La Corte di Giustizia UE nell’esaminare la domanda di pronuncia pregiudiziale vertente sull’interpretazione, da un lato, dell’articolo 11 della direttiva 2011/92/UE del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati e, dall’altro, della convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus il 25 giugno 1998 e approvata con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005, ha così statuito:
«1) L’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, deve essere interpretato nel senso che il requisito in base al quale determinati procedimenti giurisdizionali non devono essere eccessivamente onerosi si applica a un giudizio dinanzi a un giudice di uno Stato membro, come quello di cui al procedimento principale, nell’ambito del quale viene determinato se un ricorso possa essere autorizzato durante un procedimento di autorizzazione di un progetto, e ciò a maggior ragione quando detto Stato membro non abbia stabilito in quale fase possa essere presentato ricorso.
2) Quando un ricorrente deduce sia motivi vertenti sulla violazione delle norme relative alla partecipazione del pubblico al processo decisionale in materia ambientale sia motivi vertenti sulla violazione di altre norme, il requisito in base al quale determinati procedimenti giurisdizionali non devono essere eccessivamente onerosi di cui all’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2011/92 si applica alle sole spese inerenti alla parte del ricorso che si fonda sulla violazione delle norme relative alla partecipazione del pubblico.
3) L’articolo 9, paragrafi 3 e 4, della convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005, deve essere interpretato nel senso che, al fine di assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori rientranti nel diritto ambientale dell’Unione, il requisito in base al quale determinati procedimenti giurisdizionali non devono essere eccessivamente onerosi si applica alla parte di un ricorso che non sia coperta dal medesimo requisito, quale risulta, conformemente alla direttiva 2011/92, dalla risposta fornita al punto 2 del presente dispositivo, nei limiti in cui il ricorrente tenti con il suddetto ricorso di far rispettare il diritto ambientale nazionale. Tali disposizioni non sono dotate di effetto diretto, ma spetta al giudice nazionale interpretare il diritto processuale interno nella maniera più conforme possibile alle stesse.
4) Uno Stato membro non può derogare al requisito in base al quale determinati procedimenti non devono essere eccessivamente onerosi, previsto dall’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale e dall’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2011/92, quando un ricorso è ritenuto temerario o vessatorio, o in assenza di un nesso tra l’asserita violazione del diritto ambientale nazionale e un danno all’ambiente».

La sentenza della Prima Sezione del 15 marzo 2018 (causa C-470/16) della Corte di Giustizia UE è consultabile sul sito della Corte di Giustizia al seguente indirizzo.