Il TAR Milano, in tema di principio di equivalenza dei prodotti offerti nelle gare d'appalto osserva che:
- muovendo dalla normativa prima contenuta nell’art. 68 del d.lgs. n. 163 del 2006 e ora racchiusa nell’art. 68 del d.lgs. n. 50 del 2016, la giurisprudenza ha evidenziato che, allorché le offerte devono recare per la loro idoneità elementi corrispondenti a specifiche tecniche, il legislatore ha inteso introdurre il criterio dell’equivalenza, nel senso cioè che non vi deve essere una conformità formale ma sostanziale con le specifiche tecniche, in modo che le stesse vengano comunque soddisfatte, con la conseguenza che, in attuazione del principio comunitario della massima concorrenza – finalizzata a che la ponderata e fruttuosa scelta del miglior contraente non debba comportare ostacoli non giustificati da reali esigenze tecniche – i concorrenti possono sempre dimostrare che la loro proposta ottemperi in maniera equivalente allo standard prestazionale richiesto e che il riferimento negli atti di gara a specifiche certificazioni o caratteristiche tecniche non consente alla stazione appaltante di escludere un concorrente respingendo l’offerta che possieda una certificazione equivalente o rechi caratteristiche tecniche perfettamente corrispondenti allo specifico standard voluto;
- peraltro, è l’operatore economico che intende avvalersi della clausola di equivalenza ad avere l’onere di dimostrare l’equipollenza funzionale tra i prodotti, non potendo pretendere che di tale accertamento si faccia carico la stazione appaltante, la quale è vincolata alla regola per cui le caratteristiche tecniche previste nel capitolato di appalto valgono a qualificare i beni oggetto di fornitura e concorrono, dunque, a definire il contenuto della prestazione sulla quale deve perfezionarsi l’accordo contrattuale, sicché eventuali e apprezzabili difformità registrate nell’offerta concretano una forma di aliud pro alio, comportante, di per sé, l’esclusione dalla gara, anche in mancanza di apposita comminatoria, e nel contempo non rimediabile tramite regolarizzazione postuma, consentita soltanto quando i vizi rilevati nell’offerta siano puramente formali o chiaramente imputabili a errore materiale;
- se dunque la produzione in sede di offerta delle schede tecniche dei prodotti deve ritenersi sufficiente ai fini dell’ammissione alla gara, in quanto atta a consentire alla stazione appaltante lo svolgimento di un giudizio di idoneità tecnica dell’offerta e di equivalenza dei requisiti del prodotto offerto alle specifiche tecniche – sì che la prova da fornire può concretizzarsi in una specifica e dettagliata descrizione del prodotto e della fornitura –, resta fermo che il giudizio di equivalenza sulle specifiche tecniche dei prodotti offerti in gara, legato non a formalistici riscontri ma a criteri di conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte, costituisce pacificamente legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione e, pertanto, il relativo sindacato giurisdizionale deve attestarsi su riscontrati, e prima ancora dimostrati, vizi di manifesta erroneità o di evidente illogicità del giudizio stesso, ossia sulla palese inattendibilità della valutazione espressa dalla stessa commissione di gara;
- d’altra parte, l’Amministrazione ben può esigere che i prodotti che intende acquisire presentino caratteristiche aggiuntive rispetto a quelle ordinariamente richieste per simili tipologie di prodotti, dovendosi presumere – fino a prova contraria – che le prescritte ulteriori proprietà elevino lo standard prestazionale ai fini di un migliore soddisfacimento dell’interesse pubblico perseguito, mentre spetta all’offerente dimostrare, pur a fronte della più alta soglia imposta, l’equivalenza sostanziale/funzionale del diverso prodotto offerto e poi, in caso di giudizio negativo della stazione appaltante, argomentatamente denunciare in sede giurisdizionale l’erroneità della determinazione amministrativa sfavorevole.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1991 del 16 settembre 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.

In argomento vedi anche la sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 6212 del 18 settembre 2019.