Il TAR Milano richiama la sua giurisprudenza e precisa che :
  • l’accesso civico di cui al D.Lgs. n. 33/2013, come modificato dal D.Lgs. n. 97/2016, pur costituendo uno strumento di tutela dei diritti dei cittadini e di promozione della loro partecipazione all’attività amministrativa, non può essere impiegato in maniera distorta e divenire causa di intralcio all’azione della pubblica amministrazione;
  • tale strumento non può essere quindi utilizzato in contrasto con il principio di buona fede previsto in via generale dall’art. 1175 del codice civile (da leggersi alla luce del parametro di solidarietà di cui all’art. 2 della Costituzione);
  • un'istanza di accesso riguardante un elevato numero (50) di determinazioni eterogenee fra loro e che si inserisce in un elevatissimo numero di richieste di accesso presentate allo stesso Comune in un limitato arco temporale, appare in evidente contrasto con i richiamati principi di buona fede e finisce per costringere l’amministrazione ad uno sforzo straordinario, che ne aggrava l’ordinaria attività;
  • la stessa Autorità Anticorruzione (ANAC), nelle proprie Linee Guida approvate con determinazione n. 1309 del 28 dicembre 2016, ha reputato non ammissibile la c.d. richiesta massiva, vale a dire quella manifestamente irragionevole, tale cioè da comportare un carico di lavoro in grado di interferire con il buon funzionamento dell’amministrazione (cfr. il punto 5 dell’Allegato alle Linee Guida).


La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 669 del 9 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.