Il Tar Milano osserva che:
<<Secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa, confermata anche in sede nomofilattica, soltanto le clausole escludenti debbono essere impugnate immediatamente, mentre tutte le altre vanno impugnate all’esito della procedura, peraltro unicamente dai partecipanti alla stessa (Consiglio di Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4). È stato difatti “ribadito il principio generale secondo il quale le [clausole non direttamente escludenti], in quanto non immediatamente lesive, devono essere impugnate insieme con l’atto di approvazione della graduatoria definitiva, che definisce la procedura concorsuale ed identifica in concreto il soggetto leso dal provvedimento, rendendo attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva (Cons. Stato, sez. V, 27 ottobre 2014, n. 5282) e postulano la preventiva partecipazione alla gara” (Consiglio di Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4). Pertanto, laddove non ci si trovi al cospetto di clausole immediatamente escludenti – circostanza scartata in radice dalla stessa parte ricorrente con riguardo alla procedura de qua – tali da imporre una loro immediata impugnazione, bisogna attendere l’esito della gara per verificare l’attualizzazione della lesività delle stesse. Ciò del resto non arrecherebbe alcun vulnus al diritto di difesa del partecipante non aggiudicatario della selezione, tenuto conto che “nelle gare pubbliche l’accettazione delle regole di partecipazione non comporta l’inoppugnabilità di clausole del bando regolanti la procedura che fossero, in ipotesi, ritenute illegittime, in quanto una stazione appaltante non può mai opporre ad una concorrente un’acquiescenza implicita alle clausole del procedimento, che si tradurrebbe in una palese ed inammissibile violazione dei principi fissati dagli artt. 24, comma 1, e 113 comma 1, Cost., ovvero nella esclusione della possibilità di tutela giurisdizionale” (Consiglio di Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4; altresì, Consiglio di Stato, III, 4 marzo 2019, n. 1491; 26 febbraio 2019, n. 1350).
Tuttavia tali considerazioni non possono applicarsi con riguardo agli operatori che non hanno partecipato alla procedura, oppure ne sono stati esclusi o, ancora, hanno deciso di ritirare la loro partecipazione, come avvenuto nella specie, non avendo questi alcun titolo di legittimazione a impugnare l’esito della selezione e perciò a dedurre illegittimità non escludenti, relative al bando di gara.
Il predetto indirizzo è stato confermato anche di recente, evidenziandosi che “legittimato ad impugnare l’esito di una gara pubblica è solamente colui che vi abbia partecipato, in ragione della vantata posizione differenziata con il potere pubblico derivante proprio dalla partecipazione; diversamente, l’operatore del settore rimasto estraneo [, a cui deve assimilarsi quello escluso o ritiratosi per sua volontà nel corso della procedura,] non può vantare la medesima legittimazione a ricorrere in quanto portatore di un interesse di mero fatto, come tale non qualificato e non differenziato, alla caducazione dell’intera selezione nell’ottica di un’eventuale partecipazione futura in sede di riedizione della gara corrispondente ad una volontà del tutto ipotetica e priva di oggettivi riscontri e, quindi, in contrasto con le esigenze di celerità e certezza dei rapporti di diritto pubblico particolarmente avvertite in un settore così rilevante come quello dell’affidamento dei contratti pubblici” (Consiglio di Stato, VII, 28 dicembre 2022, n. 11519).>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 311 del 6 febbraio 2023.