Il TAR Milano rammenta che la giurisprudenza è concorde nel ritenere che, ferma la possibilità di ammettere, in casi particolari, azioni di accertamento, atteso che nella impostazione del codice del processo amministrativo il contenuto della decisione deve modellarsi intorno alle necessità di tutela della posizione soggettiva dedotta in giudizio, tale ammissibilità è condizionata al rispetto dei limiti generali che il codice del processo pone ai poteri decisori del giudice, i quali sono costituiti dal divieto di pronunciarsi su questioni afferenti poteri non ancora esercitati, dal divieto di accertare la fondatezza della pretesa al di fuori dei casi in cui si tratti di attività vincolata o non residuino ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e dal divieto di adottare sentenze costitutive che pongano in essere un nuovo atto, modifichino o riformino quello impugnato al di fuori dei casi di giurisdizione di merito. Dunque, l'azione di accertamento, per essere esperibile in concreto, deve essere supportata da un interesse giuridicamente rilevante di chi agisce in giudizio diverso da quello consistente nella eliminazione degli effetti del provvedimento, occorrendo altrimenti esperire l'azione di annullamento, che è correlata al rispetto del termine decadenziale. (Nella fattispecie il TAR ha dichiarato inammissibile una domanda di accertamento di non debenza del contributo di costruzione, in quanto non era stato impugnato nei termini decadenziali il provvedimento che aveva inquadrato determinati lavori come di ristrutturazione edilizia e, per l’effetto, assoggettati al contributo di costruzione).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2365 del 17 ottobre 2023