Il TAR Brescia condivide la tesi per cui gli impianti di trasmissione radiomobile non sono soggetti all’applicazione della normativa edilizia generale, ma solamente alle norme speciali di cui agli artt. 87 [ora art. 43] e ss. D.lgs. 259/2003, le quali comprendono e assorbono anche le verifiche di tipo edilizio; infatti, gli artt. 86 e 87, d.lgs. n. 259/2003, nel disciplinare il rilascio dell'autorizzazione all'installazione di impianti di telefonia mobile, prevedono un procedimento autorizzatorio tendenzialmente unico, capace di assorbire ogni giudizio di conformità urbanistica, assolvendo anche alle funzioni del relativo titolo abilitativo edilizio. Pertanto, il Comune non può pretendere che l'istante sottoponga il progetto a un separato procedimento autorizzatorio ai fini della verifica della conformità edilizia della stazione radio base. Solo nel caso in cui sia necessario, per la presenza di un vincolo paesaggistico, l’azienda interessata è onerata di munirsi del parere della preposta autorità sulla compatibilità paesaggistica.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 764 del 17 ottobre 2023




Il TAR Milano, a fronte di una esclusione da una procedura aperta per l’affidamento del servizio per la gestione delle aree di parcheggio per mancata produzione dell’asseverazione del Piano Economico Finanziario, osserva che, a fronte della mancata produzione dell'asseverazione a corredo del Piano Economico e Finanziario, la stazione appaltante non ha altra scelta se non quella di procedere all'esclusione della concorrente, senza possibilità di fare ricorso al c.d. soccorso istruttorio; il Piano Economico Finanziario costituisce infatti un elemento essenziale dell'offerta, con la conseguenza che la sua mancanza, o l'omessa asseverazione da parte di soggetto abilitato, costituisce vizio essenziale della stessa, non sanabile con il soccorso istruttorio; trattandosi di un documento caratterizzato da una particolare qualificazione in materia finanziaria, nonché dalla terzietà del soggetto da cui promana, non è ammissibile che alla sua mancanza possa sopperire la valutazione dell'Amministrazione aggiudicatrice, derivandone che l'ammissione di un'asseverazione postuma attribuirebbe alla parte che se ne avvalesse un ingiustificato vantaggio competitivo, in violazione della par condicio; l’obbligo in questione non riguarda, poi, solo le procedure di partenariato pubblico/privato, ma anche le concessioni.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2833 del 28 novembre 2023


Il TAR Milano ricorda che in caso di intervento edilizio realizzato all'esito di presentazione di s.c.i.a., per il quale era tuttavia precluso il ricorso a detto titolo abilitativo, esigendosi di contro il rilascio di permesso di costruire, non trova applicazione il termine decadenziale per l'esercizio del potere inibitorio previsto dall'art. 19 della l. n. 241 del 1990, il cui decorso esaurisce gli ordinari poteri di vigilanza edilizia, in quanto tale termine opera solamente nelle ipotesi in cui gli interventi realizzati o realizzandi rientrino fra quelli eseguibili mediante s.c.i.a.; per gli interventi soggetti a permesso di costruire, invece, deve applicarsi il comma 2-bis dell'art. 21 della medesima legge a mente del quale restano ferme le attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo su attività soggette ad atti di assenso da parte di pubbliche amministrazioni previste da leggi vigenti, anche se è stato dato inizio all'attività ai sensi degli articoli 19 e 20.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 3148 del 21 dicembre 2023


Il TAR Milano respinge un’eccezione di irricevibilità per aver notificato il ricorso oltre il termine di 60 giorni dall’adozione della determina impugnata regolarmente pubblicata all’albo pretorio del Comune, anche telematicamente e osserva che, ai sensi dell’art. 41, comma 2, c.p.a., il termine per impugnare decorre, “per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione” (solo) “se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge”. Nel caso di specie viene impugnato un atto comunale avente natura gestionale, nello specifico una determinazione del Responsabile del Servizio Tecnico che esula dai casi per i quali il Testo unico Enti locali prevede la pubblicazione. Il Testo unico in parola, infatti, impone la pubblicazione per i soli atti rientranti nella categoria delle “deliberazioni” (di Consiglio comunale e di Giunta, nel caso dei Comuni) e non per tutti gli atti (inclusi decreti, ordinanze, determinazioni), disponendo all’art. 124, comma 1, che “Tutte le deliberazioni del comune e della provincia sono pubblicate mediante pubblicazione all'albo pretorio, nella sede dell'ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge”. Nella fattispecie, pertanto, non pare sussistere una delle ipotesi nelle quali il termine per proporre ricorso debba farsi decorrere dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2236 del 6 ottobre 2023


Il TAR Milano precisa che è illegittima l’ordinanza comunale impositiva nei confronti degli eredi dell’obbligo di provvedere all’esecuzione di tutti i lavori atti alla messa in sicurezza di un fabbricato, nel caso in cui l’Ente procedente non abbia fornito la prova dell’avvenuta accettazione di eredità attraverso la presa di possesso dell’immobile, essendo a tal fine privi di rilevanza tutti quegli atti che non denotino in maniera univoca un’effettiva assunzione della qualità di erede. Aggiunge il TAR che se dovesse sussistere un pericolo per la pubblica incolumità – da accertare rigorosamente con accurata istruttoria, prima dell’emanazione del relativo provvedimento, al fine di individuare i soggetti tenuti a eseguire le misure di messa in sicurezza – è possibile attivare la procedura di cui all’art. 481 cod. civ. che stabilisce che “chiunque vi ha interesse può chiedere che l’autorità giudiziaria fissi un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta o rinunzia all’eredità. Trascorso questo termine senza che abbia fatto la dichiarazione, il chiamato perde il diritto di accettare”.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3129 del 20 dicembre 2023


Il TAR Milano precisa che il contenuto dell’artt. 80, comma 4, del D.Lgs. n. 50/2016 è chiaro nel prevedere che l’esclusione – o la revoca dell’aggiudicazione – è disposta, peraltro obbligatoriamente, quando l’irregolarità attiene al pagamento di imposte e tasse o dei contributi previdenziali, non in qualsiasi ipotesi in cui un credito dell’amministrazione sia riscosso tramite cartella esattoriale (nella fattispecie il credito si riferiva al pagamento di spese di giustizia, per il che, secondo il TAR, non può trovare applicazione la disposizione invocata e, conseguentemente, l’accertamento di detto debito è inidoneo a fondare la revoca dell’aggiudicazione impugnata).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2380 del 18 ottobre 2023


A fronte di una istanza di revisione del corrispettivo patrimoniale dovuto all’amministrazione a titolo di canone concessorio, il TAR Milano osserva che, in presenza di una formale domanda di parte, l'amministrazione è tenuta a concludere il procedimento, anche se ritiene che la domanda sia irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata, non potendo rimanere inerte. Tale obbligo di provvedere deve corrispondere a una situazione soggettiva protetta, rinvenibile anche al di là di un’espressa disposizione normativa che preveda la facoltà del privato di presentare un’istanza e, dunque, in tutte le fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l’adozione di un provvedimento ovvero le volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3068 del 18 dicembre 2023


Il TAR Milano, in ordine all’interesse ad agire, osserva che, seppure in materia ambientale un orientamento interpretativo sostiene che la vicinitas sia sufficiente a comprovare tanto la legittimazione, quanto l’interesse ad agire, senza che sia necessario per il ricorrente allegare e provare l’esistenza di uno specifico pregiudizio, nondimeno il Tribunale ritiene coerente la differente impostazione che conserva la distinzione e l’autonomia tra le due diverse condizioni dell’azione; la vicinitas, pur valorizzabile ai fini della legittimazione, non dimostra di per sé l’interesse ad agire, che postula almeno l’allegazione dello specifico pregiudizio che al ricorrente deriva dal provvedimento impugnato; lo stabile collegamento opera come criterio di legittimazione a “maglie allargate”, ma la natura soggettiva del processo amministrativo impone di selezionare gli interessi giuridicamente rilevanti, onde evitare che, in assenza della previsione legislativa di un’azione popolare, nel giudizio trovino tutela posizioni di mero fatto, sganciate dal conseguimento da parte del ricorrente di una concreta utilità in connessione con un determinato bene della vita; nel caso in esame (impugnazione di una modifica sostanziale di AIA per attività di ricezione, stoccaggio, smaltimento e recupero di rifiuti), nonostante la vicinitas, resta ferma la necessità di verificare il pregiudizio in astratto derivante dall’atto impugnato, pregiudizio la cui allegazione compete alla parte ricorrente e può comunque ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso; va verificato che la situazione giuridica soggettiva affermata possa aver subito una lesione, ma non anche che abbia subito una lesione, poiché questo secondo accertamento attiene al merito della lite.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 3035 del 14 dicembre 2023


Il TAR Milano, esaminando un ricorso avverso uno strumento urbanistico, prende atto che la difesa dei ricorrenti – pur riconoscendo la sopravvenuta carenza di interesse allo scrutinio della domanda di annullamento, essendo intervenuta la sostituzione della variante impugnata con un successivo atto pianificatorio, non impugnato – ha manifestato la permanenza di un interesse ai fini risarcitori, secondo quanto previsto dall’art. 34, comma 3, c.p.a., che è stato tempestivamente dichiarato nel rispetto dei termini di cui all’art. 73 c.p.a. Ciò, precisa il TAR, impone di esaminare le censure contenute nel ricorso, sebbene soltanto ai fini della verifica della ipotizzata illegittimità degli atti impugnati, senza tuttavia che tale scrutinio possa determinare l’annullamento degli stessi, poiché, in coerenza con le conclusioni raggiunte dalla sentenza della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 8 del 2022, per ottenere l’accertamento preventivo si palesa sufficiente una semplice dichiarazione, da rendersi nelle forme e nei termini previsti dall’art. 73 c.p.a., a garanzia del contraddittorio nei confronti delle altre parti, con la quale a modifica della domanda di annullamento originariamente proposta il ricorrente manifesta il proprio interesse affinché sia comunque accertata l’illegittimità dell’atto impugnato.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3029 del 13 dicembre 2023


Il TAR Brescia ricorda che, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza, sono illegittimi gli ordini di smaltimento dei rifiuti indiscriminatamente rivolti al proprietario di un fondo in ragione della sua mera qualità e in mancanza di adeguata dimostrazione da parte dell’Amministrazione procedente, sulla base di un’istruttoria completa e di un’esauriente motivazione, dell’imputabilità soggettiva della condotta. In tale quadro normativo, tutto incentrato sulla tipicità dell’illecito ambientale, non vi è spazio per una responsabilità oggettiva, nel senso che per essere ritenuti responsabili della violazione dalla quale è scaturita la situazione di inquinamento, occorre quantomeno la colpa. E tale regola di imputabilità a titolo di dolo o colpa non ammette eccezioni, anche in relazione ad una eventuale responsabilità solidale del proprietario dell’area ove si è verificato l’abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 818 del 6 novembre 2023


Il TAR Milano ricorda la consolidata giurisprudenza, secondo la quale il principio di separazione tra offerta tecnica e offerta economica risponde alla finalità di garantire la segretezza dell’offerta economica, dovendosi perciò evitare che l’offerta tecnica contenga elementi che consentano di ricostruire, nel caso concreto, l’entità dell’offerta economica. Coerente con detta finalità è l’affermazione giurisprudenziale secondo cui il divieto non va inteso in senso assoluto, impedendo cioè l’indicazione di qualsivoglia elemento a contenuto economico, bensì relativo, in modo da consentire l’inclusione di singoli elementi economici che siano resi necessari dagli elementi qualitativi da fornire, purché non facenti parte dell’offerta economica o comunque aventi portata marginale, con indagine da condurre in concreto, verificando l’attitudine dello specifico elemento divulgato a rendere effettivamente percepibile il contenuto dell’offerta economica.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2551 del 2 novembre 2023


Il TAR Brescia ribadisce il proprio orientamento interpretativo secondo cui, nello schema dell'art. 31, comma 2, d.P.R. n. 380/2001, l'ordine di demolizione ha come destinatari sia il proprietario dell'immobile dove sono state realizzate le opere abusive, sia l'autore dell'abuso. L'equiparazione del proprietario all'autore dell'abuso rivela che la misura ripristinatoria ha carattere oggettivo, essendo diretta a reintegrare immediatamente l'ordine urbanistico. Il proprietario non può quindi liberarsi dall'obbligo di rimessione in pristino eccependo l'estraneità dell'abuso o la buona fede circa il comportamento degli esecutori materiali dei lavori. L'estraneità all'abuso o la buona fede diventano rilevanti solo quando si passa dal comma 2 al comma 3 dell'art. 31, d.P.R. n. 380 del 2001, ossia quando è necessario valutare in che modo l'ordine di demolizione possa essere ottemperato. È nella fase dell'ottemperanza che il proprietario può distinguere la sua posizione da quella dell'autore dell'abuso, evitando la responsabilità solidale con quest'ultimo e la perdita dell'immobile.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 859 del 24 novembre 2023



Il TAR Brescia ha accolto una eccezione di inammissibilità di un ricorso per motivi aggiunti proposto da un operatore economico che, escluso dalla gara (revoca della aggiudicazione), aveva poi impugnato la successiva aggiudicazione al secondo classificato. Infatti, essendo stato respinto il ricorso principale, ed essendo rimasta ferma dunque la revoca dell’aggiudicazione, l’operatore non è legittimato a impugnare gli ulteriori atti della gara stessa, non potendo più risultare aggiudicatario, né è portatore di un interesse attuale alla rinnovazione della gara, poiché in caso di annullamento anche della successiva aggiudicazione al secondo classificato, residuerebbe la possibilità di aggiudicare la gara al terzo partecipante. Ciò sulla scorta di una specifica disposizione della lex specialis e del principio secondo cui l'interesse strumentale alla caducazione dell'intera gara e alla sua riedizione assume consistenza solo a condizione che sussistano in concreto ragionevoli possibilità di ottenere l'utilità richiesta.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 842 del 15 novembre 2023.


Il TAR Milano ricorda che, come rilevato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 179 del 2019, non può essere precluso ai Comuni di ridurre il consumo di suolo in misura differente e più consistente di quanto previsto a livello regionale, poiché il potere pianificatorio comunale è finalizzato allo sviluppo complessivo e armonico del territorio, nonché alla realizzazione di finalità economico-sociali della comunità locale, in attuazione di valori costituzionalmente tutelati.

TAR Lombardia, Milano, IV, n. 2951 del 5 dicembre 2023


Il TAR Brescia, in sede cautelare, constatato che mancava l’asseverazione della copia per immagine su supporto informatico della procura alle liti conferita dal ricorrente su supporto cartaceo, in violazione dell’art. 8, II comma, delle Regole tecnico-operative e relative specifiche tecniche allegate al D.P.C.S. 28 luglio 2021, precisato che è possibile procedere alla regolarizzazione, ex art. 44, II comma, c.p.a., ha assegnato a tale proposito un termine perentorio di 10 giorni (fissando una nuova udienza camerale per la prosecuzione dell’esame dell’istanza cautelare).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, Ordinanza n. 858 del 23 novembre 2023


Il TAR Milano ricorda che le previsioni riguardanti la tutela del paesaggio provinciale possiedono una efficacia prescrittiva e prevalente in quanto appaiono certamente riconducibili al novero delle previsioni in materia di tutela dei beni ambientali e paesaggistici; anche in relazione alla difesa del territorio, e in particolare per gli aspetti relativi alla componente idrogeologica, è riconosciuta efficacia prevalente alle linee di intervento, nonché alle opere prioritarie di sistemazione e consolidamento stabilite attraverso il P.T.C.P. D’altra parte, il riconoscimento della possibilità per il P.T.C.P. di dettare siffatte previsioni appare del tutto rispondente alle finalità stesse dello strumento di pianificazione provinciale, cui l’art. 15 della legge regionale n. 12/2005 attribuisce un ruolo di rilievo in tema di conservazione dei valori ambientali e paesaggistici e di rispetto dell’assetto idrogeologico del territorio. L’individuazione degli ambiti di rilievo paesaggistico e le linee di intervento in relazione all’assetto idrogeologico costituiscono oltretutto scelte che involgono interessi di carattere sovracomunale, ambientali, paesaggistici e di difesa del territorio, la cui tutela è stata affidata dalla legge regionale n. 12/2005 – in ossequio ai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui all’art. 118, comma primo, Cost. – alla regione e alle province. Questi interessi sono dunque presi in considerazione dagli strumenti di pianificazione territoriale approvati da tali enti (P.T.R. e P.T.C.P.) e si sovrappongono agli interessi di carattere urbanistico la cui tutela è principalmente affidata ai Comuni.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2921 del 1 dicembre 2023


Il TAR Brescia ha precisato che, benché nel procedimento di approvazione di un piano particolareggiato la Soprintendenza non esprima un parere vincolante, in mancanza di una espressa previsione di vincolatività nella norma statale di riferimento (art. 16 commi 3 e 4 L. n. 1150/1942), è ragionevole che l’amministrazione comunale tenga conto di un eventuale parere negativo della Soprintendenza valutando i possibili sviluppi del procedimento amministrativo e, quindi, la concreta realizzabilità dell’intervento edilizio in relazione alla posizione contraria manifestata dall’Autorità preposta alla tutela del vincolo. In tale prospettiva, dal momento che ai fini della concreta realizzabilità dell’intervento è necessario che l’interessato ottenga l’autorizzazione paesaggistica, sulla quale la Soprintendenza esprime un parere obbligatorio e vincolante ex art. 146 comma 5 d. lgs. n. 42/2004, e senza la quale il Comune non può procedere al rilascio dei titoli edilizi, è ragionevole che l’amministrazione comunale giudichi inutile l’approvazione di un piano attuativo che, sebbene conforme allo strumento urbanistico, sia stato giudicato dalla Soprintendenza incompatibile con il vincolo paesaggistico, in tal modo lasciando chiaramente prefigurare un parere altrettanto negativo – e in tal caso ostativo - in ordine al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, essenziale ai fini della concreta realizzabilità dell’intervento.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 872 del 29 novembre 2023


Il TAR Milano, esaminando un ricorso contro una informazione antimafia interdittiva e cancellazione dall’elenco dei fornitori di beni e prestatori di servizi (c.d. White List), osserva che la funzione di “frontiera avanzata” dell’informazione antimafia nel continuo confronto tra Stato e anti-Stato impone, a servizio delle Prefetture, un uso di strumenti, accertamenti, collegamenti, risultanze, necessariamente anche atipici come atipica, del resto, è la capacità, da parte delle mafie, di perseguire i propri fini. E solo di fronte ad un fatto inesistente od obiettivamente non sintomatico il campo valutativo del potere prefettizio, in questa materia, deve arrestarsi. Per l’interdittiva antimafia non è richiesta la prova dell’attualità delle infiltrazioni mafiose, dovendosi solo dimostrare la sussistenza di elementi dai quali è deducibile, secondo il principio del “più probabile che non” il tentativo di ingerenza, o una concreta verosimiglianza dell’ipotesi di condizionamento sulla società da parte di soggetti uniti da legami con cosche mafiose, e dell’attualità e concretezza del rischio. In definitiva, l’interdittiva antimafia, per la sua natura cautelare e per la sua funzione di massima anticipazione della soglia di prevenzione, non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste. Pertanto, ai fini della sua adozione, da un lato, occorre non già provare l’intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico - presuntivi dai quali, secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale, sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata; dall’altro lato, detti elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri. Sotto questo profilo, rileva il complesso degli elementi concreti emersi nel corso del procedimento; in altri termini, una visione parcellizzata di un singolo elemento, o di più elementi, non può che far perdere a ciascuno di essi la sua portata nel legame sistematico con gli altri. In altri termini, secondo l’orientamento consolidato e monolitico della giurisprudenza amministrativa, per vagliare l’apprezzamento discrezionale fatto dal Prefetto in ordine alla ritenuta esposizione di un’impresa al rischio di un condizionamento mafioso, il giudice si deve attenere (quale parametro generale) al criterio che le risultanze dell’istruttoria prefettizia debbano essere valutate unitariamente nel loro complesso, per cui non vanno analizzati singolarmente gli specifici fatti ed elementi di giudizio, che, provenienti da varie fonti, sono confluiti nella motivazione del provvedimento interdittivo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2327 del 16 ottobre 2023


Il TAR Milano, con riferimento ai principi, di origine civilistica, di correttezza e buona fede nei rapporti tra cittadino e PA, osserva che:
«In sintesi, il rapporto giuridico amministrativo deve essere riguardato in modo unitario, e cioè esso non si risolve nel provvedimento e nel conseguente rispetto delle regole di validità dell’atto, ma va sempre valutato nella prospettiva delle regole di comportamento secondo buona fede, la cui violazione importa responsabilità.
Sul piano del diritto positivo, la surriferita impostazione ha trovato un riscontro nella novellazione dell’art. 1, comma 2 bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, disposta dall’art. 12, comma 1, d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito in legge 11 settembre 2020, n. 120, che espressamente ha disposto che: “I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai principi della collaborazione e della buona fede.”.
Secondo autorevole dottrina, la citata norma ha codificato la buona fede pubblicistica, quale precipitato logico giuridico del principio di imparzialità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97, comma 2, Costituzione.
Si osserva ancora come il principio di leale collaborazione e di buona fede sono declinati dalla norma in esame in forma biunivoca, e cioè essi trovano applicazione con riferimento ad entrambe le parti, pubblica e privata, che compongono il rapporto giuridico amministrativo; si realizza, dunque, per effetto della disposizione in esame, l’implementazione di un “nuovo” modello relazionale tra soggetti pubblici e privati, che investe tutti gli aspetti del rapporto che tra detti soggetti si instaurano.
Anche il privato è tenuto a comportarsi lealmente e secondo buona fede nel momento in cui entra in contatto con la pubblica amministrazione, e per esso vale, in detta ottica, anche il principio di autoresponsabilità.
9.4 Nella descritta prospettiva è oramai ius receptum l’affermazione che riconosce una responsabilità dell’amministrazione per lesione del legittimo affidamento riposto dal privato nella correttezza dell’agere pubblico, attraverso la valorizzazione della predetta dicotomia tra regole di validità e regole di responsabilità.
9.5 Il legittimo affidamento si traduce in una particolare accezione di buona fede soggettiva, e cioè come la situazione di incolpevole ignoranza in cui versi un soggetto di fronte ad un comportamento affidante di altro soggetto (contrario ai canoni comportamentali riconducibili invece ad un concetto di buona fede oggettiva), che abbia generato una aspettativa giuridicamente rilevante andata delusa.
9.6 Come è noto, da ultimo l’Adunanza plenaria, con un gruppo di pronunce (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenze del 29 novembre 2021, nn. 19, 20 e 21), ha posto le coordinate ermeneutiche relative alla responsabilità dell’amministrazione per lesione del legittimo affidamento riposto dal privato.
In particolare, l’Adunanza plenaria ha enunciato il seguente principio di diritto: “la responsabilità dell’amministrazione per lesione dell’affidamento ingenerato nel destinatario di un suo provvedimento favorevole, poi annullato in sede giurisdizionale, postula che sulla sua legittimità sia sorto un ragionevole convincimento, il quale è escluso in caso di illegittimità evidente o quando il medesimo destinatario abbia conoscenza dell’impugnazione contro lo stesso provvedimento».” (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza n. 19/2021 citata).».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2847 del 29 novembre 2023


Precisa il TAR Milano che l’interesse ad agire che sorregge il gravame si caratterizza per la contestuale ricorrenza dei requisiti della lesione diretta e attuale derivante dal provvedimento impugnato (artt. 100 c.p.c. e 39 c.p.a). La lesione è diretta se la lesione alla posizione giuridica soggettiva del ricorrente deriva direttamente dal provvedimento impugnato e non già da un atto diverso dotato di autonomia lesiva e non legato a quello impugnato da un nesso di presupposizione necessaria (poiché altrimenti l’annullamento del primo comporterebbe la caducazione automatica del secondo). Non è detto che la lesione diretta alla posizione giuridica soggettiva sia anche contestualmente attuale. La categoria dell’attualità della lesione è ben diversa da quella della lesione diretta, le due espressioni (diretta e attuale) non sono un’endiadi. Spesso i due eventi si realizzano contestualmente con l’adozione dell’atto o del provvedimento amministrativo, sovente però ciò non accade poiché nel momento in cui si verifica la lesione diretta la stessa non è ancora attuale. La lesione è attuale se la lesione inferta dall’atto è in essere nel momento in cui si propone ricorso ossia laddove gli effetti che reca l’atto impugnato incidono, pregiudicandola, sulla posizione giuridica soggettiva del ricorrente, di modo che la lesione subita possa essere eliminata soltanto tramite l’intermediazione del provvedimento giurisdizionale richiesto al giudice. A volte la lesione non è attuale e ciò avviene ad esempio in presenza di un provvedimento condizionato ossia di un provvedimento la cui portata lesiva è in potenza in quanto il contenuto dell’atto non è ancora concretamente definito dipendendo da una circostanza sopravvenuta (sospensiva o risolutiva) futura e incerta. In questo caso, la lesione inferta dall’atto diventa attuale unicamente al verificarsi della circostanza assunta dall’amministrazione come condizione nel provvedimento che, una volta verificatosi, consente a quest’ultimo di esplicare hic et nunc la propria carica lesiva rimasta prima di allora in potenza.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2337 del 16 ottobre 2023


Il TAR Brescia osserva che i procedimenti di verifica di assoggettabilità a VIA e quello finalizzato al rilascio dell’AIA sono distinti e assolvono a funzioni diverse: la prima si occupa dell’impatto di un’opera o impianto, attraverso l’esame del progetto; la seconda dell’impatto di una determinata attività. Occorre inoltre distinguere tra impianti che già esistono e impianti che devono essere ancora realizzati; per gli impianti esistenti, già sottoposti a VIA, la sovrapposizione può sussistere, ma si tratta di un problema interno all’AIA, quale procedimento autonomo nel quale potranno essere acquisiti i dati prodotti nel procedimento di VIA; per quanto riguarda invece i nuovi impianti da realizzare, si presenta un problema di coordinamento tra due valutazioni aventi in sostanza il medesimo oggetto, seppur considerato sotto diversi profili: il progetto dell’impianto. L'ambito specifico della VIA è, quindi, l'inquadramento generale della localizzazione dell'impianto, e il suo rilascio integra, in sostanza, una condizione di procedibilità dell'AIA. Infatti, ai sensi dell’art. 10, comma 1, del D. Lgs. 152/2006, l’AIA può essere rilasciata solo dopo che, ad esito della procedura di verifica, l’autorità competente abbia valutato di non assoggettare i progetti a VIA.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I n. 730 del 9 ottobre 2023


Il TAR Milano precisa che, in difetto di una previsione – come quella di cui all'art. 25, co. 4, l. 241/1990 sull'accesso documentale – che qualifichi il contegno inerte dell'amministrazione come diniego dell'istanza, il silenzio sulla domanda di accesso civico generalizzato non ha valore provvedimentale, sicché l'interessato non può esperire l'azione di cui all'art. 116 cod. proc. amm., prevista per contestare il diniego di accesso, bensì deve attivare la speciale procedura giurisdizionale di cui agli artt. 31 e 117 cod. proc. amm. onde far accertare l'illegittimità del silenzio e ottenere una condanna al rilascio di un provvedimento espresso. Tuttavia, anche in ossequio al principio di effettività della tutela giurisdizionale, l'azione, ancorché formalmente presentata ai sensi dell'art. 116 cod. proc. amm., può essere riqualificata, in base al suo carattere sostanziale di condanna, come azione avverso il silenzio inadempimento ex artt. 31 e 117 cod. proc. amm., in modo da ordinare all'amministrazione di provvedere sull'istanza di accesso civico generalizzato, fermo restando che è precluso al giudice direttamente pronunciarsi sulla spettanza della pretesa ostensiva, a ciò ostando, ai sensi dell'art. 31, co. 3, cod. proc. amm., il margine valutativo sui limiti dell'accesso civico di cui agli artt. 5, co. 2, e 5 bis d.lgs. 33/2013.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 2746 del 21 novembre 2023


Secondo il TAR Milano, la decisione dell’amministrazione di avviare un approfondimento istruttorio circa la correttezza degli accertamenti catastali a suo tempo svolti e posti a fondamento di un provvedimento di diniego dell'istanza di certificazione di assenza di danno ambientale e di un provvedimento di diniego del permesso di costruire in sanatoria, conferma la fondatezza della censura di difetto di istruttoria formulata dalla parte ricorrente e comporta l’accoglimento del ricorso

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2370 del 18 ottobre 2023


Il TAR Brescia, in merito ad una segnalazione di deposito incontrollato di rifiuti rivolta ad un Comune, osserva che il ricevimento di un esposto relativo all’abbandono di rifiuti vincola il Comune a procedere a verifiche sulla natura del materiale abbandonato e ad attivare la procedura di rimozione ex art. 192, comma 3, del Dlgs. 3 aprile 2006 n. 152. Analogo obbligo di verifica e controllo sussiste quando vengano segnalati manufatti o depositi all’interno della fascia di rispetto stradale, perché occorre sempre stabilire se le innovazioni introdotte in prossimità della strada possano creare ostacoli o insidie alla circolazione. Tuttavia, l’autore della segnalazione non ha un’aspettativa qualificata a essere parte dei suddetti procedimenti di verifica, in quanto la sua posizione non è differenziabile da quella del resto della collettività.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 848 del 20 novembre 2023


Il TAR Brescia, in relazione ad una istanza di accesso agli atti diretta all’ostensione di tutta la documentazione afferente ad un procedimento amministrativo avviato nei confronti dell’istante sulla base di un esposto proveniente da terzi (esposto che ha dato impulso ad attività d’ispezione e controllo), ha ricordato il principio secondo cui il privato che subisce un procedimento di controllo vanta un interesse qualificato a conoscere tutti i documenti utilizzati per l'esercizio del potere — inclusi, di regola, gli esposti, le diffide e le denunce che abbiano determinato l'attivazione di un potere di controllo, ispettivo o di vigilanza dell'autorità — suscettibili per il loro particolare contenuto probatorio di concorrere all'accertamento di fatti. L'esposto, inoltre, una volta pervenuto nella sfera di conoscenza dell'Amministrazione, costituisce un documento che assume rilievo procedimentale come presupposto di un'attività ispettiva o di ulteriori interventi dell'Amministrazione, pertanto, diviene un elemento del procedimento amministrativo, come tale nella disponibilità dell'Amministrazione (cfr. Tar Napoli Sez. VI 01/06/2022 n. 3722).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 838 del 14 novembre 2023



Il TAR Milano precisa che il principio di alternatività tra il ricorso straordinario al Capo dello Stato e il ricorso giurisdizionale, di cui all' art. 8, secondo comma, del d.P.R. n. 1199 del 1971, non opera quando i due tipi di gravame siano proposti da soggetti diversi, cointeressati tra loro.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2371 del 18 ottobre 2023


Il TAR Milano osserva che l'esercizio del particolare potere di ordinanza contingibile e urgente, delineato dall'art. 9 della L. 26 ottobre 1995, n. 447, deve ritenersi consentito allorquando gli appositi accertamenti tecnici effettuati dalle competenti Agenzie Regionali di Protezione Ambientale rivelino la presenza di un fenomeno di inquinamento acustico. Si tratta, infatti, di un fenomeno che rappresenta - ontologicamente (per esplicita previsione dell'art. 2 della L. n. 447 del 1995) - una minaccia per la salute pubblica, per contrastare il quale la legge quadro sull'inquinamento acustico non configura alcun potere di intervento "ordinario" che consenta di ottenere il risultato dell'immediato abbattimento delle emissioni sonore inquinanti. In siffatto contesto normativo, l'accertata presenza di un fenomeno di inquinamento acustico (pur se non coinvolgente l'intera collettività) appare sufficiente a concretare l'eccezionale e urgente necessità di intervenire a tutela della salute pubblica con lo strumento previsto soltanto dall'art. 9, comma 1, della citata L. n. 447 del 1995. Detto strumento non va, quindi, riduttivamente ricondotto al generale potere di ordinanza contingibile e urgente in materia di sanità e igiene pubblica, dovendo piuttosto essere qualificato quale ordinario rimedio in tema di inquinamento acustico; ciò perché, in assenza di altri strumenti a disposizione delle amministrazioni comunali, la presenza di una accertata situazione di inquinamento acustico rappresenta di per sé una minaccia per la salute pubblica.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2421 del 23 ottobre 2023



Si segnala che sul BURL, Supplemento n. 46 del 17 novembre 2023, è pubblicata la legge regionale 14 novembre 2023 - n. 4 “Legge di revisione normativa ordinamentale 2023”, il cui art. 22 reca “Abrogazione di previsioni normative disapplicate, disposizioni in materia di piani attuativi, nonché per la pianificazione dei comuni di nuova istituzione o la cui circoscrizione risulta ampliata. Modifiche agli articoli 8, 13, 14, 25 e 25 quater della l.r. 12/2005 e abrogazione dell’articolo 25 bis della l.r. 12/2005, modifiche all’articolo 5 della l.r. 31/2014 e all’articolo 12 della l.r. 29/2006”.


Il TAR Milano ricorda che l’utilizzo di un titolo inidoneo rende abusivo l’intervento e impone al Comune di intervenire attraverso i suoi poteri generali di vigilanza in ambito edilizio di cui all’art. 27, comma 1, del D.P.R. n. 380 del 2001. Pur in presenza di sempre maggiori spazi di semplificazione procedimentale anche in ambito edilizio, esistono tuttavia dei limiti insormontabili che non consentono di derubricare gli interventi “maggiori” al titolo “minore”. Se, pertanto, il privato ha sempre la possibilità di optare per il permesso di costruire, anche nel caso in cui gli sarebbe possibile agire tramite semplice d.i.a. (oggi s.c.i.a.), non vale il reciproco, per cui nei casi in cui è ritenuto necessario l’avallo esplicito dell’intervento, l’utilizzo di qualsivoglia altra forma di comunicazione, ivi comprese quelle nuove introdotte nel tempo (si pensi alla c.d. comunicazione inizio lavori - C.I.L. - o comunicazione inizio lavori asseverata - C.I.L.A.) appare sostanzialmente inutile. Esso, cioè, si palesa tamquam non esset ai fini della legittimazione dell’intervento, che resta abusivo. L’utilizzo, infatti, di un titolo edilizio completamente inadeguato a “coprire” l’intervento realizzato non elide la natura illecita dello stesso, sì da poter comunque scongiurare l’intervento sanzionatorio del Comune nell’ambito del proprio generico potere di vigilanza di cui all’art. 27 del T.U.E.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2659 del 15 novembre 2023


Il TAR Milano osserva che la Regione è perfettamente legittimata a introdurre il c.d. Fattore di Pressione (e cioè il criterio in base al quale al superamento di un quantitativo massimo di rifiuti già conferiti in discarica in un determinato territorio, non è più possibile autorizzare nuove discariche o ampliamenti di discariche esistenti) non solo perché esso coinvolge anche la materia della tutela della salute (che appartiene alla competenza concorrente ex art. 117, comma 3, Cost.), ma anche perché, non avendo il legislatore nazionale ancora attuato l’art. 195, comma 1, lett. p), del d.lgs. n. 152/2006, la disciplina regionale censurata non può di certo prevedere un livello di tutela inferiore rispetto a quello nazionale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2567 del 6 novembre 2023


Il TAR Milano precisa che la figura sintomatica dell’eccesso di potere per sviamento deve essere sorretta da elementi istruttori idonei a provare un’effettiva divaricazione tra il fine assegnato alla PA dalla norma e quello concretamente perseguito; anche la giurisprudenza ha invero, sul punto, costantemente precisato che lo sviamento di potere ricorre allorché il pubblico potere viene esercitato per finalità diverse da quelle enunciate dal legislatore con la norma attributiva dello stesso, ovvero quando l'atto posto in essere sia stato determinato da un interesse diverso da quello pubblico; la censura deve essere supportata da precisi e concordanti elementi di prova, idonei a dare conto delle divergenze dell'atto dalla sua tipica funzione istituzionale, non bastando allegazioni che non raggiungono neppure il livello di supposizione o indizio.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2619 del 13 novembre 2023


Il TAR Milano osserva che, in presenza di un meccanismo perequativo, le previsioni che impongono la realizzazione di servizi pubblici non configurano vincoli espropriativi, bensì conformativi della proprietà, finalizzati al pubblico interesse.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2620 del 13 novembre 2023


Il TAR Milano osserva che la c.d. sanatoria di cui all’art. 36 del TUE esclude la possibilità per l’autore dell’abuso di eseguire ulteriori opere per conformare l’abuso alla legge; di conseguenza, se l’autore di un abuso accertato non può eseguire opere successive per conformare lo stesso alla legge, parimenti il provvedimento demolitorio non può imporre l’esecuzione di nuovi e gravosi interventi edilizi, ma solo la rimozione dell’esistente.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2374 del 18 ottobre 2023



Il TAR Milano ricorda che, secondo la giurisprudenza, l'inizio dei lavori atto ad impedire la decadenza del permesso di costruire si ha quando le opere intraprese siano tali da evidenziare l'effettiva volontà di realizzare il manufatto; l'effettivo inizio dei lavori non può essere considerato in via generale e astratta, bensì con specifico e puntuale riferimento all'entità e alle dimensioni dell'intervento edilizio così come programmato e autorizzato, e ciò al ben evidente scopo di evitare che il termine per l'avvio dell'edificazione possa essere eluso con ricorso a lavori fittizi e simbolici, e quindi non oggettivamente significativi di un effettivo intendimento del titolare della concessione stessa di procedere alla costruzione; l'inizio dei lavori rilevante al fine di impedire la decadenza dal titolo edificatorio deve dunque essere comprovato dall'effettuazione di trasformazioni che superino la soglia delle mere attività preparatorie, dovendo esse essere di entità significativa; la valutazione a tali fini delle stesse non può prescindere dalla considerazione dell'opera da eseguire, onde non vanno trascurate le peculiarità che presenta l'intervento in progetto; in particolare, i lavori edilizi devono ritenersi "iniziati" quando consistano nel concentramento di mezzi e di uomini, cioè nell'impianto del cantiere, nell'innalzamento di elementi portanti, nella elevazione di muri e nella esecuzione di scavi coordinati al gettito delle fondazioni del costruendo edificio, per evitare che il termine di decadenza del permesso possa essere eluso con ricorso ad interventi fittizi e simbolici; la mera esecuzione di lavori di sbancamento è, di per sé, inidonea per ritenere soddisfatto il presupposto dell'effettivo "inizio dei lavori" entro il termine di un anno dal rilascio del permesso di costruire a pena di decadenza del titolo abilitativo, essendo necessario che lo sbancamento sia accompagnato dalla compiuta organizzazione del cantiere e da altri indizi idonei a confermare l'effettivo intendimento del titolare del permesso di costruire di realizzare l'opera assentita.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2507 del 26 ottobre 2023


Il TAR Milano ricorda che si è affermato che la procedura di project financing enuclea due serie procedimentali strutturalmente autonome ma biunivocamente interdipendenti sotto il profilo funzionale, la prima di selezione del progetto di pubblico interesse e la seconda di gara di evidenza pubblica sulla base del progetto dichiarato di pubblica utilità. La seconda serie, più precisamente, è distinta nelle subfasi di individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa e di eventuale esercizio da parte del promotore del diritto di prelazione. La fase preliminare di individuazione del promotore, ancorché procedimentalizzata, è connotata da amplissima discrezionalità amministrativa, in quanto intesa non già alla scelta della migliore tra una pluralità di offerte sulla base di criteri tecnici ed economici preordinati, ma alla valutazione di un interesse pubblico che giustifichi, alla stregua della programmazione delle opere pubbliche, l’accoglimento della proposta formulata dall’aspirante promotore. La scelta del promotore di una procedura di finanza di progetto non è un modulo di confronto concorrenziale sottoposto al principio delle procedure di evidenza pubblica, quanto piuttosto uno strumento tramite il quale l’amministrazione definisce di concerto con il privato un obiettivo di interesse pubblico da realizzare; ciò appare tanto più vero ove si consideri che l’amministrazione, anche una volta dichiarata di pubblico interesse la proposta del privato e individuato il promotore, non è tenuta a dare corso alla procedura di gara per l’affidamento della concessione, non creandosi alcun vincolo per l’amministrazione e, corrispondentemente, enucleandosi una mera aspettativa (non giuridicamente tutelata) in capo al privato, condizionata dalle valutazioni di esclusiva pertinenza dell’amministrazione in ordine alla opportunità di contrattare sulla base della proposta (Cons. Stato, V, 4 febbraio 2019, n. 820). Ne discende che alla fase di scelta del proponente male si attaglia la predeterminazione dei criteri di valutazione, presupponente quanto meno la esatta definizione dell’oggetto del procedimento e dunque della proposta.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2418 del 23 ottobre 2023


Il TAR Brescia, in materia di interruzione del processo, ha precisato che, quando la parte ricorrente viene meno per morte o per altra causa, la facoltà di presentare una nuova istanza di fissazione di udienza ex art. 80 comma 2 cpa spetta ai successori a titolo universale. Se l’amministrazione convenuta intende svolgere il ruolo di parte più diligente ai sensi dell’art. 80, comma 3, cpa, può effettuare direttamente la riassunzione nei confronti dei successori della parte ricorrente, nel termine perentorio di novanta giorni dalla conoscenza legale dell'evento interruttivo. Se viceversa l’amministrazione convenuta non ha interesse a riassumere il processo, ma vuole ottenere una dichiarazione di estinzione del giudizio per rendere definitivi i provvedimenti impugnati, non può contare sul fatto che la parte ricorrente fosse rappresentata in giudizio, ma deve mettere i successori della parte ricorrente nella condizione di costituirsi a loro volta e di presentare istanza di fissazione di udienza. A tale scopo, è necessaria la notifica di un apposito invito a proseguire il processo interrotto, con fissazione di un termine tassativo. In caso di inerzia dei successori della parte ricorrente, l’amministrazione resistente potrà chiedere la dichiarazione di estinzione del giudizio ex art. 305 cpc.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 817 del 3 novembre 2023


Il TAR Milano, con riguardo a un motivo di ricorso che censura la parziale novità delle ragioni poste a base di un provvedimento di revoca dell’autorizzazione alla posa di impianto pubblicitario, condivide la prospettazione della difesa comunale secondo la quale al cospetto dell’avvio di un procedimento in cui è stato coinvolto anche l’Ente Parco non poteva non tenersi conto nell’adozione del provvedimento finale anche delle eventuali osservazioni e documenti prodotti da quest’ultimo, con la conseguenza che risulta giustificato il disallineamento tra il contenuto dell’atto di avvio del procedimento e l’atto conclusivo, essendo onere della parte privata controdedurre in ordine al complesso degli elementi, ivi compresi quelli sopravvenuti rispetto all’atto di avvio; quindi, sulla scorta delle riferite circostanze, non si può applicare alla fattispecie oggetto di scrutinio la disciplina relativa al preavviso di rigetto nella parte in cui si esclude la possibilità di fondare il diniego definitivo su ragioni del tutto nuove, non enucleabili dalla motivazione dell’atto endoprocedimentale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2209 del 6 ottobre 2023


Il TAR Milano ricorda che, secondo la giurisprudenza, in materia di abusi edilizi commessi da persona diversa dal proprietario, perché quest'ultimo possa andare esente dalla misura consistente nell'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'area di sedime sulla quale insiste il bene, occorre che risulti, in modo inequivocabile, la sua completa estraneità al compimento dell'opera abusiva o che, essendone lo stesso venuto a conoscenza, si sia poi adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall'ordinamento; sebbene l'ordine di demolizione debba sempre essere rivolto anche nei confronti del proprietario, questi non può subire la perdita di proprietà dell'area di sedime quando dimostri: a) di non essere l'autore dell'abuso e di non aver compartecipato alla sua realizzazione; b) di essersi seriamente attivato nei confronti dell'autore che abbia la disponibilità del bene, mediante diffide o altre iniziative di carattere ultimativo, per costringerlo ad eseguire la demolizione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2391 del 19 ottobre 2023


Secondo il TAR Milano la parziale ottemperanza all’ordine di demolizione equivale a completa inottemperanza, e ciò in quanto la lesione dell’assetto del territorio permane fino alla riduzione in pristino stato con conseguente piena applicazione delle corrispondenti sanzioni.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2444 del 24 ottobre 2023


Il TAR Milano osserva che la giurisprudenza ha rilevato che dal tenore dell’art. 211 d.lgs. n. 50/2016 emerge che, in sede di precontenzioso, l’Anac può esprimere pareri vincolanti e pareri non vincolanti. Il parere vincolante, obbligando le parti ad attenervisi, è atto immediatamente lesivo, condizione questa che ne consente - giusta anche quanto espressamente previsto dalla norma – l’autonoma impugnabilità. Il parere non vincolante, invece, avendo carattere di manifestazione di giudizio, non presenta aspetti di autonoma lesività e non è, dunque, autonomamente impugnabile, ma “assume connotazione lesiva tutte le volte in cui, riferendosi ad una fattispecie concreta, sia fatto proprio dalla stazione appaltante, la quale, sulla base di esso, abbia assunto la relativa determinazione provvedimentale. Ne consegue che l’impugnazione del parere facoltativo è consentita unitamente al provvedimento conclusivo della Stazione appaltante che ne abbia fatto applicazione. Ad avviso del Collegio, il parere assume carattere vincolante, per la parte che abbia acconsentito ad attenersi a quanto in esso stabilito, anche nel caso in cui le altre parti non abbiano manifestato il proprio assenso. Quanto disposto dall’art. 4 del regolamento Anac, il quale, “in materia di pareri di precontenzioso di cui all'art. 211 del d.lgs. n. 50/2016”, prevede che “quando l'istanza è presentata singolarmente dalla stazione appaltante o da una parte interessata, il parere reso è da intendersi non vincolante”, si pone in contrasto con la lettera dell’art. 211, che non subordina il carattere vincolante del parere ad una concorde iniziativa di tutte le parti. Laddove l’impegno sia stato assunto dalla sola stazione appaltante, questa sarà, quindi, obbligata, nelle proprie determinazioni, ad attenersi al parere. Il TAR ritiene che l’obbligo assunto dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 211, d.lgs. n. 50/2016 renda il parere dell’Anac immediatamente lesivo anche per l’operatore che non si sia obbligato ad attenersi a quanto in esso stabilito. Tale atto è invero destinato ad essere recepito dall’amministrazione nelle proprie determinazioni e deve essere, pertanto, oggetto di tempestiva impugnazione, proprio in forza della previsione dettata all’art. 211 che ne prevede l’immediata impugnabilità. Il parere dell’Anac va, invero, a incidere su posizioni di interesse legittimo di cui l’operatore è titolare, non solo quando quest’ultimo si sia previamente obbligato alla sua osservanza, ma anche allorché la stazione appaltante si sia obbligata ad attenersi a quanto in esso stabilito.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2548 del 31 ottobre 2023











Il TAR Milano osserva che, ai fini della configurabilità di un "controllo analogo", non è necessaria la ricorrenza, in capo ad un socio pubblico, di un potere di controllo individuale del singolo socio affidante sulla società-organo assimilabile a quello, individuale, delineato dai primi due commi dell'art. 2359 c.c. o dall’art. 2383 c.c. con riferimento alla nomina degli amministratori; ciò che è imprescindibile è solo che il controllo della mano pubblica sull'ente affidatario sia effettivo, ancorché esercitato congiuntamente e, deliberando a maggioranza, dai singoli enti pubblici associati, anche se ottenuto tramite strumenti diversi. Pertanto, nel caso di società partecipata da più enti pubblici è consentito nell’ambito e ai fini dell’in house istituire organi speciali, come un comitato unitario per l’esercizio del controllo analogo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2540 del 30 ottobre 2023



Il TAR Brescia, nell’ambito di una procedura di appalto di servizi, fa applicazione del principio del “one shot temperato”, per cui, dopo che il ricorrente ha ottenuto dal giudice amministrativo l’accoglimento della domanda di annullamento, è dovere della stessa P.A. riesaminare una seconda volta soltanto l'affare nella sua “interezza”, sollevando tutte le questioni rilevanti, con definitiva preclusione per l'avvenire di tornare ancora a decidere sfavorevolmente per il privato, sollevando questioni in precedenza trascurate: con ciò evitando che la P.A. possa riprovvedere più volte a sfavore del ricorrente, con successivi reiterati annullamenti in sede giurisdizionale delle determinazioni da quella assunte, eludendo in tal modo l’obbligo di soddisfare effettivamente l’interesse sostanziale del ricorrente. Tale principio costituisce il punto di equilibrio tra due opposte esigenze: la garanzia di inesauribilità del potere di amministrazione attiva e la portata cogente del giudicato di annullamento con i suoi effetti conformativi.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 779 del 24 ottobre 2023








Il TAR Milano osserva che deve ritenersi sussistente l’impossibilità materiale di indicazione separata dei costi per la manodopera a fronte di una modulistica predisposta dall’amministrazione nella quale non vi siano spazi per il loro inserimento; il TAR richiama al riguardo quanto affermato nella sentenza della Corte di giustizia UE, 2.5.2019, C-309/18 cit., secondo cui, “l’obbligo di trasparenza implica che tutte le condizioni e le modalità della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d’oneri” (punto 19); pertanto, ai fini della valutazione delle conseguenze dell’omessa indicazione dei costi di cui all’art. 95 c. 10 cit., è essenziale valutare se la documentazione di gara “generasse confusione in capo agli offerenti” (punto 30).

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2475 del 26 ottobre 2023


Il TAR Milano precisa che la natura espropriativa del vincolo viene meno nel caso di realizzazione dell’opera da parte del privato solo se l’opera realizzabile, sia pure con le limitazioni dovute alla conformazione, può comunque essere posta sul mercato scontando il meccanismo usuale della domanda e offerta per la determinazione del prezzo. Solo in questo caso il privato, potendo sfruttare economicamente l’opera, può ottenere un vantaggio economico che esclude l’indennizzabilità del vincolo e quindi ottiene un vantaggio dall’esercizio dello jus aedificandi nella forma di un immobile a servizio del pubblico. Tale condizione invece non sussiste nel caso in cui l’opera soddisfi solo interessi pubblici e non sia idonea ad un vantaggio privato, come un attraversamento pedonale ad uso pubblico, in quanto si tratta di opera “c.d. fredda” cioè non idonea a remunerare l’esercizio dello jus aedificandi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2462 del 25 ottobre 2023


Il TAR Milano ricorda che l'art. 9 della Legge n. 122 del 1989 - ai sensi del quale “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici” - deve essere interpretato nel senso che la normativa ivi prevista riguarda i soli edifici esistenti e non anche gli edifici nuovi, per i quali trova invece applicazione l'art. 41-sexies della Legge urbanistica n. 1150 del 1942, come sostituito dall'art. 2 della Legge n. 122 del 1989, per il quale “Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione".

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2466 del 25 ottobre 2023


Il TAR Milano precisa, con riferimento alle modalità con cui l’ARPA ha effettuato dei rilievi fonometrici, nessuna delle disposizioni richiamate da parte ricorrente (la legge n. 447/1995, il d.M. 16 marzo 1998, con particolare riferimento al punto 12 dell’Allegato A, il d.P.C.M. 1 marzo 1991 e il d.P.C.M. 14 novembre 1997) impone la coincidenza temporale dei rilevamenti riguardanti il rumore ambientale e il rumore residuo, mentre la circostanza che i rilievi fonometrici siano stati effettuati in due giornate differenti non risulta, di per sé, sintomo di inattendibilità dell'accertamento svolto. Invero, il punto 12 dell'allegato A al d.M. del 16 marzo 1998 (recante “Tecniche di rilevamento e di misurazione dell'inquinamento acustico”) prevede che il livello di rumore residuo debba essere misurato con le identiche modalità impiegate per la misura del rumore ambientale e non deve contenere eventi sonori atipici. La disposizione non prevede, quindi, che la misurazione debba avvenire nella medesima giornata, richiedendosi, piuttosto, una identica strumentazione, ovvero una stessa impostazione dei parametri e del punto di misurazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2421 del 23 ottobre 2023

In un diverso giudizio, il TAR Milano accoglie un ricorso nella parte in cui la ricorrente (che gestisce un esercizio pubblico dove viene esercitata l’attività di somministrazione di cibo e bevande e di organizzazione di eventi d’intrattenimento e di spettacolo) lamenta che i rilievi fonometrici non sono stati effettuati sulla base della c.d. uniformità del clima acustico in quanto il rumore ambientale e il rumore residuo risultano essere stati rilevati in appartamenti diversi. Se è vero che la necessaria misurazione, ai sensi del citato D.M. 16 marzo 1998, "con le identiche modalità impiegate per la misura del rumore ambientale" non implica identità di data e orario, la previsione normativa mostra comunque la ratio evidente di garantire quella sostanziale uniformità di clima acustico rivendicata dalla ricorrente. Il Collegio considera, quindi, che nel caso in esame sia mancata la uniformità del clima acustico risultando evidente che le misurazioni relative al rumore ambientale e quelle relative al rumore residuo non sono state effettuate nello stesso appartamento per cui il provvedimento impugnato risulta illegittimo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2422 del 23 ottobre 2023


Il TAR Milano ricorda che, secondo la giurisprudenza, per la delimitazione dell’ambito dell’effetto conformativo del giudicato amministrativo, la giurisprudenza afferma che occorre avere riguardo alla tipologia e al numero dei motivi accolti e distinguere le sentenze a effetto vincolante pieno, con le quali l’atto viene annullato per difetto dei presupposti soggettivi o oggettivi o per violazione di termini perentori relativi all’esercizio del potere, da quelle a effetto vincolante strumentale, con le quali l’annullamento per vizi formali (come quelli procedimentali o di mero difetto di motivazione) impone soltanto all’amministrazione di eliminare il vizio dall’atto senza vincolarla in alcun modo nei contenuti. La portata effettiva del giudicato va ricostruita sulla base di una lettura congiunta del dispositivo della sentenza e della parte motiva, che vanno inoltre correlate ai dati oggettivi di identificazione delle domande (causa petendi e petitum) proposte dalla parte ricorrente, considerando che il potere residuo dell’amministrazione in sede di riedizione del potere dopo una pronuncia di annullamento va delimitato con riferimento al tipo di vizio riscontrato e che, in ogni caso, l’effetto conformativo si estende all’obbligo di porre in essere una attività successiva conforme ai canoni di legittimità individuati dalla pronuncia da eseguire.
Qualora poi, sulla medesima questione si siano formati due giudicati contrastanti, al fine di stabilire quale dei due debba prevalere occorre fare riferimento al criterio temporale, nel senso che il secondo giudicato prevale in ogni caso sul primo, purché la seconda sentenza contraria ad altra precedente non sia stata sottoposta a revocazione, impugnazione peraltro ammessa esclusivamente ove la decisione oggetto della stessa non abbia pronunciato sulla relativa eccezione di giudicato.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2402 del 23 ottobre 2023


In una procedura negoziata per la fornitura di apparecchiature mediche, il TAR Brescia ha valutato positivamente una prescrizione tecnica che prevedeva l’obbligo delle ditte concorrenti di proporre un solo tipo di apparecchiatura, senza proposte alternative, pena l’esclusione dalla gara. Ciò in conformità al principio di unicità dell’offerta, posto a presidio, da un lato, del buon andamento, dell’economicità e della certezza dell’azione amministrativa, per evitare che la stazione appaltante sia costretta a valutare plurime offerte provenienti dal medesimo operatore economico, tra loro incompatibili, e che perciò venga ostacolata nell’attività di individuazione della migliore offerta; e, dall’altro, a tutela della par condicio dei concorrenti, poiché la pluralità delle proposte attribuirebbe all’operatore economico maggiori possibilità di ottenere l’aggiudicazione o comunque di ridurre il rischio di vedersi collocato in posizione deteriore, a scapito dei concorrenti fedeli che hanno presentato una sola e univoca proposta corrispondente alla prestazione oggetto dell’appalto, alla quale affidare la loro unica ed esclusiva chance di aggiudicazione.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 762 del 16 ottobre 2023


Il TAR Milano rammenta che, ai fini della sussistenza delle condizioni dell'azione avverso provvedimenti lesivi dal punto di vista ambientale, il criterio della vicinitas - ovvero il fatto che i ricorrenti vivano abitualmente in prossimità del sito prescelto per la realizzazione dell'intervento o abbiano uno stabile e significativo collegamento con esso, tenuto conto della portata delle possibili esternalità negative - (criterio che non può più considerarsi dirimente ai fini della legittimazione ad agire nella materia dell’edilizia) rappresenta invece, sul piano della tutela dell’ambiente a fronte di atti che lo possano in via ipotetica compromettere, un elemento di per sé qualificante, fermo restando che pretendere la dimostrazione di un sicuro pregiudizio all'ambiente o alla salute, ai fini della legittimazione e dell'interesse a ricorrere, potrebbe costituire una probatio diabolica, tale da incidere sul diritto costituzionale di tutela in giudizio delle posizioni giuridiche soggettive.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2261 del 10 ottobre 2023


Il TAR Milano rammenta che la giurisprudenza è concorde nel ritenere che, ferma la possibilità di ammettere, in casi particolari, azioni di accertamento, atteso che nella impostazione del codice del processo amministrativo il contenuto della decisione deve modellarsi intorno alle necessità di tutela della posizione soggettiva dedotta in giudizio, tale ammissibilità è condizionata al rispetto dei limiti generali che il codice del processo pone ai poteri decisori del giudice, i quali sono costituiti dal divieto di pronunciarsi su questioni afferenti poteri non ancora esercitati, dal divieto di accertare la fondatezza della pretesa al di fuori dei casi in cui si tratti di attività vincolata o non residuino ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e dal divieto di adottare sentenze costitutive che pongano in essere un nuovo atto, modifichino o riformino quello impugnato al di fuori dei casi di giurisdizione di merito. Dunque, l'azione di accertamento, per essere esperibile in concreto, deve essere supportata da un interesse giuridicamente rilevante di chi agisce in giudizio diverso da quello consistente nella eliminazione degli effetti del provvedimento, occorrendo altrimenti esperire l'azione di annullamento, che è correlata al rispetto del termine decadenziale. (Nella fattispecie il TAR ha dichiarato inammissibile una domanda di accertamento di non debenza del contributo di costruzione, in quanto non era stato impugnato nei termini decadenziali il provvedimento che aveva inquadrato determinati lavori come di ristrutturazione edilizia e, per l’effetto, assoggettati al contributo di costruzione).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2365 del 17 ottobre 2023


Il TAR Milano osserva che la scelta di suddividere l’oggetto dell’appalto in più lotti ha una finalità pro-concorrenziale in quanto volta a di favorire l'accesso delle micro, piccole e medie imprese (c.d. concorrenza per il mercato). La stazione appaltante non deve motivare la scelta di suddividere l’oggetto dell’appalto in più lotti, ma deve motivare la scelta opposta ossia quella di non suddividere l'appalto in lotti. Il principio della suddivisione in lotti di un appalto, previsto dall’art. 51 D.lgs. 50 del 2016, può essere derogato, seppur attraverso una decisione adeguatamente motivata, espressione di una valutazione discrezionale dell’amministrazione, sindacabile dal giudice amministrativo soltanto nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria, in ordine alla decisione di frazionare o meno un appalto di grosse dimensioni. La scelta discrezionale della mancata suddivisione in lotti ha, quindi, come presupposto e limite la motivazione da cui evidentemente deve emergere la non irragionevolezza e pretestuosità della decisione di non suddividere la gara in lotti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2328 del 16 ottobre 2023


Il TAR Milano rammenta che quanto alla facoltà di rideterminare l’importo degli oneri di urbanizzazione da parte dell’amministrazione procedente, la giurisprudenza è ormai consolidata, quanto meno dalla decisione dell’Adunanza Plenaria 30 agosto 2018 n. 12, nel ritenere che il provvedimento de quo non ha natura discrezionale, in quanto, benché il contributo configuri una prestazione imposta di natura patrimoniale, la quantificazione della relativa misura non costituisce spendita di potere autoritativo, ma esercizio di un diritto di credito sulla base di parametri predeterminati, nell'ambito di un rapporto di natura paritetica. Non ha, quindi, pregio il riferimento all'istituto dell'autotutela o al divieto di retroattività degli atti amministrativi, proprio perché il rapporto obbligatorio fra privato e Amministrazione, avente ad oggetto la corresponsione del contributo, ha natura paritetica e non coinvolge l'esercizio di poteri autoritativi. La rideterminazione degli oneri, quindi, non solo può essere operata anche a distanza di tempo dal rilascio del titolo e dalla relativa quantificazione degli stessi, se l'Ente si avvede dell'erroneità del calcolo, ma essa può essere svolta tanto in bonam quanto in malam partem, in modo da ovviare o ad un indebito oggettivo, inammissibile nei rapporti di diritto amministrativo, ovvero per apprestare la doverosa tutela alle finanze locali.


Il TAR Milano osserva che sul tema dei rapporti fra VIA e VAS va ricordato che, pur sussistendo dei punti di contatto fra i due istituti, la seconda si discosta dalla prima quanto ad ambito applicativo, mirando alla valutazione preventiva degli effetti sull’ambiente non tanto di attività progettuali, quanto di azioni pianificatorie e programmatiche, anticipando, così, lo strumento della tutela ad una fase antecedente alla redazione e stesura del singolo progetto da realizzare. Detto altrimenti, la VAS presenta un carattere complessivo e non può approfondire, per ogni singola opera, tutti i profili ambientali, poiché, essendo finalizzata alla soluzione di problemi su scala geografica più ampia, si concentra sugli impatti strategici, mentre è compito della VIA operare a livello di specifico intervento. Ne discende, pertanto, che le questioni attinenti alla localizzazione delle singole opere non costituiscono dimensione di analisi strategica propria della VAS ex art. 6, comma 12, d.lgs. 152/2016.


Sul BURL di oggi, Supplemento n. 41 del 13 ottobre 2023, è stata pubblicata la legge regionale 10 ottobre 2023, n. 3 "Conferimento ai comuni di funzioni in materia di bonifica di siti contaminati".
Con la legge n. 3 del 2023, la Regione conferisce ai comuni le funzioni amministrative relative alle procedure di bonifica e di messa in sicurezza, nonché alle misure di riparazione e di ripristino ambientale di siti contaminati che ricadono nell’ambito del territorio di un solo comune e disciplina i poteri regionali di indirizzo, coordinamento e controllo sulle funzioni conferite, nonché il supporto tecnico-amministrativo e l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte della medesima Regione, secondo quanto previsto dall’articolo 22 del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104 convertito dalla legge 9 ottobre 2023, n. 136.



Il TAR Milano accoglie la censura di incompetenza sollevata avverso un decreto dirigenziale con cui il Comune ha disposto l’acquisizione ex art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001, in quanto l’art. 42, comma 2, lett. l), del D.Lgs. n. 267/2000 riserva ogni decisione in materia di acquisti e alienazioni immobiliari al Consiglio Comunale. Tale norma dispone, infatti, che l’organo consiliare sia compente in via esclusiva all’adozione di atti riguardanti “acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della giunta, del segretario o di altri funzionari”, inclusa l’ipotesi di acquisto di immobili disciplinata dall’art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001. Del resto, essendo l’acquisizione sanante provvedimento connotato da ampia discrezionalità, è al Consiglio Comunale che spetta ogni apprezzamento in ordine alla sussistenza dei presupposti di utilità attuale e di interesse pubblico alla conservazione dell’immobile utilizzato per causa di pubblica utilità e circa gli altri presupposti di legge.


Il TAR Milano respinge la tesi dei ricorrenti secondo la quale, all’esito di una bonifica condotta a seguito di analisi di rischio specifica e parametrata alle CSR (concentrazioni soglia di rischio) e non alle CSC (concentrazioni soglia di contaminazione), sarebbe possibile qualificare le terre e rocce da scavo come sottoprodotto, con conseguente utilizzabilità in siti diversi da quello di produzione, purché risultino rispettati i valori di CSC del sito di destinazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2262 del 10 ottobre 2023


Il TAR Milano precisa che l'accesso ai documenti va considerato non solo ed esclusivamente come un istituto capace di permettere la conoscenza dei documenti amministrativi in via strumentale alla partecipazione procedimentale o alla difesa in giudizio, ma anche come idoneo ad ottenere la conoscenza di atti del procedimento amministrativo ogniqualvolta venga allegata la sussistenza di un interesse alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, la cui nozione è più ampia ed estesa rispetto a quella dell'interesse all'impugnazione, potendo avere ad oggetto atti idonei a dispiegare effetti diretti o indiretti nei confronti dell'istante indipendentemente dalla sussistenza o meno di una loro lesività.


Il TAR Milano ricorda che la violazione dei termini perentori sanciti dall’art. 73, co.1, c.p.a. deve essere verificata in relazione all’udienza in cui effettivamente l’affare viene trattenuto in decisione, sicché il differimento dell’udienza impone di computare i termini a ritroso sanciti dal menzionato art. 73 in relazione alla nuova data.


Il TAR Milano chiarisce che il divieto di accesso agli stadi ove si disputano gli incontri di calcio c.d. DASPO costituisce una misura di prevenzione che presuppone la pericolosità sociale e non già la commissione di un reato; per la sua adozione è sufficiente l'accertamento di un fumus di attribuibilità alla persona sottoposta alla misura delle condotte rilevanti, al fine della verifica della pericolosità del soggetto. Il divieto di accesso agli impianti sportivi può essere imposto non solo nel caso di accertata lesione, ma anche in caso di pericolo di lesione dell'ordine pubblico, come nel caso di semplici condotte che comportano o agevolano situazioni di allarme e di pericolo; detto potere si connota infatti di un'elevata discrezionalità, in considerazione delle finalità di pubblica sicurezza cui è diretto. Come per tutto il diritto amministrativo della prevenzione incentrato su una fattispecie di pericolo per la sicurezza pubblica o per l'ordine pubblico, deve valere la logica del "più probabile che non", non richiedendosi, anche per questa misura amministrativa di prevenzione (al pari di quelle adottate in materia di prevenzione antimafia), la certezza ogni oltre ragionevole dubbio che le condotte siano ascrivibili ai soggetti destinatari del DASPO, ma appunto una dimostrazione fondata su elementi di fatto gravi, precisi e concordanti, secondo un ragionamento causale di tipo probabilistico improntato ad una elevata attendibilità. Con specifico riferimento ad eventuali condotte individuali estrinsecatesi in azioni di gruppo la giurisprudenza è incline a ritenere che un comportamento di gruppo non esclude la possibilità di individuare col DASPO una somma di responsabilità individuali omogenee, qualora queste siano supportate da elementi diretti o presuntivi che consentano di affermare la inequivoca e consapevole partecipazione dei singoli al comportamento di gruppo. Non può, comunque, trascurarsi che il DASPO finisce per incidere su libertà costituzionalmente garantite, sicché, per non trasmodare in arbitrio, deve fondarsi su elementi che attestino con alta probabilità la responsabilità del destinatario di esso



Il TAR Milano ricorda che per consolidato orientamento giurisprudenziale, l’illecito professionale cui fa riferimento l’art. 80, comma 5, del d. lgs. n. 50/2016 è rinvenibile ogni qual volta si verifichino fatti tali da porre in dubbio l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico, in base ad una valutazione discrezionale che è rimessa alla stazione appaltante; tale valutazione, pertanto, è soggetta al controllo e al sindacato giurisdizionale nei limiti della manifesta illogicità, irrazionalità o errore sui fatti. L'elencazione delle cause rilevanti sulla valutazione di affidabilità del concorrente, sotto la vigenza del precedente e dell'attuale codice, deve intendersi come meramente esemplificativa, di talché la stazione appaltante può desumere il compimento di "gravi illeciti professionali" da ogni altra vicenda pregressa dell'attività professionale dell'operatore economico di cui è stata accertata la contrarietà ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa se essa ne mette in dubbio l'integrità e l'affidabilità, secondo un giudizio espresso dall'amministrazione non in chiave sanzionatoria, ma piuttosto fiduciaria. L'art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50/2016 costituisce dunque "norma di chiusura", ossia una clausola residuale in cui può essere fatta rientrare qualsiasi violazione tale da rendere dubbia l'integrità o l'affidabilità del concorrente. Tra queste "violazioni" rientrano pertanto anche i reati diversi da quelli di cui all'art. 80, comma 1, nonché quelli pur riconducibili a siffatto elenco ma per i quali non è ancora intervenuta sentenza definitiva di condanna. In questa stessa direzione possono essere prese in considerazione non solo le condanne non definitive ma anche altri accertamenti ed elementi di prova quali rinvii a giudizio oppure misure restrittive della libertà personale o patrimoniale. In questo quadro si è affermato, anche sotto la vigenza del precedente codice, che il rinvio a giudizio per fatti di grave rilevanza penale al pari della adozione di un'ordinanza di custodia cautelare a carico dell'amministratore della società interessata, ancorché non espressamente contemplato quale causa di esclusione dalle norme che regolano l’aggiudicazione degli appalti pubblici, può astrattamente incidere sulla moralità professionale dell'impresa con conseguente legittimità di un provvedimento di esclusione che previa adeguata motivazione ne abbia vagliato l'incidenza negativa sulla moralità professionale.






Il TAR Milano respinge le eccezioni di irricevibilità e inammissibilità del ricorso formulate dalla difesa della controinteressata, fondate sulla tardività della richiesta formulata da parte ricorrente al Comune di provvedimenti inibitori con riferimento a una c.i.l.a. e precisa che il Collegio aderisce all’orientamento secondo il quale, considerata la specifica natura della citata comunicazione, anche laddove sia trascorso un rilevante lasso temporale dalla sua trasmissione al Comune, non è precluso all’Amministrazione l’esercizio degli ordinari poteri repressivi e sanzionatori qualora ci si trovi al cospetto di interventi che, secondo la prospettazione della parte lesa, esulino dal regime della predetta comunicazione. L’utilizzo di un titolo inidoneo, difatti, rende abusivo l’intervento e impone al Comune l’adozione dei suoi poteri generali di vigilanza in ambito edilizio previsti, in particolare, dell’art. 27, comma 1, del D.P.R. n. 380 del 2001.


Il TAR Brescia, in merito ad una richiesta di declaratoria d’illegittimità del silenzio serbato da un Comune, pur dichiarando improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, ha comunque condannato l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite, perché in ogni caso l’adozione del provvedimento espresso da parte della p.a. – intervenuto nelle more del processo - era avvenuta con evidente ritardo rispetto al termine di trenta giorni prescritto dall’art. 2 Legge 241/1990.


Si pubblicano le slide illustrate dai relatori nell'incontro formativo: "La responsabilità risarcitoria della Pubblica Amministrazione nel settore degli appalti pubblici alla luce della giurisprudenza europea: il Caso Fosen Linjen della Corte EFTA", tenutosi il 29 settembre 2023.


Si allega la locandina del convegno "Transizione ambientale e digitale: effetti sul governo del territorio" che si terrà a Padova il 20 e il 21 ottobre 2023, in occasione del XXV Congresso di Nazionale AIDU -Associazione italiana di diritto urbanistico, Sezione italiana dell’Association internationale du droit de l’urbanisme (A.I.Dr.U.).


Il TAR Brescia, in tema esclusione dalle graduatorie provinciali di supplenza, ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione. A tale proposito il TAR Brescia osserva che nel caso di specie non si era in presenza di una vera procedura concorsuale, trovando così applicazione il principio affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (12/07/2011, n. 11), secondo cui, “Premesso che la giurisdizione amministrativa di legittimità sulle controversie inerenti a procedure concorsuali per il reclutamento di personale alle dipendenze della pubblica amministrazione è limitata alle sole procedure che iniziano con l'emanazione di un bando, sono contrassegnate dalla valutazione comparativa dei candidati e si concludono con la compilazione di una graduatoria, sussiste la giurisdizione ordinaria sulle controversie concernenti l'inserimento degli insegnanti, che siano in possesso di determinati requisiti anche in base ad una pregressa partecipazione a concorsi, in una graduatoria permanente preordinata al conferimento dei posti che si rendano via via disponibili”.


Il TAR Milano osserva che nel caso in cui un documento, peraltro meramente facoltativo, non abbia inciso in nessun modo sulla determinazione finale di affidamento della stazione appaltante, l’ipotetica falsità del medesimo non può determinare di per sé l’illegittimità dell’aggiudicazione (nella fattispecie si trattava dei giustificativi dell’offerta, la cui presentazione unitamente all’offerta era però meramente facoltativa, e che non sono stati esaminati dalla stazione appaltante in quanto nella specifica procedura negoziata la verifica di congruità o di anomalia delle offerte non era obbligatoria).


Il TAR Milano, esaminando un ricorso avente ad oggetto un provvedimento di sgombero emanato da un Comune di una casa albergo affidata in concessione, preso atto che il presupposto del provvedimento impugnato non è da ravvisarsi nell’esercizio della facoltà di recesso esercitato dall’ente locale ma nella naturale scadenza del contratto di concessione, osserva che, trattandosi di un provvedimento necessitato, in relazione ad un’occupazione di un bene pubblico che si è protratta oltre la scadenza del titolo, non sussiste alcuna violazione delle regole partecipative, degli obblighi di motivazione, né dei principi elaborati dalla giurisprudenza in materia di sfratto, che non ha avuto luogo nel caso di specie. Per giurisprudenza pacifica, il concessionario di un bene pubblico comunale non è titolare di alcuna aspettativa alla prosecuzione del rapporto, avendo l’Ente Locale la facoltà di individuare una destinazione più adeguata e idonea alle caratteristiche del bene e alla realizzazione degli interessi generali, e ciò finanche a fronte di una pregressa considerevole durata della concessione.


Il TAR Brescia si è pronunciato sulla prova dell’avvenuta notifica a mezzo pec del ricorso (nella fattispecie risultava depositato il file “pdf” delle ricevute di avvenuta consegna del ricorso all’Amministrazione resistente e ai controinteressati). Ebbene, osserva il TAR Brescia, a tale riguardo la giurisprudenza ha chiarito che, in base all’art. 14, c. 3 e 4, Decreto 28 luglio 2021 (“Regole tecniche-operative del processo amministrativo telematico”), la prova della notifica del ricorso deve essere fornita “…non mediante deposito della scansione della ricevuta in formato PDF, ancorché munita di asseverazione ai sensi dell’art. 22 CAD (come effettuato nel caso di specie da parte ricorrente a seguito della citata ordinanza 1005/2023), ma mediante deposito del file in formato EML (sul punto, TAR Calabria – Catanzaro, Sez. I, 2 marzo 2023, n. 302, e Cass. civ., Sez. III, ord. 8 giugno 2023, n. 16189)” (Tar Sicilia – Catania, sent. n. 2019/2023, cfr. C.G.A., sent. n. 271/2023), in quanto “…solo tali forme permettono di verificare la disponibilità informatica dell'atto da parte del destinatario e di provare il raggiungimento dello scopo legale della notificazione e, cioè, la consegna tempestiva e idonea a consentire il pieno esercizio del diritto di difesa e la corretta instaurazione del contraddittorio, dimostrazione che, invece, manca se l'atto notificato è depositato in diverso formato (nella specie, in formato ".pdf")” (Cass. Sez. 3, Ord. n. 16189 del 08/06/2023). In questo quadro, il TAR Brescia ha  concesso un termine perentorio per il deposito da parte del ricorrente della prova della notificazione del ricorso introduttivo secondo quanto previsto dalla normativa sul processo amministrativo telematico e dalla giurisprudenza che si è pronunciata in materia.