Il TAR Milano richiama l’orientamento della giurisprudenza, secondo il quale nelle gare pubbliche la c.d. clausola sociale deve essere interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente; l'obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell'appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l'organizzazione di impresa prescelta dall'imprenditore subentrante; i lavoratori che non trovano spazio nell'organigramma dell'appaltatore subentrante e che non vengono ulteriormente impiegati dall'appaltatore uscente in altri settori sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali, ma la clausola non comporta invece alcun obbligo per l'impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato e in forma automatica e generalizzata il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria.
Sulla base di detti principi, il TAR Milano ritiene illegittima una clausola di un bando che non si limita a garantire il mantenimento in organico dei lavoratori già impiegati presso il gestore uscente, ma impone un obbligo specifico di assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori in forze presso l’esecutore del servizio; la clausola sociale, per come è prevista, non si limita, dunque, ad assicurare i livelli occupazionali, ma si traduce in una vera e propria sostituzione indebita nella struttura organizzativa e nelle scelte imprenditoriali degli operatori economici, imponendo la tipologia di contratto di lavoro da stipulare.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 936 del 6 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.