Il TAR Brescia, con riferimento all’impugnazione di un accordo di programma finalizzato a consentire l’ampiamento di stabilimento produttivo in area posta a circa 738 metri dalla proprietà della ricorrente, ritiene fondata e dirimente l’eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione attiva e di interesse sollevata dall’amministrazione resistente e osserva:
<<Come noto, nel processo amministrativo l’azione può essere proposta solo dal titolare di una posizione giuridica qualificata e differenziata (avente consistenza di interesse legittimo), correlata al bene della vita oggetto di esercizio del pubblico potere, idonea a distinguere il ricorrente da ogni altro consociato che, nel caso di specie, non sussiste: per stessa ammissione della ricorrente, infatti, essa è titolare di un’area posta a circa 738 metri dallo stabilimento oggetto dell’accordo di programma che, qualora attuato, si limiterebbe a ridurrebbe «ulteriormente (da 738 a 706 metri circa) la distanza dall’area della ricorrente.
Inoltre, anche a voler ammettere che tale distanza, per quanto considerevole, sia sufficiente a differenziare e qualificare la posizione della ricorrente, si rammenta che, per giurisprudenza consolidata, la vicinitas, «non è sufficiente a comprovare anche l'interesse a ricorrere che è invece derivante da un concreto pregiudizio per l'interessato; dunque la vicinitas non rappresenta un dato decisivo per riconoscere l'interesse ad agire (che nel giudizio di legittimità davanti al giudice amministrativo si identifica con l'interesse ad impugnare), nel senso che di per sé non è sufficiente, dovendosi dimostrare che l'intervento costruttivo contestato abbia capacità di propagarsi sino a incidere negativamente sul fondo del ricorrente»; anche nel processo amministrativo, infatti, non è «consentito, ad eccezione di ipotesi specifiche, adire il giudice al solo fine di conseguire la legalità e la legittimità dell'azione amministrativa, se ciò non si traduca anche in uno specifico ed argomentato beneficio in favore di chi propone l'azione giudiziaria; l'interesse a ricorrere è infatti condizione dell'azione e corrisponde ad una precisa utilità o posizione di vantaggio che attiene ad uno specifico bene della vita, contraddistinto indefettibilmente dalla personalità e dall'attualità della lesione subita, nonché dal vantaggio ottenibile dal ricorrente; sussiste pertanto interesse al ricorso se la posizione azionata dal ricorrente lo colloca in una situazione differente dall'aspirazione alla mera ed astratta legittimità dell'azione amministrativa genericamente riferibile a tutti i consociati, se sussiste una lesione della sua posizione giuridica, se è individuabile un'utilità della quale esso fruirebbe per effetto della rimozione del provvedimento; interesse che deve comunque essere caratterizzato dai predicati della personalità (il risultato di vantaggio deve riguardare specificamente e direttamente il ricorrente), dell'attualità (l'interesse deve sussistere al momento del ricorso, non essendo sufficiente a sorreggere quest'ultimo l'eventualità o l'ipotesi di una lesione) e della concretezza (l'interesse a ricorrere va valutato con riferimento ad un pregiudizio concretamente verificatosi ai danni del ricorrente) » (ex multis Consiglio di Stato sez. IV, 4 agosto 2022, n. 6916).
Ne consegue che qualora l’esistenza del pregiudizio non sia rilevabile ictu oculi, sarà onere del ricorrente fornirne la dimostrazione, a pena di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse (ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 21 aprile 2021 n. 3247), posto che, come visto, «non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell'interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall'atto impugnato» (cfr. Consiglio di Stato sez. IV, 5 settembre 2022, n. 7704).
Ciò posto, è parere del Collegio che la ricorrente non abbia assolto al proprio onere probatorio, posto che, dopo aver premesso che il provvedimento impugnato eliminerebbe 31.291 mq di area destinata a “ambiti agricoli strategici” e ridurrebbe «ulteriormente (da 738 a 706 metri circa) la distanza dall’area della ricorrente», si è limitata ad asserire che il progetto approvato acuirebbe le criticità viabilistiche che hanno determinato il rigetto del proprio progetto di valorizzazione dell’area di sua proprietà, rendendo, così, ancor più ardua una sua futura approvazione.>>
TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 109 del 6 febbraio 2023.