Il TAR Milano, con riguardo alla questione relativa al dies a quo dal quale far decorrere il termine per la proposizione del ricorso in materia di procedure di affidamento, precisa:
«Dai principi elaborati dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e, in particolare, dall’insegnamento proveniente dalla Corte di Giustizia, deve ritenersi che il termine decorra dal momento della conoscenza del provvedimento che si realizza con l’accesso agli atti da parte dell’operatore interessato. Laddove siano posti in essere comportamenti dilatori o sia negata indebitamente l’ostensione degli atti si determina, quindi, una sospensione nel decorso del termine di impugnazione di durata non necessariamente pari ai 15 giorni di cui all’articolo 76 del D.lgs. n. 50/2016 dovendosi, in tal caso, verificare, piuttosto, la vicenda concreta relativa all’accesso e la celere messa a disposizione degli atti. Diversamente opinando, si costringerebbe, in ogni caso (e, quindi, anche dopo il decorso dei 15 giorni di cui all’articolo 76 del D.Lgs. n. 50/2016) l’operatore economico a ricorrere “al buio” e, quindi, “a guisa di un mero azzardo” (T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. I, 15 gennaio 2019, n. 71). Una situazione alla quale non può ovviare, come ritenuto dalla Corte di Giustizia, la sola possibilità di articolare motivi aggiunti che non sempre garantisce una tutela effettiva. Inoltre, non può omettersi di considerare come le condotte dilatorie dell’Amministrazione non possano ripercuotersi su un bene come la giurisdizione che, anche in considerazione della crescente domanda di giustizia e della nuova panoplia di rimedi garantiti dal codice del processo amministrativo, costituisce una risorsa limitata (cfr., ex multis, Cassazione civile Sezione lavoro, 19 febbraio 2020, n. 4181), come tale da destinare ai bisogni effettivi di tutela e non da inflazionarsi attraverso interpretazioni del dato normativo che impongano al privato di proporre un ricorso giurisdizionale senza avere l’esatta cognizione dell’illegittimità della lesione alla propria sfera giuridica».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1046 del 11 giugno 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri

Si veda ora in argomento l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 12 del 2 luglio 2020 che ha affermato i seguenti principi di diritto:
«a) il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016;
 b) le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri, consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale;
 c) la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;
 d) la pubblicazione degli atti di gara, con i relativi eventuali allegati, ex art. 29 del decreto legislativo n. 50 del 2016, è idonea a far decorrere il termine di impugnazione;
 e) sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati».

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 12 del 2 luglio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri