno ricondotti alla categoria della trasformazione edilizia urbanistica le opere che modificano significativamente la realtà urbanistica e territoriale, indipendentemente dal fatto che la loro realizzazione richieda attività edificatoria in senso stretto; più precisamente, devono ritenersi inclusi in tale categoria gli interventi di trasformazione del suolo, quali, ad esempio, la sua cementificazione o lo spianamento di un terreno al fine di ottenerne un piazzale, in quanto anche essi creano un nuovo assetto urbanistico: tali mutamenti di destinazione possono avere luogo solo se siano stati espressamente consentiti da una previsione urbanistica; da ciò discende, sempre per il TAR, l’illegittimità dell’asfaltatura di una strada sterrata senza alcun permesso, considerato che, trattandosi di una significativa trasformazione del contesto urbanistico ed edilizio, per la sua realizzazione è richiesto il previo rilascio di un permesso di costruire.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1886 del 30 luglio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, l’utilizzo di un immobile destinato all’uso industriale, artigianale o direzionale come luogo di culto, e non solo come sede di attività associativa, palesa un utilizzo dei locali che, per la sua incidenza urbanistica ed edilizia, necessita del previo rilascio di un permesso di costruire; le attività industriali o artigianali e quelle culturali e di culto rappresentano categorie funzionali autonome, per cui per ciascuna si impone l'acquisizione del titolo edilizio abilitativo; il comportamento urbanisticamente rilevante è l’uso del bene come luogo di culto e di preghiera, destinazione che presuppone necessariamente il rilascio del permesso di costruire per espressa previsione dell’art. 52, comma 3 bis, L.R. 12/2005, ciò perché anche un mutamento di destinazione d'uso, anche se non comporta la realizzazione di opere edilizie, non può comunque escludere la valutazione sull’impatto urbanistico.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2018 del 27 agosto 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il Consiglio di Stato, la realizzazione di un soppalco comporta ulteriore superficie calpestabile e autonomi spazi e rientra nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia, dal momento che determina un aumento della superficie utile dell’unità con conseguente aggravio del carico urbanistico; aggiunge il Consiglio di Stato che l’orientamento che mitiga il principio innanzi ricordato e volto a ricondurre la realizzazione di un soppalco nell’ambito degli interventi edilizi minori, per i quali non è richiesto il permesso di costruire, qualora l’opera sia tale da non incrementare la superficie dell’immobile è applicabile solo nel caso in cui lo spazio realizzato col soppalco consista in un vano chiuso, senza finestre o luci, di altezza interna modesta, tale da renderlo assolutamente non fruibile alle persone.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 4166 del 9 luglio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato precisa che, ai fini dell’assoggettamento al contributo di costruzione, costituisce attività edificatoria quella che indipendentemente dall'esecuzione fisica di opere, si rivela produttiva di vantaggi economici connessi all'utilizzazione, ricadendo pertanto nell’ambito di applicazione dell’art. 19 d.P.R. n. 380/2001; nella fattispecie il Consiglio di Stato ha ritenuto assoggettabile al contributo di costruzione la realizzazione di opere realizzate su un’area avente estensione pari a circa settanta ettari consistenti nella realizzazione di un impianto di carattere ricreativo - sportivo destinato al golf, con annesso parcheggio a servizio della struttura, con la creazione di fossi, impianti di irrigazione e di un laghetto, nonché mediante sbancamento di terreno e opere di modellamento dell’area verde destinata all’allocazione delle buche e ai percorsi realizzati mediante creazione di collinette e di alcuni laghetti.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 3990 del 28 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Brescia ritiene ammissibile l’impugnazione di un bando rispetto al quale si eccepisce la violazione del termine minimo di 35 giorni dalla trasmissione del bando per la ricezione delle offerte, fissato dall’art. 60 del D.Lgs n. 50/2016, atteso che la previsione contestata risulta in astratto immediatamente lesiva in quanto preclusiva della possibilità di presentare offerta, con conseguente interesse della parte alla immediata contestazione.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Seconda, n. 678 del 14 luglio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Brescia precisa che la pianificazione acustica non si esaurisce in un'attività di programmazione assimilabile a quella urbanistica, ma è rivolta a governare l’assetto del territorio sotto lo specifico profilo della tutela ambientale e della salute degli individui, attraverso la più coerente ed opportuna localizzazione delle attività umane in relazione alla loro rumorosità: ne consegue che l’interpretazione teleologica della normativa in questione porta a valorizzare gli interessi protetti da tale disciplina, desumibili dall'art. 2, comma 1, lett. a), della legge n. 447/95, ossia la tutela del riposo e della salute, la conservazione degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell'ambiente abitativo e dell'ambiente esterno.
Aggiunge il TAR Brescia che le destinazioni previste dagli strumenti urbanistici (il c.d. “preuso”) costituiscono l’imprescindibile punto di partenza della zonizzazione acustica, ma che tuttavia non si richiede una perfetta corrispondenza tra la classificazione acustica del territorio e la programmazione urbanistica, tenuto conto della diversa funzione delle due tipologie di pianificazione; lo strumento urbanistico disciplina l'assetto del territorio ai fini prettamente urbanistici ed edilizi, individuando le zone omogenee con criteri quantitativi; mentre la classificazione acustica ha riguardo all'effettiva fruibilità dei luoghi, valendosi di indici prettamente qualitativi.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 773 del 4 agosto 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


La Sezione Quinta del Consiglio di Stato, discostandosi dai precedenti della Sezione Terza n. 5182/2017 e n. 1902/2018, afferma che il termine (di trenta giorni) per la proposizione del ricorso incidentale, da parte del concorrente che, nel quadro del rito di cui all’art. 120, comma 2 bis, c.p.a., ha subito in prevenzione l’impugnazione di altro concorrente della propria ammissione al prosieguo della gara (e che intenda far valere l’estromissione del ricorrente principale) decorre non – come nella fattispecie del ricorso incidentale ordinario di cui all’art. 42 c.p.a. – dalla ricevuta notifica del ricorso principale (che, nell'ipotesi generale, attiva e fa insorgere l’interesse ad agire), ma dalla conoscenza, nelle forme legali, dell’avvenuta ammissione del ricorrente principale.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 5036 del 23 agosto 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

In argomento si veda il precedente post


Il TAR Milano precisa che il concetto di pertinenza urbanistica non coincide con il concetto di pertinenza civile: ai fini edilizio-urbanistici è, infatti, pertinenza il manufatto privo di autonoma destinazione e di autonomo valore, che non incide sul carico urbanistico, che presenta ridotte dimensioni e che non altera in modo significativo l’assetto del territorio; tale non è sicuramente una piscina interrata, sia per gli importanti lavori di scavo che la sua realizzazione comporta (nel caso di specie, la vasca ha dimensioni di m. 14,70 x 7,00, è di forma semicircolare con diametro di m. 2,60 e ha profondità che va da un minimo di m. 1,50 a un massimo di m. 1,80), sia perché non è elemento necessario ai fino del completamento di un’unità immobiliare avente destinazione residenziale.
Aggiunge il TAR Milano che, in quanto nuova costruzione, non solo la realizzazione di una piscina interrata presuppone il rilascio del permesso di costruire, ma, ove inserita in un contesto vincolato essa è anche insuscettibile di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica, posto che la sanatoria prevista del comma 4 dell’articolo 167 del D.Lgs. n. 42/2004 non si applica in ipotesi di aumento del volume o delle superfici utili.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1962 del 7 agosto 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il Consiglio di Stato osserva che anche nello svolgimento dell’attività autoritativa l’amministrazione è tenuta a rispettare non soltanto le norme di diritto pubblico (la cui violazione implica, di regola, l’invalidità del provvedimento e l’eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell’interesse legittimo), ma anche le norme generali dell’ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto, che incide non sull’interesse legittimo, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illegittime frutto dell’altrui scorrettezza.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 4912 del 10 agosto 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano aderisce all’orientamento della Corte di cassazione in materia di utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura secondo cui l’uso agronomico presuppone che il fango rispetti i limiti previsti per le matrici ambientali a cui dovrà essere assimilato e quindi anche quelli previsti dalla Tabella 1, colonna A, dell'allegato 5, al titolo 5, parte 4, d.lgs. n. 152 del 2006.
Il TAR Milano ha, quindi, annullato una delibera della Giunta regionale della Lombardia che ha innalzato i valori limite delle concentrazioni di idrocarburi e fenoli, fissandoli sopra i limiti di cui alla predetta tabella dell’allegato 5 al titolo 5, parte 4, d.lgs. n. 152 del 2006, e ciò in quanto le regioni possano sì intervenire sulla disciplina dei valori delle sostanze inquinanti contenute nei rifiuti (e nei fanghi da depurazione in particolare), ma ciò al solo fine di dettare norme più stringenti volte ad assicurare livelli di tutela più elevati rispetto a quelli standard – applicabili all’intero territorio nazionale – individuati dalla normativa statale.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1782 del 20 luglio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano, nello stabilire il campo di applicazione dell'accertamento postumo di compatibilità paesaggistica di cui all'art. 167, commi 4 e 5, del t. u. n. 42 del 2004, con specifico riguardo alla valutazione sulla creazione o meno di una superficie utile o volume, ritiene che la stessa dia luogo ad un accertamento che prescinde dall’apprezzamento di valori estetici o, comunque, di merito, di spettanza della Soprintendenza, derivando dall’applicazione di norme giuridiche disciplinanti l’attività urbanistico-edilizia (nella fattispecie il TAR ha ritenuto legittima la determinazione di un Ente Parco di non assoggettare al giudizio estetico un’opera in quanto concretizzatasi nella creazione di un nuovo volume).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1964 del 7 agosto 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che, nel rapporto tra due provvedimenti di diniego di accertamento della compatibilità paesistica di precedenti manufatti realizzati senza titolo, il rinnovo dell’istruttoria e la nuova ponderazione dell’assetto di interessi, la cui sussistenza renda il secondo atto una “conferma propria” impugnabile, deve essere attinente ad un “aliquid novi” sul piano sostanziale (relativo, rispettivamente, o al piano degli elementi oggettivi della fattispecie, oppure a quello delle valutazioni di legittimità o di merito) del rapporto tra situazione soggettiva del richiedente ed esercizio del potere da parte della P.A., perché altrimenti – laddove ci si soffermasse al mero dato formale dell’esistenza di una istruttoria, qualsivoglia fosse il suo contenuto – sarebbe di intuitiva evidenza che ci si troverebbe sempre di fronte ad un atto confermativo proprio.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1923 del 2 agosto 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto la mobilità relativa al trasferimento del dipendente pubblico tra enti del medesimo comparto o tra enti di comparti diversi, configurandosi la stessa come cessione del contratto di lavoro che si verifica nel corso di un rapporto già instaurato, tale da non determinare la costituzione di un nuovo rapporto di pubblico impiego o una nuova assunzione, ma comportando solo la modificazione soggettiva del rapporto di lavoro già in atto.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1943 del 3 agosto 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che, in sede di predisposizione di un PGT, rispetto alla previsione di una rilevante superficie destinata a standard, notevolmente superiore ai parametri di legge, il Comune deve idoneamente e congruamente motivare sulle ragioni di tale rilevante necessità; il TAR ricorda che è stato, in proposito, osservato che la destinazione a dotazioni standard di un'area privata incide fortemente sugli interessi del proprietario; è, pertanto, necessario che l'ente indichi sempre con precisione quali attrezzature debbano essere ivi realizzate, in modo da consentire l'apprezzamento, da un lato, della serietà della decisione e, da altro lato, della consistenza degli interessi pubblici che si intendono soddisfare a scapito dell'interesse privato; la motivazione rafforzata deve investire il complesso delle previsioni urbanistiche di sovradimensionamento e deve, quindi, chiarire perché il Comune abbia inteso superare i limiti minimi previsti dalla legge (cfr. TAR Lombardia, sez. II, 15 luglio 2016, nn. 1429 e 1430; 30 settembre 2016, n. 1766); inoltre, secondo le previsioni dell’art. 9, comma 10, della l.r. n. 12/2005, i servizi e le attrezzature private di interesse pubblico sono qualificati come servizi e attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale, conseguendone, dunque, che le relative aree devono essere considerate a standard (TAR Lombardia, sez. II, 21 dicembre 2012, n. 3186).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1863 del 30 luglio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, il principio che vieta nelle gare pubbliche la commistione fra requisiti soggettivi di partecipazione e requisiti oggettivi di valutazione delle offerte deve essere sempre applicato secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza, non potendo negarsi la legittimità di criteri di valutazione che possano premiare la caratteristiche organizzative dell’impresa in relazione all’oggetto dell’appalto, soprattutto se tali criteri non sono preponderanti nella determinazione complessiva del punteggio tecnico.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1869 del 30 luglio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che secondo la disciplina della c.d. class action ex d.lgs. n. 198/2009 (art. 1, comma 1), i titolari d’interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei possono agire in giudizio, innanzi al giudice amministrativo, nei confronti delle Amministrazioni pubbliche, se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale di tali propri interessi; il ricorso può essere proposto anche da associazioni o comitati ma, secondo la disposizione di cui all’art. 1, comma 4, "a tutela degli interessi dei propri associati, appartenenti alla pluralità di utenti e consumatori di cui al comma 1”: di quei soggetti cioè titolari di interessi giuridicamente rilevanti, cui, dalla condotta omissiva o negligente della pubblica Amministrazione, derivi una lesione diretta, concreta e attuale e che vanno indicati nominativamente, riportando, per ciascuno di questi, il titolo e l’oggetto dell’azione (nella fattispecie il TAR Milano ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da una Associazione di categoria, in quanto nell’atto introduttivo del giudizio, così come in quelli in seguito formati, gli associati,  a tutela dei quali era proposta l'azione, non erano indicati nominativamente, riportando, per ciascuno di questi, il titolo e l’oggetto dell’azione).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1931 del 2 agosto 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale relativa all’articolo 72, commi 1 e 2, della legge regionale della Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’articolo 1, comma 1, lett. c), della legge regionale 3 febbraio 2015, n. 2, in materia di installazione di nuove attrezzature religiose, per contrasto con gli articoli 2, 3 e 19 della Costituzione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1939 del 3 agosto 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ricostruisce i diversi orientamenti in merito alla tematica relativa ai limiti del sindacato giurisdizionale nel caso di esercizio della discrezionalità tecnica e aderisce alla più recente giurisprudenza amministrativa, secondo cui il controllo giurisdizionale, al di là dell'ormai sclerotizzata antinomia sindacato forte/sindacato debole, deve attestarsi sulla linea di un controllo che, senza ingerirsi nelle scelte discrezionali della Pubblica autorità, assicuri la legalità sostanziale del suo agire, per la sua intrinseca coerenza anche e soprattutto in materie connotate da un elevato tecnicismo (Consiglio di Stato, sez. III, 25 marzo 2013, n. 1645), senza, cioè, poter far luogo a sostituzione di valutazioni in presenza di interessi la cui cura è dalla legge espressamente delegata ad un certo organo amministrativo, sicché ammettere che il giudice possa auto-attribuirseli rappresenterebbe quanto meno una violazione delle competenze, se non addirittura del principio di separazione tra i poteri dello Stato (Consiglio di Stato, sez. VI, 13 settembre 2012 n. 4872; cfr., inoltre, T.A.R. per il Lazio – sede di Roma, sez. II bis, 11 luglio 2018, n. 7746).
Aggiunge il TAR Milano che questo orientamento appare idoneo a declinare il principio di effettività della tutela giurisdizionale nello specifico settore delle valutazioni tecniche, pur senza trasformare il controllo in un’indebita sovrapposizione del giudizio espresso dall’organo di verifica del corretto esercizio della legalità sostanziale a quello effettuato dal competente plesso amministrativo. 

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1875 del 30 luglio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con riferimento all’interpretazione dell’art. 105, comma 1, cod. proc. amm., e all’esatta individuazione dei casi di annullamento con rinvio, con particolare riferimento alle conseguenze derivanti dall’accertamento dell’errata dichiarazione di irricevibilità del ricorso di primo grado, enuncia i seguenti principi di diritto:
«1. In coerenza con il generale principio dell’effetto devolutivo/sostitutivo dell’appello, le ipotesi di annullamento con rinvio al giudice di primo grado previste dall’art. 105 Cod. proc. amm. hanno carattere eccezionale e tassativo e non sono, pertanto, suscettibili di interpretazioni analogiche o estensive.
2. L’erronea dichiarazione di irricevibilità, inammissibilità o improcedibilità del ricorso di primo grado non costituisce, di per sé, un caso di annullamento con rinvio, in quanto la chiusura in rito del processo, per quanto erronea, non determina, ove la questione pregiudiziale sia stato oggetto di dibattitto processuale, la lesione del diritto di difesa, né tanto meno un caso di nullità della sentenza o di rifiuto di giurisdizione.
3. La violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, anche quando si sia tradotta nella mancanza totale di pronuncia da parte del giudice di primo grado su una delle domande del ricorrente, non costituisce un’ipotesi di annullamento con rinvio; pertanto, in applicazione del principio dell’effetto sostitutivo dell’appello, anche in questo caso, ravvisato l’errore del primo giudice, la causa deve essere decisa nel merito dal giudice di secondo grado.
4. Costituisce un’ipotesi di nullità della sentenza che giustifica l’annullamento con rinvio al giudice di primo grado il difetto assoluto di motivazione. Esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”, tale anomalia si identifica, oltre che nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, nella motivazione meramente assertiva, tautologica, apodittica oppure obiettivamente incomprensibile: quando, cioè, le anomalie argomentative sono di gravità tale da collocare la motivazione al di sotto del “minimo costituzionale” di cui all’art. 111, comma 5, Cost.
5. La disciplina dei rapporti tra giudice di primo grado e giudice d’appello ha natura indisponibile, il che implica che, fermo restando l’onere di articolare specifici motivi di appello e il generale principio di conversione della nullità in motivi di impugnazione, nei casi di cui all’art. 105 Cod. proc. amm., il giudice d’appello deve procedere all’annullamento con rinvio anche se la parte omette di farne esplicita richiesta o chiede espressamente che la causa sia direttamente decisa in secondo grado. Viceversa, nei casi in cui non si applica l’art. 105 Cod. proc. amm., la possibilità per il giudice di appello di pronunciarsi sulla domande o sulle domande non esaminate in primo grado o erroneamente dichiarate irricevibili, inammissibili o improcedibili, presuppone necessariamente che, ai sensi dell’art. 101, comma 2, tali domande siano oggetto di rituale riproposizione, operando, altrimenti, la presunzione di rinuncia stabilita dallo stesso articolo, con conseguente inammissibilità per difetto di interesse dell’appello proposto senza assolvere all’onere di riproposizione».

La sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 10 del 30 luglio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ritiene degna di accoglimento la censura rivolta contro un PGT, con la quale parte ricorrente si duole della violazione del principio di perequazione urbanistica integrata con la scelta del Comune di gravare esclusivamente l’area della ricorrente del “costo” necessario per realizzare il pubblico interesse della tutela ambientale e paesaggistica.
Osserva al riguardo il TAR Milano che, come si evince dall’esame degli artt. 11 della L.R. n. 12/2005 e 2.1.3 della deliberazione di G.R. 29.12.2005, n. 8/1861, il principio della perequazione urbanistica è definito quale strumento di gestione del piano, incentrato su un’equa ed uniforme distribuzione di diritti edificatori indipendentemente dalla localizzazione delle aree per attrezzature pubbliche e dei relativi obblighi nei confronti del Comune; sebbene non sussista un obbligo di previsione di un sistema urbanistico perequativo o compensativo, la tendenza è in tal senso, in adesione a politiche urbanistiche fondate su scelte operative volte a rendere i proprietari delle aree coinvolte compartecipi delle determinazioni, oltre che basate su una sempre più equa ripartizione del peso derivante dai vincoli imposti ai privati, anche di tipo conformativo; l’istituto della perequazione ha, dunque la finalità di eliminare le diseguaglianze che la pianificazione tradizionale produce fra proprietari di aree aventi caratteristiche simili, tendendo a realizzare un’equa distribuzione dei diritti edificatori tra tutte le proprietà ricomprese all’interno dei medesimi ambiti.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1800 del 25 luglio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.