Il TAR Milano osserva che l’art. 10, comma 3, lettera d), del d.lgs. n. 42/2004 si occupa dei c.d. beni culturali per riferimento o di interesse storico indiretto, per i quali l’accento è posto più che sul loro intrinseco pregio artistico, archeologico o etnoantropologico, sulla loro colleganza col contesto storico o sul ricordo di civiltà che essi riaccendono nella memoria della collettività. Resta inteso che il dato storico al quale connettere il rilievo culturale del bene ben può consistere non solo in un evento o in un fatto isolato di particolare importanza nella sua unicità, ma anche in un fenomeno sociale di vasta portata, del quale il bene sia l’epifania. Tuttavia, man mano che tale bene si allontana dall’ancoraggio offerto dai peculiari accadimenti della storia e dei suoi protagonisti, per avvicinarsi, piuttosto, alle grandi linee di tendenza dell’evoluzione sociale, tanto più la motivazione offerta a sostegno del vincolo deve divenire stringente, al fine di dimostrare la necessità di cogliere nell’oggetto del vincolo stesso un riflesso immediato e pregnante di quella tendenza. E, sotto tale profilo, un provvedimento di vincolo pronunciato ai sensi del comma 3, lett. d), dell’art. 10 si espone alla censura di un esercizio sviato del potere, ogni qual volta gli atti impugnati rivelino che la decisione dell’amministrazione di imporre il vincolo sia tratteggiata, anche e particolarmente, con riguardo alle qualità artistiche intrinseche di esso. In tali casi, l’assegnazione di alto rilievo ponderale a fattori in linea di principio estranei alla configurazione astratta del potere equivale a confessare che si è inteso ricorrere alla lett. d), in carenza dei requisiti temporali che avrebbero permesso di applicare il vincolo previsto ad altri fini, quali, in particolare, il valore artistico dell’opera.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1430 del 13 maggio 2024