Il TAR Milano rammenta che la “dicatio ad patriam” rappresenta un modo di costituzione di una servitù di uso pubblico, consistente nel comportamento del proprietario che, seppure non intenzionalmente diretto a dar vita al diritto di uso pubblico, mette volontariamente, con carattere di continuità (non di precarietà e tolleranza), un proprio bene a disposizione della collettività, assoggettandolo al correlativo uso, al fine di soddisfare un’esigenza comune ai membri di tale collettività “uti cives”, indipendentemente dai motivi per i quali detto comportamento venga tenuto, dalla sua spontaneità e dallo spirito che lo anima.
Aggiunge il TAR che i presupposti per l’integrazione della dicatio ad patriam consistono, quindi:
(i) nell’uso esercitato “iuris servitutis publicae” da una collettività di persone;
(ii) nella concreta idoneità dell’area a soddisfare esigenze d’interesse generale;
(iii) in un titolo valido a costituire il diritto ovvero in un comportamento univoco del proprietario che, seppure non intenzionalmente diretto a dar vita al diritto di uso pubblico, risulti idoneo a manifestare l’intenzione di porre il bene a disposizione della collettività.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 2145 del 14 ottobre 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.