Il TAR Milano ricorda che secondo una consolidata giurisprudenza, condivisa dal Collegio, il certificato di destinazione urbanistica, di cui all’art. 30, commi 2 e ss., del D.P.R. n. 380 del 2001, si configura come una certificazione redatta da un pubblico ufficiale, avente carattere meramente dichiarativo e non costitutivo degli effetti giuridici che dallo stesso risultano, visto che la situazione giuridica attestata nel predetto certificato è la conseguenza di altri precedenti provvedimenti che hanno provveduto a determinarla; pertanto, il certificato, in quanto privo di efficacia provvedimentale, non ha alcuna concreta lesività, il che rende impossibile la sua autonoma impugnazione; gli eventuali errori in esso contenuti potranno essere corretti dalla stessa Amministrazione, su istanza del privato, oppure quest’ultimo potrà impugnare davanti al giudice amministrativo gli eventuali successivi provvedimenti concretamente lesivi, adottati sulla base dell’erroneo certificato di destinazione urbanistica.
Aggiunge il TAR che eventuali danni discendenti dall’erroneo contenuto del certificato possono essere risarciti adendo il giudice ordinario, munito di giurisdizione sulla materia.

TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2296 del 4 novembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.