Il TAR Milano osserva che, secondo parte della giurisprudenza, la vicinitas, intesa come situazione di stabile collegamento giuridico con il fondo oggetto dell'intervento contestato, è elemento di per sé sufficiente a sorreggere l’interesse a ricorrere avverso l'abuso del vicino, laddove invece, secondo un diverso orientamento, detto criterio non può ex se radicare la legittimazione al ricorso, dovendo pur sempre l’istante fornire la prova concreta del pregiudizio specifico inferto dagli atti impugnati, registrandosi altresì posizioni intermedie che, pur affermando su un piano generale la sufficienza della vicinitas, fondano nel concreto il giudizio di ammissibilità dell’azione sulla concomitante presenza dell'elemento lesivo, sia pur diversamente declinato.
Alla luce di quanto precede, ritiene il TAR che nella fattispecie per cui è causa parte ricorrente sia sfornita di legittimazione attiva tenuto conto:
- che non è stato comprovato alcun danno in conseguenza delle opere asseritamente abusive, quale il deprezzamento del valore del bene, o la compromissione del diritto alla salute o dell’ambiente;
- che non è stato neppure affermato che le stesse potrebbero causare, in astratto, qualsivoglia pregiudizio;
 - della modesta portata dell’intervento contestato, consistente nell’ampliamento di una cantina, di cui l’istante non ha precisato la volumetria, realizzato al piano interrato, e pertanto sostanzialmente non visibile dall’esterno, posta a circa 10 metri di distanza dalla loro proprietà, e considerato altresì che nella fascia di terreno compresa tra l’edificio del ricorrente e lo scantinato ampliato oggetto di controversia non vi è spazio per alcuna nuova edificazione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 746 del 19 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.