Il TAR Milano osserva che i termini previsti nel procedimento di verifica dell’anomalia, ai sensi del d.lgs. n. 163 del 2006, non sono normativamente qualificati come perentori, né tale qualifica può essere desunta, in via di interpretazione, dalle finalità del sub-procedimento, il quale è teso ad accertare se in concreto l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto, senza che nello stesso possa essere ravvisata una finalità sanzionatoria o di ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica; ed è irrilevante che nel corso della procedura l’amministrazione abbia qualificato come inderogabili i termini previsti dalla legge per lo svolgimento della procedura di anomalia, in quanto il carattere perentorio o meno del termine non è rimesso alla discrezionalità dell’amministrazione, ma dipende dal contenuto della disciplina normativa che lo prevede.
Aggiunge il TAR Milano che, con riferimento al tema della quantificazione dell’utile, non esiste una soglia astratta di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala, sicché solo un utile previsto pari a zero o prossimo allo zero si pone di per sé come indice di anomalia dell’offerta; insomma, nelle gare pubbliche di appalto, ai fini della valutazione di anomalia delle offerte presentate, non è possibile fissare una quota rigida di utile al di sotto della quale l’offerta debba considerarsi per definizione incongrua, dovendosi invece avere riguardo alla serietà della proposta contrattuale complessiva, atteso che anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio importante, perché l’utilità ricavabile dall’aggiudicazione e dall’esecuzione di un appalto pubblico non si riduce al solo utile economico.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1635 del 2 luglio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.