Secondo il TAR Milano, deve ritenersi un inammissibile cambio della destinazione agricola la realizzazione di spazi commerciali volti alla vendita di prodotti che non presentano alcun reale e diretto collegamento con l’attività agricola; nella fattispecie si trattava di prodotti per la cura della persona, candele, profumatori, deodoranti per ambienti, oggettistica e complementi d’arredo per la casa e gli spazi esterni, mobili per gli esterni (sedute, tavoli, ombrelloni ecc.), articoli per il campeggio e per il mare, cappelli, ciabatte, tovaglie e tappeti, ombrelloni e gazebi; prodotti questi che, secondo il TAR, non soltanto non sono prodotti agricoli (né, ovviamente, derivanti dall’attività agricola), ma neppure di prodotti che derivano dall’attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici, finalizzata al completo sfruttamento del ciclo produttivo dell'impresa o, comunque, strumentale a quest’ultima. Aggiunge poi il TAR che nella specifica controversia ciò che viene in rilievo non è l’autorizzazione alla vendita di singoli prodotti, ma il vincolo derivante dalla destinazione impressa (oggetto, tra l’altro, di specifici atti di impegno) e che deve ricondursi all’attività agricola e non può, quindi, estendersi ad attività commerciali ultronee.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 595 del 19 marzo 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.