Il Consiglio di Stato delinea i contenuti della valutazione di impatto ambientale e osserva che:
  • alla stregua dei principi comunitari e nazionali, la valutazione di impatto ambientale non concerne una mera e generica verifica di natura tecnica circa l'astratta compatibilità ambientale dell'opera, ma deve implicare la complessiva e approfondita analisi comparativa di tutti gli elementi incidenti sull'ambiente del progetto unitariamente considerato, al fine di valutare in concreto - alla luce delle alternative possibili e dei riflessi della stessa c.d. "opzione zero" - il sacrificio imposto all'ambiente rispetto all'utilità socioeconomica perseguita;
  • le scelte effettuate in sede di VIA, istituto finalizzato alla tutela preventiva dell’ambiente inteso in senso ampio, hanno natura ampiamente discrezionale in quanto giustificate alla luce dei valori primari e assoluti coinvolti;
  • nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale, l’amministrazione esercita una amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti; di conseguenza, le posizioni soggettive delle persone e degli enti coinvolti nella procedura sono pacificamente qualificabili in termini di interesse legittimo ed è altrettanto assodato che le relative controversie non rientrano nel novero delle tassative ed eccezionali ipotesi di giurisdizione di merito sancite dall’art. 134 c.p.a.;
  • la relativa valutazione di legittimità giudiziale, escludendo in maniera assoluta il carattere sostitutivo della stessa, deve essere limitata ad evidenziare la sussistenza di vizi rilevabili ictu oculi, a causa della loro abnormità, irragionevolezza, contraddittorietà e superficialità, con la conseguenza che le scelte effettuate dall'Amministrazione si sottraggono al sindacato del giudice amministrativo ogniqualvolta le medesime non si appalesino come manifestamente illogiche o incongrue.

Il Consiglio di Stato aggiunge che tale approccio necessita di ulteriore conferma laddove le critiche avverso l’esercizio del potere tecnico discrezionale si concentrano sul rispetto del principio di precauzione, di cui all’art. 191 TFUE e agli artt. 3-ter e 301 d.lgs. n. 152 del 2006, la cui invocazione, peraltro, impone l’introduzione di elementi di valutazione particolarmente dettagliati, per evitare di estenderne eccessivamente la portata; al riguardo il Consiglio di Stato ritiene che il principio di precauzione:
  • i cui tratti giuridici si individuano lungo un percorso esegetico fondato sul binomio analisi dei rischi-carattere necessario delle misure adottate, presuppone l'esistenza di un rischio specifico all'esito di una valutazione quanto più possibile completa, condotta alla luce dei dati disponibili che risultino maggiormente affidabili e che deve concludersi con un giudizio di stretta necessità della misura;
  • non può legittimare un'interpretazione delle disposizioni normative, tecniche ed amministrative vigenti in un dato settore che ne dilati il senso fino a ricomprendervi vicende non significativamente pregiudizievoli;
  • non conduce automaticamente a vietare ogni attività che, in via di mera ipotesi, si assuma foriera di eventuali rischi per la salute delle persone e per l'ambiente, privi di ogni riscontro oggettivo e verificabile, richiedendo esso stesso una seria e prudenziale valutazione, alla stregua dell'attuale stato delle conoscenze scientifiche disponibili, dell'attività che potrebbe ipoteticamente presentare dei rischi, valutazione consistente nella formulazione di un giudizio scientificamente attendibile.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 1240 del 28 febbraio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.