Il Consiglio di Stato precisa che dall’atto con cui il Comune dichiara di adottare il nuovo progetto di variante urbanistica senza, tuttavia, né rispettare le previsioni della legge da un punto di vista sia procedimentale sia contenutistico, né in alcun modo manifestare espressamente l’intenzione di revocare precedenti decisioni, non può trarsi l’implicita volontà di privare di efficacia pregresse deliberazioni formalmente assunte.
Invero, la revoca della deliberazione di adozione della variante generale consegue, per il Consiglio di Stato, esclusivamente:
- o alla legittima adozione di una nuova variante generale, giacché la disciplina della stessa materia (la pianificazione del territorio comunale) non può che trovare un’unica sedes materiae;
- o all’espressa e formale manifestazione della volontà consiliare, esternata con una apposita deliberazione di voler privare di efficacia la precedente deliberazione di adozione della variante generale.
Osserva, in proposito, il Consiglio di Stato che mentre con la prima evenienza il Comune sostanzialmente determina l’inizio di un nuovo procedimento pianificatorio, nella seconda, al contrario, il Comune chiude il procedimento a suo tempo iniziato con la deliberazione revocata.

Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 7051 del 17 ottobre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.