Il TAR Milano precisa che è vero che la natura non veritiera o falsa di una dichiarazione può realizzarsi anche attraverso la omissione o la incompletezza (reticenza) delle informazioni fornite, quando la informazione omessa o resa in modo parziale o incompleto attribuisce al tenore della dichiarazione un senso diverso, così che l’enunciato descrittivo venga ad assumere nel suo complesso un significato contrario al vero o negativo dell’esistenza di fatti rilevanti; tuttavia, già in base alle generali categorie penalistiche che non possono non venire in rilievo anche in subiecta materia, la non veridicità delle dichiarazioni fornite dalla impresa alla stazione appaltante presuppone la esistenza:
- a latere oggettivo, di un obbligo di informazione e di dichiarazione, sufficientemente specifico e determinato, e relativo a fatti (e non già a giudizi o “qualificazioni”);
- a latere soggettivo, nella coscienza e volontà di rendere una dichiarazione falsa e, dunque, il dolo generico dell’agente e non già il dolo specifico, irrilevanti essendo le concrete intenzioni dell’agente, non essendo richiesto l’animus nocendi o decipiendi; di guisa che non potrà parlarsi di contegno mendace in caso di mera negligenza, leggerezza o disattenzione, essendo sconosciuta al nostro ordinamento la figura del falso documentale colposo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2421 del 15 novembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.